Pagine

mercoledì 12 dicembre 2012

Il comune denominatore fra carta e pixel

Interazioni con Squiggles!
[di Massimo Canuti di Happi ideas]

Che cos’è un libro? Un libro può essere tante cose. Può essere un gioco. Uno strumento didattico. O semplicemente una storia. La stessa cosa si può dire di una app.

Una delle più belle definizioni di libro l’ha data uno scrittore che poco ha a che vedere con la letteratura per l’infanzia: Stephen King. 

 “Un libro è come una pompa. Non dà niente se non sei tu a dargli qualcosa per primo. Una pompa si innesca con acqua propria, si aziona con le proprie forze. Questo uno lo fa perché si aspetta di ricevere in cambio più di quanto ha dato”.

Interazioni con Squiggles!
Ecco, forse ricevere più di quanto hai dato (non tanto in termini di denaro, quanto di tempo) potrebbe essere già di per sé un buon punto di partenza per capire se un libro – o una app – può definirsi di qualità oppure no.
Di sicuro stabilire la qualità di qualcosa non è semplice. Ognuno di noi, infatti, possiede un proprio concetto di qualità che è la diretta conseguenza dei propri gusti, delle proprie esperienze e del proprio bagaglio culturale; il che rende il compito ancora più arduo. Credo pertanto che il modo migliore di prestare fede a questo intento sia limitarmi a esporre qual è il nostro concetto di qualità: e per “nostro” intendo quello di chi le applicazioni per bambini si propone di realizzarle. Compito tutt’altro che semplice.

Interazioni con Squiggles!
Diversamente dall’editoria cartacea, infatti, in cui dai tempi di Gutenberg un po’ di esperienza la si è fatta, il mondo della cosiddetta editoria digitale è assai più giovane e acerbo. La storia delle app per bambini è ancora tutta da scrivere, e da narrare, animare, sonorizzare... Una cosa, però, pur nella nostra breve esperienza, ci è parsa subito evidente: pensare di trasformare un libro nato per la carta in una applicazione, limitandoci a effettuare un mero lavoro di clonazione, è uno degli errori peggiori che potremmo compiere. Sembrerà scontato dirlo, eppure molti editori, forti del loro prestigio, sono caduti in questo errore. Che poi non è un errore, quanto piuttosto un’opportunità perduta.

Interazioni con Squiggles!
Quando compriamo un libro ci aspettiamo di ricevere qualcosa in cambio. Qualcosa che possiamo trovare solo lì, e che nessun altro libro può darci. Nel momento in cui facciamo il gesto di aprirlo, e la prima pagina ci appare davanti agli occhi, il libro ci parla con i suoi disegni, i suoi personaggi, la sua storia. Naturalmente in un’app l’aspetto interattivo è elevato all’ennesima potenza. La carta infatti non è “sonora” (anche se esistono libri che emettono suoni che hanno però notevoli limiti). Le figure non si muovono. Non puoi registrare la tua voce e risentirla. Non puoi cambiare la lingua. Un libro non lo si può pasticciare, a meno che non sia nato con questo scopo. E comunque, una volta pasticciato, non si può tornare com'era all'inizio. Con un’app, invece, tutto è possibile.
Eppure, esempi notevoli di interazione ci sono anche in ambito cartaceo: come il libro di Munari Più e meno, composto da 72 immagini, interscambiabili e sovrapponibili le una con le altre, che consentono al bambino esperienze sempre nuove e rinnovabili.



L’esempio di Munari è un caso limite. In generale, una volta che un libro è pubblicato non si possono aggiungere delle pagine in più, a meno di non fare un’altra ristampa. In un’app, invece, le pagine possono – o meglio dovrebbero – arricchirsi periodicamente di nuovi contenuti multimediali, di nuove storie, di nuovi personaggi, diventando un’esperienza che non si esaurisce mai.
Il medium non è il mezzo, è il messaggio diceva il grande sociologo canandese Marshall McLuhan. Nel caso di un’app il medium è il mezzo, e il messaggio dovrebbe funzionare come un perfetto ingranaggio in cui nessun pezzo è superfluo e tutti sono necessari, il cui scopo è far funzionare al meglio la storia. Perché alla fine arriviamo davvero al nucleo del discorso. Non possono esserci buoni libri senza buone storie.

L’ormai nota app Three little pigs and the secrets of a pop up book racconta la classica storia dei Tre porcellini. Ma lo fa utilizzando al meglio tutti gli elementi di cui abbiamo parlato. Consente al bambino esperienze simili a quelli di un libro pop-up e di un libro sonoro. Coinvolge l’udito e il tatto, in modo intelligente. Un altro buon esempio, che però non utilizza elementi narrativi – e che va nella categoria di libro/app/gioco, è Squiggles! Qui il bambino è invitato a fare degli scarabocchi. Ma mentre sulla carta rimarebbero soltanto dei semplici segni, qui diventano qualcosa di più: fanno accadere delle cose, innescano dei meccanismi. Più precisamente, sono i bambini a innescarli.

Tirando un po’ le fila del discorso, un bel libro sarà sempre un bel libro e niente potrà sostituire il piacere di sfogliarne le pagine, di leggerlo, di conservarlo, di toccarlo. La stessa cose vorremmo che accadesse con un’app. Entrambe, se ben fatte, sono esperienze immersive: in un bel libro, come in una bella app, ti ci butti dentro, sei parte di esso. E in una app, questa immersione si traduce in una sorta di progettualità. Una progettualità che è anche dei libri.
Credo che il segreto – ammesso che ce ne sia uno – per fare delle buone app sia proprio quello di guardare e imparare dai buoni libri, in particolare dalle opere di Rodari, Munari, Leo Lionni, Iela Mari. Autori che a nostro avviso, più di altri hanno cercato di trasformare una pagina in qualcosa di vivo, di sonoro, di tattile. Autori che, oggi, saprebbero fare delle bellissime app.



L'intervento di Massimo Canuti che avete letto è stato pronunciato durante l'incontro L'editoria per l'infanzia volta pagina. Il primo intervento, Libri cartacei e libri digitali a confronto, di Anna Pisapia, lo trovate qui. Il secondo, App e Ebook: cosa ne pensano le mamme, di Martina Fuga, è qui. La pubblicazione degli altri interventi sul tema proseguirà nelle prossime settimane.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.