[di Valentina Colombo]
Correre mi piace, ma non è sempre stato così.
Ho iniziato nel 2008, come no, perché avevo "problemi di cuore" (è la banale verità). Da un giorno all'altro ho inforcato le scarpe e, per sfuggire a tutto il mio malumore, ho cominciato a macinare chilometri, prima su un tappeto in palestra, poi sull'asfalto o dove capitava.
Correre a perdifiato è una delle cose più liberatorie che conosca. Le sensazioni variano a seconda dei momenti. Corro verso qualcosa o qualcuno, o corro lontano da qualcosa o da qualcuno. A volte corro verso di me, altre mi allontano da me.
Quando corro all'aperto, immancabilmente accade che incrocio uno o più bambini intenti a giocare. Immancabilmente uno o più di loro mi guarda, o come se fossi matta, o con un musino furbetto. Glielo leggo in faccia quando deve accadere.
Si alzano, scattano come molle, e cominciano a correre anche loro. Corrono finché possono, finché i genitori non li richiamano, finché sono stanchi, finché cadono. Ma corrono veloci, pestando i piedi come paperotti, i più piccoli, strusciandoli, quando sono un po' grandini, penzolando un po' con la testona a destra e a sinistra.
E immancabilmente, ridono. Ridono con una risata contagiosa, con la risata del gioco istintivo e fine a se stesso, ridono correndo senza meta e senza perché, solo per il vento in faccia, o per l'emozione di andare veloce, o per correre tutti insieme.
Quella risata è una delle cose più belle che ci siano. Libera, e liberatoria. Primitiva e piena di vita. Ecco, questo libro di Haery Lee parla di questo. Un semplice inno alla vita e al gioco. Senza fronzoli, parole o retorica. Si corre, veloci, fino a perdere il fiato, cadere, quasi rotolando, perdendosi e ritrovandosi.
Basta che qualcuno dia il via. E la noia sparisce. E arriva il turbine. E via, tutti a correre velocissimi.
A volte, al parco, basta che inizino a correre in due, ed ecco che cinque, sei, sette bimbi si aggregano. E amicizia è fatta. Come accade al tirannosauro qui.
Fermi tutti! Si inciampa, si cade, ci si ferma, uno sopra l'altro, si rotola per terra, si rallenta. Non importa come. Ma alla fine, ecco tutti all'arrivo a riprendere fiato. La noia è spezzata, il vento si è fermato, il turbine non gira più. Lo rifacciamo?
Correre mi piace, ma non è sempre stato così.
Ho iniziato nel 2008, come no, perché avevo "problemi di cuore" (è la banale verità). Da un giorno all'altro ho inforcato le scarpe e, per sfuggire a tutto il mio malumore, ho cominciato a macinare chilometri, prima su un tappeto in palestra, poi sull'asfalto o dove capitava.
Correre a perdifiato è una delle cose più liberatorie che conosca. Le sensazioni variano a seconda dei momenti. Corro verso qualcosa o qualcuno, o corro lontano da qualcosa o da qualcuno. A volte corro verso di me, altre mi allontano da me.
Quando corro all'aperto, immancabilmente accade che incrocio uno o più bambini intenti a giocare. Immancabilmente uno o più di loro mi guarda, o come se fossi matta, o con un musino furbetto. Glielo leggo in faccia quando deve accadere.
Il campione mondiale Usain Bolt viene "battuto" da un bambino |
Si alzano, scattano come molle, e cominciano a correre anche loro. Corrono finché possono, finché i genitori non li richiamano, finché sono stanchi, finché cadono. Ma corrono veloci, pestando i piedi come paperotti, i più piccoli, strusciandoli, quando sono un po' grandini, penzolando un po' con la testona a destra e a sinistra.
E immancabilmente, ridono. Ridono con una risata contagiosa, con la risata del gioco istintivo e fine a se stesso, ridono correndo senza meta e senza perché, solo per il vento in faccia, o per l'emozione di andare veloce, o per correre tutti insieme.
Haery Lee, La corsa (traduzione della redazione), Borim Press, 2009 |
Quella risata è una delle cose più belle che ci siano. Libera, e liberatoria. Primitiva e piena di vita. Ecco, questo libro di Haery Lee parla di questo. Un semplice inno alla vita e al gioco. Senza fronzoli, parole o retorica. Si corre, veloci, fino a perdere il fiato, cadere, quasi rotolando, perdendosi e ritrovandosi.
Basta che qualcuno dia il via. E la noia sparisce. E arriva il turbine. E via, tutti a correre velocissimi.
A volte, al parco, basta che inizino a correre in due, ed ecco che cinque, sei, sette bimbi si aggregano. E amicizia è fatta. Come accade al tirannosauro qui.
Eccoli gridare, ridere, muovere le braccia in aria e intorno come a volare, andare velocissimi o urlare -Aspettatemi!-.
Chi per caso viene sfiorato dal gruppo in corsa ha la sensazione di una folata di vento.
3 commenti:
Mi sono commossa!
che bello!
grazie...
Sono contenta che vi sia piaciuto. Io naturalmente stasera una corsetta me la faccio.
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