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mercoledì 2 dicembre 2015

Secondo voi, che cos'è un bambino?


Da venerdì 4 a martedì 8 dicembre si terrà a Roma Più libri più liberi, fiera della piccola e media editoria. Come sempre parteciperemo anche noi Topi. Saremo, come da tradizione, allo stesso posto: chi lo conosce, ci troverà senza fatica; per tutti gli altri cercate lo stand H08, che è di fronte a Corraini e di fianco a Edizioni Corsare.
Veniteci a trovare perché oltre all'intero catalogo a vostra disposizione, abbiamo tutte e undici le novità appena uscite: da Di qui non si passa a Il meraviglioso Cicciapelliccia, da Una lettera per Leo a La voliera d'oro e a Uccelli da colorare e disegnare, da Storia piccola a Il topo che non c'era, da Capriole a Occhio al mosaico, fino alle 20 buone ragioni per regalare un libro a un bambino e a E sulle case il cielo nella nuova edizione Minitopi. Potrete sfogliarle in tranquillità e decidere di quale proprio non potete fare a meno. Oppure potete anche solo passare a salutarci.

http://www.topipittori.it/it/home

Quest'anno la mostra scelta da Più libri più liberi e organizzata da Biblioteche di Roma per lo Spazio ragazzi è dedicata a Che cos'è un bambino di Beatrice Alemagna. In esposizione, su pannelli di grande formato, ci sarà l'intero libro completo di illustrazioni e testi. 
Che cos'è un bambino è il nostro libro di maggiore successo sia di pubblico sia di vendite. È diventato una sorta di icona: il libro con cui siamo identificati come editori, probabilmente anche all'estero dato che è stato tradotto in 9 lingue: inglese, coreano, olandese, portoghese, spagnolo, francese, greco, cinese, svedese. Il successo del libro è legato ai contenuti, decisamente innovativi sia per i temi, l'identità infantile in relazione a quella adulta, sia per il modo in cui l'infanzia è rappresentata attraverso parole e immagini. Un modo unico, nato dal lavoro sull'identità che Beatrice Alemagna svolge da sempre con i bambini e che è al centro di tutti i suoi libri.

Da quando è uscito, nel 2008, Che cos'è un bambino è stato ristampato decine di volte; in Italia ha venduto circa 25.000 copie, e nel mondo più di centomila. L'edizione messicana è stata acquistata dal governo per la distribuzione nelle scuole e ha venduto 32 mila copie. In Spagna è stato adottato come libro ufficiale Unicef per il Natale del 2008.
Nel 2014, Che cos'è un bambino è stato tra i più votati dai bibliotecari italiani per ragazzi, interpellati su quali albi illustrati per la fascia 0-11 anni ritenessero i più belli, per essere inseriti nell'edizione 2015 di The world through picture books, pubblicazione sia digitale sia cartacea curata da Ifla (International Federation of Libraries Association), nata per presentare ai bibliotecari del mondo i 10 albi più belli di ciascun paese del mondo.
Sebbene Che cos'è un bambino abbia avuto un successo immediato, la sua fortuna si è costruita nel tempo. Il libro oggi registra il doppio delle vendite di quelle realizzate all'esordio. E le vendite sono in crescita. La causa di questa crescita costante e ininterrotta è il passaparola fra librai, bibliotecari e genitori.
Percepito da alcuni come un illustrato “più per adulti”, in realtà Che cos'è un bambino ha molto apprezzato anche dai piccoli, come sa chi lo ha proposto loro. Moltissime sono state le attività formative e didattiche che, in questi anni, sono state organizzate in biblioteche e scuole, mettendo il libri al centro dell'attenzione dei bambini (ricordiamo fra le altre, quelle svolte da Antonella Capetti e da Tiziana Cherubini).
Poco seguito dai media tradizionali, anche specializzati, Che cos'è un bambino ha ricevuto e riceve, a sette anni di distanza dall'uscita, molta attenzione da blog, siti, e social network, con recensioni, analisi, commenti.


Per l'importanza che il libro ha avuto nell'ambito della produzione di albi illustrati, e per invitare il pubblico di grandi e piccoli a riflettere sulla questione dell'identità infantile e adulta, Biblioteche di Roma ha scelto di dedicare a Che cos'è un bambino questa bella mostra (che dopo la fiera approderà in diverse biblioteche del circuito romano e laziale). I visitatori, dopo averla visitata, sono invitati a fornire una risposta personale alla domanda del titolo di Beatrice Alemagna, lasciando un pensiero scritto o disegnato su cartoline predisposte che troveranno a loro disposizione negli spazi espositivi e che potranno lasciare in un contenitore apposito.
Vi aspettiamo!

La mostra sarà inaugurata e presentata venerdì 4 dicembre, alle 16.30 presso lo Spazio ragazzi, dove parleranno di tutto questo e di molto altro ancora Cristina Selloni, Annamaria Di Giovanni, Giulia Mirandola, Carla Ghisalberti e Giovanna Zoboli. 

martedì 22 settembre 2015

Un essere fragile con una grande forza.

Prima di iniziare la lettura di questo bellissimo post di Beatrice Alemagna (scritto per Picturebookmakers e qui tradotto), prendete nota che l'8 di ottobre, dalle ore 15, Beatrice sarà a Milano, presso la Libreria Spazio BK, in via Lambertenghi 20: un intero pomeriggio a disposizione del suo pubblico, per disegni, dediche, saluti e chiacchiere. Non mancate!

[di Beatrice Alemagna]

Faccio libri da più di quindici anni e tutte le volte è come se fosse la prima.


Il meraviglioso Cicciapelliccia (in francese Le merveilleux Dodu-velu-petit) mi ha richiesto sei anni di ripensamenti e due anni di lavoro pieno.


Fin da piccola , sono rimasta profondamente affascinata dall’episodio in cui Pippi Calzelunghe decide di cercare lo Spunk. Lo Spunk è qualcosa che non esiste. Ho sempre portato dentro di me quest’idea che in fondo si finisce sempre per trovare le cose che non esistono. E mi sono convinta che questo richiede a priori una lunga ricerca nei negozi.


In parte, questo libro è un omaggio a Pippi e al fascino che provavo da piccola nell'entrare in un negozio pieno di cose da scoprire.
La cosa più difficile, è stata ottenere una forma di leggerezza che, fin dall’inizio, desideravo di comunicare.
Da qualche anno, prendo la leggerezza molto sul serio e non più alla leggera. Per me la leggerezza è diventata il luogo dove si condensano le cose gravi.
Riflettendo, ho capito che la leggerezza forse sfugge proprio per la sua sottigliezza: non è banalità, può essere invece, esattamente, il punto di tensione massima della gravità. Nella scoperta leggera di qualcosa di unico (come l’avvenura che vive Eddie), è condensata l’idea dell’infanzia che volevo comunicare in questo libro. L’infanzia come momento di gloria.



Tutto il libro è nato dal personaggio del dodu. Un giorno, dal niente, ho disegnato questa specie di cagnetto elettrizzato e subito ho sentito che dovevo raccontare la sua storia.


Spesso sono i personaggi a chiamarci e per me è quasi sempre così. All’inizio il libro doveva essere destinato al pubblico giapponese. Avevo iniziato i primissimi disegni 6-7 anni fa. Ma la storia era molto diversa. C’erano già il personaggio e la ricerca nei negozi, ma la bambina non aveva un carattere e non esistevano le peripezie che vive oggi Eddie.


Ho passato anni a fotografare le vetrine più belle dei negozi, in giro per i miei viaggi.


Questo testo e tutta questa ricerca, sono rimasti nei miei cassetti durante quasi sei anni : il tempo necessario a maturarlo e farlo vivere.
Ho scritto e riscritto la storia decine di volte, chiedendomi realmente come arrivare a raccontare quello che volevo tramite un ‘avventura. Un’avventura semplice e classica, in senso letterario. Non avevo mai scritto una vera avventura e mi è costato molta fatica.
In questo principalmente, il Merveilleux dodu-velu-petit è molto nuovo per me.
Però all’interno si trovano i punti cardinali di quasi tutti i miei libri: il viaggio, la partenza, la ricerca di qualcosa, l’accettare se stessi. Penso di voler raccontare in fondo sempre la stessa storia: quella di un essere fragile che alla fine scopre dentro di sé una grande forza.


Anche i disegni mi hanno richiesto decine e decine di prove. Io cerco sempre qualcosa quando disegno. È quel qualcosa che mi dice: si, ora sei nel giusto e non può essere in un altro modo.


Per tentare di raccontare questo con un «linguaggio leggero» volevo che alcuni fondamentali elementi di fragilità entrassero in gioco: i bambini sono fragili per eccellenza e il dodu è un esssere abbandonato, dall’aria indifesa.
Volevo parlare di cura: ogni forma di attenzione, di ricerca, di amore (la bambina amando sua madre, scopre di amare anche se stessa e i suoi amici di tutti i giorni. Amici che, aiutandola, consigliandola, offrono anch’essi cura e amore).



Volevo anche comunicare leggerezza in senso visivo: la neve, gli uccelli, il vapore del tè, l’acqua che zampilla, i capelli scompigliati, le corse di Eddie.




Volevo che tutta questa leggerezza finisse con il raccontare quel qualcosa di immenso e fondamentale che è il potere della fantasia. E il personaggio del dodu, col suo colore sgargiante e la sua faccia improbabile, simboleggia proprio questo potere.


Sono cresciuta in Italia, con la tradizione storica di Gianni Rodari, Luigi Malerba, Collodi, De Amicis. Il bambino è sempre stato, nella mia infanzia, un essere legato e condizionato dalla società reale, dai suoi problemi. E così sono tutti i personaggi dei miei primi libri: esseri in difficoltà.


Conoscendo e amando culture di altri paesi (come il non sense inglese, l’animismo giapponese, il surrealismo della cultura tedesca o la magia delle fiabe russe o scandinave), cerco sempre di esplorare nuovi mondi, così come nuovi linguaggi visivi.
Mi è totalmente impossibile riconoscermi in qualcosa di preciso, voglio esplorare, cambiare, evolvere, a rischio, anche, di deludere i miei lettori.
I miei libri emergono sempre da milioni di dubbi, ripensamenti, rifacimenti.
Niente mi è chiaro, mentre faccio un libro, ma tutto avviene naturalmente nella mia testa. La cosa più faticosa è come arrivare a ottenerlo.


Vorrei poter dire che faccio libri così come guardo o penso. Ma questo non è vero. Mentre disegnare mi è assolutamente naturale, al contrario creare un libro, con un ritmo narrativo da rispettare, mi risulta laborioso e, alle volte, doloroso. Ma alla fine del libro, la sofferenza lascia sempre il posto a una immensa felicità.
Adoro i miscugli, le cose ibride. Adoro non mettere muri né barriere: non preoccuparmi di rispettare limiti di età e di tempo, canoni estetici precisi, convenzioni prestabilite.
Tutto questo, dando a me stessa un’enorme fiducia. Lavoro sempre con qualcosa di interno e di forte che si esprime con molta chiarezza e intensità.


In ultimo, adoro i paradossi: i miei libri hanno spesso grandi formati (non amo sentirmi costretta dalla pagina), ma spesso parlano di piccole cose. Adoro scoprire queste cose minuscole nella natura, nelle facce della gente, nelle emozioni che mi accompagnano. Le cose piccole, così come quelle fragili, sono quelle che mi emozionano di più.



martedì 15 settembre 2015

I bambini leggono/6. Il meraviglioso Cicciopalla

Oggi vi proponiamo due recensori d'eccezione: Giovanni Eugenio e Margherita. Quest'estate il loro papà gli ha comprato Il meraviglioso Cicciapelliccia, e la loro mamma è stata costretta, visto l'entusiasmo con cui è stato accolto, a leggerlo qualche centinaio di volte. Così, quando ci è venuta l'idea di ascoltare le loro opinioni su questo libro, hanno cortesemente accolto la nostra proposta, e qualche giorno fa ci hanno mandato le loro recensioni. La prima è stata dettata alla mamma, visto chel'autore è un treenne ancora non avvezzo all'uso della penna, ma questo non è mai stato un problema per un ragazzo dotato di immaginazione. Probabilmente si tratta del più giovane recensore del pianeta: ha davanti un futuro, ne siamo certi. La seconda è di sua sorella Margherita, che ha per noi redatto questa magnifica prosa in bella copia. Ne siamo onorati, anche perché ci è piaciuto molto il suo stile e il fatto che sia molto brava a giocare e a ballare. Grazie Giovanni Eugenio, Margherita e Barbara, mamma-scrivana. Buona lettura a tutti.


Sono io?

[di Giovanni Eugenio detto anche Gioggi il Principe Guastatore o Cicciopalla. Tre anni splendidamente portati, un futuro da pompiere ed un presente da terremoto.]

Spesso in casa, per via della forma che ho, mi chiamano Cicciopalla. Quindi, quando a fine luglio ho saputo che il babbo ci avrebbe portato un libro intitolato Il meraviglioso Cicciapelliccia, ho subito domandato: «Sono io?».
In questi mesi ho chiesto alla mamma di leggermelo molte volte e mi capita anche di sfogliarlo da solo. Il libro è bello, ma ho subito capito che non si tratta di me.
Mi piacciono molto i negozi che ci sono nei disegni. Mi ci perdo.
Le pettinature delle tre signore che si vedono nella vetrina della parrucchiera sono divertenti e vorrei entrare nel negozio di giocattoli, ma quello che mi attrae più di tutti è il negozio del panettiere Jean, con le brioche, le fette di torta, i bignè, il pane da toast e anche lo strudel che a me piace parecchio. Vado matto anche per la vetrina di Emmett perché ci sono l’armatura, il trombone e, se ci guardi bene, vedi anche un uccellino in gabbia.


Un giorno, prima del pisolino pomeridiano, stavo sfogliando Cicciapelliccia per conto mio e mi sono accorto di una cosa stranissima: sempre all’interno del negozio di Emmett, nella pagina in basso, si vede una coda rosa. Io dico che è del Cicciapelliccia! Mia sorella dice di no, ma lei è una femmina….
Mi piace tanto anche guardare gli oggetti che ci sono in casa della bimba Edith ed elencarne i nomi. A Modena anche la mamma usa una frusta come quella che ha Edith per montare le uova e qui al mare abbiamo le stesse tovagliette intrecciate per la colazione. Ce ne sono nelle case di tutti i bimbi? Mah… leggendo il libro mi sono venute in mente anche tante altre domande, tipo: il Cicciapelliccia è maschio o femmina? Cosa mangia?  È una specie di topo? È dello stesso colore della giacca della bambina perché alla fine diventa suo? Se vuole può parlare? Vive sui tetti come un uccellino? Sa ridere? È pauroso?


A me, ad esempio, fanno un po’ paura le facce del macellaio Theo e dello spazzino Quentin. Al contrario mi fa molto ridere la pagina in cui Edith tira fuori il Cicciapelliccia dalla spazzatura e dice «Che schifo!» e mi diverto anche alla fine, quando la mamma di Edith se lo sistema in testa come se fosse un cappello.
Io ho un gatto, Petit Pierre, che è più grosso del Cicciapelliccia, e quindi non posso metterlo in testa, e nemmeno fargli fare tutte le altre cose a cui può servire un Cicciapelliccia, perché Petit non vuole. Però a volte lo abbraccio come la bimba abbraccia il Cicciapelliccia.
Alla fine Edith è felice perché regala il Cicciapelliccia alla sua mamma e anche la mamma è contenta perché il Cicciapelliccia è peloso e prezioso.


Quando leggiamo il libro mi diverto a fare soprattutto due cose: il verso del Cicciapelliccia che, secondo me, è quasi un miagolio di gatto e poi, quando la storia è finita, mi piace tanto confrontare le due pagine iniziali con le ultime due alla fine. Dico tutti i nomi dei personaggi ed elenco i loro mestieri (tra l’altro, la fioraia Wendy somiglia molto alla zia, la stessa che, secondo me, è ritratta da piccola in una delle fotografie illustrate in Chiuso per ferie), li osservo attentamente a caccia di differenze. Per ora mi sono accorto che in fondo compare il Cicciapelliccia in testa alla bambina, mentre prima non c’era. È perché lo ha trovato.
Mia sorella dice anche che l’uccellino in basso annuncia la fine del libro, ma io, ogni volta, controllo che non ci sia altro. Secondo me, appena la mamma chiude il libro, i personaggi cambiano posizione e allora lo apriamo e lo chiudiamo velocemente varie volte. Per ora sono sempre lì.


B. Alemagna, schizzo per Il meraviglioso Cicciapelliccia.
Sono molto brava a giocare 

[di Margherita detta anche Megghi Ciucci. Nove anni. Ballerina-canterina-musicista. Il giusto contrappasso per due genitori che fanno della scienza il loro pane quotidiano.]

Appena ho letto il meraviglioso Cicciapelliccia mi è piaciuto che la bimba di nome Edith, Eddie per gli amici, si preoccupa di cercare un regalo per la sua mamma. L’ho fatto tante volte anch’io.
Guardando il negozio di Jean il panettiere mi è venuta fame e voglia di mangiare tutto; e a me piacciono i fiori di Wendy; e Mimì che negozio da favola!
Le uniche due cose che non ho capito del libro sono state: la prima è che Edith andrà nel negozio del signore più elegante del Mondo, cioè Emmett l’antiquario, quando non è molto elegante; la seconda è che Theo puntò un coltello verso il naso di Edith, e non è un bel gesto.

Beatrice Alemagna, schizzo per Il meraviglioso Cicciapelliccia.

Quando leggo il libro con mio fratello e la mamma ci divertiamo a inventare il verso del Cicciapelliccia e a pensare altri modi di usarlo. Per esempio:
spugna per i piatti o per la doccia
mocio per i pavimenti
borsa dell’acqua calda
palla (NON da calcio)
ferma porte
piumino per la cipria
scalda mani
elastico per i capelli
pallina per l’albero di Natale
yo-yo
cancellino per la lavagna.

Beatrice Alemagna, schizzo per Il meraviglioso Cicciapelliccia.

Ma la cosa più bella di tutto il libro è che grazie ai regali dei suoi amici Edith scopre il suo talento.
Alcuni dei miei talenti io li conosco già: sono molto brava a giocare e a ballare. Sono brava anche a disegnare e mi diverto molto a guardare la pagina con tutti gli usi del Cicciapelliccia e l’illustrazione del negozio di Mimì da dentro perché è molto peloso.
Per finire vorrei dire che del Cicciapelliccia mi piace il pelo e il colore, ma anche il suo sguardo strano che mi fa ridere.

 

















 
















Per leggere le altre puntate di I bambini leggono, qui.

venerdì 24 luglio 2015

Combatti il caldo con Cicciapelliccia!

Siete a casa con i piedi nel frigo e la testa sotto il rubinetto?


Il vostro gatto si è trasformato in un salsicciotto spettinato lungo alcuni metri?


I vostri figli, inerti e sudaticci, non sono più quei simpatici diavoli che fanno delle vostre giornate estive un percorso a ostacoli?


Bene, da oggi potete dire addio a questo martirio.


È arrivato l'evento climatico dell'anno, che farà impallidire l'anticiclone Caronte e il ciclone Circe.

Ha il colore dei ghiaccioli alla fragola.
L'odore della neve.
Il tinntinnio di un cristallo di ghiaccio.
È rinfrescante.
Dissetante.
Limpido.
Frizzante.

È Il meraviglioso Cicciapelliccia: il più efficace sistema di refrigerazione mai congegnato da mente umana.

Il meraviglioso Cicciapelliccia vi farà venire:
la pelle d'oca,
i brividi,
i geloni.
Persino il raffreddore, se eccederete nelle dosi.

Il meraviglioso Cicciapelliccia è il nuovo albo di Beatrice Alemagna, da oggi in libreria. La storia più artica, polare, siberiana mai scritta: una galoppata in una Parigi invernale alla ricerca del più misterioso essere mai immaginato: il meraviglioso Cicciapelliccia, appunto.

Con questo video, confezionato ad hoc dalla prodigiosa creatività di Anna Martinucci, da un'idea di Giovanna Zoboli, il nostro blog vi saluta e, finalmente, va in vacanza anche lui.

Ci rivediamo il 7 settembre su questi schermi. Buone vacanze e buon riposo a tutti.

Il meraviglioso Cicciapelliccia from Topipittori on Vimeo.

lunedì 20 luglio 2015

12 malfatti ovvero "vedere il bambino"

[di Adolfo Serra e Carolina Lesa Brown]

“Vedere il bambino. Tutto sta nel vedere il bambino e non la sua disabilità.”
Forse questa è la prima frase che s’impara quando si lavora con bambini che hanno necessità educative speciali. Forse perché la nostra stessa storia ci dice che le parole hanno il potere di avvicinarci, ma anche di allontanarci gli uni dagli altri, anche se sembra che la distanza reale continui a smentire questo fatto. Questo accade con parole come “autismo”, “asperger” o altre parole vincolate alle “altre capacità”, termine all’ultimo grido nell’ambito delle etichette che s’impongono a bambini e bambine che non rientrano nei parametri della norma, nelle percentuali né nelle valutazioni psicopedagogiche. Etichette contro cui ogni giorno dobbiamo dichiarare una battaglia perché non induriscano il cuore di chi le porta, come la brina la Regina delle Nevi, dato che si tratta di etichette che non sanno raccontare quello che rappresentano.
Qualche mese fa, abbiamo iniziato a realizzare laboratori di letteratura e illustrazione nel Centro di Attenzione Precoce (CAT) e nel Gabinetto Psicopedagogico dell’associazione Aspadir.


Al principio: “Vedere i bambini e non la loro disabilità”, ne abbiamo aggiunto un altro: “Tutti abbiamo diritto alla buona letteratura e all’illustrazione di qualità”. Per questo motivo, quando è arrivato nelle nostre mani Los Cinco Desastres di Beatrice Alemagna, non abbiamo potuto resistere all’impulso di includerlo in uno dei laboratori.
L’opera, pubblicata in Spagna da A buen paso e in Italia da Topipittori, costituisce in se stessa un invito a pensare al modo in cui le nostre apparenti debolezze diventano autentici punti di forza, a riflettere su ciò che significano perfezione e imperfezione, così come i loro possibili vantaggi e svantaggi: un’opportunità per parlare di noi, dell’ordine e del caos attraverso illustrazioni allo stesso tempo belle e suggestive, che consentono un interessante approccio a partire dalla plastica.


Abbiamo iniziato a divertirci fin dal momento della scelta. Più che un laboratorio, abbiamo preparato un piano: creare un’esperienza che potesse arricchire i partecipanti, che fosse piacevole e indimenticabile. Così ci siamo messi in marcia!

I partecipanti erano i bambini e le bambine del gruppo di abilità sociali, che oscillano fra gli 8 e i 12 anni, con i profili più variegati: autismo, asperger, difficoltà auditive e visive gravi, disturbo da deficit di attenzione, bambini con membra amputate e altri con problemi d’integrazione sociale. Allo stesso tempo si trattava di bambini e bambine provvisti di un’invidiabile capacità di meravigliarsi, sperimentare, provar piacere.

Innanzitutto abbiamo letto il racconto.
“Cosa ne pensate?”, abbiamo chiesto alla fine.
“Bene! No, molto di più!”, hanno risposto sorridendo.
L’album aveva colpito nel segno, toccandoli profondamente. Tutti cercavano la complicità nello sguardo di un compagno e si notava che avevano iniziato un dialogo interno con la lettura.
Abbiamo deciso di rispettare questo dialogo e di non fare altre domande. Avremmo avuto tempo per parlare alla fine del laboratorio.
Allora abbiamo portato i bambini a un grande tavolo coperto da una tovaglia. “Uno, due e tre!”, abbiamo gridato: la tovaglia è caduta, e allegria e sorpresa sono apparsi sui loro volti. C'è stato bisogno di un po’ d’aiuto per guardare e discernere quello che si trovava davanti a loro: c’erano scatole, recipienti, fili, pitture, rotoli, carte, legni… e una gran varietà di materiali, in attesa di entrare a far parte del “malfatto” che ognuno avrebbe costruito.


Alla fine dell’ora, nel momento di mettere in comune i lavori realizzati, abbiamo incontrato nuovi amici: “Elvis insanguinato”, il migliore in pista, anche se ogni tanto dà dei pestoni mortali. Comunque sia, Elvis vive in una scatola (casa) da cui quasi non vuole uscire.
“Gel” è l’opposto della sua autrice: alta e con le braccia lunghe, così impacciata che non riesce a passare inosservata, però proprio per questo attira l’attenzione degli altri.


Le braccia costituiscono un elemento fondamentale anche del “malfatto” creato da Maria*, una bella bambina che ha una tal ansia di abbracciare gli altri che esaurisce la pazienza di molti possibili amici. L’opera di Giovanni*, invece, è un complesso robot con unghie grandi che ti danno la caccia e, allo stesso tempo, capaci di fare il solletico come nessun altro. Non sono mancati malfatti bravissimi nella lotta né altri che, con le loro lacrime, possono creare antidoti per curare.

L’esperienza del laboratorio realizzato con I cinque Malfatti ha corroborato la convinzione che la letteratura e l’illustrazione sono territori d’incontro. Lì, i bambini e le bambine abitano la stessa storia, ma ognuno costruisce il suo significato personale. Si tratta di luoghi in cui non c’è spazio per il giudizio e questo permette di limitarsi a essere se stessi. Perciò scommettiamo sull’illustrazione: a tutti i bambini piace dipingere, disegnare, ascoltare storie e poter raccontare le loro. Giocare con le forme, i colori, scoprire tessiture… Si tratta di emozioni originali e immediate, esperienze che coinvolgono l’essere umano in modo istantaneo attraverso i sensi e tracciano una possibile strada, relazione, dall’esterno all’interno e dell’interno verso l’esterno.
Scommettiamo sulla qualità letteraria: i nostri lettori non hanno bisogno di opere semplificate, di tono compassionevole, che parlino delle loro “altre capacità” e ricordino tutte le etichette che vengono loro appioppate. Anzi, il contrario: hanno bisogno di libri e illustrazioni che li incitino a giocare con la lettura, perché è nel gioco che una persona si crea e ricrea.
I nostri bambini cercano albi che accendano in loro la voglia di parlare con se stessi e instaurare un dialogo da pari a pari con il mondo, perché in questo consiste l’inclusione. Esigono opere che risveglino la risata, raccolgano le loro paure e riservino alcune pagine per il pianto, perché nella vita c’è posto per tutto.


Lavoriamo con libri in cui c’è spazio per l’utopia e anche per la realtà; perché tutti i bambini e tutte le bambine hanno il diritto di accedere alle possibilità offerte dall’arte ed è nostro obbligo, in quanto adulti, offrire loro questa possibilità. Non possiamo dimenticare che qui si mettono in gioco la nostra parola e la nostra immagine in quanto agenti del futuro; se ce ne dimenticassimo sarebbe un vero e proprio disastro.

*I nomi dei bambini sono stati modificati per proteggere la loro identità. Ringraziamo la associazione Aspadir per la fiducia e soprattutto tutte le terapeute che ci accompagnano in ogni laboratorio.

(traduzione di Arianna Squilloni)


lunedì 18 maggio 2015

Brava, Beatrice!

[di Vittoria Negro]

Lo stupore, è una delle più belle sensazioni che si possono provare di fronte a qualcosa di inaspettato, ma in qualche modo atteso. Questo è quello che ho provato quando ho sfogliato I 5 malfatti la prima volta ed è ciò che vedo ogni volta che lo leggo con i bambini con cui lavoro. Anche gli insegnanti si stupiscono di fronte a una complicata semplicità che racconta di come, fatti ciascuno a nostro modo, possiamo essere unici, preziosi, intelligenti e sbagliati. Essere stupita è una delle cose che più mi piace, che lo stupore arrivi da un libro, un film, un gesto, una frase non è importante, lo è invece che succeda e non di rado. I bambini mi stupiscono continuamente con la loro attenzione sopraffina che arriva molto lontano, vedono anche ciò che non c’è ma potrebbe e questo libro è fatto apposta per loro.
E quando per I 5 malfatti ho trovato due seconde elementari, un bel gruppo di ragazzini con lo sguardo lungo, e due insegnanti che hanno visto nel libro (testo e illustrazioni) potenzialità grandi per affrontare temi quotidiani come le differenze di capacità, la timidezza, la lentezza, il disordine, la creatività dei loro alunni il gioco era già iniziato.
La lettura della breve storia è stata seguita con attenzione: tutti vicini, sfogliando il libro e cercando con lo sguardo nelle illustrazioni quello che le parole non raccontano, ma le immagini sì, e con dovizia di particolari, come l’espressione dei protagonisti, l’arredamento della casa, i colori delle coperte e il pavimento della storia, come ha osservato una bambina.

I cinque malfatti più il Perfetto. Illustrazione di Beatrice Allemagna.

Poi ci siamo messi a parlare del significato della parola malfatti:  il contrario di benfatti, un modo per dire che una cosa o una persona è sbagliata. Inizialmente molti i riferimenti all’aspetto esteriore, all’abbigliamento, alle forme e alle posture, poi un ragazzino sveglio e attento ha detto che potevano esserci anche cose che non si vedono nelle figure, cose immaginate, cose che poi la storia ci ha raccontato. Ancora: è stato detto che qualcosa è malfatto per qualcuno e non per un altro, per esempio chi è vegetariano pensa che sia malfatto chi mangia carne; è ritornata ancora  la parola sbagliato/a e due bambini hanno puntualizzato che sbagliato non è malfatto, malfatto non è sbagliato, ma diverso da quello che si può immaginare o credere che sia.

Alesha, autrice di questo disegno, è una bambina pachistana.
Per lei alcune parole del testo sono difficili, non per questo
 ha rinunciato alla sua interpretazione grafica del personaggio.
Alessandro è l’inventore del titolo di questo racconto di laboratorio.
Mi piace la spiegazione relativa alla scrittura  "brutta"
in quanto opera del suo malfatto.

Su questo punto, dopo un’animata discussione, ci sono state diverse affermazioni, ecco quella che ci ha convinti: un'addizione ha un risultato che è giusto oppure no; le altre cose, moltissime, per fortuna, possono avere diverse risposte e risultati, come accade per i Malfatti. Loro sono una possibilità, un risultato, anche giusto. A questo punto ho spiegato al gruppo che le illustrazioni e il testo de I 5 malfatti sono di un’unica autrice, Beatrice Alemagna, che ha pubblicato altri albi illustrati, ha uno stile molto personale e usa materiali differenti  per le sue illustrazioni; quindi, ho osservato che il testo e le immagini sono molto legati fra loro, perché vengono dalla stessa mano. E a questo punto, il bambino autore del titolo ha precisato: “Anche dalla stessa mente” e alla fine di questa chiacchierata ha aggiunto: “Brava, Beatrice!”.

Sofia: una doccia al succo di pesca, una doccia malfatta o sbagliata?
Oppure dolcissima? Questione di punti di vista. Nel disegno viene
ripreso il titolo e Beatrice Alemagna diventa bravissima!

I disegni che illustrano questo post riprendono in parte le cose che sono state dette, alcuni si rifanno alla storia, altri inventano nuove situazioni in cui i Malfatti sono protagonisti. Non tutti i personaggi ritornano nelle elaborazioni grafiche degli alunni. Grande successo per la Capovolta e lo Sbagliato. Osservandoli, si trovano particolari legati alle illustrazioni, le decorazioni dell’abito della Capovolta e i disegni di Sbagliato, insieme a variazioni personali, come la doccia con il succo di frutta e relativa pozzanghera. Per realizzare il Piegato abbiamo usato fogli di giornale, come nella tavola originale.

Davide: Capovolta e Bucato insieme, 
uno è sotto la doccia e l’altra, lo guarda.
Ludovica: altra Capovolta, notare il segno a zig zag
sotto la testa che indica il ritmo dei salti a testa in giù.

Mi sono molto divertita. Mi sono divertita  perché quando un libro mi piace tanto la vera prova la supera quando lo propongo ai ragazzini, quando con loro leggo, guardo, scavo, cerco e trovo. Certo con i libri belli è meglio, e i  libri belli ci sono, bisogna cercarli. Ripensando all’incontro, mi sono accorta che il Perfetto non se l’è filato nessuno; o, meglio, l’unica cosa emersa in proposito è stata la parola nullità che non è piaciuta molto, quasi un’offesa, perché “almeno una cosa tutti la sanno fare, anche se sono malfatti”, ha commentato un bimbo in genere piuttosto silenzioso.

Soraya: Capovolta al parco, per chi guarda l’albero
potrebbe essere appesa alle nuvole?

Altro particolare che mi ero persa, i fichi d’india. Dove abitiamo noi (Sardegna sud-ovest) ce ne sono davvero tanti, sui bordi delle strade, lungo i muri a secco in campagna, belli grandi, verde lucido dopo la pioggia e con frutti succosi a fine estate, proprio come quelli che circondano la rabbia del Bucato. E infine le pacche sulle spalle, quelle fanno la differenza: malfatti, ma, insieme, amici,  “in cricca” come dicono qua e se manca la perfezione pazienza, potremo cercare qualcosa di perfetto in ognuno, ogni giorno, anche una cosa piccola, perché tutto sarebbe troppo.

Elena: ha scelto il malfatto Piegato, e con gli accessori aggiunti
ha fatto il proprio autoritratto (capelli ricci e borsetta rosa con cuore).
Elias: Piegato sotto la pioggia.

Sentirsi tutti Malfatti, anche in una cosa sola (“Io non leggo molto bene”, mi ha detto sottovoce la bambina al banco vicino alla cattedra), avere punti di vista differenti e poterli mettere insieme con quelli degli amici, scegliere qual è il personaggio che non solo ci piace tanto, ma sotto sotto ci somiglia. Infine, la chiusa della discussione, da parte del filosofo della classe: “Comunque malfatti siamo un po’ tutti” e, poi, tutti a disegnare!

Gabriele: Sbagliato e i suoi lavori.
Marika: Sbagliato dipinge con un pennello rosso gocciolante.

Io ho scelto la Capovolta perché mi piace vedere qualcosa solo io, almeno qualche volta.
Ringrazio i bambini della scuola Primaria di Gonnesa, le insegnanti e la bibliotecaria che non smette mai di cercare modi per portare libri e storie a scuola.
E infine, una riflessione sul pavimento a quadretti della storia: a parte che già altri prima di noi ne hanno detto, vogliamo puntualizzare che il  pavimento della scuola primaria del Comune di Gonnesa, cittadina del Sulcis Iglesiente  è proprio uguale a quello a quadretti sul quale dorme il Molle e sul quale pedala lo Sbagliato: guardare per credere!