Cari Lettori del nostro blog,
ogni tanto i nostri autori si innamorano di libri fatti da altri nostri autori. E allora ci scrivono su una riflessione, e ce la mandano. E allora noi rispondiamo: «Che bella questa recensione! Che ne dici se la pubblichiamo sul nostro blog?»
«Ok, va bene, ciao, grazie».
Ecco, volevamo dirvi che va proprio così, anche se magari non ci credete. Questa volta è stata Silvia Vecchini a innamorarsi.
Vostri
Topipittori
[di Silvia Vecchini]
Mi sono innamorata di questo libro.
Si tratta di Una lettera per Leo di Sergio Ruzzier.
Le figure dei protagonisti sembrano muoversi nello sfondo lontano che si intravede in dipinti o affreschi medievali. Montagne, alberi spogli, cieli luminosi. Ma anche il gioco delle bocce, una cucina.
La storia intreccia due grandi desideri che appartengono fortemente al pensiero dei bambini. Uno ben conosciuto e molto frequentato: trovare un cucciolo.
L’altro meno abituale e quasi dimenticato: ricevere posta per sé.
Tanti bambini chiedono, implorano un cucciolo da tenere. Tanti, ricevendo una risposta negativa o un rimandare in eterno per tante e buone e ragioni, sognano di trovarne uno per caso e dargli rifugio.
E che grande sorpresa si apre sul viso di un bambino nel ricevere una lettera, una cartolina, un pacchetto con scritto il proprio nome sullo spazio riservato al destinatario!
Lo raccontava Phillippe Delerm in Che bello fare i compiti sul tavolo della cucina e altri minuscoli piaceri (Salani) dove racconta anche il piacere di un bambino abbonato a un mensile:
Ed è proprio quel giorno che il giornale ci attende, un po’ nascosto nella cassetta dai volantini pubblicitari, ma noi riconosciamo subito l’angolino che spunta. Questo è il momento migliore. Assaporiamo la piccola etichetta con nostro nome e indirizzo battuti a macchina, come se fossimo un personaggio ufficiale.
Mi piacciono le lettere. Da bambina ho avuto più di un amico di penna (e ho avuto un cane tardi passando prima per galline, papere, conigli).
Da grande ho continuato a scrivere lettere e a riceverne.
Una volta scrissi una breve poesia su una lettera non arrivata.
Uguale a me, obliqua
la pioggia sbianca. Te
e la tua pazienza sbatterei
come la porta di casa
rientrando – nella furia
di consumare anche questo giorno
di posta inutile.
E ho letto con partecipazione le Lettere a Milena di Kafka e anche i suoi Diari in cui a volte condensa in un rigo il senso di un giorno.
19 dicembre: Lettera di F. Bella mattina, calore nel sangue.
20 dicembre. Niente lettere.
E così via.
Il primo regalo di Natale che ho fatto al mio sposo nella nostra minuscola casa è stata la cassetta della posta con i nostri nomi. La distanza minima che avevamo conquistato si misurava anche in quel modo.
Ai nostri figli abbiamo ben presto intestato un abbonamento a una rivista e giochiamo spesso a scriverci bigliettini. Tantissimi sono passati sotto la porta. Botte e risposte. Richieste, scuse, dichiarazioni di amore, prese in giro, quiz.
Beatrice, mia figlia ormai grande, da bambina ha desiderato una corrispondenza e tramite la sua rivista ha trovato un’amica a Torino. L’ha incontrata due anni dopo il primo scambio di lettere. Giovanni al solito è stato più tecnico e ha usato un paio di lettere per protestare: una alla redazione di Topolino quando si accorse che il gioco che stava acquistando a puntate di settimana in settimana non avrebbe mai funzionato. Scrisse che se lo era pagato da solo ed era una delusione il fatto che le batterie non entrassero nell’alloggiamento previsto. La redazione rispose subito e per rimediare mandò il pezzo giusto. Poi c’è stata la volta in cui scrisse al sindaco del nostro comune per dire che a scuola mancava un’aula per la musica e le ore d’informatica. Il sindaco gli rispose sul quotidiano locale promettendo un ampliamento di cui adesso beneficia Teresa.
Ecco, Teresa. La più piccola. Ha otto anni e la sua Amica (vuol dire proprio quella lì, quella del cuore, l’amica-amica) da un paio di anni si è trasferita. In questi giorni compie gli anni e abbiamo pensato di regalarle Una lettera per Leo. E tante bustine e biglietti per la corrispondenza così potranno scriversi.
È bello scrivere e ricevere lettere. Ed è vero che non si fa praticamente più ma in questo modo si perde un’esperienza fecondissima che anche nell’albo è raccontata nelle pagine che precedono il finale. È quella dell’attesa. Franco Lorenzoni nel suo libro I bambini pensano grande (Sellerio) racconta alcune esperienze fatte in classe utilizzando questo strumento. Poi afferma:
Scrivere lettere da mettere dentro buste da affrancare e spedire per posta nel tempo di Internet può sembrare un paradosso. Infatti pochi di loro sanno cosa sia un francobollo e nessuno ha mai ricevuto una lettera. Eppure, proprio in questo ci vedo una possibilità interessante, perché tra gli aspetti della vita che meno frequentano i bambini di oggi c’è l’attesa: una delle esperienze che la contemporaneità maggiormente svilisce (…). So bene di essere un uomo del secolo passato, ma sono convinto che l’interiorità, per dilatarsi ed espandersi in un ampio respiro ha bisogno di tempo.
Anch’io lo penso. Ed è particolarmente interessante questa dilatazione dell’interiorità grazie a una durata più lunga che permetta ai pensieri di farsi più densi, di innescare connessioni, di lavorare dentro di noi in modo misterioso.
È anche per questo che lettere e cartoline finiscono volentieri nei miei libri e nelle attività di scrittura che propongo ai bambini.
La cosa più commovente dell’albo è proprio la lettera.
Cip,
cip cip cip,
cip cip cip cip.
Tuo,
Cip.
“Tuo” racchiude tutto il senso del messaggio arrivato a Leo e la sostanza della storia.
Scrive Pietro Citati, raccontando la corrispondenza di Kafka a Milena:
Da principio, scrivendole, aveva firmato Franz Kafka, poi solo Franz, e poi solo “tuo”: voleva perdere il nome, gettarlo nella sua ombra, dimenticare la propria identità. Infine scrisse: “Franz sbagliato, F sbagliato, tuo sbagliato, non più, silenzio, bosco profondo”.
Una lettera per Leo è una bellissima, piccola storia, un invito luminoso a prendere carta e penna per scrivere una lettera in cui ci possiamo firmare “Tuo”, un incoraggiamento a provare anche insieme ai bambini l’esperienza antica dell’attesa e dello sbirciare la cassetta della posta.
p.s. Ah, Teresa ringrazia Sergio Ruzzier per il maiale sullo slittino.
ogni tanto i nostri autori si innamorano di libri fatti da altri nostri autori. E allora ci scrivono su una riflessione, e ce la mandano. E allora noi rispondiamo: «Che bella questa recensione! Che ne dici se la pubblichiamo sul nostro blog?»
«Ok, va bene, ciao, grazie».
Ecco, volevamo dirvi che va proprio così, anche se magari non ci credete. Questa volta è stata Silvia Vecchini a innamorarsi.
Vostri
Topipittori
[di Silvia Vecchini]
Mi sono innamorata di questo libro.
Si tratta di Una lettera per Leo di Sergio Ruzzier.
Le figure dei protagonisti sembrano muoversi nello sfondo lontano che si intravede in dipinti o affreschi medievali. Montagne, alberi spogli, cieli luminosi. Ma anche il gioco delle bocce, una cucina.
La storia intreccia due grandi desideri che appartengono fortemente al pensiero dei bambini. Uno ben conosciuto e molto frequentato: trovare un cucciolo.
L’altro meno abituale e quasi dimenticato: ricevere posta per sé.
Tanti bambini chiedono, implorano un cucciolo da tenere. Tanti, ricevendo una risposta negativa o un rimandare in eterno per tante e buone e ragioni, sognano di trovarne uno per caso e dargli rifugio.
E che grande sorpresa si apre sul viso di un bambino nel ricevere una lettera, una cartolina, un pacchetto con scritto il proprio nome sullo spazio riservato al destinatario!
Lo raccontava Phillippe Delerm in Che bello fare i compiti sul tavolo della cucina e altri minuscoli piaceri (Salani) dove racconta anche il piacere di un bambino abbonato a un mensile:
Ed è proprio quel giorno che il giornale ci attende, un po’ nascosto nella cassetta dai volantini pubblicitari, ma noi riconosciamo subito l’angolino che spunta. Questo è il momento migliore. Assaporiamo la piccola etichetta con nostro nome e indirizzo battuti a macchina, come se fossimo un personaggio ufficiale.
Mi piacciono le lettere. Da bambina ho avuto più di un amico di penna (e ho avuto un cane tardi passando prima per galline, papere, conigli).
Da grande ho continuato a scrivere lettere e a riceverne.
Una volta scrissi una breve poesia su una lettera non arrivata.
Uguale a me, obliqua
la pioggia sbianca. Te
e la tua pazienza sbatterei
come la porta di casa
rientrando – nella furia
di consumare anche questo giorno
di posta inutile.
E ho letto con partecipazione le Lettere a Milena di Kafka e anche i suoi Diari in cui a volte condensa in un rigo il senso di un giorno.
19 dicembre: Lettera di F. Bella mattina, calore nel sangue.
20 dicembre. Niente lettere.
E così via.
Il primo regalo di Natale che ho fatto al mio sposo nella nostra minuscola casa è stata la cassetta della posta con i nostri nomi. La distanza minima che avevamo conquistato si misurava anche in quel modo.
Ai nostri figli abbiamo ben presto intestato un abbonamento a una rivista e giochiamo spesso a scriverci bigliettini. Tantissimi sono passati sotto la porta. Botte e risposte. Richieste, scuse, dichiarazioni di amore, prese in giro, quiz.
Beatrice, mia figlia ormai grande, da bambina ha desiderato una corrispondenza e tramite la sua rivista ha trovato un’amica a Torino. L’ha incontrata due anni dopo il primo scambio di lettere. Giovanni al solito è stato più tecnico e ha usato un paio di lettere per protestare: una alla redazione di Topolino quando si accorse che il gioco che stava acquistando a puntate di settimana in settimana non avrebbe mai funzionato. Scrisse che se lo era pagato da solo ed era una delusione il fatto che le batterie non entrassero nell’alloggiamento previsto. La redazione rispose subito e per rimediare mandò il pezzo giusto. Poi c’è stata la volta in cui scrisse al sindaco del nostro comune per dire che a scuola mancava un’aula per la musica e le ore d’informatica. Il sindaco gli rispose sul quotidiano locale promettendo un ampliamento di cui adesso beneficia Teresa.
Ecco, Teresa. La più piccola. Ha otto anni e la sua Amica (vuol dire proprio quella lì, quella del cuore, l’amica-amica) da un paio di anni si è trasferita. In questi giorni compie gli anni e abbiamo pensato di regalarle Una lettera per Leo. E tante bustine e biglietti per la corrispondenza così potranno scriversi.
È bello scrivere e ricevere lettere. Ed è vero che non si fa praticamente più ma in questo modo si perde un’esperienza fecondissima che anche nell’albo è raccontata nelle pagine che precedono il finale. È quella dell’attesa. Franco Lorenzoni nel suo libro I bambini pensano grande (Sellerio) racconta alcune esperienze fatte in classe utilizzando questo strumento. Poi afferma:
Scrivere lettere da mettere dentro buste da affrancare e spedire per posta nel tempo di Internet può sembrare un paradosso. Infatti pochi di loro sanno cosa sia un francobollo e nessuno ha mai ricevuto una lettera. Eppure, proprio in questo ci vedo una possibilità interessante, perché tra gli aspetti della vita che meno frequentano i bambini di oggi c’è l’attesa: una delle esperienze che la contemporaneità maggiormente svilisce (…). So bene di essere un uomo del secolo passato, ma sono convinto che l’interiorità, per dilatarsi ed espandersi in un ampio respiro ha bisogno di tempo.
Anch’io lo penso. Ed è particolarmente interessante questa dilatazione dell’interiorità grazie a una durata più lunga che permetta ai pensieri di farsi più densi, di innescare connessioni, di lavorare dentro di noi in modo misterioso.
È anche per questo che lettere e cartoline finiscono volentieri nei miei libri e nelle attività di scrittura che propongo ai bambini.
La cosa più commovente dell’albo è proprio la lettera.
Cip,
cip cip cip,
cip cip cip cip.
Tuo,
Cip.
“Tuo” racchiude tutto il senso del messaggio arrivato a Leo e la sostanza della storia.
Scrive Pietro Citati, raccontando la corrispondenza di Kafka a Milena:
Da principio, scrivendole, aveva firmato Franz Kafka, poi solo Franz, e poi solo “tuo”: voleva perdere il nome, gettarlo nella sua ombra, dimenticare la propria identità. Infine scrisse: “Franz sbagliato, F sbagliato, tuo sbagliato, non più, silenzio, bosco profondo”.
Una lettera per Leo è una bellissima, piccola storia, un invito luminoso a prendere carta e penna per scrivere una lettera in cui ci possiamo firmare “Tuo”, un incoraggiamento a provare anche insieme ai bambini l’esperienza antica dell’attesa e dello sbirciare la cassetta della posta.
p.s. Ah, Teresa ringrazia Sergio Ruzzier per il maiale sullo slittino.
1 commento:
We communicate more but write letters less. Must try to change that! Thank you for reprinting this wise letter of appreciation.
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