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venerdì 9 marzo 2012

Valore e prezzo /1: Le nozze coi fichi secchi

Piero Sraffa è diventato famoso risolvendo un paradosso formale della teoria marxiana, che analiticamente si fonda sull’assunto che il rapporto fra valore e prezzo sia costante. Il che non è intuitivamente vero. [Se a qualcuno interessa, può studiarselo qui  e qui].

Abbiamo infiniti esempi della correttezza di questa intuizione. Per fare un esempio noto a molti nostri lettori: se a un illustratore viene richiesto un disegno da utilizzare come copertina di un libro, ma gli viene offerta in cambio “la visibilità”, l’illustrazione realizzata ha un valore (se non lo avesse, non verrebbe utilizzata) ma non le viene riconosciuta la dignità di avere un prezzo. Il caso opposto è quello del sito archeologico di Delfi, o delle Dolomiti: il loro valore è talmente elevato che nessun prezzo ha dignità bastante ad acquistarli.

Il problema del rapporto fra valore e prezzo è particolarmente vivo in ambito culturale. Autori e illustratori si sentono, spesso direttamente e più spesso surrettiziamente, formulare la richiesta di prestare la propria opera gratuitamente. E alzi la mano il copywriter che non si è mai sentito dire «ma in fondo sono solo due righe»; e il fotografo che eccetera eccetera.

Confessiamo che anche a noi è accaduto di realizzare o commissionare lavori non pagati. E di regalare ogni Natale i libri al mercatino di Emergency e a qualche altra onlus che conosciamo. E confessiamo di non aver mai pagato un euro né ai collaboratori di questo blog né a Guido Scarabottolo per i meravigliosi topi che adornano da sempre le copertine dei nostri cataloghi. Peraltro, né all’uno né agli altri abbiamo mai tentato di indorare la pillola con la balla della visibilità. E con l’uno e con gli altri intratteniamo in genere rapporti personali.

Ma ci domandiamo per quale ragione il mondo si ostini a chiederci, per le più svariate e variopinte ragioni, e in modo più o meno civile, i nostri libri gratis. E non solo a noi. Accade almeno due o tre volte alla settimana a tutti gli editori di libri per ragazzi. Ne discutemmo anche, ai tempi dell’avvincente ma naufragata avventura di Meno piccoli di quel che sembra. Ecco alcuni esempi.

Esempio A: Promuovere la lettura senza pensare ai libri

Vi presentiamo il progetto X: con un gruppo di appassionati faremo [descrizione dell’attività]. Abbiamo avuto un piccolo finanziamento e molto appoggio dalla città. 
Hanno già aderito gli scrittori: [segue elenco] e tanti altri ne stiamo coinvolgendo.
[I media locali] ci hanno già contattato.
Abbiamo fatto una bibliografia degli albi che ci interessano e i vostri libri selezionati sono: [segue elenco di 35 titoli per un totale a prezzo di copertina di 501,50 euro].
Volete appoggiare il progetto donando una copia per titolo dei vostri albi? [...] Già altri editori hanno deciso di appoggiare l’iniziativa [segue elenco]. 

Faccio notare che 501,50 euro rappresentano per noi, e per tutti quelli piccoli come noi, lo 0,08% del fatturato lordo annuale. E che di richieste altrettanto esose nel 2011 ne abbiamo ricevute più di una ventina. Dunque, se aderissi a tutte queste iniziative, che per comodità di calcolo riduco a venti: 0,08% x 20 = si volatilizzerebbe una quantità di libri pari all’1,6 per cento del fatturato. Al quale dovrei aggiungere l’Iva del 4 per cento che pago anche sugli omaggi (20 euro e spiccioli);  i diritti d’autore, che devo comunque corrispondere perché il numero delle copie omaggio è stabilito contrattualmente e viene normalmente assorbito dalla copie destinate alla stampa (50 euro e spiccioli); il costo di spedizione (diciamo 7 euro); l’imballaggio (diciamo 2 euro di scatola); e il tempo che ci metto a fare il tutto.

E mai una volta che qualcuno dei richiedenti si proponga di restituire le copie al termine della manifestazione. Dove vanno a finire quei miei trentacinque libri? Posso ipotizzare che, nella migliore delle ipotesi, vengano regalati a una biblioteca (che, di conseguenza, non li acquista più); nella peggiore potrebbero anche tornarmi come resi da un libraio un po’ troppo intraprendente.

Usciamo dallo specifico e ricapitoliamo: qualsiasi gruppo di persone che si metta in testa di promuovere la lettura pensa all'organizzazione, a cercare un piccolo finanziamento, a ideare e realizzare locandine e cartoline, a contattare la stampa locale o nazionale. Ma si dimentica, invariabilmente dei libri.
Eppure, se vogliono promuovere la lettura, è perché ritengono che i libri siano un valore. Ma se sono un valore, perché non sono disposti a riconoscergli la dignità di un prezzo? Non dico del prezzo di copertina, ma almeno un prezzo scontato.

Un’alternativa è possibile. Ricordo con piacere e gratitudine il messaggio con cui Gianluca Giannelli mi informava che un nostro libro era entrato nella selezione delle Scelte di classe e che, perciò,  aveva bisogno di qualche decina di copie per le classi che avrebbero scelto il vincitore. Avrei potuto praticargli il massimo sconto possibile per l’acquisto? Quindi, pagare i libri per promuovere la lettura è possibile. (Mi perdonino tutti gli altri che seguono la stessa prassi e che non cito: sappiano comunque i lettori che non sono pochi, anche se sono minoranza).

Esempio B: Come negli orfanotrofi dickensiani
Gentile editore,
sono il genitore/l'insegnante che si occupa della biblioteca scolastica dell'Istituto X, a Y. 
I libri che possiamo offrire ai nostri ragazzi sono piuttosto vecchi. Ci piacerebbe aggiornare il nostro patrimonio, ma la cronica carenza di fondi […]
Le chiediamo quindi se potesse inviarci gratuitamente dei libri. Anche rovinati o destinati al macero andranno benissimo[…]
Cordiali saluti

Per amor di polemica, a queste lettere o email per un certo periodo ho risposto chiedendo se, mancando di fondi per la mensa scolastica, avrebbero mai immaginato di chiedere al macellaio locale un po’ di carne gratis, «anche se ha già fatto qualche camola andrà benissimo». In fondo, Oliver Twist ha dimostrato al mondo che si diventa grandi anche se si mangia carne guasta.

Poi sono passato a più miti consigli e ho risposto proponendo di procacciarsi non libri rotti, o invenduti perché invendibili, e quindi privi di dignità, ma libri buoni, che potessero scegliere uno a uno dal catalogo, e che avrei sostituito se si fossero danneggiati nel trasporto, purché fossero disposti a pagare i libri quanto me li paga il distributore.

Ho ricevuto qualche reazione piccata alla prima (e lo capisco benissimo: essere irritante mi riesce sempre molto bene); ma mai, dico mai, nessuna alla disponibilità a praticare uno sconto che non faccio neanche a mia madre.  Adesso non rispondo più.

Missive dello stesso tono ci arrivano, sorprendentemente, anche da biblioteche comunali.

Anche qui, un’alternativa è possibile. Ogni anno viene a trovarmi Deborah Soria, l’eccellentissima ideatrice della libreria itinerante Ottimomassimo per acquistare i libri per il progetto “Le biblioteche di Antonio”, fortemente voluto da Sinnos per ricordare Antonio Spinelli, fondatore della cooperativa. Al momento di pagare, devo sempre litigare per farle accettare di corrispondermi solo un prezzo simbolico. La ferma volontà di pagare onora la memoria della persona al quale il progetto è intitolato, che amava e rispettava il libro al punto di decidere farne la sua professione.


Esempio C: Multinazionali in bolletta?

X è una multinazionale che produce [segue descrizione del prodotto]. Non fanno molta pubblicità sui mezzi tradizionali ma stanno sperimentando i “social media”. Stiamo cercando di convincerli che per aver successo occorrono dei contenuti veri, interessanti e magari anche utili. 
Per loro faremo un’attività di comunicazione verso le mamme blogger, produrremo un video comic possibilmente carino, leggero e utile [sull’uso del prodotto]. I blogger che rilanceranno l’iniziativa potranno premiare uno dei propri lettori che condividerà il contenuto di X con un omaggio. 
Ecco io ho proposto di scegliere [...] un vostro libro: [segue titolo]
Vi va di mettere a disposizione 7/10 copie del libro. Il ritorno per voi è la visibilità.
I partner con cui portiamo avanti il progetto sono [segue elenco]
Quindi per voi potrebbe essere una bella occasione di visibilità, per X un arricchimento del proprio contenuto.

Ovviamente, abbiamo rifiutato. E in risposta abbiamo ricevuto un bel sermone con il quale ci veniva spiegato come e qualmente la visibilità che avremmo ottenuto avrebbe contribuito al nostro sostentamento. Insomma: abbiamo perso proprio una bella occasione.
Mi domando se la multinazionale cliente di questo studio di comunicazione è al corrente delle pessime figure che le vengono fatte fare. Possibile che una multinazionale abbia il budget per pagare il video comic leggero e carino, la campagna sui social media, la parcella dello studio di comunicazione, ma non riesca a trovare meno di cento euro per comprare i libri da regalare ai blogger?

E poi, alla faccia del comunicatore, come è possibile convincere qualcuno che “i contenuti veri, buoni e magari anche utili” siano necessari al successo, se gli si dice allo stesso tempo che li può ottenere gratuitamente, con un po' di faccia tosta, in cambio della solita, fantomatica visibilità?
Secondo me ha provato a minchionarci. E sta pure minchionando la multinazionale X.

E voi, cosa ne pensate?

Prossimamente, torneremo sulla questione della gratuità del lavoro culturale, entrando nel magico mondo dei festival, delle presentazioni in libreria e in biblioteca e dei laboratori per bambini. Abbiate pazienza. E se avete esperienze interessanti che volete condividere, fatecele sapere.


Tutte le immagini a corredo di questo post sono di illustrazioni che non abbiamo pagato. E sono tutte © Guido Scarabottolo, 2004-2012.