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venerdì 2 ottobre 2015

Giocate con Sergio Ruzzier e Maurice Sendak!

Il 2 settembre su questo blog abbiamo presentato la nostra prima novità di settembre, Una lettera per Leo, di Sergio Ruzzier, autore e illustratore italiano che da anni vive a New York.

In questo libro Sergio ha nascosto un omaggio a un grande illustratore americano che è stato suo maestro, Maurice Sendak.

Così ai nostri lettori abbiamo proposto un gioco: trovare, tempo un mese, questo  riferimento nascosto fra le pagine del libro. Oggi il mese a disposizione è trascorso, quindi da questo momento avete licenza, nei commenti a questo post, di tentare la vostra risposta. Il primo che azzecca quella giusta riceverà in regalo un libro a scelta dal nostro catalogo.
Pronti? Via!


Bene, ora se avete risposto, mentre aspettate di sapere se avete vinto, leggete questa intervista a Sergio Ruzzier in cui si racconta come fu che partì per gli Stati Uniti in cerca di fortuna e incontrò proprio Maurice Sendak.

Sergio Ruzzier, illustrazione per The New Yorker.
Sergio Ruzzier, illustrazione per Forbes.

La tua decisione di andare a stare New York è stata legata anche alla ricerca di un orizzonte più interessante dal punta di vista professionale?

Senz'altro. In Italia, fino a quel tempo (metà anni Novanta), avevo pubblicato qualche fumetto su Linus e ben poco altro. Vivere coi miei disegni era un miraggio. Ma volevo anche scappare da Milano, per vari motivi.

Sergio Ruzzier, illustrazione per Worth.

In che anni sei partito e come sono state le tue prime esperienze professionali come illustratore?

Mi sono trasferito esattamente vent'anni fa, nel 1995. C'ero stato una prima volta un anno prima, in vacanza. In quell'occasione, su consiglio di Cristina Taverna della galleria Nuages, ero andato a trovare l'illustratore Paul Davis, che visti i miei disegni ha chiamato per me l'art director del New Yorker (il mio inglese era patetico). Ho cominciato così a collaborare con loro e nel frattempo ho rimpolpato il mio portfolio per mostrarlo ad altri giornali. Un anno dopo, appunto, ho deciso di andare a vivere lì. Per un po' di anni ho fatto soprattutto illustrazioni per giornali e riviste, anche se col tempo la cosa è diventata noiosetta. Il mio obiettivo era già allora il libro a figure, ma all'inizio ho incontrato parecchie resistenze da parte degli editori. Dicevano che il mio lavoro era troppo "sophisticated", "european" e addirittura "disturbing" per il mercato americano. Poi ho avuto la fortuna di conoscere Frances Foster che è stata la prima editor a darmi fiducia.

 Copertina di The Room of Wonders, primo libro con F. Foster

È cambiato oggi il tuo modo di lavorare rispetto ad allora?

Per quanto riguarda la tecnica, no. Ho da sempre privilegiato disegnare a pennino e china e dipingere all'acquerello. Poi ovviamente il lavoro sui libri è una cosa completamente diversa dal lavoro per i periodici, che ormai non faccio più, o solo occasionalmente.

In un tuo pezzo per il bollettino della Society of Children’s Book Writers and Illustrators, tradotto dalle figuredeilibri.com nel 2011 (che consigliamo vivamente di leggere; e se avete tempo leggete pure questo), hai raccontato che fra i primi libri che hai avuto da piccolo c'era la serie Piccolo Orsacchiotto, scritta da Else Holmelund Minarik e illustrata da Maurice Sendak. In che modo pensi che questi libri abbiano influenzato il tuo modo di illustrare?

Be', l'imprinting è stato fortissimo. In quelle pagine c'è una malinconia inafferrabile e penetrante che ha senz'altro contribuito alla formazione del mio gusto. Più avanti negli anni, quando da ragazzino cercavo di imparare a usare il pennino, avere quelle splendide tavole a portata di mano mi ha aiutato molto. Le prime edizioni italiane Bompiani del Piccolo Orsacchiotto, tra parentesi, erano prodotte benissimo. Sendak stesso mi ha detto che erano le sue preferite, ancora più di quelle originali americane.

Nel 2011, con tua grande sorpresa, sei stato selezionato insieme ad altri tre illustratori, da The Sendak Fellowship per un soggiorno di un mese da trascorrere in Connecticut, disegnando in compagnia di Sendak. Brevemente, puoi raccontarlo?


Già venire a sapere che Sendak conosceva il mio lavoro è stato un colpo al cuore. È stato un mese splendido. Ho disegnato benissimo, chiacchierato con lui e con gli altri tre fellow (Ali Bahrampour, Frann Preston-Gannon e Denise Saldutti), passeggiato nei boschi con lui e il suo pastore tedesco Herman, frugato nella sua biblioteca e nelle sue collezioni di disegni e manoscritti. E ho cucinato parecchio. Sendak ha mangiato il mio risotto con la salsiccia e i miei gnocchi al ragù (non la stessa sera). Poi il mio rapporto con Sendak è andato comunque avanti con visite e telefonate, anche se purtroppo non a lungo, avendo lui deciso di morire qualche mese dopo.

Maurice Sendak, Sergio Ruzzier e Viola Ruzzier
(Photo by Dona Ann McAdams/Sendak Fellowship 2011).

Se posso osare, per quale ragione pensi che Sendak abbia trovato interessante il tuo lavoro?


Bella domanda. Era chiaro che gli piacessero molto i miei colori, me lo diceva spesso. Invece mi criticava per il fatto che secondo lui non mettevo abbastanza di me stesso nel mio lavoro. Penso sempre molto a questa cosa.

Che presenza è stata quella di Sendak, come maestro, durante la vostra permanenza?

Ha subito messo in chiaro che non voleva interferire col nostro lavoro, e che non ci avrebbe imposto la sua presenza. Ma che se avessimo voluto parlare con lui del nostro lavoro, lui ne sarebbe stato felice. Ovviamente ne abbiamo approfittato tutti. Era sincero in quel che diceva, anche se poi si scusava per paura di esserlo stato fin troppo.

Little Bear Goes to the Moon di E. Holmelund Minarik e M. Sendak, 1957.
 
Cosa ti ha colpito più di lui dal punto di vista umano e professionale?


Sendak era gentile, sensibile, colto, curioso, affettuoso, spiritoso, sboccato e molto critico con se stesso.

Qual è la cosa che ti è rimasta di più del suo insegnamento?


Sendak era un perfezionista in tutto quello che faceva e che osservava, con altissimi standard. Diciamo che adesso soffro molto di più di prima se mi capita di consegnare un'illustrazione di cui non sono completamente soddisfatto.

The Nutshell Library, Maurice Sendak 1962.
M. Sendak, illustrazione per Chicken Soup with Rice: A Book of Months.

Qual è la cosa che ami di più del lavoro di Sendak?

Nonostante sia molto elaborato e raffinato, tutto il suo lavoro mantiene comunque una spontaneità sorprendente.

C'è un suo libro che prediligi?

A parte il Piccolo Orsacchiotto, sono particolarmente affezionato alla Nutshell Library, quel cofanetto di quattro libricini pubblicato per la prima volta nei primi anni Sessanta. Ma anche Bumble-Ardy, uscito nei giorni della Fellowship, è un capolavoro.


Maurice Sendak, Bumble-Ardy, 2011.

mercoledì 2 settembre 2015

Chi cerca trova (e in premio c'è un libro!)

S. Ruzzier, schizzo preparatorio per Una lettera per Leo.
Sergio Ruzzier, come è dimostrato dai suoi molti libri per bambini, ama i volatili, o almeno i voltaili disegnati: chi lo conosce lo sa.
Nel settembre del 2013, su questo blog, a questa sua predilezione dedicammo un post a proposito del suo libro Gli uccelli, uscito alcuni anni fa con l'editore Despina.
Oggi parliamo di lui perché il suo primo libro a figure, per bambini, in italiano, Una lettera per Leo, con gran gioia lo abbiamo appena pubblicato noi Topi e lo trovate da settimana prossima in tutte le librerie (la ragione per cui lo definisco libro a figure la spiega Sergio qui). Ma la sorpresa non è finita: a breve, per i tipi dei Topi, seguiranno altri due Ruzzier-libri, attualmente in preparazione, e che vedranno la luce la prossima primavera e il prossimo autunno.


Il nuovo libro che presentiamo, di cui Sergio è autore e illustratore, è Una lettera per Leo. Anche qui, il protagonista, insieme a Leo, postino-furetto, è un uccello, o meglio, un pulcino troppo piccolo per affrontare una migrazione insieme ai suoi simili.



S. Ruzzier, schizzi preparatori per Una lettera per Leo.

Leo e Cip, creature scompagnate messe insieme dal caso e dall'affetto, metteranno su, giorno dopo giorno, passo dopo passo, stagione dopo stagione, una minifamiglia, buffa ma perfettamente funzionante, fino al giorno in cui... Naturalmente questo non lo rivelerò, lasciandovi la sorpresa di scoprirlo, sfogliando il libro fino al suo epilogo.
Adesso, invece, daremo la parola a Sergio Ruzzier che gentilmente ha accettato di rispondere a qualche nostra domanda su Una lettera per Leo, sulla sua storia e sui suoi mirabili personaggi.


Davvero è possibile spedire ossi con il servizio postale? Costa molto?
Dipende dal peso. Io per risparmiare spedisco solo ossibuchi.

Dovessimo mai spedire un pacco a un pesce, è obbligatoria la confezione anfibia?
Sì, bisogna sigillare per bene. A meno che non lo si stia mandando a un pesce fuor d'acqua.

Puoi rivelarci che libro sta leggendo la volpina seduta sul ramo a pagina 6?
Sta rileggendo il raccontino sull'incontro tra due amici d'infanzia in Goethe muore di Thomas Bernhard. Comunque è uno scoiattolo.



Quante uova mette nel suo famoso zabaglione, la signora Durelli?
Usa solo uova fresche di giornata e di sicura provenienza, per cui ne può mettere solo una al giorno.

Come diavolo ci è finito Cip nella buca delle lettere?
Secondo me ci si è infilato dalla fessura la notte prima del ritrovamento, magari per ripararsi dalla pioggia, chissà.



Dove si comprano i grilli secchi di cui Leo fa sempre scorta?
In grilloseccheria.
Accidenti, eravamo convinti si comprassero in autogrill.

Come fa una cassetta per le lettere a diventare un lettino?
Non fatelo sapere troppo in giro: è un chiaro caso di interesse privato in pubblico ufficio.

A noi il fungo che ha trovato Cip sembra velenoso. Puoi avvertirlo?
Oh oh. Troppo tardi.

Come mai nei tuoi libri ci sono sempre dei forzieri o delle cassapanche?
Sai che non ci avevo mai fatto caso? Chiederò al mio psicoanalista, se e quando l'avrò. Sono perfettamente consapevole di altri elementi ricorrenti nei miei disegni (uccelli, alberi spogli, porcheriole per terra, piastrelle, ecc.), ma forzieri e cassapanche mi erano sfuggite.



Ha mai provato a stare a dieta quel grasso gatto a righe che gioca a bocce?
Ha un problema ormonale, poverino.

Dove si svolge questa storia? A noi fa venire in mente quei posti che si vedono sempre dietro le spalle dei santi in certi vecchissimi affreschi.
Proprio lì! Adoro quei dipinti e li saccheggio senza pudore.




Se ci dai l'indirizzo, poi possiamo scrivere anche noi a Cip e a Leo?
Per ragioni di privacy non posso pubblicare gli indirizzi, ma se scrivete a me faccio volentieri da tramite.



Bene, grazie caro Sergio. Ora che tutto è chiaro, possiamo rivelare ai nostri lettori che in questo libro è nascosto un omaggio a un grande illustratore americano che è stato anche tuo maestro: niente meno che Maurice Sendak.
Quindi cari lettori del blog dei Topi, VI PROPONIAMO UN GIOCO.
 
Cosa dovete fare?
A partire da oggi, avete un mese per trovare, fra le pagine della storia di Cip e Leo, l'omaggio di Sergio Ruzzier a Maurice Sendak. 

Quanto tempe avete?
Un mese, fino al 2 ottobre.

E poi che succede?
Il 2 ottobre potrete provare a dare la risposta giusta nei commenti al nostro post del giorno. Il primo che darà la risposta giusta avrà in regalo un libro a scelta dal catalogo dei Topipittori. Il post sarà un'intervista a Sergio Ruzzier dedicata al periodo di studio trascorso con Maurice Sendak.



Per concludere, sappiate che Sergio Ruzzier sarà presente a Sarzana, ospite del Festival della Mente, sabato 5 settembre, ore 11.15, e domenica 6, ore 10, per presentare Una lettera per Leo in anteprima assoluta, insieme a un laboratorio dal titolo Do you cheep English?, presso Fortezza Firmafede, Sala Ragazzi.

 Al lavoro di Sergio Ruzzier Le figure dei libri ha dedicato un post che potete leggere qui. In occasione dell'uscita dell'edizione americana di Una lettera per Leo, Seven Impossible Things Before Breakfast ha pubblicato una lunga intervista a Sergio che trovate qui.


martedì 26 maggio 2015

I martedì della Emme / 22: Il galateo dell'avventura

[di Sara Stangherlin, Biblioteca di Montebelluna]

La biblioteca dove lavoro ha la fortuna di custodire un fondo Emme nel ventre del magazzino, e ogni occasione (specialmente questa) è buona per far prendere una boccata d’ossigeno a questi libri.  Sono dei classici perché parlano ai bambini e agli adulti di oggi come lo facevano quando sono stati pubblicati, senza perdere nulla di ciò li rende speciali, anzi guadagnando di volta in volta significati nuovi. Così ho deciso di affrontare l’oscuro piano interrato.
Sono nel magazzino: è poco illuminato e mi fa sempre un certo effetto. Mi infilo tra gli scaffali mobili e anche quelli mi fanno un po’ impressione. A un certo punto un libro mi cade sui piedi provocandomi un leggero dolore.  “E allora tu che cosa dici?” mi interroga il titolo del libro per terra. Ehm, che cosa dico?! Prima dico “Ahi!
e poi dico grazie al libro per la sua incontenibile voglia di uscire dal magazzino, lo raccolgo e lo porto a fare un giro ai piani alti.



Il libro Emme che si è fatto avanti è proprio E allora tu che cosa dici? di Sesyle Joslin, con le bellissime illustrazioni di Murice Sendak. L'albo  uscì negli Stati Uniti nel 1958 e valse ai suoi autori la Caldecott Medal l’anno successivo. Accanto a questo albo, c’è suo fratello, E allora tu che cosa fai?, della stessa squadra vincente autore-illustratore. Furono pubblicati in Italia dalla Emme nel 1980, quando all’estero godevano già di fama indiscussa: due manuali di buone maniere per tutte le occasioni.



Le incantevoli illustrazioni di Sendak, dal tratto e dai toni subito riconoscibili, non hanno bisogno di molti colori, perché parlano da sé: la loro peculiarità sta nell’immediatezza con cui comunicano e in una eleganza discreta e senza tempo.
Questi due piccoli albi sono popolati di bambini in situazioni bizzarre e fiabesche, in uno schema fisso a doppie pagine: a sinistra un breve testo descrive la situazione illustrata nella pagina di destra e pone al lettore sempre la stessa insistente domanda (quella del titolo, appunto). Segue la risposta, sempre spiazzante, data da un’illustrazione a doppia pagina accompagnata da una breve frase degna del più alto galateo britannico.
La sorpresa si rinnova ogni volta, a ogni giro di pagina, grazie al succedersi di scenette inverosimili e al contrasto fra queste e le risposte così educate dei bambini protagonisti.



Non è facile sapersi comportare come si deve, specie se si è piccoli. Ci sono situazioni che mettono in difficoltà: non si sa cosa dire, non si sa cosa fare. E si rimane a bocca aperta e con le mani in mano.
Presentarsi a uno sconosciuto, prendere congedo educatamente, rifiutare un’offerta con cortesia.
La sgradevole sensazione di sentirsi fuori posto o inadeguati che genera insicurezza qui è ovviata dal proporre di continuo situazioni altamente improbabili ed eccezionali, in cui chiunque - anche una Principessa o un Pirata - si sentirebbe stranito e impreparato. 


Ad esempio, mettiamo il caso che tu sia andato in centro a fare spese e che camminando all’indietro – ti diverte sempre un sacco farlo! - inciampi in un coccodrillo. E allora che cosa dici?


Oh, scusami!


Supponiamo che un signore ti regali un elefantino; oppure che mentre stai cogliendo margherite nel prato appaia un drago feroce e un cavaliere gli tagli la testa; o che il cowboy Bill Nasolungo ti chieda se vuoi un buco in testa; o infine che la Regina ti inviti per una interminabile e monotona spaghettata a Londra (situazione che ricorda il recente fumetto A cena dalla regina di Rutu Modan, La Giuntina edizioni – in cui si ragiona anche lì di buone maniere, spaghetti e inviti regali)… allora tu che cosa dici?


Ti presenti educatamente agli elefantini; ringrazi con garbo il cavaliere in armatura; rifiuti l’offerta esplosiva del bandito; ti congedi dal banchetto supplicando la sovrana. Così come mandi giù il boccone prima di rispondere alla proposta di matrimonio di un principe; ringrazi la padrona di casa, prima di scappare dal drago che ha fatto irruzione alla sua festa; cedi il posto a una signora sul palanchino affollato di un elefante da trasporto.


Dalle situazioni più incredibili i bambini protagonisti escono sempre con grande disinvoltura  e massima cortesia, scongiurando la figuraccia e ritrovando sempre il sorriso.
Da notare che in queste pagine i piccoli agiscono in completa autonomia, senza nessun adulto che dica loro come comportarsi o cosa rispondere. I grandi raffigurati sono semplici comparse occasionali, a volte anche un po’ burbere e maleducate, a cui dare il buon esempio.
Mi piace come in queste pagine i piccoli lettori siano catturati subito dentro la dimensione straordinaria, ma allo stesso tempo molto quotidiana dell’avventura che è sempre dietro l’angolo. E i bambini accettano questo patto di inverosimiglianza come la cosa più naturale del mondo, perché ai loro occhi l’incredibile è sempre possibile nella vita di tutti i giorni.


L’alchimia che si instaura fra testi e illustrazioni ha il pregio di rendere meno distante il sogno a occhi aperti e meno barbosa la quotidianità delle buone maniere. Il segreto del successo senza tempo di questi albi è presto svelato: riescono a far convivere la fantasia e la libertà proprie dei piccoli con la realtà e la buona educazione che dovrebbero essere proprie del mondo dei grandi.
Attraverso queste pagine, si scopre così che si è sempre al proprio posto, nell’avventura e non, se si sa rispondere come si deve anche a un rozzo pistolero.


Ah, state ben attenti al bandito Bill Nasolungo! È un tipaccio che frequenta le biblioteche ed è invidioso dei lettori appassionati: ama prenderli al lazo per portarli nel suo ranch selvaggio. Mi raccomando, nel caso sciagurato in cui vi acchiappasse, ubbidite e uscite tranquillamente senza dare troppo nell’occhio! Lasciategli pure il libro, prima o poi, mollerà la presa.


Mi chiamo Sara e lavoro nella zona meno silenziosa della Biblioteca di Montebelluna: lo spazio 0-6 anni e la sezione ragazzi. Tra albi con belle illustrazioni e belle parole ho trovato il mio habitat. Oltre ai libri, ho una passione smodata per gli scoiattoli, le vecchie lettere, i peperoni e le finestre sull’oceano. Spesso mi capita di avere la testa tra le nuvole e di essere un po’ maldestra, perciò ho trovato molto interessanti questi simpatici galatei dell’avventura. Penso ne farò buon uso, nelle mie avventure quotidiane tra gli scaffali, e non!

Se siete bibliotecari, insegnanti, librai, promotori della lettura o appassionati di libri illustrati e desiderate partecipare alla rubrica I Martedì della Emme, presentando in un vostro post un libro di Emme Edizioni di Rosellina Archinto scriveteci qui, specificando di quale volume volete scrivere.

Vi ricordiamo che alla storia di Emme Edizioni e della sua fondatrice è dedicato il nostro La casa delle meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto, a cura di Loredana Farina.

Sempre a questo tema è dedicata la mostra La Emme Edizioni di Rosellina Archinto. Vent’anni di successi in mostra (1966-1985), a cura di Loredana Farina, Alessandra Mastrangelo e ABCittà, con il patrocinio di Nati per Leggere e della sezione lombarda dell’Associazione Italiana Biblioteche.



Qui trovate tutte le puntate precedenti de I Martedì della Emme:

I Martedì della Emme / 1: Un gioco per bibliotecari felici
I Martedì della Emme / 2: Federico, topo bambino
I Martedì della Emme / 3: Un’avventura invisibile
I Martedì della Emme / 4: Un colpo di fulmine 
I Martedì della Emme / 5: Un albo molto rumoroso
I Martedì della Emme / 6: Elogio dell'immaginazione
I Martedì della Emme / 7: Il sapore di una rivoluzione 
I Martedì della Emme / 8: Caro Stevie
I Martedì della Emme / 9: La storia che si ripete
I Martedì della Emme / 10: Dove c'era un prato 
I Martedì della Emme / 11: La vita quotidiana è una storia ricchissima
I Martedì della Emme / 12: Tutto cambia
I Martedì della Emme / 13: Sull'esser gufo
I Martedì della Emme / 14: Vedere l'altrove
I Martedì della Emme / 15: Possedere una fattoria
I Martedì della Emme / 16: Dentro le pagine
I Martedì della Emme / 17: Bill, prenditi la coda!  
I Martedì della Emme / 18: I Pensieri Più Perspicaci
I Martedì della Emme / 19: Emme come Meraviglia
I Martedì della Emme / 20: Per essere liberi

I Martedì della Emme / 21: Esattezza vuol dire... 

martedì 19 febbraio 2013

Il significato profondo di ogni cosa

Nel 2012, si sono festeggiati i duecento anni dall'uscita della prima edizione delle Fiabe dei favolosi Fratelli Grimm, apparsa nel 1812. Nel 1973, è uscita, invece, The Juniper Tree and Other Tales from Grimm, presso Farrar, Straus and Giroux, illustrata da Maurice Sendak. E noi, qui, oggi ne festeggiamo i quarant'anni. Perché questo libro ci sembra importante? Perché, forse, mai come in questo caso, un illustratore ha  saputo affondare nelle fiabe la lama del proprio sguardo. Nel 2011, ho scritto un breve post su una fiaba di questa raccolta, dicendo che in seguito me ne sarei occupata più diffusamente. Lo faccio oggi, benché sia passato parecchio tempo. Le informazioni in mio possesso provengono dal primo volume di Selma G. Lanes, The Art of Maurice Sendak (Abradale Abrams, 1993), che non può mancare nella biblioteca degli amanti di Sendak.

M. Sendak, Hansel and Gretel, 1973
Sendak ricevette la commissione per illustrare i racconti dei Grimm nel 1962 dall'editor Michael Di Capua, allora da Macmillan. Il progetto si realizzò però, per ragioni diverse, solo dieci anni dopo, di nuovo per volere Di Capua che intanto si era spostato da Farrar, Straus and Giroux. Sendak aveva avuto alcune precedenti esperienze con i classici della letteratura infantile: Seven tales di Andersen nel 1959 e Nikolenka's Childhood di Tolstoj nel 1953. In entrambi i casi, ne era uscito insoddisfatto. Rispetto all'esperienza, si rimproverava di aver avuto un approccio troppo “letterale” ai testi (così grandi da intimidirlo).
Quando nel 1970, a 42 anni, riprende in mano il progetto dei Grimm, nella traduzione di Lore Segal, autrice austriaca di libri per ragazzi, fin da subito, si entusiasma: i racconti gli appaiono meravigliosamente comici, crudeli, paurosi, enigmatici. Un terreno ideale su cui lavorare. In quegli anni, inoltre, ha acquisito esperienza e maturità. Il suo punto di vista poco convenzionale di affrontare l'illustrazione e i libri per ragazzi si è nutrito di forza e fiducia.

M. Sendak, The Three Feathers, 1973
Sendak, ora, maneggia con disinvoltura le fonti a cui attinge per il suo lavoro, i maestri della pittura antica e moderna a cui si ispira: presenze integrate e digerite, che si dispongono senza incertezze a essere utilizzate sulla base di idee e  intenzioni.
Illustratore e traduttrice, dunque, si mettono al lavoro sui testi e decidono subito di rinunciare all'intera raccolta, optando, invece, per una selezione: 27 racconti che, è stabilito, saranno distribuiti su 2 volumi per poter  stampare i testi in un corpo maggiore.
I criteri di scelta sono radicali e non soggiaciono alla tentazione di addomesticare la raccolta al pubblico infantile: l'attenzione cade sui racconti valutati come più affascinanti, così che, accanto ai più noti, ne vanno a convivere di sconosciuti. A Sendak a questo punto della carriera, non interessa più “rappresentare” la storia. Punta, invece, al suo lato oscuro, sotterraneo: a quello, cioè, che la storia non dice, o meglio, dice nascostamente. Di queste fiabe gli interessa “cogliere il momento in cui la tensione fra storia ed emozione è perfetta, così che il lettore leggendo, possa sorprendersi, pensando che si tratta  'semplicemente' di una favola.”

M. Sendak, Rabbit's Bride, 1973
Per penetrare più profondamente nello spirito di queste storie, la preparazione è meticolosa. Sendak non si accontenta di una semplice lettura dei testi: acquista la prima edizione dei racconti dei Grimm (1812) per rendersi conto di come fossero le fiabe lette per la prima volta (Le figure dei libri ha parlato della prima edizione, qui), con le illustrazioni di Ludwig Grimm, il minore dei fratelli. L'edizione si apre con il ritratto e la dedica a Frau Katherina, la narratrice che ha iniziato i Grimm, da bambini, all'arte delle fiabe. L'omaggio a Katherina tornerà in una immagine di Sendak per il racconto Il diavolo e i tre capelli d'oro, che riprende la fisionomia della donna. A questo si aggiunge un'attenta ricerca sui maggiori illustratori dei Grimm, fra cui Walter Krane e George Cruikshank.
Nel 1971, Sendak parte per l'Europa, e dopo un breve soggiorno in Italia, approda in Germania per visitare le regioni in cui i Grimm raccolsero i loro materiali fiabeschi. Vuole che le sue illustrazioni riflettano la lunga tradizione tedesca da cui nascono. “Non voglio solo riflettere un punto di vista americano del 1970”, sottolinea, spiegando perché vuole evitare che il libro abbia senso unicamente per i suoi contemporanei. Nel corso del viaggio, tiene un taccuino, Grimm Reise, su cui annota visioni e impressioni, il percorso fisico e mentale, emotivo che questa ricerca alle radici comporta.

M. Sendak, The Poor Miller's Boy and the Little Cat, 1973.
È un viaggio attraverso il paesaggio, la natura e la pittura tedesca. Dürer e Altdorfer, Grünewald sono i tre artisti che più lo influenzano. Quando Sendak comincia a lavorare alle immagini, ponendosi il problema della composizione, del progetto globale, nota: “Cerco un combinazione di terrore e bellezza”, e con questa osservazione si riferisce ai pittori del Rinascimento, che combinavano paesaggi idillici a terribili e sanguinari soggetti in primo piano. Prima di tornare negli Stati Uniti, fa tappa in Galles, dove è colpito dalla bellezza degli scenari naturali. Annota: “Traggo ispirazione dalla Germania per il buio, dal Galles per la gioia”. Nelle illustrazioni dei Grimm, convergerà anche lo stato d’animo sperimentato nella nuova casa di campagna dove si è appena trasferito, a cui, da bravo newyorkese, non è abituato. Il silenzio e la solitudine lo inquietano, lo mettono a disagio.
Le fiabe dei Grimm vengono lette e rilette, finché la frase cruciale di ogni racconto, quella da cui germoglierà ogni illustrazione, si manifesta con chiarezza: e questa frase sarà il fuoco, la matrice dell'immaginario, una sorta di centro che irradia energia, significati, forme.

M. Sendak, The Town Musicians of Bremen, 1973.
A inizio lavoro, Sendak ha già compreso che le sue tavole saranno forti, d’impatto, non facili da dimenticare, legate ai racconti da un’interpretazione profonda e primitiva.
Influenza determinante, nel corso del lavoro, hanno le 36 incisioni di Dürer della Piccola Passione, una raccolta di incisioni dedicate alle storie della vita di Cristo. Sulla base di questo modello, Sendak elimina ogni intervento decorativo, decide per una sola tavola a fiaba, e punta a uno stile di sobrietà monacale. Il formato è quello di Dürer; il segno prescelto ricorda quello di un’incisione. Sendak riflette nelle sue illustrazioni le caratteristiche ammirate in Dürer: in particolare, la relazione fra i personaggi e i margini dello spazio che li contiene.

M. Sendak, Snow White, 1973
Le figure sembrano premere per uscire dai bordi; la forza dell’immagine aggredisce l’osservatore, imponendogli la propria verità aliena.
In Biancaneve, per un'ingannevole senso di familiarità, la messa a fuoco del centro emotivo, tensionale, della fiaba, che si rivela essere il conflitto generazionale, l’invidia della vecchiaia per la giovinezza, è più faticosa. La regina è raffigurata mentre fissa lo specchio. Ma lo specchio non c'è nell'immagine: la regina fissa il lettore e ciò che il lettore vede alle sue spalle è cio che lei sta guardando nello specchio, dunque una sua visione. Il lettore, dunque, è costretto a fissare la regina come se fosse l'immagine che di sé vede nello specchio, assumendo il suo carico di sentimenti negativi.

M. Sendak, The Goblins, 1973
Negli Gli gnomi, il centro pulsante del testo è costituito dall'ambiguità fra bambino vero e falso. Tema che la figura porta a galla e fa esplodere, rivelando la natura aliena di ogni neonato, percepita angosciosamente dalle madri.
Le illustrazioni di Sendak per i Grimm, furono giudicate spesso, oltre che non adatte ai bambini, anche, fra le altre cose, “claustrofobiche”. Che cosa Sendak rispose alle numerose critiche ricevute, lo abbiamo scritto un anno fa, nel ricordare questo grande autore il giorno della sua scomparsa. Oggi, di queste, riporto solo alcune righe, che non riguardano solo questo libro, ma la sua intera poetica.

M. Sendak, Rapunzel, 1973



«Credo che i bambini intuiscano il significato profondo di ogni cosa. Sono solo gli adulti che per la maggior parte del tempo leggono la superficie. Sto generalizzando, naturalmente, ma le mie illustrazioni non sorprendono i bambini. Loro sanno cosa c’è in queste storie. Sanno che matrigna significa madre, e che il suffisso -igna è lì per evitare che gli adulti si spaventino. I bambini sanno che ci sono madri che abbandonano i loro bambini, emotivamente, non letteralmente. Talvolta vivono con questa realtà. Non mentono a se stessi. E vorrebbero sopravvivere, se questo accade. Il mio obiettivo è non mentire loro.»

Le fiabe dei Grimm rappresentarono un momento fondamentale nella carriera artistica di Sendak: furono un libro di passaggio che ebbe l'effetto di liberarlo psicologicamente, artisticamente e tecnicamente, dandogli la certezza di poter mettere a frutto il suo potente immaginario nell'elaborazione di immagini per grandi classici.