lunedì 13 febbraio 2012

Un elefante nascosto nella felpa


S. Bonanni, Style piccoli 2012. Foto Federico Miletto.
Alcuni giorni fa, abbiamo ricevuto questo messaggio da Silvia Bonanni, arcinota illustratrice lombarda, che diceva:

Gentilissimi tutti,
vi segnalo che è in edicola dal 19 gennaio il numero della rivista bimestrale
Style Piccoli del Corriere Della Sera di gennaio/febbraio con un servizio di moda fatto con i miei assemblaggi di animali tutti griffati! Inoltre, oggi, lunedì 16 gennaio il servizio sarà in mostra al Coin di Milano in piazza 5 giornate dalle 17.30 alle 20, per poi essere esposto a Firenze durante la fiera Pitti Bimbo.

S. Bonanni, Style piccoli 2012. Foto Federico Miletto.
Il messaggio ci è parso
S. Bonanni, Style piccoli 2012. Foto Federico Miletto.
interessante: una tecnica di illustrazione passa dall'albo per bambini a un servizio fotografico di moda per poi diventare una mostra in un grande magazzino e infine essere ospitata in uno dei luoghi storici della moda italiana. Gli animali di Silvia, forse proprio grazie alla natura metamorfica che li contraddistingue, - quel loro prendere e perdere forma così rapidamente, grazie a piccoli gesti -, sono in grado di saltare steccati e confini e passare da un ambito all'altro senza difficoltà e stonature.
Così ci è venuta la curiosità di chiedere a Silvia, che conosciamo bene, anche perché condividiamo il medesimo gruppo milanese di lettura, qualcosa di questo lavoro. Perché riflettere sulle potenzialità dei linguaggi dell'illustrazione, e dei campi professionali in cui possono essere applicati con successo, a nostro avviso è importante. Silvia con grande disponibilità ha accettato di rispondere alle nostre domande.

Quando e come hai cominciato a sperimentare questa tecnica che chiami 'assemblaggio'?

Tutto è iniziato con un oroscopo, era il 2005 e io stavo cercando un modo originale di illustrare lo Zodiaco per propormi ad alcune riviste di moda. Per fortuna all'art director di Elle piacquero i miei nuovi assemblaggi fotografici. Qualche tempo dopo, Einaudi ragazzi mi chiese se avessi un mio progetto editoriale per bambini sugli animali e io proposi quello che poi divenne Zoo di cose, uscito nel 2008. Quando, nel 2010, Coccinelle mi affidò una commissione, non ebbi dubbi sullo stile da adottare e feci Zoo of Socks: quattro borse di velluto materiche con animali, realizzati con bottoni, cerniere, toppe e calze. Fino ad arrivare a poche settimane fa, quando, per Style piccoli, ho trasformato abiti e accessori in animali colorati.

Il servizio per Style piccoli in mostra al Coin di Milano.

In cosa consiste questa tecnica e per quale ragione ti piace?
Si tratta di assemblare provvisoriamente oggetti o capi di abbigliamento a cui do la forma di animali che poi faccio fotografare. Mi diverte giocare con la fantasia, dando nuova vita alle cose: un modo per guardare la realtà da un'altra prospettiva, provando anche a sensibilizzare chi guarda sui temi del riciclo. Ormai mi viene naturale guardare le cose con occhi diversi, vedo elefanti nascosti in felpe sportive o eleganti cigni in abiti di pizzo.

Silvia Bonanni, Zodiaco per Elle, 2005.

Ti sei ispirata a qualche esempio di artista o illustratore?
La mia ispirazione si richiama ai grandi artisti del Novecento, dal Duchamp dei ready made alle sculture di Picasso. Pensando all'Italia, non posso non citare Bruno Munari ed Enrico Baj: due punti di riferimento imprescindibili.


Silvia Bonanni, Zoo of Socks per Coccinelle, 2010.

Quando hai pensato di poter far sconfinare questa tecnica dalle pagine dei libri verso altri spazi e con altre funzioni?
In realtà non ho mai pensato davvero in questi termini. Mi vengono idee e dalle idee nascono i progetti, che all'inizio non so se potranno diventare immagini per libri, giocattoli, accessori di moda o chissà cos'altro. Il mio lavoro - se mi ci fai pensare - si muove sempre ai limiti tra una disciplina e un'altra; mi piace dare fiato alle idee, cercando una mia personale sintesi espressiva.

Hai cercato di sondare nuovi terreni di tua iniziativa o ti è stata fatta una richiesta precisa da parte di un committente?
Diciamo che sono strade che si incontrano.

In cosa è diverso illustrare per un albo illustrato e illustrare per un servizio fotografico?
La differenza principale sta in chi guarda, nel pubblico di riferimento. Una rivista femminile o di moda deve attirare l'attenzione su un prodotto, nell'albo illustrato l'intento è quello di stimolare la fantasia del bambino.




Silvia Bonanni, Zoo di cose, Einaudi, 2008. Foto di Ivan Serafino.

Qual è il compito dell'immagine nell'uno e nell'altro caso?
L'immagine illustra e racconta, e questo resta - almeno a mio avviso - il suo compito principale in entrambi i casi. Certo le storie raccontate per immagini nei due casi sono diverse: da un lato prodotti griffati, dall'altro filastrocche o storie per bambini.


Silvia Bonanni, Zoo di cose, Einaudi, 2008. Foto di Ivan Serafino.

In che modo hai realizzato gli assemblaggi per il servizio fotografico? Com'è il rapporto con il fotografo?
In un primo momento si scelgono - nel mio caso negli showroom dei marchi selezionati dalla rivista - i diversi capi. Scelti i materiali in base alle forme e ai colori, si passa alla fase creativa: quali animali fare, quali inquadrature, quale distribuzione delle figure nelle pagine.
Infine, nello studio fotografico, si riassemblano le scene, ricomponendo le pagine e spiegando al fotografo quali inquadrature si vogliono realizzare. Il fotografo, come ovvio, è fondamentale, sia per il contributo tecnico, sia per i consigli che può dare in corso di realizzazione del lavoro. L'immagine fotografica è la sintesi finale di un percorso a quattro mani: io animo i personaggi che il fotografo ferma in uno scatto.



Silvia Bonanni, laboratorio-spettacolo da Zoo di cose, Minimondi. Foto di Luca Ianelli

Questa esperienza ti ha insegnato qualcosa di nuovo sugli assemblaggi che potrebbe servirti anche per la tua attività di illustratrice?
Si tratta, senza dubbio, di una esperienza arricchente. Lavorare su più fronti è sempre uno stimolo.

Giocare coi vestiti e con le cose, creando altro con le loro forme, è un modalità creativa spontanea dei bambini. Hai mai fatto attività laboratoriali rivolte a loro con la tecnica dell'assemblaggio?

Sì, lo faccio da molti anni. In scuole e biblioteche propongo un laboratorio che si ispira direttamente al mio libro Zoo di cose. Per fiere e mostre del libro ho anche ideato uno spettacolo di mimo, dedicato ai bambini della fascia prescolare.



Silvia Bonanni, laboratorio da Zoo di cose, Castelfranco Veneto. Foto di Elia Zardo.
 In che modo a tuo avviso un illustratore di albi può allargare il raggio d'azione dei suoi linguaggi e delle sue tecniche ad attività diverse? Tu come ti sei promossa? È stato un obiettivo difficile da ottenere?
Ciascuno deve compiere il suo percorso, seguendo il filo rosso della propria vena creativa. Promuovere il proprio lavoro non è facile; io ho bussato a tante porte, cercando di aprirmi diverse strade. Ora, per esempio, sto lavorando a nuovi progetti e penso a morbide sculture di calze o a brevi video in stop motion. Quanto ai traguardi, sono sempre difficili da raggiungere, anche se bisogna avere fiducia in se stessi e non demordere mai: come si legge in un mio collage per il libro Che cosa ci vuole, credo ancora che "Chi semina raccoglie".

Gianni Rodari, Silvia Bonanni, Che cosa ci vuole, Emme, 2006.

2 commenti:

marilina ricciardi - illustratrice ha detto...

silvia è un genio!!! ed io vi ringrazio per questo bellissimo articolo!!! :)

Enrico Cristofaro ha detto...

La mia stima per Silvia è immutata, ho sempre pensato di quanto fosse un personaggio surreale e quando un personaggio così entra nella vita degli altri, nasce una storia fantastica, una relazione irripetibile. Grazie Silvia per la tua esistenzialità.