venerdì 10 luglio 2015

Il caso dei libri ritirati dalle scuole a Venezia: i fatti.

Da quasi tre settimane seguiamo con molta attenzione l'evolversi della vicenda dei libri per bambini fatti ritirare dal neo-sindaco di Venezia dalle biblioteche scolastiche. Ne abbiamo lette di ogni tipo e colore e ci siamo spesso domandati per quale ragioni le opinioni tendessero a prevalere sui fatti. Fatti che sono, in sé, estremamente chiari. Per questa ragione ci siamo sentiti in obbligo di ripercorrere la vicenda, a beneficio di chi si vuole informare (oltre che nostro, perché un sano ripasso fa sempre bene e lo sforzo di sintetizzare una faccenda complessa fa anche meglio). Il post è un po' lungo. Per non distrarvi, non abbiamo inserito immagini.

Questa brutta storia comincia tanto, tanto tempo fa. E comincia da “Leggere senza Stereotipi”: un progetto presentato nel giugno 2013 alla Casa delle Donne di Roma da Scosse. Leggiamo la presentazione che ne fa il Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza

Testi e immagini dei libri per l'infanzia offrono spesso una rappresentazione stereotipata dei generi, che non tiene conto dei profondi cambiamenti che hanno attraversato la nostra società negli ultimi decenni. Il progetto Leggere senza stereotipi parte da questa consapevolezza, nel tentativo di superare una tendenza molto diffusa nel nostro Paese, presente anche nella maggior parte dei libri di testo delle scuole primarie e proporre, invece, una cultura libera da stereotipi che valorizzi le differenze tra i generi.

Da questo progetto scaturisce una bibliografia online e un corso di formazione per educatori e insegnanti. Il comune di Venezia, nella persona della Delegata ai diritti civili e alla lotta alle discriminazioni, Camilla Seibezzi, trova i soldi per far partecipare 78 educatrici delle materne e dei nidi di Venezia a questo corso di formazione. La formazione è tenuta da Paola Bastianoni, professore associato in Psicologia dinamica presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Ferrara, dove insegna Psicologia dinamica e clinica per il Corso di Laurea in Scienze dell'Educazione. Durante il corso, viene presentata la bibliografia e Seibezzi pensa sia giusto dotare le educatrici e le scuole in cui lavorano dei libri che sono stati utilizzati per la formazione.

Le polemiche sono iniziate quando alcuni rappresentanti di forze politiche di estrema destra o ispirate a un cattolicesimo integralista hanno scoperto la cosa. Si sa che i ruoli di genere, sia per la destra più radicale sia per i cattolici duri e puri, sono materia delicata. Ma dal momento che non è possibile costruire una polemica intorno a libri in cui le bambine sollevano orsi, le pecorelle vanno a dormire insieme ai lupacchiotti e due macchie di colore si mescolano creando un colore nuovo, cercando nella lista sono saltati fuori tre libri (tre su quarantanove) che parlano di omogenitorialità. I riferimenti sono a Piccolo Uovo di Francesca Pardi con illustrazioni di Altan, Jean a deux mamans di Ophelie Texier e E con tango siamo in tre di Peter Parnell e Justin Richardson.

Nel primo, un uovo non vuole nascere perché non sa in che famiglia andrà a finire e decide di capire quanti tipi di famiglie ci sono. Nel terzo, due pinguini maschi trovano un uovo e, invece di lasciarlo lì a marcire, decidono di covarlo e vedere che cosa salta fuori. Il secondo non lo conosco. Ma non è qui il punto. Non siamo nell’ambito dell’invenzione, del fantastico, del futuribile: siamo nella cronaca, in libri che documentano in maniera che a me pare lieve e garbatissima una realtà quotidiana fatta, per bambini e adulti, di famiglie molto diverse (e per le ragioni più diverse) le une dalle altre.

Basta così poco, nell’Italia di questo inizio di un millennio che tutti dicono nuovo, ma puzza orribilmente di vecchio, per scatenare artate polemiche. Il 7 febbraio 2014, il Giornale attacca, con un breve articolo di Luisa De Montis, che titola: Il Comune di Venezia distribuisce fiabe gay nelle scuole. (È qui che compare per la prima volta l'impropria definizione di "fiabe gay" per una lista di albi illustrati che possono essere utilizzati per diffondere la consapevolezza e l'accettazione della diversità).

Nello stesso giorno, La Nuova Venezia riferisce della richiesta di un parlamentare Udc di sospendere l’iniziativa, rivolta al sindaco Orsoni. Naturalmente, senza «discriminazione nei confronti del gay». L’immarcescibile e onnipresente Carlo Giovanardi tuona, dalle pagine dello stesso giornale: «Le istituzioni competenti si attivino immediatamente per impedire la distribuzione negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia veneziana del materiale di propaganda gay e sulla fecondazione eterologa che la delegata del sindaco per le politiche contro le discriminazioni, Camilla Seibezzi si accinge a consegnare. […] Mi sembra evidente che i piccoli non possono essere cavie di cervellotici esperimenti che segnalano soltanto la confusione mentale di chi li vuole imporre a creature innocenti.»

Inopinatamente, Silvia Vegetti Finzi interviene lo stesso giorno sul Corriere della sera affermando che questi albi rappresentano veramente un «rovesciamento di centralità» delle forme familiari tradizionali.

Il 13 febbraio interviene perfino il Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, che dichiara al giornalista del Corriere della sera: «È necessario combattere gli stereotipi, ma io quei libretti non li distribuirei». Ma questa diplomatica dichiarazione finisce sotto il titolo Il Patriarca: «Dico no alle fiabe gay». Nello stesso articolo, il capogruppo Udc Simone Venturini dichiara di non aver letto i libri oggetto della polemica, «e non è nemmeno opportuno che la politica li legga per fare censura.»

Le polemiche – che sembrano essere amplificate, invece che molcite dalla stampa – si inaspriscono e assumono toni da crociata. Ne parla anche sul nostro blog Marnie Campagnaro, della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Padova, con un post dal titolo Le 49 cosiddette fiabe gay, che da allora ha avuto quasi 10.000 lettori (che contiene, fra l'altro, anche tutti i link agli articoli di stampa citati sopra).

Poi passano i giorni, si apre il vaso di Pandora dello scandalo Mose e a Venezia ci si occupa principalmente di altro. Il comune viene commissariato e si indicono nuove elezioni. Nel frattempo, però, la questione ha lasciato tracce. Un libraio veneziano ci ha riferito che da allora il clima è teso e alcuni clienti che evitano di aprire qualcuno dei 49 libri oggetto della polemica ed escono dalla libreria se vengono loro proposti. Ma, alla fine, i libri vengono consegnati alle scuole. Non sappiamo se siano stati usati o meno e quali siano stati eventualmente usati, ma questo fa parte della discrezionalità degli educatori, che – oltretutto – sono stati formati proprio per usare questi libri con bambini piccoli e, probabilmente, sanno decidere e valutare il se, il come e il quando.

Arriva la campagna elettorale e uno dei candidati si fa alfiere della nuova crociata contro questi libri. Il motivo è oscuro, anche se probabilmente si tratta di opportunità politica e di speculazione elettorale: si cercano i voti di famiglie orgogliosamente tradizionali, di gruppi che si oppongono all’evoluzione sociale e lo si fa con i mezzi più facili e di grande richiamo: gridare ai quattro venti che si vogliono proteggere “gli innocenti” dalla corruzione.

Il candidato arriva al ballottaggio, lo vince e, prima ancora di insediare la giunta e tenere il primo consiglio comunale, il 25 giugno 2015 emette una circolare: via i libri gender dalle scuole di Venezia. Sembra che lo possa fare: i libri sono cespiti patrimoniali inventariati e di proprietà del Comune e, come tali, il Comune può disporre il loro ritiro. Come se fossero un banco, una sedia, un computer, un erogatore per la carta igienica. Ma se questo è amministrativamente possibile, viene da domandarsi se sia compatibile con i principi costituzionali e, in particolare, con l’articolo 21 (noi lo abbiamo rispettosamente e formalmente domandato al Presidente della Repubblica, che della Costituzione è il più alto garante, ma a oggi non abbiamo avuto alcuna risposta). La circolare di Luigi Brugnaro recita: Si chiede di voler raccogliere i libri “gender”, genitore 1 e genitore 2, consegnati durante l’anno scolastico e prepararli al fine del ritiro che avverrà al più presto da parte di un incaricato. Con i migliori saluti. 

Un commento chiarificatore di Chiara Lalli sulle pagine di Internazionale: [la vicenda] si potrebbe liquidare chiedendosi solo cosa diavolo sono i libri “gender” e ricordando che la storia del “genitore 1” e “genitore 2” è una delle più ostinate e colossali scemenze degli ultimi mesi. Questa dicitura non ha mai avuto a che fare con i libri, ma con i moduli di iscrizione scolastica: la proposta originaria era, banalmente, di usare la parola “genitore” invece di madre e padre come termine più ampio e comprensivo e per includere, per esempio, i figli di genitori single. Ma alla conferenza stampa di presentazione un giornalista ha “tradotto” il contenuto della proposta in genitore 1 e genitore 2 e non è stato più possibile rimediare (genitore non è un insulto, e non lo sarebbe nemmeno “genitore 1” o “genitore 2”, ma la dicitura mai esistita è diventata, nelle menti dei timorati del “gender”, un modo per offendere e insultare le famiglie e i sacri ruoli genitoriali).

A questo punto si innesca la mobilitazione. Nei giorni immediatamente successivi Ibby Italia (con Nati per Leggete e Commissione Ragazzi AIB), ICWA Italia, AIB e AIE (quest'ultima solo il 7 luglio, con un ritardo difficilmente comprensibile) prendono ufficialmente posizione contro questo provvedimento. Tacciono il Ministero per i beni culturali e il Centro per il libro e la lettura. [***Emendiamo: ci era sfuggita una dichiarazione informale di Romano Montroni, presidente del Cepell, rilasciata al telefono a un giornalista della rivista online "Il Libraio" e riportata il 9 luglio 2015 qui.]

Intanto, sul territorio, due associazioni veneziane (Noi La Città – Venezia 2015 e Veneto Radicale) organizzano il 3 luglio alle 11 un incontro pubblico, invitando il sindaco a partecipare a quello che veniva proposto come un dibattito democratico con la partecipazione di un libraio, della docente universitaria che si era occupata della formazione degli educatori veneziani sul tema “Leggere senza stereotipi” e della ex delegata Seibezzi, che aveva promosso l’iniziativa. Il sindaco non si presenta.

Ma il sindaco di Venezia è, invece, molto attivo su Twitter, come è ormai costume dei politici nostrani, e con la stampa. Con un po’ di pazienza, troverete tutti i dettagli nella rassegna stampa del sito Luigi Brugnaro sindaco e sulla sua pagina Twitter.
Vi invito, in particolare alla lettura del comunicato stampa dell’8 luglio 2015 nel quale si proclama:

Denunciamo la polemica inerente quelli che sono stati definiti i libri sulla teoria gender. Ne è nata una speculazione culturale che non ci intimorisce. Non potendo avere una visione completa ed esaustiva della questione, si è preferito ritirare tutti i libri distribuiti dalla precedente Amministrazione in modo da poter verificare serenamente e con piena cognizione di causa quali siano, e soprattutto quali non siano, adatti a bambini in età prescolare. Il vizio di fondo è stata l’arroganza culturale con cui una visione personalistica della società è stata introdotta nei nidi e nelle scuole per l’infanzia unilateralmente, in forma scritta e senza chiedere niente a nessuno, in particolar modo alle famiglie. I genitori dei piccoli devono, invece, avere voce in capitolo su aspetti determinanti che riguardano l’educazione dei loro figli e non esserne aprioristicamente esclusi. E’ quindi nostra intenzione esaminare con cura e obiettività i testi, non distribuendo quelli inopportuni per i più piccoli, che pure restano liberamente consultabili da parte degli adulti nelle biblioteche. Molti libri, che trattano i temi legati alla discriminazione fisica, religiosa e razziale, sono notoriamente straordinari e verranno certamente ridistribuiti, come ad esempio le opere di Leo Lionni “Piccolo blu e piccolo giallo” e “Guizzino”. Le riserve riguardano, invece, alcuni testi come “Piccolo uovo” di Francesca Pardi o “Jean a deux mamans” di Ophelie Texier. Sarà un lavoro di analisi fatto con cura e attenzione, anche approfittando del periodo estivo e delle vacanze scolastiche, valutando quali siano le persone più adatte a questa selezione ed evitando, così, ulteriori diatribe e strumentalizzazioni di un argomento che, ad oggi, ha fatto anche troppo parlare di sé.”

E finalmente, nello stesso giorno, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, il MIUR, per tramite del sottosegretario Davide Faraone ha rilasciato una dichiarazione, riportata qui, secondo cui: Nessun sindaco può intervenire in tal senso, né meno che mai può decidere quali libri possono stare o meno all’interno di un istituto: è un ambito di competenza comune della comunità scolastica, fatta di famiglie e operatori della scuola.

Il resto è cronaca di questi giorni giorni. A voi lasciamo le interpretazioni, la ricerca di un senso, il pensare e progettare azioni. Quello che interessava, qui, era mettere in fila un po’ di fatti.


11 commenti:

Unknown ha detto...

...grazie per "aver messo in fila" correttamente quanto accaduto..ciò ha sicuramente contribuito a darmi una visione critica su questa vicenda e mi conferma la necessità di essere oggi, + che mai, cittadini attivi!

Unknown ha detto...

...grazie per "aver messo in fila" correttamente quanto accaduto..ciò ha sicuramente contribuito a darmi una visione critica su questa vicenda e mi conferma la necessità di essere oggi, + che mai, cittadini attivi!

Unknown ha detto...

Magari non ve ne rendete conto, ma se ci si vuole attenere ai fatti, sarebbe bene non scrivere cose del tipo "si cercano i voti di famiglie orgogliosamente tradizionali, di gruppi che si oppongono all’evoluzione sociale".
Chi non la pensa come voi si sta "opponendo all'evoluzione sociale"? Bell'esempio di pensiero aperto...

Lazza ha detto...

Alfredo, che per caso tu sei uno di quelli che avrebbe voluto mantenere tutt'oggi gli autobus separati per persone bianche e persone di colore? Che l'evoluzione sociale stia andando verso il rispetto per gli altri è un fatto ovvio e incontrovertibile, che ti piaccia o meno.

Simone ha detto...

Lazza: no, sono uno che rispetta le opinioni altrui anche quando non concordano con la propria. Sono uno che di questa storia non sapeva nulla, e se la è casualmente ritrovata sul proprio facebook per un "like". Sono anche uno che alcuni dei libri incriminati li possiede e li apprezza. Ma se si fa un articolo titolandolo "i fatti", poi non li si condiscono con opinioni, insinuazioni offensive ("probabilmente si tratta di opportunità politica e di speculazione elettorale") et similia. Specie considerato che il mondo dell'editoria e dell'illustrazione è tutto tranne che esente da invidie, bassezze, magagne, amici degli amici e porcherie assortite (e te lo dico per esperienza diretta).
Ciò premesso, non mi è piaciuta la frase "si cercano i voti di famiglie orgogliosamente tradizionali, di gruppi che si oppongono all’evoluzione sociale".
E' una accusa gratuita, a mo' di "chi non la pensa come me ha torto". Posso avere la mia opinione? O se è diversa da quella della "evoluzione sociale" si tratta di bieco e meschino oscurantismo? Per me quella frase è gratuita e offensiva, oltre che sciocca (offendere una schiera di persone dandogli degli avversatori del progresso, cosa porta al caso in questione?). Vorrei che fosse chiaro che questo non significa affatto che io sia d'accordo con la maldestra operazione di "pseudo-censura" operata dal tizio in questione. Ma la maniera di sostenere le proprie opinioni, correttamente o meno, una differenza la fa.
E' acclarato ed indubitabile - come tu sostieni - che "l'evoluzione sociale" stia andando verso una UNIVOCA direzione, e che tanto basti ad autosostanziare l'assunto (e.g. "il mondo va nella direzione che io sostengo, ergo ciò che sostengo è giusto")?. Su questioni di natura delicata, credo sia sensato ed auspicabile che ci sia posto per le varie sensibilità. Nemmeno il gotha della psicologia mondiale è d'accordo su tutte le questioni inerenti all'identità sessuale dei minori, quindi un approccio cauto non mi pare così assurdo (il ché, ribadisco, non significa che la "pseudo-censura" attuata, sia giusta, o che io la trovi giusta).
A me i "che ti piaccia o meno" sanno tanto di ideologie che non rimpiango. E spero che chiunque possa ancora esprimere una sensibilità ed una posizione diversa da quella del "coro".

Lazza ha detto...

«Posso avere la mia opinione?»

Se parliamo di opinioni, certamente, è garantito dalla nostra Costituzione. Guai a chi ti viola tale diritto. Ma l'omofobia* non è un'opinione... infatti è in contrasto con l'Articolo 3.

Cerchiamo di distinguere tra opinioni e fatti. La mia opinione può essere "mi sento contento con me stesso di essere eterosessuale", un fatto è "tutte le persone vanno rispettate come esseri umani e hanno gli stessi diritti e doveri" oppure "la letteratura scientifica ha dimostrato che avere genitori gay non incide negativamente sui bambini"**. Spesso si fa confusione tra fatti e opinioni.

* Non parlo di te, ma del "mister furbizia" che ha pensato di fare questa censura.

** http://journalistsresource.org/studies/society/gender-society/same-sex-marriage-children-well-being-research-roundup

Topipittori ha detto...

Gentile signor Alfredo Caravita, ci scusiamo per non aver risposto prima ai suoi puntuali commenti ma eravamo nell'impossibilità materiale di farlo. Speriamo comunque che sia ancora all'ascolto.
Riguardo alla questione dell'opposizione "all'evoluzione sociale", non si tratta di un'opinione, ma di una filosofia politica nota come conservatorismo che in Italia ha avuto egregi rappresentanti nelle figure (due per tutti) di Giuseppe Prezzolini (del quale le suggerisco, se già non lo conosce, Il Manifesto dei Conservatori) e Indro Montanelli. Essere contrari all'evoluzione sociale non ha in sé niente di sbagliato e non era inteso come accusa. Se lo ha letto in questo senso, ce ne dispiacciamo. Ma è indubitabile che l'attuale sindaco di Venezia abbia fatto proprio riferimento ai conservatori quando ha promesso, in campagna elettorale, di ritirare le cosiddette fiabe gay. Quella del conservatorismo è una battaglia di retroguardia: cercare di conservare, per l'appunto, la società quale essa è, riformandola solo nella misura minima indispensabile e con estrema cautela. Conservatore è chi si oppone all'evoluzione sociale, e conservatore non è mai stato un insulto e come tale mai abbiamo scritto o pronunciato questa parola o un suo sinonimo.
Per la questione "opportunità politica e speculazione elettorale", anche qui non riteniamo sia né un'accusa né un'opinione ma un dato di fatto e una prassi abituale. E se la volessimo leggere come accusa, riguarderebbe non solo la parte dell'attuale sindaco di Venezia, ma anche le altre.
Infine, a lei legittimamente non piace la frase che riguarda le famiglie orgogliosamente tradizionali, eccetera", ma il fatto che non le piaccia non ne fa un'opinione, giacché con questa proposta, e molte altre del programma proposto dall'attuale sindaco di Venezia in campagna elettorale, non si poteva certo pensare di allettare progressisti e libertari. Essere orgogliosi del proprio stato è un diritto ed essere conservatori una scelta politica. Converrà che non abbiamo espresso alcuna opinione riguardo ai modi con cui questo diritto e questa filosofia politica sono state espresse o sono espresse da chicchessia.
Tutto ciò detto, siamo lieti che sia intervenuto in questo luogo, trasformando un coro di consensi in un dibattito. E ci teniamo a rassicurarla: qui le opinioni diverse dalle nostre uno spazio lo troveranno sempre. Nè ci pare di avere espresso opinioni riguardo al modo in cui le questioni inerenti non tanto all'identità sessuale (che riguarda, eventualmente e marginalmente, solo pochi dei libri ritirati) ma agli stereotipi di genere. Ci sono, nella lista, libri che amiamo e che riteniamo"belli". Altri che non consideriamo altrettanto validi. ma questo non è argomento che ci importi trattare in questa sede.
Infine, concordiamo con lei che il mondo dell'editoria e dell'illustrazione è tutto fuorché perfetto. Ma non ci pare che questo riguardi in alcun modo il corrente dibattito sul diritto (o meno) di un amministratore locale di decidere quali libri siano degni di entrare nelle scuole.
Cordialità

Unknown ha detto...

Evoluzione sociale? Da quando l'evoluzione culturale, adombrata sociale, può sostituire quella naturale e biologica che è costituita e costituente? In natura, il concetto "gender" non esiste ma, guardacaso, esiste, GENERE maschile e GENERE femminile; quel che si presuppone, al difuori di quanto è dato da sapere, e ne sappiamo molto, è si "stereotipo" ma di pura invenzione culturale che, come s'è detto, qualcuno vuole far passare per progresso o evoluzione sociale. L'ho è stata e lo è, ancora adesso, la bomba atomica e l'energia nucleare ...e, al contrario di Voi, non mi sembra che questa "evoluzione" abbia sortito il bene dell'umanità. Cordialità

Gennaro De Sio

P.S. non entro nell'argomento utero in affitto e step-adoption, perché sarebbe facile chiudere la discussione con la reale argomentazione della realtà dei diritti veri, i primi dei minori "comprati" e delle loro vessate fattrici (guai a chiamarle madri) e i diritti presunti che ali sono, essendo quelli alla persona garantiti, da tempo, dalle convenzioni internazionali e dalla nostra preziosa Carta Costituzionale. I libri in questione? Troppo facile dire materia prima sprecata con la quantità di nefandezze, a vario titolo, che riempiono gli scaffali delle librerie. Di certo, per alcuni di questi, quelli sovvenzionati con le nostre tasse dall' UNAR, causa di danno erariale. Bene ha fatto Brugnaro a chiederne il ritiro, anche se, la difficoltà di discernimento dovuto alla massiva concentrazione di questi testi di pura propaganda di "parte" ha prodotto , una qualche, svista; peraltro, parliamo d'una parte "pro-gender", appunto, che ignora "volutamente" le pur minime cognizioni elementari del mondo educativo e formativo della scuola e della sottesa componente infantile e giovanile.

Lazza ha detto...

Gennaro, tu parti dicendo che il concetto "gender" in natura non esiste. Fair enough. Peccato però che la "teoria gender" non esista neppure tra gli esseri umani.

L'esistenza della teoria gender è come l'esistenza di Babbo Natale: una cosa a cui devono credere le persone poco sveglie, perché ci fa comodo. Qualcuno si è inventato questa favoletta della teoria gender per vomitare una serie infinita di concetti omofobi e sessisti che si stanno combattendo da anni, ottenendo facili consensi.

L'unica cosa "aberrante" (tale secondo alcuni) in quei libri è che esistono uomini che fanno il bucato e donne che lavorano come ingegneri. Quale orribile onta, eh? Capisco che per persone conservatrici come te possa essere terribile, eppure è così. Insegnarlo ai bambini è una cosa normalissima e fa venire il voltastomaco pensare che ci siano persone che non la pensano così.

Sono le stesse persone che erano abituate ad avere gli autobus per i bianchi e quelli per "i negri". La società si evolve caro mio, mi dispiace per te. Il rispetto per gli altri e la rimozione degli stereotipi fa parte dell'evoluzione sociale, che tu lo voglia o no.

Per tutto il resto, puoi approfondire tutte le falsità che sono uscite su questa faccenda del "gender" qui:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/30/ddl-educazione-di-genere-tutte-le-falsita-sulla-teoria-del-gender/1829051/

Unknown ha detto...

Vorrei rispondere a Gennaro dei Sio quando dice che "In natura, il concetto "gender" non esiste ma, guardacaso, esiste, GENERE maschile e GENERE femminile". In natura non esiste nemmeno il concetto di eterosessualità o omosessualità termini creati dall'uomo in era moderna per suddividere l'essere umano in due classi distinte(bianco o nero). Se vogliamo parlare di natura, senza influenze di tipo culturali, la sessualità non è qualcosa che si può dividere in due categorie. L'uomo è un animale curioso, certe volte la curiosità è più forte della morale e della cultura dominante che porta a esperienze sessuali anche al di fuori della "norma"(ma comunque naturali) e altre volte invece porta alla repressione di certi istinti e ad adattarsi alla quotidianità. Siamo figli della cultura che ci circonda e si voglia o no influenza anche ciò che siamo disposti a fare a letto, tutto per favorire o andare contro la normalità. E' dimostrato scientificamente che in altre culture, sia passate(greco-romana) che presenti(thailandese), dove la sessualità è o era una libera scelta della persona e non è o era sottoposta ad un dictat culturale, essa è o era fortemente bisessuale. In Thailandia non esistono discoteche per etero o per gay proprio perchè questi termini e queste categorie non esistono ma esistono invece ragazzi e ragazze che scelgono liberamente con chi far sesso senza la paura di subire discriminazioni. A favore di tale tesi e per rimanere più in casa ti vorrei far notare le ultime statistiche fatte negli USA e in Inghilterra(fatta da YouGov). Estrapolando i dati solo il 49% degli intervistati si definisce eterosessuale e il dato scende ulteriormente nelle città. Ciò vuol dire che in situazioni nelle quali determinati comportamenti non sono discriminati la sessualità della maggior parte della gente è fortemente versatile.
Entrando nella fantascienza per far du battute, se la storia avesse creato un mondo in cui sono gli eterosessuali ad essere discriminati e la normalità sarebbero i rapporti omosessuali sicuramente la maggior parte della popolazione mondiale sarebbe gay: semplicemente perchè è la cultura che viene insegnata che determina i comportamenti sessuali. E non c'è nulla di più sbagliato...

Unknown ha detto...

sono insegnante di religione
quei libri sono nella mia biblioteca da molti anni.... quindi.
penso che educare alla diversità sia il primo passo per rendere i bambini aperti alla vita.
ma quando ci si mette di mezzo la politica riesce a imbruttire tutto