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mercoledì 18 novembre 2015

Tuo Cip

Cari Lettori del nostro blog,
ogni tanto i nostri autori si innamorano di libri fatti da altri nostri autori. E allora ci scrivono su una riflessione, e ce la mandano. E allora noi rispondiamo: «Che bella questa recensione! Che ne dici se la pubblichiamo sul nostro blog?» 
«Ok, va bene, ciao, grazie».
Ecco, volevamo dirvi che va proprio così, anche se magari non ci credete. Questa volta è stata Silvia Vecchini a innamorarsi.
Vostri
Topipittori


[di Silvia Vecchini]

Mi sono innamorata di questo libro.
Si tratta di Una lettera per Leo di Sergio Ruzzier.

Le figure dei protagonisti sembrano muoversi nello sfondo lontano che si intravede in dipinti o affreschi medievali. Montagne, alberi spogli, cieli luminosi. Ma anche il gioco delle bocce, una cucina.


La storia intreccia due grandi desideri che appartengono fortemente al pensiero dei bambini. Uno ben conosciuto e molto frequentato: trovare un cucciolo.
L’altro meno abituale e quasi dimenticato: ricevere posta per sé.
Tanti bambini chiedono, implorano un cucciolo da tenere. Tanti, ricevendo una risposta negativa o un rimandare in eterno per tante e buone e ragioni, sognano di trovarne uno per caso e dargli rifugio.


E che grande sorpresa si apre sul viso di un bambino nel ricevere una lettera, una cartolina, un pacchetto con scritto il proprio nome sullo spazio riservato al destinatario!
Lo raccontava Phillippe Delerm in Che bello fare i compiti sul tavolo della cucina e altri minuscoli piaceri (Salani) dove racconta anche il piacere di un bambino abbonato a un mensile:

Ed è proprio quel giorno che il giornale ci attende, un po’ nascosto nella cassetta dai volantini pubblicitari, ma noi riconosciamo subito l’angolino che spunta. Questo è il momento migliore. Assaporiamo la piccola etichetta con nostro nome e indirizzo battuti a macchina, come se fossimo un personaggio ufficiale.


Mi piacciono le lettere. Da bambina ho avuto più di un amico di penna (e ho avuto un cane tardi passando prima per galline, papere, conigli).
Da grande ho continuato a scrivere lettere e a riceverne.
Una volta scrissi una breve poesia su una lettera non arrivata.

Uguale a me, obliqua
la pioggia sbianca. Te
e la tua pazienza sbatterei
come la porta di casa
rientrando – nella furia
di consumare anche questo giorno
di posta inutile.



E ho letto con partecipazione le Lettere a Milena di Kafka e anche i suoi Diari in cui a volte condensa in un rigo il senso di un giorno.

19 dicembre: Lettera di F. Bella mattina, calore nel sangue.
20 dicembre. Niente lettere.


E così via.
Il primo regalo di Natale che ho fatto al mio sposo nella nostra minuscola casa è stata la cassetta della posta con i nostri nomi. La distanza minima che avevamo conquistato si misurava anche in quel modo.
Ai nostri figli abbiamo ben presto intestato un abbonamento a una rivista e giochiamo spesso a scriverci bigliettini. Tantissimi sono passati sotto la porta. Botte e risposte. Richieste, scuse, dichiarazioni di amore, prese in giro, quiz.


Beatrice, mia figlia ormai grande, da bambina ha desiderato una corrispondenza e tramite la sua rivista ha trovato un’amica a Torino. L’ha incontrata due anni dopo il primo scambio di lettere. Giovanni al solito è stato più tecnico e ha usato un paio di lettere per protestare: una alla redazione di Topolino quando si accorse che il gioco che stava acquistando a puntate di settimana in settimana non avrebbe mai funzionato. Scrisse che se lo era pagato da solo ed era una delusione il fatto che le batterie non entrassero nell’alloggiamento previsto. La redazione rispose subito e per rimediare mandò il pezzo giusto. Poi c’è stata la volta in cui scrisse al sindaco del nostro comune per dire che a scuola mancava un’aula per la musica e le ore d’informatica. Il sindaco gli rispose sul quotidiano locale promettendo un ampliamento di cui adesso beneficia Teresa.
Ecco, Teresa. La più piccola. Ha otto anni e la sua Amica (vuol dire proprio quella lì, quella del cuore, l’amica-amica) da un paio di anni si è trasferita. In questi giorni compie gli anni e abbiamo pensato di regalarle Una lettera per Leo. E tante bustine e biglietti per la corrispondenza così potranno scriversi.


È bello scrivere e ricevere lettere. Ed è vero che non si fa praticamente più ma in questo modo si perde un’esperienza fecondissima che anche nell’albo è raccontata nelle pagine che precedono il finale. È quella dell’attesa. Franco Lorenzoni nel suo libro I bambini pensano grande (Sellerio) racconta alcune esperienze fatte in classe utilizzando questo strumento. Poi afferma:

Scrivere lettere da mettere dentro buste da affrancare e spedire per posta nel tempo di Internet può sembrare un paradosso. Infatti pochi di loro sanno cosa sia un francobollo e nessuno ha mai ricevuto una lettera. Eppure, proprio in questo ci vedo una possibilità interessante, perché tra gli aspetti della vita che meno frequentano i bambini di oggi c’è l’attesa: una delle esperienze che la contemporaneità maggiormente svilisce (…). So bene di essere un uomo del secolo passato, ma sono convinto che l’interiorità, per dilatarsi ed espandersi in un ampio respiro ha bisogno di tempo.


Anch’io lo penso. Ed è particolarmente interessante questa dilatazione dell’interiorità grazie a una durata più lunga che permetta ai pensieri di farsi più densi, di innescare connessioni, di lavorare dentro di noi in modo misterioso.
È anche per questo che lettere e cartoline finiscono volentieri nei miei libri e nelle attività di scrittura che propongo ai bambini.

La cosa più commovente dell’albo è proprio la lettera.

Cip,
cip cip cip,
cip cip cip cip.
Tuo,
Cip.


“Tuo” racchiude tutto il senso del messaggio arrivato a Leo e la sostanza della storia.


Scrive Pietro Citati, raccontando la corrispondenza di Kafka a Milena:

Da principio, scrivendole, aveva firmato Franz Kafka, poi solo Franz, e poi solo “tuo”: voleva perdere il nome, gettarlo nella sua ombra, dimenticare la propria identità. Infine scrisse: “Franz sbagliato, F sbagliato, tuo sbagliato, non più, silenzio, bosco profondo”.
Una lettera per Leo è una bellissima, piccola storia, un invito luminoso a prendere carta e penna per scrivere una lettera in cui ci possiamo firmare “Tuo”, un incoraggiamento a provare anche insieme ai bambini l’esperienza antica dell’attesa e dello sbirciare la cassetta della posta.

p.s. Ah, Teresa ringrazia Sergio Ruzzier per il maiale sullo slittino.

mercoledì 4 novembre 2015

A Scriba Festival arrivano i mostri

[di Manuela Draghetti]

Nelle librerie di casa, sui nostri comodini o per terra, impilati come torri vicino alle poltrone, prendono posto romanzi, raccolte di racconti, poesie, classici, libri illustrati, saggi e, sicuramente, molto altro ancora. Tutti i giorni però anche altre forme di scrittura occupano la nostra vita. Leggiamo blog di cucina e guide di viaggi, ma prima diamo un’occhiata alle previsioni del tempo. Controlliamo il bugiardino di quella medicina che ha degli effetti collaterali un po’ inquietanti.


Compriamo un buon vino ma prima giriamo l’etichetta per vedere se è di nostro gradimento. Poi apriamo la posta. È arrivata l’assicurazione, fitta fitta di pagine, piena di righe scritte in un linguaggio tutto da decifrare. Ci saremo davvero assicurati? Il dubbio è legittimo. C’è un verbale dei carabinieri e anche un volantino con annunci immobiliari. Nel frattempo da qualche parte qualcuno scrive canzoni, dizionari, enciclopedie, filastrocche, testi per manuali scolastici o trasmissioni radiofoniche. Qualcun altro sta vendendo opere d’arte in TV, oppure sta sceneggiando un film, un documentario, un musical, una serie animata per ragazzi o un videogioco. Nelle redazioni dei giornali invece il titolista si concentra sulla notizia di prima pagina, e il cronista non sa come chiudere il suo pezzo, all’enigmista invece mancano solo pochi rebus, e poi, a notte ormai cominciata, finalmente si ‘timbra’ Visto si stampi.
Scriba nasce da qui. Michele Cogo, Piero Di Domenico e io ci siamo resi conto che la scrittura è anche tutto questo, e abbiamo pensato di realizzare il primo Festival che raccontasse e facesse incontrare i professionisti delle varie scritture e il pubblico che quotidianamente li legge.
Scriba nasce in collaborazione con Bottega Finzioni, la scuola di scrittura fondata a Bologna da Carlo Lucarelli che, a proposito di Scriba dice: «Chi pratica la scrittura sa benissimo che qualsiasi tipo di narrazione è, prima di tutto, un racconto: da una forma più intima, come può essere una lettera o un diario, ai bugiardini delle medicine, ai verbali della polizia per finire alla satira. Sono tutte forme di scrittura che hanno un motivo, e soprattutto, un modo per essere fatte».
Gli incontri di Scriba mettono in luce questi modi.

Libreria Zanichelli, pubblico in ascolto fuori dalla sala conferenze.
Libreria Coop, durante un incontro del Festival.

Per un narratore poi è utilissimo conoscere anche i linguaggi diciamo così, ‘non letterari’, ma quotidiani e diversissimi. E questo proprio per riuscire a raccontare in modo credibile tutte le altre storie possibili.
Nelle passate edizioni alcuni scrittori hanno fatto da ponte tra questi diversi professionisti delle scritture e il pubblico presente. Così ad esempio è successo che Marcello Fois (scrittore e sceneggiatore), assieme a Roberto Maccaferri (agente immobiliare), hanno raccontato il linguaggio specialistico degli annunci immobiliari.

Marcello Fois e Carlo Lucarelli, 2012, Palazzo D'Accursio.

«L’Italia» spiega Marcello Fois, «è il paese che forse produce più sovra-lingue, ogni settore di interesse ha un suo vocabolario specifico, tramandato da professionista in professionista, spesso ostico ai profani, slegato da sintassi e linguaggio comune. L’agente immobiliare è uno che racconta le case, e usa termini scomparsi come bivano, trivano, quadrivano, perché è più prestigioso di ‘due stanze’. O incomprensibili, come finestrato, nel senso che esistono case senza finestre? Rifiniture di pregio? Parzialmente ristrutturato? Che forse non avevano i soldi per completare l’opera?”. Menziona altri linguaggi come quello dei ricettari o dei blog di cucina, “Scaldi il vettore e lavori il prodotto fino alla glutinazione. Ecco il gergo da fornelli che mai ci sogniamo di usare in altri contesti. E ‘l’assicuratese’? Una lunga litania di eccezioni più che di regole. Il ‘poliziese’ invece si ostina a usare espressioni come ‘Ci portammo in via Saragozza’ per dire ‘andammo’.
E per finire il ‘notarile’, con il suo rogito, un nome già di per sé gastroenterico, da provare alla sera al posto del sonnifero per dormire di colpo.»


Spesso gli incontri si concludono con un contest, un concorso aperto al pubblico, che permette a chi vuole, di cimentarsi in quella particolare scrittura, e di concorrere per un premio e un giudizio dato in diretta dagli ospiti. Ad esempio è l’annuncio immobiliare per vendere Stonehenge che, l’anno scorso, si è aggiudicato il primo posto.

Stonehenge
 

di Valentina Misgur
 (testo vincitore linguaggio immobiliare)
Località: piana di Salisbury, Wiltshire, Inghilterra e
ccezionale openspace vendesi, in zona tranquilla (escluso solstizi), circondata dal verde. 
50 mq circa, realizzata in materiali ecosostenibili, la proprietà unisce la semplicità delle linee neolitiche alle nuove esigenze in materia di energia alternativa.
a costruzione è realizzata in Dolmen e Menhir, strutture ecosostenibili e antisismiche, utilizzando esclusivamente materiali naturali riciclabili. Finiture pregiate in dolorite, riolite, arenaria e ceneri calcaree vulcaniche. La maggior parte dei materiali è a chilometro zero; alcune pietre pregiate provengono da un sito del Galles sud occidentale e dall'Irlanda, importate in Inghilterra dal diavolo. 
anoramico, ben ventilato, eccellente illuminazione naturale, offre un'ampia visuale della volta celeste con mappa astrale integrata. Doccia diffusa a caduta naturale, per un massaggio corroborante al cuoio capelluto. Vialetto d'accesso privato, la proprietà offre fino a 5 ingressi trilitici indipendenti. L'asse principale è orientato verso la posizione del sole al solstizio d'estate, compatibile con norme Feng Shui e Buddhismo. Termoautonomo, solo irradiazione solare diretta e forte carica magnetica naturale, funziona sulla polarizzazione dei chakra.
tilizzabile anche come calendario astrale e orologio solare (no batterie, no ricarica).
ersatile, adatto a possibili riconversioni in tempio neopagano, centro convention per druidi, locale per sabba, macelleria (eccezionale pietra del sacrificio originale inclusa). I
deale per i figli delle stelle.
 Per contatti e info: merlino@camelot2014.it



Scriba ha anche una sezione dedicata alla scrittura per ragazzi. Alcuni degli ospiti delle passate edizioni sono stati Janna Carioli, Frida Forlani, Stefano Bordiglioni, Beatrice Masini, Cristina Scalabrini, Emanuela Busà, Tuono Pettinato.
Quest’anno Mario Bellina (autore, conduttore televisivo e radiofonico), assieme a David Bracci (esperto di effetti speciali cinematografici), dialogheranno a partire dal testo di Bellina scritto per ragazzi, edito da ETS dal titolo Cinemostri. A caccia di mostri cinematografici.
Perché il tema dell’edizione 2015 del festival è appunto Arrivano i mostri!, e con un tema così non potevamo non organizzare un contest dedicato ai ragazzi.


Abbiamo coinvolto 10 quinte di tre scuole primarie di Bologna (sono le scuole: Longhena, Bottego/Silvani e Guidi, e le ringrazio molto per la loro disponibilità e la collaborazione). Ai ragazzi abbiamo chiesto di disegnare e di raccontare in poche righe il loro mostro più mostruoso, di inviarcelo e di partecipare a un pomeriggio ‘terrificante’ in compagnia della giuria, che sceglierà il vincitore e, di Marco e Matteo, conduttori del programma televisivo L’Officina dei mostri, che realizzeranno per il podio il mostro in versione 3D, proprio come avviene nel programma in onda su Sky. I ragazzi si sono subito entusiasmati. Vedremo cosa succederà!


Janna Carioli.
Beatrice Masini e Stefano Bordiglioni.

Alle tre scuole consegneremo anche tre pacchetti di libri per arricchire le loro biblioteche scolastiche. Sono testi che affrontano il tema del ‘mostro’ nella sua accezione più ampia, e che gli editori, che ringrazio di seguito (Babalibri, Coccole Books, Corraini, De Agostini, Einaudi Ragazzi, Feltrinelli Kids, Gallucci, Kite, Lapis, Topipittori), ci hanno gentilmente donato. Ringrazio anche i Topipittori e in particolar modo Giovanna che mi ha offerto qui di raccontare Scriba.
Ma i mostri sono i protagonisti di tutti gli incontri del festival. Si parlerà di tutti i mostri. Dei mostri letterari, dei mostri linguistici, dei mostri sbattuti in prima pagina da altri mostri, dei mostri nella tradizione del musical. Ma anche di mostri mitologici, ancestrali che hanno incarnato le paure dell’uomo e che hanno lasciato tracce nei reperti archeologici e nell’immaginario di tutti noi.

Ermanno Cavazzoni.

Ma senza scomodare un passato lontano, anche nel nostro presente, interi movimenti come i prepper (sempre più numerosi), evidenziano la presenza di grandi e nuove paure, che nascono con le società che cambiano e a cui, questi gruppi, tentano di far fronte con nuove forme di difesa tutte da scoprire.
Ma si sa, le paure per superarle bisogna attraversarle, conoscerle, e il racconto è sicuramente un modo per farlo. Ed è quello che Carlo Lucarelli farà parlando di mafia e di come, dal suo punto di vista, la si può raccontare. Sarà infatti questo, l’appuntamento dal titolo, Raccontare la Mafia: il mostro dalle mille facce, che aprirà in Sala Borsa l’edizione 2015 di Scriba Festival. A Bologna dal 6 all’8 novembre. Vi aspettiamo!
Per partecipare ai contest del Festival, andate qui e scrivete a Scriba edizione 2015).


venerdì 21 novembre 2014

La Pagina Che Non C’Era

Maria Laura vanorio intervista Valerio Magrelli.
Qualche tempo fa siamo venuti a conoscenza di un bellissimo progetto, La Pagina Che Non C’Era, nato a Napoli, nel 2010, per avvicinare alla scrittura e alla lettura i ragazzi delle scuole superiori. Fondata sul confronto tra studenti e scrittori, l'idea di questa iniziativa è stata di Diana Romagnoli e Maria Laura Vanorio, due insegnanti dell’ISS Pitagora di Pozzuoli, alla periferia di Napoli. In una intervista pubblicata sull’"Indice dei Libri del Mese", aprile 2012, Maria Laura Vanorio, traduttrice e insegnante, racconta: «L’idea è nata in classe, e mi è venuta naturale. Anziché fare il solito compito in classe (con analisi del testo, saggio breve, etc.) ho chiesto ai ragazzi di leggere Certi bambini di De Silva e di provare ad aggiungere una pagina al romanzo. Dall'autovalutazione (che di solito è una cosa che facciamo spesso, e che comporta la discussione in classe di punti forti e difetti dei temi in classe) sono venute fuori davvero un sacco di cose interessanti. Abbiamo letto insieme alcuni dei compiti in classe e ho visto come i ragazzi spesso coglievano aspetti dello stile e della struttura del libro con una profondità e precisione che non avrebbero raggiunto di fronte a un compito in classe tradizionale.Visti questi risultati, insieme alle colleghe abbiamo pensato all’idea di un concorso delle superiori. La prima edizione era riservata a scuole campane, mentre da questa seconda il concorso è diventato nazionale.» Maria Laura Vanorio ha spiegato il progetto anche sul sito della Rai dedicato alla letteratura. 



Sviluppatosi in un primo tempo come concorso, oggi il progetto è diventato anche un festival, che, iniziato ieri a Napoli, si svolgerà fino al 22 novembre. Lo scorso anno a La Pagina Che Non C’Era ha partecipato anche lo scrittore e poeta Valerio Magrelli con il suo romanzo Geologia di un padre. Intervistato da Antonio Fiore, il 7 marzo scorso, sul "Corriere della sera", a proposito della sua esperienza con i ragazzi e sulla liceità di una operazione come questa, fondata sulla riscrittura di opere letterarie, ha risposto: «Tutta la pedagogia greco-romana antica si basava su un classico, da Omero a Tacito, che lo studente doveva riscrivere a modo suo. Altro che il ‘‘moderno’’ atteggiamento verso i classici, pavidamente considerati intangibili». (E se vi interessa vedere in che modo hanno interpretato la pagina che non c'era di Valerio magrelli, guardate qui). E ora lasciamo che a raccontarvi l'edizione straordinaria 2014 di La Pagina Che Non C’Era sia Donatella Brindisi, che si occupa della comunicazione del progetto.

[di Donatella Brindisi]

È in arrivo una versione autunnale straordinaria della Pagina Che Non C’Era che, in occasione del Forum Universale delle Culture Unesco, torna con un’edizione speciale dedicata al genere letterario della cosiddetta Literary Non Fiction.


Grazie al successo delle precedenti edizioni e alla sempre entusiasta adesione degli scrittori ospiti e degli studenti coinvolti da tutta Italia, negli anni l’originaria iniziativa di promozione della lettura presso le scuole è molto cresciuta fino a trasformare La Pagina Che Non C’Era in un vero e proprio festival di letteratura per ragazzi.


Germogliata da un’idea di due insegnanti dell’istituto Pitagora di Pozzuoli, La Pagina Che
Non C’Era nasce dalla convinzione che il piacere di leggere e la capacità di scrivere non possano essere trasmessi con metodi impositivi (qui trovate il profilo di tutti gli insegnanti che si occupano del progetto). La coraggiosa sfida di questo progetto, sorto tra i banchi di una delle più complesse e problematiche periferie italiane, è di superare la tradizionale diffidenza dei ragazzi nei confronti dell’atto della lettura grazie a un gioco letterario.


La prima parte del gioco consiste sempre nel confronto tra gli studenti e gli scrittori. E poiché il comitato organizzativo del festival ha deciso di dedicare questa edizione al genere della Literary Non Fiction, quest’anno ha invitato gli autori di alcuni dei libri che – pur restando nell’ambito narrativo – ci hanno più efficacemente raccontato la realtà dei nostri tempi: Luca Rastello (con il romanzo I Buoni, Chiarelettere), Gaetano Di Vaio e Guido Lombardi (autori di Non mi avrete mai, Einaudi) e Francesco Barilli che, insieme all’illustratore Manuel De Carli, è autore del graphic novel Carlo Giuliani. Il ribelle di Genova (BeccoGiallo).


Gli incontri tra gli autori e gli studenti iscritti al festival avverranno il 20 e il 21 novembre a Napoli nei nuovi spazi del Foqus (Fondazione Quartieri Spagnoli). La prima giornata sarà introdotta da una tavola rotonda con l’intenzione di discutere e illustrare storia, modelli e caratteristiche della Literary Non Fiction dai libri al cinema e alle serie televisive. Oltre agli autori ospiti del festival, alla tavola rotonda interverranno anche lo scrittore e critico letterario Cristiano de Majo, lo sceneggiatore Stefano Bises, la giornalista del Corriere della Sera Alessandra Coppola, il regista Guido Lombardi e l’attore Lello Serao.


Anche quest’anno un’intera sezione della Pagina Che Non C’Era sarà dedicata alla letteratura scientifica per ragazzi: negli spazi rinnovati della Città della Scienza, sabato 22 novembre gli studenti incontreranno Amedeo Balbi (Cercatori di meraviglie. Storie di grandi scienziati curiosi del mondo, Rizzoli) e Nicola Nosengo (I robot ci guardano, Zanichelli).


Ogni anno l’incontro con gli scrittori, ma anche tra i vari studenti – appartenenti a scuole superiori, città e realtà differenti – diventa una preziosa occasione di confronto intorno alla parola (letta, immaginata, raccontata e, infine, scritta). Un confronto fecondo, che consente ai ragazzi di entrare in contatto con gli autori dei romanzi senza la mediazione degli adulti e senza distanze gerarchiche, costituendo un momento fondamentale del successivo processo creativo.


Anche quest’anno, infatti, dopo aver incontrato gli scrittori ospitati dal festival, gli studenti saranno invitati a leggerne i libri e a scrivere (o a disegnare) una pagina – per l’appunto “la pagina che non c’era” – da aggiungere in un punto qualsiasi del libro scelto fra quelli proposti, imitando lo stile dell’autore e mimetizzandosi nella sua opera.  Il metodo della scrittura mimetica e vincolata (o à contrainte) consente di accostarsi al testo con occhio attento per individuare e distinguere peculiarità, regole, stili e registri e, allo stesso tempo, di trasformare in gioco la letteratura, desacralizzandola e avvicinandola ai giovani lettori. I vincitori del concorso saranno gli studenti autori delle pagine migliori che, secondo il giudizio di una giuria composta da insegnanti e scrittori, il prossimo febbraio verranno premiati –  naturalmente –  con nuovi libri.


Il festival, patrocinato dal Forum Universale delle Culture 2013-2014 e dai Comuni di Napoli e Pozzuoli, è stato insignito da numerosi riconoscimenti, tra cui il premio Gutenberg 2013 dell’Ali e il prestigioso Maggio dei Libri del MiBac e del Cepel come migliore attività nazionale per la promozione alla lettura in ambito scolastico. 
Gli autori che hanno partecipato alle precedenti edizioni della Pagina Che Non C’Era sono:
Andrea Bajani, Maurizio de Giovanni, Viola Di Grado, Giuseppe Genna, Nicola Lagioia, Andrej Longo, Valerio Magrelli, Marco Malvaldi, Margherita Oggero, Valeria Parrella, Paolo Piccirillo, Antonio Scurati, Paola Soriga, Andrea Tarabbia, Paolo Zanotti.

Le foto che corredano il post sono relative a diversi momenti e a diverse edizioni di La Pagina Che Non C’Era e sono state scattate dagli studenti che hanno partecipato all'iniziativa.

mercoledì 12 novembre 2014

Da Quadernini a Quaderni Aperti

[di Thomas Pololi]

Poco più di un anno fa, su questo stesso blog, parlai di Quadernini, un progetto di raccolta partecipata di quaderni di scuola che ha ottenuto una certa visibilità anche grazie a una pagina facebook, a un blog su Tumblr, a una serie di serate di lettura di temi di scuola realizzate a Milano, Bergamo e Torino e a collaborazioni come quella con Smemoranda e con il free press CTRL.

In pochi mesi s'è creato, intorno al progetto, un vasto network di simpatizzanti, tra cui molti illustratori e artisti, ma anche insegnanti, educatori, archivisti, ricercatori. Dato questo interesse e le belle discussioni che ne sono scaturite, abbiamo pensato di utilizzare i contenuti dei quaderni per sviluppare, oltre alle attività di ricerca e divulgazione del materiale, attività didattiche e sociali che ne utilizzino i contenuti. È nato così il progetto Quaderni Aperti.

Tutte le iniziative che stiamo (parlo al plurale perché per fortuna non sono più solo, c'è una persona che segue la parte di fundraising e bandi per il progetto, anche se siamo sempre più bisognosi di qualcuno che metta a disposizione un po' del suo tempo per aiutarci a digitalizzare e catalogare tutto il materiale che continuiamo a ricevere, ne approfitto per fare un appello anche qui) iniziando a sviluppare hanno, come obiettivo comune, quello di promuovere l'autorappresentazione del bambino attraverso l'uso della scrittura, del disegno, di qualsiasi forma d'espressione che gli consenta di rapportarsi con sé e con gli altri in modo naturale e non condizionato.


Questo perché è davvero impressionante, proprio da un punto di vista “fisiologico”, scoprire quanto i bambini assorbano dall'ambiente e dagli stimoli che gli vengono proposti: l'educazione, non parlo solo di quella scolastica ma più in generale di qualsiasi direttiva, anche commerciale, venga data ai più piccoli, ha un potere enorme, e in passato questo potere è stato usato per condizionare intere generazioni. A nostro parere l'educazione dovrebbe avere lo scopo di insegnare ai bambini, ai ragazzi, non ad essere preparati per una professione, ma ad essere degli individui che si realizzano all'interno di una società.


Proprio per questo motivo uno degli scopi del progetto è proprio quello di valorizzare le esperienze educative più innovative del passato: ad esempio, insieme all'associazione Amici del Parco Trotter e alla Casa del Sole, un istituto comprensivo di Milano che ha la sperimentazione e l'apertura all'esterno nel suo dna fin dalla sua fondazione come scuola speciale all'aperto, stiamo raccogliendo il materiale scolastico degli ex alunni allo scopo di creare un contatto tra i bambini di oggi e i “bambini di ieri” attraverso il metodo della videointervista e del racconto teatrale. Ci piacerebbe poter far dialogare in modo spontaneo persone di diverse generazioni accomunate da un luogo pieno di significato come la Casa del Sole.


Un altro progetto in fase di costruzione, insieme a La Grande Fabbrica delle Parole, un laboratorio di scrittura per bambini delle elementari e medie con il quale collaboro come volontario da diversi anni, prevede, sempre attraverso il metodo dell'intervista, l'incontro di alunni delle scuole elementari e medie con ex bambini che hanno vissuto l'infanzia durante il periodo della guerra e della Liberazione di Milano. Per realizzarlo stiamo cercando quaderni di scuola milanesi degli anni Quaranta, e colgo di nuovo l'occasione per un appello (poi la smetto): se qualche lettore conoscesse persone tra i 75 e gli 82 anni che hanno conservato dei quaderni dell'epoca per noi averli in prestito per un breve periodo sarebbe un preziosissimo contributo alla realizzazione del progetto (per contatti, cliccate qui).


Oltre a questi due progetti imminenti, negli ultimi mesi le nostre relazioni si sono moltiplicate: stiamo lanciando una prima raccolta partecipata di quaderni provenienti da altri paesi europei grazie alla collaborazione con la sezione di Bergamo dell'associazione studentesca Aegee e iniziando a collaborare con alcune associazioni di Roma al fine di costruire un progetto simile a quello milanese con la Casa del Sole. Inoltre siamo entrati a far parte della rete di Milanosifastoria, interessantissima iniziativa che ha preso il via proprio questa settimana, attraverso la quale speriamo di poter porre le basi per la creazione di un archivio di quaderni scolastici milanesi, sia digitale che, in un successivo momento, fisico.


Riuscire a dar vita a un luogo dove la storia della città viene raccontata attraverso uno strumento comunicativo come i quaderni di scuola, tradotti anche in inglese per essere fruibili da persone provenienti dall'estero, sarebbe davvero un sogno che si realizza e, io credo, anche un'attrattiva in più per chi desidera visitare Milano.
Insomma, ci sono tante idee; ora i nostri sforzi sono tesi alla ricerca dei giusti interlocutori e, cosa non trascurabile, di fondi con i quali realizzarle, perché al momento tutto il lavoro dedicato al progetto è volontario e riuscire a gestire queste molteplici attività e contemporaneamente a sopravvivere sta diventando piuttosto complicato.
Ad ogni modo, come scrissi in un tema di quinta elementare: “Anche se le possibilità son poche, ce la metterò tutta”.


E infine: invitiamo tutti al prossimo reading Quadernini, che si terrà venerdì 14 novembre alle 19.00, presso il negozio di giocattoli Il mondo è piccolo (via Cesare da Sesto 19, Milano). I temi, raccolti nell’ambito del progetto Quaderni Aperti attraverso un blog e una pagina Facebook seguita da più di 2500 persone, ripercorrono un secolo di storia italiana, dal 1916 ai giorni nostri. La lettura sarà accompagnata da una piccola esposizione di quaderni, libri, giocattoli e oggetti scolastici curata dallo stesso proprietario del negozio.

[Le immagini di questo post provengono dall'archivio di Quaderni aperti]


venerdì 7 novembre 2014

Sedurre vs condurre

Hamelin, n. 37, anno 14. Immagine di copertina Laurent Moreau.

L’imperativo è raccontarsi sempre, raccontare nell’immediato sentimenti, emozioni, esperienze, copiare-e-incollare frammenti di storie, immagini, parole con cui ci si identifica e che diventano nostre anche senza esserlo. Ma se tutto è narrazione, che cos’è narrazione?

Così si legge in quarta di copertina del nuovo numero della rivista Hamelin. Titolo Troppe storie, argomento che di certo interesserà tutti coloro che per le più diverse ragioni si occupano di scrittura, racconto, lettura, storie, come autori, promotori della lettura, illustratori, insegnanti, bibliotecari, studiosi, librai, lettori...

Illustrazione di Serena Schinaia.
Si tratta, lo si capisce, di un titolo provocatorio che rimanda a quella invasione di narrazioni di cui quotidianamente, tutti, attraverso i medium più disparati, siamo fatti segno. Mi è stato chiesto di partecipare al numero con una intervista che mi ha rivolto Giordana Piccinini. Invito che ho accolto con piacere. Allora, oggi, vi anticipiamo, di questa intervista, la prima domanda e la prima risposta. Se poi il tema vi coinvolge, e noi lo speriamo, potrete proseguire la lettura sulla rivista che sulle narrazioni, dai più diversi punti di vista, accoglie riflessioni, studi e indicazioni a firma di Emilio Varrà, Nicoletta Gramantieri, Martino Negri, Elena Massi, Francesco Cappa, Gabriela Bin, Elisabetta Mongardi, Simone Sbarbati.

Buona lettura.

Le immagini che corredano questo post sono di Serena Schinaia, l'illustratrice presentata in questo numero della rivista Hamelin, e ci sono state gentilmente fornite dalla redazione (che ringraziamo).

G.P. Presupposto di questo numero di Hamelin è la pervasività che la narrazione e le tecniche che ne sono alla base hanno oggi: tutti ci raccontiamo sempre, che siamo individui, aziende, manifestazioni, territori. Evidentemente la comunicazione in rete, ma anche la centralità che la stessa idea di comunicazione ha nella nostra società, hanno molto condizionato questo processo. Quello su cui vorrei confrontarmi con te è se e quanto esso ha trasformato anche le modalità, gli stili, l’idea stessa di scrittura: come scrittrice e responsabile editoriale dei Topipittori hai sia un profilo che una pagina su fb e da anni curi sei una delle anime del vostro blog che non è mai stato unicamente promozionale ma si è aperto a riflettere sull’illustrazione, la letteratura e la cultura per l’infanzia. 

Illustrazione di Serena Schinaia.
G.Z. Questo preambolo mi fa venire in mente un episodio di alcuni anni fa. Avevo scritto un pezzo per il bollettino online Vibrisse, di Giulio Mozzi, dal titolo L'intelligenza della forma in cui spiegavo in cosa, a mio avviso, consiste la capacità di scrivere, o meglio di creare senso attraverso un testo, inteso propriamente come struttura narrativa. In questo pezzo raccontavo anche la mia esperienza di lavoro nella comunicazione, e di come, sia nella scrittura creativa sia in quella 'commerciale' il narcisismo rappresenti l'ostacolo principale, quello che determina il fallimento della comunicazione. Facevo l'esempio di alcuni CEO che preferiscono una mediocre comunicazione a una buona, per l'unica ragione che quella mediocre è una loro creazione, pur disponendo di strumenti rudimentali per valutare sia il proprio operato sia quello altrui. In sostanza, le cose interessano loro sono nella misura in cui loro appartengono. Questo è il contrario di un processo di comunicazione, cioè di relazione.
Questo articolo capitò in mano al proprietario di una grande azienda italiana, il quale mi contattò e mi commissionò un lavoro, sottraendolo alle cure dei copywriter di una delle più grandi agenzie pubblicitarie italiane. Si trattava di raccontare, e questi professionisti non sapevano da che parte cominciare, non riuscendo a superare lo schema della comunicazione frammentaria ed emotiva a cui erano abituati.

Illustrazione di Serena Schinaia.
Oggi io credo che l'insistenza, più che sul raccontare, sia sul creare emozioni. Cioè le narrazioni hanno come obiettivo principale non tanto il racconto, la struttura del discorso intesa come testo, scrittura e sua capacità di generare senso attraverso l'ordine del dar forma, quanto il produrre emozioni. Quello che in ogni ambito si sente promettere è “se leggerai, ascolterai, guarderai questo, vivrai grandi emozioni”. Non ho nulla contro le emozioni, ma mi pare che queste siano solo una piccola parte del processo che una narrazione - visiva, verbale, musicale eccetera - può innescare. Soprattutto io penso che finalizzare il racconto a una immediata risposta emotiva alteri e condizioni il modo della narrazione. In sostanza si finisce per fabbricare emozioni anziché racconti. Ma le emozioni non vanno create, perché sono una reazione del lettore quando entra in relazione con una narrazione. Quando si fa questo, si invade lo spazio del lettore. Creare emozioni è una deriva narcisistica: punta a una gratificazione immediata del pubblico che, in questo modo, è indotto a reagire con automatismi agli stimoli che riceve: se qualcosa mi emoziona è buono, se non mi emoziona, è cattivo. È un atteggiamento regressivo. La fabbricazione di emozioni elimina qualsiasi aspetto di problematizzazione di quel che si legge o si vede. In questo modo si trasforma la lettura, di testi o immagini in una pratica di puro consumo.

Illustrazione di Serena Schinaia.
Mi viene in mente una cosa scritta da Kafka: "La parola vera conduce, la falsa seduce": un buon criterio sulla base del quale valutare una narrazione. Non è detto, poi, che tutte le buone narrazioni siano letterarie. Le librerie sono piene di pessime narrazioni: cose mal scritte e mal pensate. E d'altra parte se una istituzione, un territorio o una azienda vogliono raccontarsi, in sé questo non è scorretto. Dipende dal modo in cui lo fanno e dal perché lo fanno. Raccontare non è un terreno riservato alla letteratura, all'arte. Per esempio trovo di grande interesse il fatto che, presso il Dipartimento di Scienze Cognitive dell'Università di Trento, il Laboratorio di Comunicazione e Narratività sia stato, e sia, frequentato da categorie professionali diverse, come insegnanti di ogni scuola e grado, vigili, guardie di finanza, guide alpine, personale amministrativo e polizia carceraria.

La scrittura io credo sia, in prima battuta, un esercizio di osservazione, distacco e pensiero: che si scriva un racconto, una cartolina o la lettera di una banca. La produzione di testi, o di racconti (anche per immagini), è un processo ad alto livello di simbolizzazione e strutturazione dei significati, e richiede in primis questa capacità, che è una capacità fondamentale, fondativa, mi viene da dire morale, dell'essere umano.

Illustrazione di Serena Schinaia.
Ci sono riflessioni importanti su questo di Aby Warburg, che è uno dei massimi studiosi di immagini del Novecento. Abbiamo sempre bisogno, tutti, di strumenti narrativi, e nella vita di tutti i giorni: dalle incombenze pratiche a quelle più sofisticate, come le relazioni affettive, amicali o professionali. Le persone che meglio sanno esprimersi, sono quelle che hanno maggiori e migliori possibilità di trovare il proprio posto nel mondo, umanamente, esistenzialmente, oltre che socialmente ed economicamente.


Brano tratto da Scrivere oggi. Cinque domande a Giovanna Zoboli, di Giordana Piccinini, in Troppe storie, "Hamelin 37".