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lunedì 15 aprile 2013

Io sono albero

Ovvero: nomi sugli alberi in difesa di un territorio verde minacciato

[di Ilaria Turba]

Il parco del Paolo Pini si trova nel quartiere Affori a nord di Milano, nelle aree dell’ex ospedale psichiatrico. Qui negli anni si è sviluppato un prezioso e importante laboratorio sociale composto da realtà uniche in città, come gli orti comunitari del Giardino degli Aromi, il bar ristorante Jodok, il teatro cucina, il festival “Da vicino nessuno e normale” gestito  dall’associazione Olinda, e  l’Istituto Pareto, unica scuola di agraria a Milano con aree didattiche nella stessa area (vi suggeriamo di andare ai link per rendervi conto della qualità di quello di cui si sta parlando, n.d.r).

In questo territorio vivono volpi, ricci, conigli, falchi, galline; in estate, è possibile vedere le lucciole volare a centinaia. In quest’area sono state mappate specie rare di piante vagabonde che qui si fermano perché è un territorio ricco di biodiversità, alberi antichi da frutta, erbe aromatiche.
Un piccolo paradiso in città, a pochi passi dalla metropolitana; un piccolo ecosistema 
che in un altro paese meno cieco sarebbe già un parco protetto, da valorizzare come bene comune.

Ma la storia nel nostro paese è sempre un po’ storta e paradossale e tutto questo oggi rischia di venire distrutto.

Immagini del Giardino degli Aromi, Parco ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini.

Proprio accanto al parco del Paolo Pini su 10 ettari circa di terreno, sorgerebbe il “Comparto Litta Modignani”: programma di edificazione voluto dalla Provincia di Milano, pensato su un’area che ha già subito in questi ultimi cinque anni forti speculazioni edilizie. Il paesaggio di quest’area, come in altri quartieri in città, si è riempito di grandi palazzi, spesso progetti ambiziosi, scollegati con le realtà in cui sono inseriti e che in larga parte restano invenduti.
Il verde urbano sembra sempre relegato a decorazione: spugnette verdi inserite con degli stecchini di legno in modellini asettici chiusi negli studi dei progettisti.

Ci si chiede: su quale esigenza vera si basa questo progetto?
Spariti volpi, ricci, alberi e lucciole, cosa ci resterà?

Immagini del Giardino degli Aromi, Parco ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini.

Per difendere questo territorio e dare un’alternativa concreta, si è formato un gruppo di cittadini che si è dato il nome di “seminatori di urbanità”, che in pochissimi mesi ha lanciato una campagna di raccolta firme che a oggi sono più di 12 mila (firmate!, n.d.r.), dopo un primo incontro pubblico, in marzo, con una tavola rotonda, sarà organizzata per domenica 21 aprile una grande festa nell’area dove potrebbe sorgere il parco, dove si svolgeranno varie iniziative

Una di queste è Io sono albero: un’azione collettiva nata dal mio incontro (vivo ad Affori e faccio parte dell’Associazione del Giardino degli Aromi) con Francesca Zoboli, illustratrice da sempre sensibile al tema della natura, (qui i suoi report dal bosco di Topolò e dalle faggete dell'appennino modenese). Durante la giornata del 21 aprile persone di tutte le età potranno dare il proprio nome a più di 1200 alberi del parco, come gesto simbolico in difesa di questo territorio.

Lettere dell’alfabeto dipinte su carta ritagliata saranno a disposizione dei partecipanti che potranno comporre i propri nomi e applicarli (come dei manifesti) ai tronchi delle piante con colle organiche a base di cellulosa (che non appiccica e non macchia!)
































In preparazione di questa giornata di festa in difesa del parco, il 17 aprile, dalle 17 alle 22, negli spazi dell’associazione del Giardino degli Aromi, Francesca e io terremo un open call per illustratori, artisti, attivisti e liberi partecipanti: tutti insieme prepareremo gli alfabeti, realizzati con stencil e dipinti a mano su carta, con cui "firmare" gli alberi il 21 aprile.
Il programma dettagliato della giornata è disponibile qui.

(Le silhouette fotografiche degli uomini e delle donne verdi sono di Ilaria Turba, n.d.r.)


martedì 25 settembre 2012

Apparizioni fra gli alberi

[di Francesca Zoboli]

«Questa estate chi vorrà fare una passeggiata nel bosco di Topolò, potrà incontrare alberi singolari, vestiti di nuove livree cartacee e colorate. Il sentiero che conduce al confine sloveno è popolato da sculture e interventi che nel corso degli anni vari artisti hanno lasciato. Questo intervento però avrà vita breve, anche per non disturbare troppo e sarà piuttosto un apparizione.»

Topolò è un paesino tra le montagne delle valli del Natisone. Il nome del borgo nulla ha a che vedere coi topi, deriva invece dall'albero del pioppo, in sloveno topol. La frase che avete appena letto era riportata nella  presentazione del mio intervento sul programma di Stazione di Topolò 2012, manifestazione internazionale che si svolge ogni anno in luglio e tocca vari campi dell'arte e della comunicazione: filmati, disegno, fotografia, musica, poesia, teatro. Artisti di varie discipline, provenienti da diversi paesi del mondo e impegnati nel campo della ricerca e della sperimentazione, sono ospitati nel borgo di Topolò dove realizzano interventi ispirati a stimoli ricevuti dal luogo stesso.





















In effetti, anch’io ho avuto un’apparizione poco dopo arrivata a Topolò. Si è manifestata la mattina che mi sono recata nel bosco per iniziare il lavoro di incollaggio delle carte sugli alberi. Ma andiamo con ordine.
La sera prima, con Serena, in quell’occasione mia fida assistente, avevo scelto con cura il punto del sentiero in cui avrei realizzato l’installazione: trenta, quaranta minuti a piedi da Topolò, in salita. E già mi sentivo in colpa per costringere gli eventuali aiutanti a quella scarpinata.
Il giorno dopo, una volta arrivata nel bosco, ecco sopraggiungere gli aiuti richiesti: contavo su due tre volonterosi che mi avrebbero dato una mano. Invece, a gruppetti, armate di pennelli, un nugolo di ragazze che risalgono il sentiero: almeno una quindicina!


Senza perdere tempo, cominciamo, disponendo i materiali su una panchina: fogli dipinti, colla, forbici, pennelli. Poi si passa alle spiegazioni e informo le mie assistenti con che logica bisogna procedere. Segue una dimostrazione pratica.



Dopo qualche titubanza, nel giro di poco, ognuna sceglie i suoi pezzi di carta e il suo albero. E si comincia. Si lavora da soli o in coppia. C'è chi incolla in modo acrobatico, chi cura i dettagli, chi preferisce affrontare grandi faggi e chi gruppi di piccoli carpini.



Ferve l’attività, e vedo facce contente, di persone che si stanno divertendo. Quasi tutte si entusiasmano per lo stretto contatto con l’albero che l’operazione esige: una volta incollata la carta (con una colla cellulosica che non appiccica, e sembra piuttosto una crema), bisogna lisciarla e stirarla operando una sorta di massaggio /abbraccio del tronco.

Avevo sottovalutato la capacità di coinvolgimento che poteva avere il mio progetto, ed è stata una scoperta e forse alla fine l’aspetto più gratificante di questa esperienza. Insomma, sono molto contenta anch'io.
Ringrazio quindi Serena, Vida, Elena, Rebecca (la più piccola, 11 anni!), Noemi, Giovanna, Maddalena, e tutte le altre di cui, ahimè, non ricordo il nome…. E naturalmente Pedro, l’unico ragazzo!

In due giorni, gli alberi sono vestiti. E la mattina di domenica, dopo una piacevole camminata di gruppo, l’installazione viene inaugurata con un concerto nel bosco: una bellissima composizione di Fabrizio Fiore per oboe, fagotto, clarinetto.
Che mi ha molto emozionata

Le foto sono di Maria Silvano, reporter del festival, e di Nicola Boccaccini, e non perdetevi il reportage del fantastico Little Bunny.

Di Francesca Zoboli e dei suoi interventi di land art nei boschi su questo blog abbiamo già parlato qui.

mercoledì 14 settembre 2011

Alberi, tronchi, cortecce...


Ecco cosa scrive wikipedia a proposito di Land art:

Tra i più complessi e affascinanti esperimenti artistici ispirati alla natura si annoverano le opere riconducibili alla cosiddetta Land Art. Con la definizione di Land Art, e con quella di Earth Works, vengono indicate quelle operazioni artistiche che, a partire dal 1967-68, in particolare negli Stati Uniti d’America, fra New York e gli spazi sconfinati dell’Ovest americano, sono realizzate da un gruppo di artisti, che si autodefiniscono fanatici della natura, delusi dall’ultima fase del modernismo e desiderosi di sperimentare il potere dell’arte al di fuori dell’ambiente asettico degli spazi espositivi e anche delle aree urbane caratterizzate dalla presenza delle istituzioni, intervenendo direttamente nei territori naturali, negli spazi incontaminati come deserti, laghi salati, praterie, ecc., facendo emergere le contraddizioni dell’epoca contemporanea.

Quest'estate, sull’appennino tosco-emiliano, oltre, come sapete, a cadere dalla bicicletta, ho fatto bellissime passeggiate nei boschi. Uno di questi, una giovane faggeta, ha ospitato una piccolo esperimento di land art di Francesca, mia sorella.

Da alcuni anni, Francesca usa, come materiale prediletto per le sue numerose attività di artista, decoratrice, illustratrice, carte trattate nei modi più diversi e impresse con le tecniche più varie.

Con la carta ha tappezzato, vestito, dipinto, ricoperto, disegnato, modellato, raccontato, spessissimo ispirandosi a texture e pattern vegetali, minerali, animali.

In questo caso, ha utilizzato la carta intervenendo direttamente sugli alberi, confezionando e applicando sui tronchi, con colle organiche, strisce di corteccia cartacea che riprendono disegni, motivi e colori naturali. Il risultato è quello che vedete.

Segni vegetali e pittorici in commistione: da una parte a scompaginare, alterare la regolarità e la ripetitività degli schemi naturali, dall'altra a valorizzare le infinite risorse creative che le produzioni naturali mostrano con costanti invenzioni e variazioni.

L’effetto è interessante. Francesca ci ha indicato il bosco in cui aveva fatto l'intervento, senza dirci, però, il punto esatto dove si trovava.


E, per occhi e attenzione, trovare gli alberi trattati è stato un esercizio coinvolgente. Da lontano i segni umani si confondono, per comparire improvvisamente, nella loro alterità, solo a distanza ravvicinata.

Osservare cosa sia segno umano e cosa segno naturale, in effetti, di per sé, fa riflettere sul modo in cui questi mostrano differenze e affinità, e possono interagire, entrare in relazione, integrarsi, costruire insieme. Ma la cosa più divertente è che dopo un mese, tornati a dare un'occhiata, curiosi di vedere cosa fosse accaduto alle carte, abbiamo trovato segni di passaggio e interesse animale: in alcuni punti alcune carte erano rosicchiate, strappate, leccate. Topi? Caprioli? Pennuti? Chissà...

Sul tema degli alberi Francesca aveva già ragionato e prodotto piccole meraviglie a proposito del nostro libro C’era un ramo.




Libro che è fra i miei preferiti, certamente anche per una ragione sentimentale, perché insieme, da piccole, io e lei sugli alberi abbiamo passato parecchio tempo a fare le selvatiche, in quelle tipiche ere - preistoriche, immaginifiche, romanzesche -, che i bambini abitano con perfetta presenza, senza bisogno di macchine del tempo. A settembre 2012, avremo un prossimo libro di Francesca in cui il suo estro per le carte si dispiegherà trionfalmente, a inaugurare una nuovissima collana.