Un giorno di gennaio 2014, Morena Bagattini e Massimo Giuliani di Cooperativa Arcobaleno (Riva del Garda – TN), mi hanno contattato. Conoscevano dal 2012 alcuni laboratori da me curati in Trentino e desideravano coinvolgermi in un programma di attività per l'infanzia previste in collaborazione con il Comune di Arco per M'illumino di meno. Giornata internazionale del risparmio energetico promossa dalla trasmissione radiofonica Caterpillar di Rai Radio Due, con l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica e il patrocinio del Parlamento Europeo (14 febbraio 2014).
Avremmo lavorato di sera, a lampadine spente, alla luce di una grande candela. Mi piaceva molto l'idea di misurarmi con questi limiti e ho subito accettato.
Dal primo momento ho avuto in mente due libri: Casa di fiaba, scritto da Giovanna Zoboli e illustrato da Anna Emilia Laitinen (Topipittori, 2013), su cui ho da poco scritto un testo per il Catalogone 7 (in uscita per la Fiera di Bologna) e dai cui versi è nato il titolo del laboratorio; Il libro dei Babau scritto da Francesca Lazzarato e illustrato da Nicoletta Costa (Mondadori, 1997), trovato a Milano a Natale, in quel giardino dei libri irresistibili chiamato Spazio B**K).
Ho scelto di concentrarmi sulla poesia. Riconosco alla poesia una capacità illuminante che altri linguaggi presentano con meno intensità e immediatezza.
Una condizione perfetta per calare l'infanzia nella dimensione della luminosità, mentre tutto intorno è ombra. Casa di stelle, conchiglia di luce è stato presentato con queste parole: “laboratorio per avvicinare i bambini alle proprietà della poesia, sviluppare la facoltà poetica, leggere e scrivere in questo linguaggio”.
Lo spazio in cui ha avuto luogo questa esperienza è il centro giovanile Cantiere 26 (Località Prabi – Arco), nuovissimo e dotato di una stanza ideale per condurre Casa di stelle, conchiglia di luce.
In attesa di cominciare, ho preparato i materiali necessari e disposto a terra alcuni oggetti che avrebbero accompagnato il momento della scrittura: un gomitolo di lana; un sasso grande, piatto; un cubetto di marmo; due bastoncini di vaniglia; una bustina di tè al profumo di zenzero e liquerizia; un ciuffo di lichene; un corallo; due meringhe; un foglio di carta decorata; un mattoncino; una casina di porcellana; un ramo di abete rosso; delle palline colorate; un ramo di faggio; un uovo di legno; un fazzoletto di stoffa. Sul lato opposto della stanza, invece, erano preparati fogli di carta, matite, penne e una stampante, da usare nella parte centrale e finale del laboratorio.
Dopo avere presentato ad alta voce il Gattomammone, la Cattivora, la Capra Ferrata, la Mammadraga e il Patrodragu, la Graonstana, la Pizzalonga, la Janara, la Splorcia, la Trud e altri Babau di analogo spessore, ho chiesto ai bambini di leggere con me Casa di fiaba. Pensiero e occhi, sulle pagine di questo libro, vagabondano per trentadue pagine, tra il corpo di case visibili e quello di una casa ulteriore, invisibile, la cui identità è segreta fino al verso finale, dove viene chiamata “me”. Perché i modi di abitare sono innumerevoli, potenzialmente infiniti i modi di essere abitati ed essere sé.
(se volete inserire una immagine o due di Casa di fiaba).
Durante la lettura ho notato che i bambini difficilmente resistevano al piacere di leggere a voce alta, insieme a me, anche non sapendo leggere (chi aveva 4 e 5 anni, invece di 6), semplicemente imitando, seguendo il timbro, l'intonazione e il ritmo da me dato ai versi di Zoboli. Piccoli eventi come questi permettono di capire quanto la viva voce sia potente e adatta a dialogare con le figure dei libri. Ciò a favore di un amore possibile e praticabile tra bambini e poesia, implicato con il linguaggio delle immagini.
Il gioco di scrivere aveva come nucleo il refrain del testo di Casa di fiaba, “casa di”. Nel frattempo il buio era buio e accanto alla candela è stato opportuno armarsi di torcia.
La ricerca di parole avveniva in contemporanea allo studio di un oggetto, individuato dai bambini tra quelli a terra. Qui ho fotografato l'insieme delle cose scelte su cui sono successivamente stati composti i testi. La ricerca di parole ha richiesto tempo, domande, silenzio, attesa. Chi non sapeva scrivere è stato aiutato da chi sapeva scrivere. Era evidente che fosse per tutti il momento più impegnativo.
I testi avrebbero mantenuta la matrice “casa di”, ma sarebbero state formule nuove rispetto al testo d'autore, riferite all'oggetto intimo eletto tra quelli nominati. L'elaborazione ha condotto a questo tipo di composizioni scritte:
Giocando parole, con il supporto finale del montaggio e della xerografia, i bambini sono stati autori di un ulteriore testo inedito, nato dall'insieme delle formule soggettive e modellato sulla forma del testo di Casa di fiaba. Lo abbiamo stampato in un susseguirsi di fasci di luce, suoni robotici, “bellissimo!”, “uno anche per mia sorella che non sa leggere”, “lo rifaccio a casa”, scongiurando che non finisse l'inchiostro e con quello, il gioco di fare poesia.
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