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martedì 14 febbraio 2012

I regni dell'immagine/ 4. Venezia a volo d'uccello

La scorsa domenica, Giulia Mirandola mi ha mandato un messaggio che diceva: «Perché non scrivi un post sulla laguna ghiacciata?» Sotto al messaggio, c'era un link che rimandava a questa immagine che si intitola: La laguna ghiacciata alle Fondamenta nuove nel 1708.

Anonimo. La laguna ghiacciata alle Fondamenta nuove nel 1708, Querini Stampalia.

Così mi sono messa a pensarci su. E vi dico perché: l'immagine della laguna ghiacciata mi è familiare. Accanto a me ho una cartolina che la riproduce, acquistata da poco. Durante le vacanze di Natale, infatti, eravamo a Venezia (sempre dall'amica di cui abbiamo parlato qui). E abbiamo trascorso un bel pomeriggio al Museo Querini Stampalia. Ci ero già stata, ma le altre volte, chissà perché, non mi ero soffermata sulle vedute di Venezia: sia su questa, di anonimo, sia su quelle, celebri, di Gabriel Bella su ognuna delle quali trovate ampie spiegazioni nella web gallery del museo.

Gabriel Bella, La nuova Fiera della Sensa, 1779?, Querini Stampalia.

Gabriel Bella, Il corso nobile da San Stae alla Croce, 1779?, Querini Stampalia.

Invece, questa volta ci siamo trattenuti a lungo nella sala dedicata al Bella, e abbiamo guardato molto queste grandi tele brulicanti di personaggi, architetture, feste, scenette, campi e campielli, costumi, cerimonie, gesti, atmosfere diverse che raccontano in dettaglio la vita nella città di Venezia a metà del secolo diciottesimo. Sono quadri che richiedono una concentrazione attenta, minuziosa, paziente esattamente come la richiede leggere, per esempio, il capitolo Parigi a volo d'uccello, contenuto in Nôtre Dame de Paris di Victor Hugo, per rimanere in ambito di vedute urbane. Pagine dense e fitte di descrizioni (a mio avviso il più geniale e ammaliante, insuperato spot turistico mai concepito da mente umana: Parigi ne gode ancora oggi i benefici).

Gabriel Bella, L'antica fiera della Sensa, 1779?,  Querini Stampalia.

Gabriel Bella, Battagliola coi bastoni al ponte di S. Fosca, 1779?, Querini Stampalia.

Per sbrogliare dal quadro d'insieme tutti i racconti contenuti in una veduta di Bella, per coglierli, distinguerli, portarli in superficie, ci vuole, infatti, un'ottica finissima, nel senso letterale del termine. Sono tele che insegnano a guardare, queste, e se guardare è un dato fisiologico, saper guardare è una capacità che si apprende e non è affatto scontata, ed è cruciale, nella vita di tutti i giorni e non solo in ambito estetico, come si potrebbe credere.
Ma quando Giulia mi ha chiesto di scrivere un post sulla Laguna ghiacciata di Anonimo, sulle prime mi sono detta: e cosa scrivo mai? Che fa freddo? E che ha fatto freddo anche in passato? Per esempio nel 1708; e, a quanto pare, anche molto più freddo di oggi, se la gente pattinava e faceva gli scivoloni fra le Fondamenta nuove e l'isola di San Michele.

Gabriel Bella, La congiura di Bajamonte Tiepolo, Querini Stampalia.

Gabriel Bella, Sposalizio alla Salute, 1779?, Querini Stampalia.
Che senso ha fare un post sul freddo? Basta andare su un sito di quotidiano e si trovano quintali di folcloristiche fotografie di automobili ghiacciate, strade sepolte dalla neve, alberi canditi, passanti imbaccuccati, spiagge solcate da fondisti... No, mi sono detta, non è il caso.
Poi, ho ripensato alla visita di quel pomeriggio alla Querini Stampalia. E, ricordando i quadri di Gabriel Bella, ho colto il senso dell'invito di Giulia. E così facendo, mi sono venuti in mente i nomi di due illustratori di fama mondiale: Piero Ventura e Mitsumasa Anno.





















Il primo, italiano, nel 1975 ha pubblicato un libro diventato famoso e venduto in tutto il mondo dal titolo Il libro delle città (ripubblicato nel 2009 da Rizzoli). Un viaggio attraverso le più belle città del mondo colte a volo d'uccello. Anche in questo caso, un'osservazione dettagliata della realtà, realizzata con cura e precisione, che richiede al lettore un'analoga attenzione nella lettura dell'immagine che, dalla sua natura, primaria, di tavola documentaria, in un secondo momento e andando in profondità, si offre come seducente e inesauribile racconto visivo formicolante di storie parallele più o meno nascoste.


Alcune tavole del libro, ça va sans dire, sono dedicate proprio a Venezia. Città a cui peraltro Ventura ha dedicato un intero volume: Venezia, nascita di una città, edito nel 1987 da Fabbri.
Il secondo, giapponese, è autore di splendidi e famosissimi libri senza parole dedicati al racconto di spazi, tempi e luoghi (in Italia pubblicati da chi, se non dalla gloriosa Emme Edizioni?).

All'Italia e ai suoi paesaggi, colti a volo d'uccello, Anno ha dedicato un libro che ha proprio Venezia in copertina. Ecco, ho pensato che questi due illustratori sono in qualche modo eredi di questi vedutisti del passato, pittori di genere che mettevano la loro capacità pittorica al servizio del racconto della realtà, da una parte realizzando immagini documentarie, dall'altro vere e proprie pagine di letteratura. Se compito della letteratura è, infatti, "fornire un quadro dettagliato delle attività umane", queste pagine, invase dalle vite immaginarie, ma quanto mai autentiche, di personaggi piccoli e grandi, celebri o anonimi, ci mostrano che nell'economia della storia e della vita della città, tutte sono ugualmente importanti.

Mitsumasa Anno, Scorcio veneziano.
Pensando a tutto ciò, mi è poi venuto in mente un altro luogo, da poco visitato, ovvero la François Pinault Foundation, dedicata all'arte contemporanea, aperta nel 2009 ai bellissimi Magazzini del Sale, a Punta Dogana. Dopo averla vista, l'anno scorso, ne ho parlato con un illustratore, Alessandro Gottardo. Con lui riflettevo che a molta (noiosissima) arte contemporanea, preferisco decisamente il lavoro di un bravo illustratore. A stare a quel che si vede in questa collezione, infatti, ho seri dubbi riguardo all'interesse per la visione, il saper guardare, di molti artisti di oggi. A mio avviso, oggi, chi si occupa di questa cosa tanto importante, e adesso più che mai per la razza umana, che è vedere e raccontare la visione, e quindi guidare al suo apprendimento, è in prevalenza, illustratore.
Perciò, ecco, alla fine, guardando l'immagine della laguna ghiacciata, e provando gratitudine per l'anonimo pittore che l'ha dipinta, regalandomi a distanza di trecento anni un momento di pura gioia, interesse e divertimento, quello che volevo dire è: viva l'illustrazione e viva gli illustratori.

mercoledì 8 febbraio 2012

In questo mondo dell'invenzione: un'illustratrice in gita

[di Giulia Zaffaroni]


L’antefatto: martedì 11 gennaio
«Vi interessa una gita a Venezia, con visita a una stamperia d'arte?», domanda il maestro alla classe.
La domanda è piuttosto scontata se posta agli allievi del corso Progettare libri: otto lezioni per acquisire strumenti teorici e pratici per la pubblicazione e l’autoproduzione. Immediatamente le nostre facce assumono quell'espressione sognante di chi è già a Venezia con occhi e cervello e in coro rispondiamo: «Sììììììì», come chi, appunto, il cervello l'ha già perso da qualche parte.

Il fatto: sabato 28 gennaio
Il treno parte alle 8.05 e io arrivo in anticipo. Il viaggio inizia come ogni gita di classe che si rispetti: seduta accanto all'amichetta del cuore, le chiacchiere procedono senza freni e nel tempo di una fermata di tram arriviamo a Venezia.

Risolto un problemino con le FS grazie a un efficacissimo Centro Assistenza Clienti (se capitate da quelle parti fateci un salto: sono così gentili da meritare anche solo un saluto), siamo pronti a partire  all'inseguimento del nostro amato Capogita. Sì, perché un passo suo è lungo come 5 nostri e mentre lui procede fischiettando, noi gli corriamo appresso aggirando ostacoli, urlando: “scusi!”, scavalcando signore, bambini, cani, e cercando di non perderlo di vista tra viuzze e svolte a sinistra (non ho ancora capito come, ma quel giorno abbiamo girato sempre a sinistra. Magia).
La prima tappa è La Bottega del Caffè Dersut, dove per rigenerarci scopriamo un meraviglioso caffè-cioccolata-panna in un unico bicchierino. Niente male, quasi quasi sono pronta per riprendere la corsa. E così è, infatti, questa volta diretti al laboratorio tessile “Arras”: si tratta di due vetrine che mostrano splendidi tessuti e vestiti artigianali, prodotti da una cooperativa che coinvolge nel lavoro di tessitura persone con disabilità. Mille le foto che facciamo, un vero reportage, annanina si sbizzarrisce, come potete ammirare.

Comunque non è mica finita: si riparte imboccando la prima calle a sinistra, e si corre. Ma verso dove? Rapida panoramica sulle Zattere. Dovuto omaggio alle Fondamenta degli Incurabili e a Brodskji. Dietro-front. Avanti marsch! Arriviamo al Bottegon, dove ci imbottiamo di cicchetti veneziani sul muretto del canale. Poi si riparte. L'appuntamento alle 13.45, sotto alla statua con il naso di ferro, che sarebbe in Campo dei Mori, dall'altra parte della città. Come allo Zecchino d’oro di qualche anno fa: «Galoppa Pepito della pampa-pa. Galoppa, galoppa, galoppa-ppa.»


Alla Bottega del Tintoretto ci accolgono Florence Faval e Sara Vio e con loro ci inoltriamo nel laboratorio: la sensazione è davvero di immersione. Siamo in un luogo vissuto profondamente, sommerso da libri, disegni, inchiostri, strumenti vecchi, nuovi, inventati, aggeggi appesi, lettere tipografiche, carte.



Tutto parla una lingua irresistibile, ogni cosa racconta una storia, le mani di Florence e Sara si muovono con naturalezza, spinte dall'abitudine e da quella passione per l'arte e la creazione che mi conquista in un secondo.



Ci mostrano le tecniche di stampa: la stampa calcografica, (acquaforte e acquatinta) e la stampa alta (xilografia, linoleum, litografia). Girano tra noi opere varie, alcune bellissime altre no (ma mica mi deve piacere tutto), lastre già usate, strumenti da lavoro, libri autoprodotti. Sono affascinata dalla capacità di sperimentare senza timore, mi segno qualche spunto. Chissà mai che possa servirmi.




In tutto questo mondo dell'invenzione, dell'esperimento e dell'incertezza del risultato mi stupisce la disciplina che l'azione della stampa richiede: devi conoscere i materiali, gli effetti che vuoi ottenere, sapere a memoria le fasi del procedimento e la logica che ci sta dietro, essere pulito e tenere in ordine, firmare le tavole in un certo modo. È come se il procedimento creativo fosse qualcosa da rispettare, ha delle regole che, se conosci bene e ti sono familiari, ti liberano e ti portano dove neanche tu sai ancora di poter arrivare.
A un certo punto ci avviciniamo al tavolo da lavoro e al torchio: le mani di Florence ci mostrano come ottenere stampe con le tecniche di cui ci ha parlato poco prima.





Con pazienza, Florence ci rivela i trucchi del mestiere, gli effetti sulla carta, le regole e l'attenzione che servono per avere la certezza di “fare sul serio” e ottenere buoni risultati.
Dopo le spiegazioni decido di calmare la mia voglia di restare lì per sempre con un biscotto e qualche chiacchiera. Con Anna e Valentina cominciamo a organizzare una piccola spedizione estiva al corso di Florence. Chissà se ci riusciremo davvero. Riguardiamo i libri e le stampe, spiamo da vicino il risultato dei lavori al torchio.


Poi via di nuovo, attraverso calli e campielli, per raggiungere la sede delle Editions du Dromadaire, la piccola casa editrice che Florence gestisce e fa crescere.


Ci perdiamo tra i piccoli libri, i progetti e l'atelier sul soppalco: colori, libri stampati ancora da piegare, quadri e oggetti appesi, lastre incise, pezzi di linoleum lavorati, uno spazio creativo dove scovare nuove ispirazioni.




Non resisto e compro un libro: si apre in tre parti, ogni parte si apre a sua volta in orizzontale, si compone un unico disegno, mi piace. Lo appenderò a casa.
Fuori intanto è buio, salutiamo Florence e la sua arte: spero di rincontrarle. Grazie per la disponibilità immensa, per il tempo e la passione condivisi.


Prima di riprendere a correre, il Capogita ci concede una vera merenda invernale: budini di semolino con le uvette e cioccolata calda alla Pasticceria Rosa Salva. Poi, via, verso la stazione, verso Milano, Bologna, Brescia.
Il caldo del treno concilia il sonno. Il libro in borsa parlerà ancora per qualche giorno della bottega e del laboratorio, di Venezia, di stampe e di ispirazioni creative.

L’epilogo: oggi
Poi come sempre toccherà a me non perdere per strada l'incontro, saperlo raccontare, riuscire a ricordarlo quando avrò davanti un foglio vuoto, saperlo rivivere per concretizzare un'idea.

***
Il Capogita ringrazia Giulia Zaffaroni, allievi e ospiti per la pazienza, rimanda alla prossima gita, qui, e comunica ufficiosamente che in data da stabilire, nel mese di luglio 2012, si terrà il corso, in versione intensiva e a numero chiuso, a Roma. Chi vuole esserne informato, lasci un commento.

A titolo di cronaca si informa che alla gita erano presenti gli allievi: 
Baladan Alicia
Banchini Maria Chiara
Carmisciano Isabella
Colombo Valentina
Cuneo Nina
Masini Anna
Psacharopulo Alessandra
Ricciardi Sara
Torelli Chiara
Zaffaroni Giulia

e gli accompagnatori:
Colombo Diletta
Dzierzawska Zozia
Farina Loredana
il signor Ricciardi
l'amica di Alicia

Tutte le foto sono © Anna Masini. Trovate il reportage completo qui.