venerdì 8 febbraio 2013

Un castello di fiabe

Alfabeto delle fiabe è un progetto fortunato: per l'accoglienza che hanno ricevuto sia il libro sia la mostra a esso legata. Dopo il Campidoglio, la Biblioteca Europea e Montecitorio, la mostra ha inaugurato al Castello di Carpi, sempre con l'allestimento a cura di Stefano Baldassarre. Il suo viaggio non finirà qui. All'orizzonte ci sono altre piazze, altre biblioteche, altri incontri. Il racconto di questa inaugurazione lo dobbiamo a due reporter d'eccezione.

[di Monica Monachesi, foto di Giuseppe Braghiroli]

Sabato, 2 febbraio, ci siamo davvero regalati un pomeriggio pieno di belle sorprese.
Prima sorpresa: la piazza di Carpi con il Palazzo dei Pio, detto anche il Castello; camminando in Piazza dei Martiri ci siamo gustati tutta la sua imponenza, basata su resti della Cittadella medievale.


Siamo arrivati dal lato dominato dal bastione dell'Uccelliera (1480) che ci ha immediatamente ricordato storie di principi e principesse, dall'altro lato invece c'è la  torre merlata di Passerino Bonacolsi (1320).
La seicentesca torre dell'Orologio sta al centro della facciata, proprio lì sotto si accede allo scalone monumentale che ci ha condotto a un meraviglioso cortile rinascimentale. Due sculture moderne - uno squalo pinna bianca e un coccodrillo, ci hanno fatto capire che eravamo sulla strada giusta per scoprire qualcosa...

Infatti, a Palazzo dei Pio c'è il Castello dei Ragazzi, un luogo bellissimo, dove si trovano la Biblioteca Il falco magico, la Ludoteca e il Teatro della luce, un insieme di luoghi dedicati alla lettura, al gioco, alla scoperta e all'apprendimento. Il blog di Prìncipi & Princípi, recentemente, gli ha dedicato un post.

La sala dei Cervi, dove si trova la mostra, è un ambiente di notevoli dimensioni, decorato nella volta con crociere e nelle lunette da affreschi a soggetto tipicamente cortese con scene di caccia. La volta presenta eleganti motivi geometrici intrecciati al cui interno sono iscritte le iniziali di Alberto Pio. Le decorazioni furono irrimediabilmente danneggiate, nella quasi totalità, da un incendio sviluppatosi nella sala intorno al 1861, dando alle pitture una tonalità brunastra, ben diversa dai brillanti azzurri e verdi che dovevano caratterizzarla.

Seconda sorpresa: spazi espositivi meravigliosamente ampi dove troviamo l'Alfabeto delle fiabe ad accoglierci con il suo marameo. Si intravedono subito il labirinto e il drago fiammeggiante.
Alzando gli occhi si ammirano anche la volta a crociera e numerose lunette affrescate. Questo luogo è davvero magico, che altra parola usare?




Terza sorpresa: il re ci viene incontro con il suo incedere regale e ci troviamo davanti un gigantesco gioco dell'oca per cui si usa un dado altrettanto gigante. Ci avevamo giocato anche a casa. Lo sapete che questo gioco sta dentro il libro? Certo che trovarlo così grande è un prodigio, e allora, giochiamo.

  

Da una sala accanto, provengono delle voci. Andiamo a curiosare.
Quarta sorpresa. Qui si parla di come è nato Alfabeto delle fiabe. Dopo la presentazione di Emilia Ficarelli, direttrice del Castello dei ragazzi, e dopo quella di Annamaria Di Giovanni, delle Biblioteche di Roma, che è stata l'ideatrice del progetto di Alfabeto delle fiabe, a parlare tocca a Paolo Canton, editore dell'Alfabeto: Paolo si rivolge ai bambini fra il pubblico in ascolto e li coinvolge attorno a una considerazione: quanto sia stato difficile per scrittore e illustratore raccontare una cosa antica come le fiabe.
Spiega che Antonella Abbatiello ha scelto di raccontarle, usando i disegni più antichi del mondo - semplici e immediati come quelli che gli uomini preistorici hanno lasciato sulle pareti delle caverne. Poi prende la parola Bruno Tognolini che racconta di aver scritto queste poesie a occhi chiusi, perché questo alfabeto di archetipi fiabeschi abitava già dentro di lui.

Bruno, poi, si è messo a giocare con le parole e ci ha fatto sentire come ci si possa divertire con i loro suoni. E lo abbiamo capito soprattutto quando ci ha letto le sue rime. Ascoltarlo faceva venir voglia di conoscere tante poesie e di scriverne di nuove.
Ci ha anche spiegato il complesso lavoro che c'è stato dietro ad Alfabeto perché la semplicità deriva da un grande studio. Ci ha persino raccontato come queste rime risuonino di tante cose che a lui piacciono, come musica, poesia, cinema. Ci ha confessato di aver rubato un verso per descrivere la morte, "non più signora", da Angelo Branduardi, in Ballo in fa diesis minore. E di un verso rubato alla serie televisiva Twin Peaks, di David Lynch: Fire Walk with Me, utilizzato nella filastrocca dedicata al fuoco.
Sorridendo e leggendo Lodovico Ariosto, Annibal Caro e Giacomo Leopardi ha dimostrato che tutti i poeti si rubano, l'un l'altro, parole e immagini perché si nutrono di cose belle, poi le mescolano e le raccontano di nuovo a modo loro.
Come sono grandi le rime che ha letto, fatte di suoni e parole, di fiaba e di vita!


Una sorpresa dopo l'altra, eccoci seduti ai bordi di un tappeto blu con tante lettere. Mentre gli occhi si riempiono già di forme e colori, il drago fiammeggiante ruggisce a tutti cosa si deve fare: Disegnare con le forbici, cioè il laboratorio con Antonella Abbatiello.


Antonella prende subito la parola: "Per disegnare con le forbici dovete concentravi e vedere con la fantasia cosa c'è dentro il foglio. Io ci vedo un pesce con la pancia grossa grossa grossa, voi lo vedete?
Alcuni lo vedono, altri no...
"Allora lo tiro fuori dal foglio!"


"Che pesce vedete in questo foglio blu?" riprende Antonella.
"Un barracuda!"
"Un pescecane!"
 "E un pescecane, come può essere fatto? E i suoi denti come saranno?"
"Lunghi e affilati!"


"Adesso faccio un'altra cosa e poi, a ritagliare tocca a voi."
Le forbici affondano nel foglio arancione.
"Secondo voi che cosa esce fuori da questo foglio?"
"Una zucca!"
"Non  proprio, guardate bene".
Le forbisci disegnano ancora un po' e qualcuno esclama: "Un fungo!"
Ancora un altro taglio e arriva la risposta giusta: "Una medusa!"

E ora tutti al lavoro, partendo dalla lettera che sta nel tratto di tappeto che ci viene affidato.

C'è chi disegna un drago...

Chi assolutamente vuole fare un riccio...
Chi ci mette un bel gatto... una medusa, una foglia, una farfalla, un fiore... Ah, ecco il drago!


Ce ne vuole anche uno da portare a casa...


Siamo stati proprio bene.
Uscendo passiamo sotto gli occhi stretti dell''Orco. Ma non ci fa un baffo, anche se guarda tutti, nero e terribile. Le fiabe ci hanno insegnato che lo possiamo sconfiggere. Ed è bello sentirsi forti.
La zucca, infine, ci fa un gran saluto:
Dopo la zeta non è mai finita
Perché la fiaba è una zucca
Che sfama la vita



Tornata a casa, a proposito di libri ho scoperto una cosa che non sapevo su Carpi e l'ultimo discendente dei Pio, Alberto III. Ve la racconto, rubando questo brano da I signori del Po, a cura di Gianni Guadalupi, (FMR 2003, Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza).

Carpi, o il bibliofilo frustrato

[...] Il primo decennio del Cinquecento si può considerare il periodo più tranquillo e lieto della piccola corte di Carpi e del suo coltissimo sovrano, Alberto III, "illustre pe' suoi talenti, per la protezione che accordò alle lettere e alle arti, e non meno celebre per le sue sventure". Il quale a Ferrara è diventato bibliofilo, e ha cominciato a farsi una splendida biblioteca, col comprare, sembra, libri di Giorgio Valla, letterato, filologo e medico, cugino del celebre umanista Lorenzo.
E intreccia un fecondo rapporto di operosa amicizia con Aldo Manuzio, che fin dal 1497 aggrega alla famiglia Pio, concedendogli l'onore di portare quel cognome.


Il suo sogno ambizioso è di fare d Carpi la capitale dell'editoria italiana, impiantandovi una stamperia aldina per la pubblicazione dei grandi classici greci e latini: un grande sogno che rimarrà frustrato dallo scatenarsi delle furie belliche sulla povera pianura padana e sulla penisola tutta. Fa in tempo, comunque, ad abbellire il suo minuscolo regno, che è in pieno fervore di rinnovamento edilizio: si completa il Palazzo Nuovo, si inizia la Chiesa di San Nicolò: spronate dall'esempio molte famiglie ricche rinnovano le loro abitazioni decorandole di terrecotte e affreschi, e il vecchio centro caratterizzato dall'imponente portico lungo di cinquantadue arcate abbandona la denominazione di Borgo Noioso per assumere quella benaugurante di Borgo Gioioso.

A corte è tutto un andirivieni di fabbri, falegnami, vetrai, cuoiai, sarti, cucitrici, pellicciai, fornai, agricoltori, suonatori, messi, vetturali, cavallari. Entrano dai portoni libri a carrettate, ma anche botti di vino e filze di salami, le argenterie del principe e le padelle del cuoco; escono per diramarsi a Ferrara, Mantova, A Bologna, a Milano, a Roma e fin in Francia, segretari, notai, agenti di fiducia, mesaggeri più o meno segreti; perché Alberto Pio è diventato una rotella essenziale dell'ingranaggio diplomatico italiano, e nel 1508 riconcilia Luigi XII re d Francia con l'imperatore Massimiliano.

1 commento:

Luigi Viazzo ha detto...

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