martedì 19 ottobre 2010

Pinocchio

Sabato 16 ottobre, su TTL, supplemento letterario della “Stampa”, è uscita un'interessante intervista di Giovanni Tesio a Gianni Celati. Fra i tre libri indicati da Celati come fondamentali appariva Pinocchio. Un libro parallelo di Giorgio Manganelli (Adelphi, 2002).

Cogliamo l'occasione per invitare alla lettura di un testo mai sufficientemente ricordato, che chi si occupa di letteratura, e a maggior ragione, di letteratura per ragazzi, non può in alcun modo perdere. “Libro parallelo” quello di Manganelli, generato dall'esercizio di “tenere insieme la dispersa famiglia delle parole”, di “scrutare fra parola e parola”, di rinvenire le parole “clandestine”, “giacché ogni parola è stata scritta in un certo punto per nascondere altre, innumerevoli parole.” Esegesi meravigliosa, commento miracolosamente all'altezza di Pinocchio. Storia di un burattino, racconto perfetto fra i perfetti.
Per darne un breve saggio, abbiamo scelto un brano sul Paese dei Balocchi:

“«La sua popolazione era tutta composta di ragazzi» «fra gli otto e i quattordici anni.» Dunque non è stata costruita da loro, ma per loro predisposta da altro potere. L'età dei ragazzi li colloca nello spazio che va tra la fine della fiducia infantile e la sconfitta della pubertà. In un memorabile catalogo, si descrive la vita di codesti ragazzi: i giochi, gli ingegnosi svaghi, le scritte di vilipendio delle istituzioni scolastiche; qui si raccolgono e si depositano tutti i sogni costruiti dalla delusa mitomania infantile e sul suicida rifiuto di morire dell'adolescente. Le estasi terribili e leggere dei ragazzi sono esplose, e il grande corruttore notturno ha costruito per accoglierli una città. In questa metropoli dell'euforia non c'è gioia; veramente, avevo scritto metropoli, e non so se questa città sia più notevole per il rifiuto di accesso a tutte le madri, o per la loro continua presenza negativa; questa città è affollata di fantasmi di madri. Tutti i giochi dei ragazzi sembrano avere questa caratteristica: di essere solitari («chi gioca alle noci, chi alle piastrelle, chi alla palla, chi andava in velocipede...»); il furore dei giochi non consente dialoghi, non pare vi siano società o bande, e l'unica forma di contemplazione collettiva è il teatrino di tela. Tutti sono amici, ma nessuno si conosce. Dopo la quiete un po' morne dell'isola, il Paese dei Balocchi è la capitale del rumore, del fracasso come letizia sociale: terribile profezia.”

Illustrazione di Attilio Mussino. Tratto da Illuminated Books. Clicca sull'immagine per accedere alla pagina.

1 commento:

costanza ha detto...

grazie per la segnalazione,
costanza.