[di Alessandro Gottardo, aka Shout]
La Known Gallery è gestita da Casey Zoltan, un nome un programma: potrebbe essere un personaggio di Konan il Barbaro, in realtà è davvero gentile e entusiasta.
È esponente della graffiti art e da sempre spinge e promuove questo movimento, amico di tutti i graffitari di Los Angeles e non solo. Cura mostre per il MOCA dove espone lui stesso, e si dà un gran da fare con la sua galleria. Casey e la Known sono legati a doppio filo con la rivista Juxtapoz, molti suoi eventi sono sponsorizzati e recensiti dalla rivista di controcultura artistica.
Quando io e Casey ci siamo incontrati la prima volta, eravamo nel suo studio sopra la galleria. A un certo punto mentre firmavo i cataloghi di Dazed realizzati apposta per la mostra, biascicando un pezzo di pizza americana, mi ha chiesto: “Shout è il tuo nome da graffitaro?” A seguito della mia risposta negativa non gli ci sarà voluto molto a capire che io di graffiti non so nulla.
A quel punto, immagino, avrà pensato che a due ore dall'inaugurazione era troppo tardi per tirarsi indietro
Da italiano sbarcato per la prima volta a West Hollywood, posso dire di aver vissuto cinque intensi giorni dove ho visto molte cose - molto belle - molto sparse - in mezzo a una città molto brutta e molto molta.
Niente underground, se non per un quartierino grande come una capocchia di spillo, niente taxi per le strade, mezzi pochissimi. Per cui a piedi non è cosa. Anche le strade del centro sembrano autostrade, i caffè all'aperto sono autogrill.
In macchina siamo andati al Getty Museum, architettura anni Ottanta, contemporanea anche oggi, dotata di giardino pazzesco. Poi siamo stati sull'osservatorio dove James Dean ha girato una scena di Gioventù bruciata, mentre sulla walk of fame siamo passati in macchina. Scendere non sembrava necessario. Lì pure il bancomat lo fanno dalla macchina.
Mi ha colpito molto Venice Beach con i suoi canali, le casette di marzapane di fronte all'acqua, alcune con un mini porticciolo davanti, tutte con un mini curatissimo giardino e un mini patio: non una uguale all'altra. Fossero usciti dei nani dalle porte, non mi sarebbe sembrato poi tanto strano.
Ho vissuto un anno e mezzo a San Francisco, tra il 2008 e il 2010, per cui di pazzi ne ho visti parecchi, ma nel lungo mare di Venice ne vedi di ogni... dal chitarrista afro rasta sui rollerblade con tanto di casse /backpack, agli spacciatori di marjiuana che te la vendono come “cura omeopatica”, fino agli hipsters che girano in skate trascinati da American Staffordshire come fossero su delle bighe romane.
Dal nostro albergo, il Farmer’s daughters, motel travestito abilmente da hotel, siamo andati a piedi a Beverly Hills, sulla mappa sembrava distante uno sputo, ci abbiamo messo tre ore e mezza solo ad arrivarci.
Marciapiedi dritti e infiniti, tra le ville deserte del quartiere di Bel Air solo ed esclusivamente giardinieri latino americani. I furgoncini parcheggiati con gli attrezzi di fronte alle mega ville dagli stili architettonici assolutamente improbabili scandivano i numeri civici.
Poi nessun essere vivente, come sul set di un film sugli zombi, ma al contrario: di giorno nessun vivente per le strade, solo i giardinieri latinos posseduti, con in mano vuoi la zappa oppure la cesoia.
La cosa migliore del quartiere sicuramente sono i giardini così spettacolari che manco a Versailles... Per cui, viva i giardinieri posseduti.
Shelley Leopold, editor de “LA Weekly”, e curatrice per la Knonw Gallery, mi ha invitato a fare questa mostra un anno fa.
Ci siamo organizzati e ho stampato a tiratura limitata 50 lavori tratti dal mio libro Mono Shout.
Il libro racchiude il meglio di dieci anni da illustratore, spesi tra riviste, magazine, settimanali, news paper, campagne pubblicitarie, studi di design soprattutto americani e inglesi, con poche eccezioni italiane.
LA non ha pregiudizi. Così, infatti, accade che persino un illustratore può esporre in una galleria bella come quella di Casey. Per non farmi mancare nulla, e per cogliere l'occasione al meglio, ho anche realizzato Dazed: otto stampe al torchio create apposta per la mostra con una tecnica molto complessa: calcografica su lastre di zinco poi stampate in acquatinta su fogli di cotone pesante. Nella galleria sono le otto immagini grandi centrali in bianco e nero con aggiunta del rosso.
L’opening è andato molto bene, speravo in qualche vip da mostrare fieramente ai miei genitori e parenti, ma poca roba, tranne Rosie Perez (attrice latina feticcio di Spike Lee) e la figlia di Jim Carrey (sorriso identico). Altro non s’è visto, ma di buono c'è che sono stati acquistati numerosi pezzi cosa mi dicono eccezionale per un opening dove in genere la gente va solo per bere gratis.
Kellesimone Waits, la ragazza che ha esposto nella galleria adiacente la mia, è la figlia di Tom Waits. Lei molto simpatica e carina, forse i suoi disegni sono un po’ deboli, ma fa dei bei dipinti, non in mostra alla Known, però. Considerando che la sua voce ha la stessa tonalità di quella del canarino Titti, credo che dal padre abbia ereditato un altro tipo di talento.
Gary Baseman mi ha fatto l’onore di venire all'inaugurazione sabato scorso e poi, il giorno seguente, mi ha invitato nel suo studio.
Nonostante Baseman mi abbia fatto i complimenti per i miei lavori, non metterei la mano sul fuoco se mi chiedessero se gli sono piaciuti davvero. I miei lavori sono creati più con la testa che con la pancia, i suoi mi pare siano il contrario.
Ma è stato molto gentile e super premuroso. Mi aveva invitato al pranzo pasquale da sua sorella: lui ci andava vestito da coniglio: uno spasso. Sfortunatamente non sono potuto andare, avevo un sacco di amici venuti da San Francisco che dovevo salutare prima di andare via.
Siamo però andati a trovarlo, nel suo studio, a casa. È stato come entrare nella sua testa, come nel film di Spike Jonze Essere Gary Baseman.
Le pareti sono un mosaico dei suoi lavori, i pavimenti un mosaico dei suoi pupazzi, poi colori, dipinti, tele (tra cui quella che sta preparando per la Biennale di Venezia), libri, fumetti, quaderni di schizzi in ogni stanza, e una una marea di cianfrusaglie pescate qui e là dalla cucina alla camera da letto, dallo studio al soggiorno.
C’è giusto lo spazio per mettere i piedi a terra e muoversi da una stanza all'altra.
La sera, Gary ci ha portato in albergo in macchina. Poi, Shelley all’aeroporto.
Sono tornato a Milano, e sette giorni dopo vi scrivo.
La cosa più strana che mi è capitata?
Incontrare la stessa donna super obesa che vestiva una maglia stretch che le cesellava svariati rotoli di ciccia, tre volte in tre posti diversi in tre giorni differenti... ma LA non era estesa come la Lombardia?
Alessandro Gottardo si è diplomato allo IED e, da allora, non ha smesso di correre.
Le sue illustrazioni sono pubblicate sulle più prestigiose riviste internazionali e utilizzate per importanti campagne pubblicitarie. In Italia, su Internazionale e 24. Nella prossima primavera, i Topipittori pubblicheranno il suo primo picture book.
Le foto che corredano il post di Alessandro Gottardo sono di Nicola Boccaccini.
3 commenti:
Che bel post e che bella notizia!
Dopo che (nel 2009) Alessandro ha ricevuto la medaglia d'oro dalla Society of Illustrator americana, finalmente diversi importanti giornali italiani hanno iniziato a scrivere di lui, con allegata la solita (giustissima ma a pensarci bene in fondo un po' ipocrita) giaculatoria: «che peccato che i nostri talenti migliori siano costretti a trovar spazio all'estero»…
Giuro che ho spesso pensato: che bello sarebbe un albo illustrato da Shout! E adesso eccolo qui, «naturalmente» edito da Topipittori: BRAVI!
Per chi ancora non lo conoscesse, una raccolta delle sue bellissime illustrazioni la potete trovare qui:
http://www.dutchuncle.co.uk/illustrators/shout/portfolios/new-work
e anche qui:
http://altpick.com/shout
grazie piero, sono stracuriosa di vedere i lavori di questo fortunato illustratore che riesce a esporre a LA
Illustratore fantastico! Curioso anch'io di vederlo al lavoro su un picture book.
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