Oggi ospitiamo il racconto di Alessandra Vinanti, che da alcuni anni promuove in una scuola milanese un percorso di avvicinamento al cinema, che presto si allargherà ad altre scuole. Questo post è interessante perché, oltre a spiegare come si è potuta organizzare un'attività così complessa, diventata parte integrante della didattica, mette in luce 1) come è possibile creare dal basso, attraverso una partecipazione attiva, una scuola aperta, seria e vivace; 2) come i bambini siano perfettamente in grado di accogliere iniziative come questa, con la massima attenzione e il più alto gradimento.
Alessandra, il 18 e il 25 ottobre, a Milano, alla Liberia Spazio BK, terrà un corso di 12 ore dal titolo Piccoli cinefili crescono, incentrato su come sia possibile accompagnare i ragazzi all’ascolto e all’attenzione dell’arte cinematografica. Il corso è rivolto a insegnati, educatori, pedagoghi, genitori che hanno principalmente a che fare con bambini dai 5 agli 11 anni, nonché curiosi appassionati di cinema e animazione. Tutte le informazioni qui.
[di Alessandra Vinanti]
Qualche anno fa, desiderosa di far vedere alle mie figlie dei film d'animazione di qualità, ho scoperto un mondo che purtroppo ha poca distribuzione nel nostro Paese, e che mi ha emozionata più di quanto mi succeda ultimamente con molto del cinema contemporaneo di qualità.
Un po' per gioco e sfida, ho proposto alla scuola primaria Tito Speri di Milano un percorso di visione di cinema d'autore da realizzarsi in orario scolastico, accompagnato dalla presentazione di ogni film, da un dibattito con i bambini post-proiezione e da una scheda di approfondimento da sviluppare in classe. I pensieri che mi accompagnavano erano:
- se ai bambini proponi la qualità, sebbene siano loro il target elettivo della diffusione di immagini (oggi più che mai "in movimento") di puro intrattenimento che mirano alla diffusione commerciale di prodotti correlati, sono proprio loro a saperla ancora riconoscere;
- se i bambini vengono travolti da questi "prodotti" è inutile cercare di censurarli o di oscurarli, ma è possibile diffondere film di diversa qualità per dar loro la possibilità – almeno – di incontrarli - nella scuola pubblica italiana si fa ancora un po' di disegno, si parla di pittura, forse di musica, ma il cinema (anche se esiste da 120 anni) non ha mai fatto parte di nessun programma ministeriale.
Insieme ad altri genitori della scuola, dopo lunghi brain storming nei giardinetti del quartiere e con la collaborazione di alcuni insegnanti, abbiamo creato un vero e proprio percorso, di quattro anni, sul cinema, iniziando dall'animazione d'autore, passando alle origini del cinema muto in bianco e nero, per arrivare fino ai grandi registi del Novecento.
Oggi, questo percorso fa parte dell'offerta formativa e coinvolge tutte le classi della scuola grazie alla cura che altri genitori le hanno dedicato.
Le formule di presentazione delle opere ai bambini, così come il dibattito e le schede didattiche sono state pensate, provate, testare, modificate e perfezionate attraverso un'esperienza di cinque anni con duecentocinquanta bambini, numerosi insegnanti e un gruppo ristretto, ma motivato di genitori.
Questa avventura, che coinvolgerà probabilmente anche altre scuole milanesi, ha promosso un percorso di grandi emozioni e profonde riflessioni con i bambini e i loro insegnanti: molti dei ragazzi (circa l'80%) era la prima volta che vedevano i film programmati, dei quali spesso anche gli insegnanti non conoscevano l'esistenza. Nonostante spesso sia l'insegnante di italiano e storia che accompagna i bambini alle proiezioni, la ricaduta a livello tematico, stilistico, musicale, linguistico e di educazione all'immagine è stata percepita anche dagli altri insegnanti: nei loro interventi in classe, i bambini negli anni hanno portato esempi tratti dai film visti, in ogni materia trattata, anche a distanza di tempo dalla visione.
Durante le proiezioni sono sempre impressionanti i silenzi che 120 bambini insieme riescono a creare, con le schiene dritte e protese verso lo schermo in un'attività che impone di sedere in silenzio e al buio per un'ora e mezzo (mi sono chiesta molte volte: in quale momento della loro giornata i bambini, oggi, fanno una sola cosa per un tempo così prolungato). Allo stesso modo ho un ricordo vivo delle espressioni comuni di ilarità o di gioia in momenti di particolare entusiasmo: come lo scoppio di un lungo applauso commosso per il protagonista di sette anni che finalmente riesce a leggere. Un'incitazione a un bambino disegnato che in fondo è solo un fascio di luce.
L'incontro con il cinema in bianco e nero è stato incredibile: in realtà non sapevamo se i bambini avrebbero apprezzato il genere, invece non solo abbiamo rilevato grandi differenze fra i gusti - chi amava di più l'ironia melanconica di Charlie Chaplin, chi quella catastrofista di Buster Keaton, chi la follia strampalata dei Fratelli Marx -, ma negli anni successivi per strada, ai giardinetti o al parco ho incontrato bambini che mi hanno chiesto ripetutamente di programmare film in bianco e nero. Effettivamente mi risulta che in televisione (se non su canali specifici dove la selezione è operata dall'utente) il bianco e nero sia quasi scomparso…
L'apprezzamento di un film come Hugo Cabret di Martin Scorsese, dopo tre anni di educazione all'immagine e, con alle spalle cinque proiezioni che riassumono le origini della "settima arte", ha permesso ai bambini (di terza e quarta elementare) di vivere a pieno una storia di amicizia fra due ragazzi che racconta la vita e la creazione delle opere del primo autore dell'arte più popolare che sia stata mai inventata: il cinema.
Durante i dibattiti - congegnati di modo che siano gli stessi bambini a porre le domande e a ricevere delle risposte dai loro compagni – sono intervenuti bambini di ogni nazionalità e di ogni livello di rendimento scolastico, meravigliando spesso anche i propri insegnanti per la profondità di alcune intuizioni e per la puntualità degli interventi e anche – grazie al processo di identificazione con i personaggi proiettati - per gli interventi che spesso riguardavano questioni molto personali condivise con i compagni.
Abbiamo visto i bambini ridere, divertirsi, cercare di ballare il tip tap (come alla fine di Cantando sotto la pioggia), ballare al ritmo delle canzoni dei titoli di coda, riflettere, spaventarsi e, per questo, abbracciare il compagno vicino.
I film che abbiamo portato a scuola forse non sono che dei "puntini" in un oceano di immagini che scorrono incessantemente davanti ai loro occhi, forse oggi più che mai. Però chissà: forse invece sono anche "semini" di riflessioni, emozioni, ragionamenti, immaginazione di sé…
Alessandra, il 18 e il 25 ottobre, a Milano, alla Liberia Spazio BK, terrà un corso di 12 ore dal titolo Piccoli cinefili crescono, incentrato su come sia possibile accompagnare i ragazzi all’ascolto e all’attenzione dell’arte cinematografica. Il corso è rivolto a insegnati, educatori, pedagoghi, genitori che hanno principalmente a che fare con bambini dai 5 agli 11 anni, nonché curiosi appassionati di cinema e animazione. Tutte le informazioni qui.
[di Alessandra Vinanti]
Qualche anno fa, desiderosa di far vedere alle mie figlie dei film d'animazione di qualità, ho scoperto un mondo che purtroppo ha poca distribuzione nel nostro Paese, e che mi ha emozionata più di quanto mi succeda ultimamente con molto del cinema contemporaneo di qualità.
Un po' per gioco e sfida, ho proposto alla scuola primaria Tito Speri di Milano un percorso di visione di cinema d'autore da realizzarsi in orario scolastico, accompagnato dalla presentazione di ogni film, da un dibattito con i bambini post-proiezione e da una scheda di approfondimento da sviluppare in classe. I pensieri che mi accompagnavano erano:
- se ai bambini proponi la qualità, sebbene siano loro il target elettivo della diffusione di immagini (oggi più che mai "in movimento") di puro intrattenimento che mirano alla diffusione commerciale di prodotti correlati, sono proprio loro a saperla ancora riconoscere;
- se i bambini vengono travolti da questi "prodotti" è inutile cercare di censurarli o di oscurarli, ma è possibile diffondere film di diversa qualità per dar loro la possibilità – almeno – di incontrarli - nella scuola pubblica italiana si fa ancora un po' di disegno, si parla di pittura, forse di musica, ma il cinema (anche se esiste da 120 anni) non ha mai fatto parte di nessun programma ministeriale.
Insieme ad altri genitori della scuola, dopo lunghi brain storming nei giardinetti del quartiere e con la collaborazione di alcuni insegnanti, abbiamo creato un vero e proprio percorso, di quattro anni, sul cinema, iniziando dall'animazione d'autore, passando alle origini del cinema muto in bianco e nero, per arrivare fino ai grandi registi del Novecento.
Oggi, questo percorso fa parte dell'offerta formativa e coinvolge tutte le classi della scuola grazie alla cura che altri genitori le hanno dedicato.
Le formule di presentazione delle opere ai bambini, così come il dibattito e le schede didattiche sono state pensate, provate, testare, modificate e perfezionate attraverso un'esperienza di cinque anni con duecentocinquanta bambini, numerosi insegnanti e un gruppo ristretto, ma motivato di genitori.
Durante le proiezioni sono sempre impressionanti i silenzi che 120 bambini insieme riescono a creare, con le schiene dritte e protese verso lo schermo in un'attività che impone di sedere in silenzio e al buio per un'ora e mezzo (mi sono chiesta molte volte: in quale momento della loro giornata i bambini, oggi, fanno una sola cosa per un tempo così prolungato). Allo stesso modo ho un ricordo vivo delle espressioni comuni di ilarità o di gioia in momenti di particolare entusiasmo: come lo scoppio di un lungo applauso commosso per il protagonista di sette anni che finalmente riesce a leggere. Un'incitazione a un bambino disegnato che in fondo è solo un fascio di luce.
L'incontro con il cinema in bianco e nero è stato incredibile: in realtà non sapevamo se i bambini avrebbero apprezzato il genere, invece non solo abbiamo rilevato grandi differenze fra i gusti - chi amava di più l'ironia melanconica di Charlie Chaplin, chi quella catastrofista di Buster Keaton, chi la follia strampalata dei Fratelli Marx -, ma negli anni successivi per strada, ai giardinetti o al parco ho incontrato bambini che mi hanno chiesto ripetutamente di programmare film in bianco e nero. Effettivamente mi risulta che in televisione (se non su canali specifici dove la selezione è operata dall'utente) il bianco e nero sia quasi scomparso…
L'apprezzamento di un film come Hugo Cabret di Martin Scorsese, dopo tre anni di educazione all'immagine e, con alle spalle cinque proiezioni che riassumono le origini della "settima arte", ha permesso ai bambini (di terza e quarta elementare) di vivere a pieno una storia di amicizia fra due ragazzi che racconta la vita e la creazione delle opere del primo autore dell'arte più popolare che sia stata mai inventata: il cinema.
Durante i dibattiti - congegnati di modo che siano gli stessi bambini a porre le domande e a ricevere delle risposte dai loro compagni – sono intervenuti bambini di ogni nazionalità e di ogni livello di rendimento scolastico, meravigliando spesso anche i propri insegnanti per la profondità di alcune intuizioni e per la puntualità degli interventi e anche – grazie al processo di identificazione con i personaggi proiettati - per gli interventi che spesso riguardavano questioni molto personali condivise con i compagni.
Abbiamo visto i bambini ridere, divertirsi, cercare di ballare il tip tap (come alla fine di Cantando sotto la pioggia), ballare al ritmo delle canzoni dei titoli di coda, riflettere, spaventarsi e, per questo, abbracciare il compagno vicino.
I film che abbiamo portato a scuola forse non sono che dei "puntini" in un oceano di immagini che scorrono incessantemente davanti ai loro occhi, forse oggi più che mai. Però chissà: forse invece sono anche "semini" di riflessioni, emozioni, ragionamenti, immaginazione di sé…
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