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venerdì 29 novembre 2013

Avventure /12: Le illustrazioni nascono anche così

La pineta di Torre Astura, dove si svolge l'antefatto di questa avventura.


SR: Agosto 2013: una mattina Paolo, a bordo della "Bomba al Metano", passa all'alba a prendere prima Daniela e poi me. Destinazione Torre Astura, per una tranquilla mattinata al mare. E di cosa volete che parlino due illustratori e un editore? Avevo visto nel blog di Daniela delle illustrazioni ad acrilico: montagne. E proprio in quel periodo anch'io mi ero messo a disegnare montagne, però a matita. Quelle di Daniela mi sembrava avessero una particolare affinità al mio modo di utilizzare il colore. E per un po' parliamo di quello.
Poi confesso che mi sarebbe piaciuto partecipare a Ilustrarte, ma non avevo il minimo appiglio, uno scarabocchio su un fazzoletto, un’idea, niente di niente. Paolo tira fuori dallo zaino Il vello d’oro di Robert Graves, legge un brano e mi propone di partire da quello. Anche Daniela è incuriosita; e sembra abbia lo stesso problema con Ilustrarte. E la scadenza era abbastanza prossima. Così, Paolo, che ha proprio la mania di voler far lavorare gli illustratori a coppie o in gruppo, se ne esce con la fatidica frase.

La spiaggia non era proprio impeccabile, ma trovatelo voi
un posto deserto il 20 agosto, alle porte di Roma

DT: Sì, ce ne stavamo beatamente a farci bruciare dal sole su una spiaggia quasi deserta, ignari del nostro destino e, già prima di mezzogiorno eravamo fermamente decisi a realizzare delle illustrazioni a quattro mani per Ilustrarte. Il tempo a disposizione era pochissimo ed entrambi non avevamo esperienze di lavoro collaborativo. Ma forse è stata proprio la curiosità di vedere cosa sarebbe potuto venirne fuori che ci ha spronati! All'inizio abbiamo pensato di dedicarci proprio al libro di Graves (che Paolo mi ha gentilmente prestato e forse non rivedrà più!): già solo il prologo è una miniera di immagini incredibili, ricche e suggestive. Ma non riuscivamo a concludere, a prendere il via. Ci sembrava troppo superficiale mettersi al lavoro su un testo del genere così in fretta, senza avere qualche settimana in più per fare un’adeguata ricerca.
Così, ci siamo aggrappati a quelle montagne che, del tutto casualmente, sembrava ci potessero unire.  Dovevamo comunque capire come integrarci con la tecnica, quale utilizzare, da cosa partire, come fare.

La montagna di Simone; e quella di Daniela (ora nella collezione Topipittori).

SR: Abbiamo iniziato senza un’idea forte. Purtroppo - o per fortuna - non sapevamo di preciso cosa volevamo raccontare. L'approccio iniziale non è stato facile: la prima volta che ci siamo incontrati non abbiamo concluso molto. Daniela ha disegnato una montagna a matita, io ho disegnato il cielo e poi ci siamo inventati un lago ghiacciato dove far pattinare una piccola folla di personaggi realizzati da entrambi: ballerini, strani ibridi, animali e altro. Ma la prova non ci ha gratificato molto...

Lavori in corso sulla prima tavola.
Pregasi notare a che tipo di pornografie
si dedica Simone, invece di lavorare seriamente.
DT: A fine giornata ci siamo guardati e abbiamo capito (stremati!) che non poteva assolutamente andare: il lavoro  non era omogeneo, troppo confuso, improvvisato, ma anche la tecnica non ci dava soddisfazione. Entrambi siamo abituati a lavorare da soli, io forse più di Simone. Iniziare insieme, per di più senza un’idea precisa, ci ha gettati nella confusione.
Abbiamo lasciato decantare un po’ di sensazioni, fino a che abbiamo capito che era meglio organizzare il lavoro in maniera più sistematica, con più calma, ognuno per conto proprio, dandoci delle regole e delle direttive generali per impostare le tre illustrazioni.

SR: Così ci siamo dati delle regole: sentirci liberi di intervenire sul lavoro dell'altro e di obiettare le scelte cromatiche ed espressive; e dirci in maniera molto diretta qualunque cosa ci venisse in mente.
La seconda volta ci siamo solo sentiti via Skype. Abbiamo deciso il formato delle illustrazioni e il supporto (Fedrigoni Quadrex 500g). Abbiamo anche deciso di occuparci separatamente (ognuno a casa propria) di diversi elementi compositivi e intervenendo successivamente sul lavoro dell'altro, convinti che questo ci avrebbe tolto un po' di inibizione.

Ancora lavori in corso sulla prima tavola.

DT: Il primo passo toccava a me: avrei dovuto inventare delle scenografie prendendo come spunto le nostre montagne. Acrilici alla mano, ho ripreso la piccola montagna rossa che avevo fatto un mese prima [ora nella collezione Topipittori, NdR], e l’ho ingrandita. Ho lavorato con grande serenità ma anche con una punta di agitazione, perché desideravo dare a Simone una tavola che gli piacesse, per metterlo nella condizione di lavorare bene. Ho cercato di trattare la superficie nel modo più curato possibile, pur essendo consapevole di potermi ritrovare, alla fine, con un risultato molto lontano da questo primo passaggio pittorico. L'idea che Simone mettesse le mani su una mia tavola mi entusiasmava: ho una grandissima stima di lui e sapevo che avrei imparato molto; e che il risultato sarebbe stato bello e di importante per noi, per la nostra esperienza, al di là del concorso.

La prima tavola nella versione finale.
SR: Daniela ha preparato la prima tavola e sono andato a prenderla a casa sua: un paesaggio bellissimo!
Tra me e me ho pensato: «E mo' so cca...!» Non è facile raccontare qualcosa e inserire dei personaggi senza stravolgere il lavoro dell'altro. Infatti, ci sono volute un paio di settimane per capire che non potevo non stravolgerlo.
Così ho ricalcato la punta della montagna su carta velina (per avere i riferimenti), ho ridipinto la montagna cercando di riprendere il più possibile il cielo già colorato di Daniela, ho spostato la montagna come se fosse aperta, spaccata da un gigante che ci viveva dentro e ho aggiunto una teoria di personaggi che corrono verso qualcosa (o scappano da qualcosa).
Quando ho restituito la tavola a Daniela, per i suoi interventi, mi sono portato a casa due nuove basi su cui lavorare.


La seconda tavola.
DT: Terminata la prima tavola, le altre sono venute di conseguenza: un’immagine tirava l’altra. La seconda era un paesaggio roccioso una dominante cromatica blu; la terza due case speculari, con l’idea di far giocare i personaggi che aveva aggiunto Simone sia all’interno che all’esterno di queste costruzioni.
Anche queste due tavole hanno subito cambiamenti: per dare continuità e coerenza alla sequenza delle immagini, nella seconda siamo tornati al rosso; nella terza è rimasta solo la casa di sinistra (ma solo perché non avevamo il tempo di realizzare anche l’altra). Abbiamo continuato così fino alla fine, aggiustando mano a mano il tiro dove ci sembrava necessario, seguendo le tracce e e i segnali che l'altro ci lasciava.

Lavori in corso sulla terza tavola.


SR: Lavorare insieme è stato difficile, ma non troppo. In fondo, quello che facciamo, come illustratori, non ci appartiene mai completamente: le tavole vengono riprodotte e stampate in migliaia di copie e, spero, usate, manipolate, sporcate, modificate da mani bambine. Serve solo un po' rispetto per farlo guardandosi negli occhi; e un po' di coraggio per guardarlo fare.

DT: Siamo partiti entrambi con un certo pudore: non è facile mettere le mani su un'espressione così intima della personalità di un altro. Ma questo limite, come tutti gli altri che abbiamo incontrato e che all’inizio ci sembravano ostacoli insormontabili si sono rivelati, alla fine, un pretesto per essere più determinati a trovare la soluzione giusta.

La terza tavola.

SR: Il momento chiave di questo processo? Per me il punto di svolta è arrivato quando ho capito di dovermi occupare del progetto con molto distacco: come se dovessi accudire il figlio di qualcun altro.

DT: Per me è stato quando Simone mi ha mostrato il lavoro che aveva fatto sulla prima tavola. Sono rimasta di sasso: era stupenda! Aveva avuto il coraggio di scoperchiare la MIA montagna, liberando un gigante.
In quel momento mi è sembrato che tutti i tasselli fossero finiti al posto giusto, che le illustrazioni finalmente avessero cominciato a vivere.

martedì 13 marzo 2012

Un critico, due librerie e cinque illustratori

Cinque mostre di illustrazione in pochi mesi, a Roma, in un quartiere culturalmente vivace. Abbiamo chiesto a uno degli illustratori coinvolti di raccontarci cosa è successo, come e perché, in occasione del vernissage della collettiva di chiusura.

[di Daniela Tieni]

È marzo, e nel pomeriggio, nelle ore che portano alla sera, Roma è sempre immersa in una bellissima luce. Calda, accogliente, che ti guarda e ti dice: «Vieni, vieni da me!» Se sei a casa e ti affacci alla finestra, è difficile trattenersi e non uscire. E infatti esco prima del previsto, decido di fare due passi e andarmene verso il rione Monti, luogo a me caro per le sue vie, i piccoli negozi, il tempo passato, i ricordi. Il lavoro alla facoltà di architettura, la pausa pranzo seduta sugli scalini della fontana in piazza della Madonna dei Monti, i quotidiani tentativi falliti di prendere coraggio e andare a stringere la mano a Mario Monicelli che passeggiava nei dintorni, le salite, le discese. Risalgo fino a incrociare via Merulana, nel quartiere Esquilino, il rettifilo che collega le basiliche di S. Giovanni e S. Maria Maggiore; quest’ultima si staglia in fondo alla via, maestosa, miracolosa come la nevicata che la leggenda vuole abbia avuto luogo proprio  qui il 5 agosto del 356, e che convinse papa Liberio a costruire questo gioiello.


Il vernissage del 9 marzo: la collettiva
a chiusura di IllustrAzione
Quando mi ha contattata Letizia Silvestri, la curatrice dell’evento IllustrAzione, una delle prime cose che mi disse fu quanto ritenesse importante portare una novità nel quartiere Esquilino: un tipo di evento che mettesse in luce il mondo dell’illustrazione  poco esplorato dalle  tante  gallerie nei dintorni. Letizia mi ha colpita subito per la sua determinazione e la ferma convinzione che lo spazio del Punto Einaudi Merulana (che aveva aperto i battenti in una traversa di via omonima), anche se piccolo potesse essere sfruttato subito, con una precisa  e rigorosa programmazione e in accordo con il titolare che ben aveva accolto la proposta.

Alcune tavole in mostra: si riconoscono,
al centro le tavole di Simone Rea selezionate
lo scorso anno a Bologna; e a sinistra tre composizioni
di Daniela Tieni
In più, i punti a nostro favore aumentavano grazie alla presenza di una libreria per ragazzi sulla stessa via,  Il Posto delle Favole, comunicante per eventi, presentazioni e laboratori con l’Einaudi, ed entrambi luoghi di lavoro di Letizia. Letizia, per questo ciclo di mostre, ha chiamato  Simone Rea, Alberto Macone, Francesca Protopapa (alias Il Pistrice), Alessandra Fusi, e me. A partire dal 22 luglio, con la prima mostra di Alberto, a distanza di un mese o poco più, si sono susseguite a turno le altre. Ritrovarsi a ogni inaugurazione, contenti ognuno per la buona riuscita dell’altro, ha creato tra noi una felicissima intesa. Forse questa è stata la parte più bella di questo nostro incontro, il ritrovarsi partecipi di un momento che rendeva omaggio al lavoro di ognuno, e ognuno con uno stile e un percorso differente, ognuno con il suo nome e la sua storia visiva.

Letizia Silvestri, animatrice del ciclo di mostre IllustrAzione
Oltre che libraia, Letizia è una critica di arte contemporanea. Quando ci siamo incontrate per la prima volta, mi ha raccontato la sua formazione, parte della quale si è svolta alla Fondazione Baruchello, luogo e centro di ricerca per l’arte contemporanea. Fu istituita nel 1998 da Gianfranco Baruchello, artista livornese dalla smisurata attività. Mi interessò molto quest’aspetto, così le ho chiesto se e in che modo questo lasso di tempo immersa in un ambiente del genere avesse influito sul suo sguardo.  Lei mi ha raccontato che in un percorso di studi centrato sull'arte contemporanea, la semiologia e l'estetica, sotto la guida di Carla Subrizi, ha imparato a guardare le cose da prospettive diverse: comprendere la direzione che l'arte sta prendendo grazie allo studio del suo percorso passato e presente, considerandolo non come un'unica grande strada, ma come l'intersecarsi di svariati percorsi, più o meno solcati dalla critica. Non una, ma molte storie dell'arte. E quella di esse che più sembra averla accresciuta è la storia trasversale e laterale che Gianfranco Baruchello porta avanti da oltre cinquant'anni nella sua attività artistica.  «Se il corpo dell'arte - sottolinea Letizia -  si è disperso, espandendosi, quello di Baruchello si è fatto ambiente, l'ambiente di una Fondazione meravigliosa, lavorare nella quale è l'esperienza che più ha formato il mio sguardo sul mondo dell'arte. La riflessione continua, il peso del dettaglio, il muoversi su territori inesplorati e il pensare con le mani... a chi domanda cosa faccia, Baruchello risponde “lavoro in un archivio”.  Lavorare nell'archivio della fondazione è stato per questo un duplice viaggio nella sua attività, nella storia degli ultimi 50 anni, nella filosofia, la sociologia, la botanica, e qualsiasi campo del sapere che ha interessato la sua riflessione.»

Alcune tavole del Pistrice,
al secolo Francesca Protopapa
Continua raccontandomi il filo conduttore che la porta a oggi: «Così in seguito ho affrontato l'illustrazione come un punto di vista anch'esso laterale, come uno sguardo che ha in comune con l'infanzia quel peso dato ai dettagli che concentrano, nella piccola area che ricoprono una composizione, tutto il peso del significato, ogni volta nuovo, sempre diverso se recepito dagli occhi di un adulto o di un bambino. L'illustrazione, nel riavvicinare il nostro sguardo a quello che avevamo un tempo, nell'infanzia, lo azzera dalle eccessive esperienze e lo apre a possibilità molteplici. Quando, al lavoro in libreria si è aggiunto l'incarico Punto Einaudi, ho pensato che uno spazio così particolare potesse mettere in piena luce le curate scelte editoriali del Posto delle Favole. Era come aprire gli albi illustrati per mostrarli a tutti, e insieme metterli in scena (con letture e laboratori, paralleli alle mostre). È  stato grazie a questi presupposti molto favorevoli che è siamo riusciti a metterci in gioco in un quartiere particolare e multietnico come l'Esquilino e dedicarci all'illustrazione, che nella scena culturale romana è spesso poco visibile, fatta eccezione per poche gallerie specializzate. Rifuggendo una settorializzazione netta (gli stili degli illustratori scelti per IllustrAzione sono per questo tra i più vari), unendo sperimentazione e diversità abbiamo portato avanti questo progetto, che oggi, lieta, posso dire molto ben accolto, e continueremo a farlo crescere.»

Libri di Simone Rea in esposizione
Venerdì 9 marzo, a conclusione del ciclo di mostre, è stata organizzata una collettiva di tutti gli illustratori protagonisti dell'iniziativa, affiancata all’esposizione personale di Franca Rovigatti. La mostra sarà visitabile fino a fine mese. Noi, cinque illustratori, ringraziamo Letizia, Il Punto Einaudi Merulana e il Posto delle Favole per la disponibilità e lo spazio concesso. Io aggiungo un grazie a Simone, per avermi messa in contatto con Letizia, e Alberto per la sua disponibilità ad aiutare tutti nell’allestimento.  Non sarà facile, adesso, disabituarsi a questo appuntamento mensile. Ma forse si ripartirà proprio da qui, con grinta, per alimentarlo nuovamente il prima possibile.





IllustrAzione al Punto Einaudi Merulana
Largo Sant’Alfonso, 3 (angolo via Merulana) - Roma
Orario: 10,30 – 13,30  / 16,00 – 19,30
Lunedì mattina chiuso
einaudimerulana@gmail.com