In un paese emiliano, lo scorso sabato, fra la folla del mercato, c'era un ragazzo che suonava Bella ciao con la fisarmonica. Era zingaro e nella accogliente e rossa Emilia, la gente gli passava accanto evitandolo o facendo come fosse invisibile. Era una giornata di sole, col cielo di smalto spazzato da un vento fortissimo che faceva volare tutto. Quelle note nell'aria hanno fatto brillare ancora di più la neonata luce di primavera. Bella ciao mi fa sempre questo effetto, quando la sento: uno stranguglione pazzesco di allegria, nostalgia, commozione. Bastano due note, anche suonate male, sgangherate. Invece il ragazzo le suonava bene, è l'ho ringraziato con una moneta. La prima volta che ho ascoltato Bella ciao è stato alle elementari, su un pullman in una gita scolastica. Non sapevo cosa fosse o volesse dire, ma mi sembrò la canzone più bella e più triste che avessi mai sentito. Lo penso ancora.
Il 25 aprile mio padre metteva la bandiera alla finestra. Era un gesto semplice, che ci faceva capire che quello non era un giorno come tutti gli altri. Se alla finestra di casa sventola una cosa che di solito si vede solo sui palazzi o nei libri di principi e cavalieri, quel giorno diventa subito importante per un bambino.
A volte ci dimentichiamo che prima dei libri possono venire i gesti: semplici, chiari, diretti, silenziosi, a dire le cose più importanti.
Questo 25 aprile è dedicato a mio padre e al ragazzo con la fisarmonica.
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