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lunedì 22 dicembre 2014

Le fiabe sono vere

[di Annamaria Gozzi]

«Le fiabe sono vere», scrive Italo Calvino nella sua introduzione alla raccolta Fiabe italiane, sono la spiegazione generale della vita. Che bella sorpresa averne conferma e scoprire che la Vecchina dei Pani d’Oro esiste davvero. Chissà se la sua casa è bislacca, di certo vive in un piccolo paese sulle colline di Parma, a Corniglio, e si chiama Maria.

Ogni anno, all’avvicinarsi del Natale, prepara la spongata, un dolce dal ripieno morbido e speziato. Tutte le famiglie di quel paese custodiscono una propria segreta ricetta tramandata da generazioni e ognuna è certa di possedere la più antica, quella autentica, la migliore spongata.


Tant’è che ogni anno, l’8 dicembre, a Corniglio si tiene la festa della spongata. Il segreto sta nella dose, il miscuglio di spezie che dà al dolce quel gusto complesso di tradizione, festa e nostalgia e porta dentro sapori venuti da lontano. Per questo le spongate, una volte preparate, devono dormire per una notte al freddo.


Maria, la donna più vecchia di quel paese, ha un segreto in più: il mezdo regalatole dal padre il giorno del suo matrimonio. Il mezdo è un bastone di salice che deve essere tagliato in una notte di luna piena nell’equinozio di primavera. Tutti vorrebbero possedere un mezdo per impastare il ripieno della spongata, perché è grazie a questo strumento magico se l’impasto, da un insieme di ingredienti, prende quella consistenza misteriosa in equilibrio perfetto tra morbidezza e sapore.


Purtroppo un mezdo non si acquista e non si fabbrica, bisogna riceverlo in eredità, come è successo a Maria. 
Nella fiaba dei Pani d’Oro, il primo inganno alla Morte è ciò che resta attaccato ad un cucchiaio di legno. Deve per forza trattarsi di un mezdo.


Maria è nata il giorno della befana del 1914 e il prossimo 6 gennaio compirà 101 anni. La domenica va ancora a messa a piedi, a chi le offre un passaggio dice «Vado da sola. Se mi fermo è finita. E quando è ora di fermarmi lo decido io».


«Sembrava proprio lei» è la frase finale de I pani d’oro della Vecchina, a quelle stesse tre parole ho ripensato ascoltando la storia di Maria.
Grazie a Giorgia Zini che me l’ha raccontata.

(Le illustrazioni di I pani d’oro della Vecchina sono di Violeta Lopiz ndr)

mercoledì 24 ottobre 2012

Far finta, sul serio

[di Annamaria Gozzi]

Qui non ci sono storie, le storie non sono storie, qui si fa finta sul serio.


I papaveri nel Mago di Oz del Teatro dell'Orsa.


È la frase con cui si presenta il Teatro dell’Orsa col quale collaboro da alcuni anni. E per  far finta sul serio hanno messo in scena Il Mago di Oz dentro una biblioteca, in mezzo ai libri. È successo alla Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, il 7 ottobre scorso, dove a bambini e adulti è stato possibile accompagnare Dorothy e i suoi amici lungo la strada di mattoni gialli per arrivare al cospetto del grande Oz, alla Città di Smeraldo.

La strada la facevi davvero, e si snodava tra scaffali di libri che, di certo, non stavano zitti. Su quel percorso incontravi sul serio lo spaventapasseri senza cervello, il leone codardo, l’omino di latta, potevi addormentarti in un campo di papaveri, ascoltare un storia alla luce debole di un lumino, ritrovare la strada o farti aggiustare il cuore. 

E ogni volta che ti perdevi, perché anche perdersi è bello nelle grandi storie, c’era sempre un mago con un campanello a riportarti in direzione della Città di Smeraldo. E poi ascoltavi streghe buone o streghe cattive e ti commuovevi per il valore dell’amicizia. 

 
Dorothy e la Città di Smeraldo nel Mago di Oz del Teatro dell'Orsa.


Come tutti i grandi classici Il Meraviglioso Mago di Oz di L. Frank Baum è un libro che ci racconta la vita e ci pone le grandi domande sul coraggio, sull’amicizia, sul partire per ritrovare la strada di casa. Poi succede che i libri chiamano altri libri e le storie si incatenano ad altre storie e per costruire il percorso del Mago di Oz è servito l’aiuto di un albo illustrato, L’aggiustacuori di Arturo Abad. A partire dalla meravigliosa illustrazione di Gabriel Pacheco, lo scenografo Franco Tanzi con mani piene di poesia ha creato il rifugio dei cuori ammaccati, scuciti o infreddoliti e, in quella minuscola bottega si è sistemato con mani sapienti di mimo a ricucire ferite, dispensare messaggi, avverare desideri.

L'aggiustacuori di Gabriel Pacheco.
Dietro il percorso teatrale di Oz c’è tutta la fatica, che conosco bene, di Monica Morini e Bernardino Bonzani che si sono occupati di tutto: dall’ideazione alla regia, dalle scene ai costumi e soprattutto dell’interpretazione dei personaggi insieme agli allievi del laboratorio permanente del Teatro dell’Orsa.

L’esperienza del Mago di Oz ha coinvolto cinque biblioteche della città che, nell’arco di una settimana, hanno ospitato le narrazioni ispirate a ogni personaggio del romanzo. Sempre fra gli scaffali dei libri, in una biblioteca si raccontavano imprese di coraggio; 



La bottega dell'aggiustauori di Franco Tanzi.
nell’altra, di amore, e poi di sciocchi e di furbi, di streghe e magie. In totale sono state narrate e messe a bibliografia più di trenta fiabe tratte dalla letteratura per l’infanzia. C’erano i libri di Rodari, ma anche albi recenti come L’alfabeto delle fiabe di Bruno Tognolini, Nove storie sull’amore di Giovanna Zoboli o Un leone a Parigi di Beatrice Alemagna.

Com’è che si insegna ad amare i buoni libri?
Io credo si debba attraversarli, viverci dentro. E in questo tempo, dove alle fiere del libro ti capita di incontrare inquietanti Geronimo Stilton in baffi e pelliccia, è necessaria la voce del teatro, quello che fa sul serio, che chiama i libri buoni che ti fa sentire il battito nel petto dell’omino di latta, ti fa ruggire di coraggio insieme al leone, ti riporta a casa con uno schiocco di scarpette d’argento.


La bottega dell'aggiustauori di Franco Tanzi, nel Mago di Oz del Teatro dell'Orsa.

La compagnia del Teatro dell’Orsa è nata una decina di anni fa dagli attori e registi Bernardino Bonzani e Monica Morini. Poi la compagnia si è allargata a musicisti, scenografi, attori, registi. Produce e interpreta spettacoli di teatro civile e di memoria, e ha ottenuto il riconoscimento di numerosi premi. In parallelo, produce spettacoli di teatro per ragazzi e di narrazione ispirati ai classici e alla narrativa moderna. Di recente ha partecipato al festival internazionale di narrazione ad Arzo, in Svizzera, animando due classici: I viaggi di Gulliver e L’Odissea.

Il leone e l'uomo di latta.

Lo spaventapasseri.
Il Mago Berni.

Condivido con Monica e Bernardino diversi progetti. Spesso ci entusiasmiamo sulle pagine di un libro: che si tratti di un testo di trecento anni fa o di una novità fresca di stampa non importa, sono le pagine a chiamarci. E quando conduciamo laboratori di idee e lettura, anche con gli adulti, sempre più spesso ci capita di proporre libri per ragazzi o, ancor più, albi illustrati. Ci siamo accorti che a volte per affrontare grandi temi bastano poche parole unite alla bellezza delle illustrazioni. Siamo anche convinti che non esistano età per leggere, i libri sono per tutti. Come dice Nick Hornby:  Evitare i libri per ragazzi solo perché non si è più ragazzi è come sostenere che i gialli andrebbero letti da poliziotti e criminali.

Qui sotto, video dei Racconti della buonanotte del Teatro dell'Orsa.

martedì 18 settembre 2012

Quando pensi che il tempo sia finito

I pani d'oro della vecchina, copertina.

Era il 9 marzo 2009, e fra molte altre mail ci arrivò quella di Annamaria Gozzi. Ci proponeva, con un messaggio sintetico, una storia: La vecchina di Natale (dolci segreti per distrarre la Morte). Aggiungendo due parole: “si tratta di una versione di una fiaba zingara con variazione di finale.” Passarono alcuni mesi. Il 13 luglio lessi la storia e risposi subito a chi l'aveva inviata: “Come vede, se non riusciamo a essere molto rapidi nelle risposte, questa mail attesta che prendiamo in considerazione davvero TUTTO il materiale che ci arriva. Avendo effettivamente trovato solo ora il tempo di visionare i materiali accumulati in questi mesi, le dico 1) che la sua storia ci interessa; 2) che mi auguro che la stessa non sia, nel frattempo, interessata ad altri.” In un messaggio successivo, scrissi ad Annamaria: “La ringrazio della sua telefonata. Mi ha fatto molto piacere parlare con lei. Ricapitolando. Le confermo assolutamente il nostro interesse per la storia che ci ha mandato. Come le ho detto, i tempi di lavorazione saranno lunghi, per le diverse ragioni che le ho esposto, per cui non siamo in grado ora di stabilire una eventuale data di uscita”.

I pani d'oro della vecchina, di Annamaria Gozzi. Illustrazioni di Violeta Lopiz.

Sì, certo, “i tempi saranno lunghi”.  Ma così lunghi, come poi sono stati, non se li sarebbe aspettati nessuno. Violeta Lopiz (che per noi aveva già illustrato La coda canterina) accettò con nostra grande gioia di occuparsi di questo libro. Dopo di che, si immerse nella lettura del testo e nella sua elaborazione. Che durò tre anni. Sì, tre anni tre. Annamaria ha avuto una pazienza infinita. In casa editrice si oscillava fra una crescente impazienza, momenti di scoramento e una caparbia fiducia nel risultato finale. Che poi, puntualmente, è arrivato, ripagando la lunga attesa. E oggi, alla fine di questo lungo percorso, il libro è in libreria col titolo I pani d'oro della vecchina.

I pani d'oro della vecchina, di Annamaria Gozzi. Illustrazioni di Violeta Lopiz.

Ora, misurarsi con la riscrittura di una fiaba non è da tutti. Annamaria Gozzi lo ha fatto con perizia, misura, finezza e modestia (dote più che mai fiabesca). E ha messo a punto un testo bellissimo. Violeta ha rinunciato a tutte le trappole che lo splendore e la ricchezza visivi del testo le tendevano. E ha seguito una strada che somiglia a quella dei bambini nelle fiabe: lunga e costellata di ostacoli di ogni tipo. Dev'essere per questo che ci ha messo tutto quel tempo. Tempo messo bene a frutto. Rappresentare la morte è un terno al lotto: e qui la morte la faceva da star. E nemmeno rappresentare la vecchiaia è un compito semplice. Del resto, quando abbiamo chiesto a Violeta se era interessata a questo libro, lo abbiamo fatto pensando che era uno fra i pochi illustratori con le carte in regola per affrontare questa prova.

I pani d'oro della vecchina, di Annamaria Gozzi. Illustrazioni di Violeta Lopiz.

La grande intuizione di Violeta, oltre a quella di economizzare rigorosamente gli strumenti espressivi (colori, segni, descrizioni), è stata di non seguire la scansione temporale della storia, ma di articolare una scansione visiva temporale autonoma, che si legge come un'unica sequenza, con la medesima unità di luogo e di tempo. Ha fatto questo riuscendo tuttavia a far sì che la sequenza temporale visiva e quella verbale, completamente diverse, quadrassero. Detto così, è complicato. Ma quando avete il libro in mano, è chiaro, chiarissimo. E questo risultato ha qualcosa di miracoloso. E, miracolosamente, funziona. E quando si arriva all'ultima pagina si rimane di sasso, con la gola stretta. E, insieme, con un senso di grande leggerezza.

I pani d'oro della vecchina, di Annamaria Gozzi. Illustrazioni di Violeta Lopiz.

Qualche giorno fa, ero in bicicletta per commissioni, e sono passata di fronte a una scuola elementare al momento dell'uscita dei bambini. Davanti al portone spalancato, una folla di papà, di mamme, di nonni, venuti a prenderli. Dentro al portone, in attesa di scendere i pochi scalini fino all'uscita, la maestra contornata da un nugolo di bambini. Mi hanno colpita quelle faccine serie, piene di attesa e di ansia. Ognuna di loro cercava il volto della persona conosciuta che era venuta per sorriderle e riportarla a casa. I genitori agitavano le mani, per farsi vedere. La maestra faceva uscire un bambino per volta. Ogni bambino le diceva se aveva visto in quel caos il papà, la mamma, il nonno. E solo allora lei gli permetteva di andare. Così il bambino scendeva i pochi gradini, infilava il portone e scompariva fra la folla sul marciapiede. Era una scena commoventissima. In quel momento, guardando quei bambini, ho rivissuto la paura fisica che si prova da piccoli con straziante intensità, di non trovare nessuno ad attenderti. La paura dell'abbandono e della solitudine. Dell'ignoto.

I pani d'oro della vecchina, di Annamaria Gozzi. Illustrazioni di Violeta Lopiz.

E in quell'esatto momento mi è venuta in mente la vecchina di Violeta e di Annamaria. E per la prima volta ho capito davvero il senso della storia. Della vecchina che invita la morte. Che ha il coraggio di parlarle, di farla sedere alla sua tavola. E che ha la grazia, l'umorismo e il rispetto profondo di sé e della vita per lasciarsi avvolgere, alla fine, lealmente, dal suo bianco infinito.
Mi sono detta: nel momento in cui non abbiamo più bisogno di vedere un volto conosciuto che ci attende fuori, oltre il portone, quando ci spoglieremo finalmente di ogni paura, e l'amore non sarà riparo ma pura forza, solo allora forse diventiamo noi fino all'ultimo atomo, pronti a scendere, soli, i pochi gradini che ci separano dal mistero, per scomparire dentro di esso.

Violeta Lopiz, schizzo preparatorio.
E mi è venuta in mente quella frase di Simone Weil sulla morte: “Ho sempre pensato che l’istante della morte sia la norma, lo scopo della vita. Pensavo che, per coloro che vivono come si conviene, sia l’istante in cui per una frazione infinitesimale di tempo penetra nell’anima la verità pura, nuda, certa, eterna. Posso dire di non aver desiderato per me altro bene.” Sapevo di non averlo mai capito, questo pensiero. E, soprattutto, mai accettato: mi sembrava un'enormità. Oggi, grazie a questo libro e a quei bambini fermi sul portone, credo di averne intuito il senso.


Violeta Lopiz, schizzo preparatorio.





Il pensiero della Weil, il gesto della vecchina che scivola nella bocca della morte per spuntare, rinata, sul bianco immacolato della pagina successiva, significano quello che Giuliano Scabia fa dire a Minghìn da Murmrè nel suo Canto del guardare lontano:

Quando credi che il tempo sia finito
comincia il viaggio che nessuno sa:
sulla soglia davanti è l'infinito
e, dietro, quello che ciascuno ha:
ma ora in questa luce rifiorito
dirò la cosa che accadendo sta:
noi viviamo nel tempo addormentati
sempre in attesa d'essere chiamati.


Che fiaba bellissima.

Violeta Lopiz, schizzo preparatorio.