mercoledì 26 settembre 2012

Il libro dei sogni

Qualche settimana fa, a un anno dalla scomparsa, è uscito in libreria Walter Bonatti. Una vita libera, curato da Rossana Podestà, per i tipi di Rizzoli. A parte la mia passione per l'alpinismo, la ragione per parlare in questo blog di questo libro è evidente fin dalle prime pagine. Infatti, alla radice della passione di Walter Bonatti per la montagna e per l'esplorazione - una passione che l'ha portato a diventare il più grande alpinista della sua epoca, un viaggiatore instancabile e un fotografo straordinario - c'è un sogno.

Scrive Rossana Podestà, sua compagna per più di trent'anni, che Walter bambino, mandato a vivere dalla nonna a San Pietro al Cerro, vicino alle rive del Po, «[s]empre però torna al grande fiume a immaginare nuove avventure, sogna di attraversare mari in tempesta mentre nuota veloce nella sua corrente, trovarsi sull'altra sponda era la meta suprema e il Po docile si fa amico di questo ragazzino solo.»

Walter Bonatti nel '55, all'attacco del Petit Dru.
Solo, sì. Ma sempre accompagnato dai libri, che gli raccontano i luoghi dell'avventura alla quale agognava e gli indicano la strada. «Tutti noi, a una certa età,» scrive Bonatti, «sogniamo su ciò che leggiamo. Verso i 15 anni mi sono immedesimato nei racconti di Jack London, di James Oliver Curwood, di Herman Melville. Su quei libri facevo spesso annotazioni a matita, perché già allora mi creavo dei punti fermi di interesse. E il Po, sulle cui rive vivevo diventava per ma allora il Mississippi, o il Rio delle Amazzoni.»

«Il mio gran desiderio, fin dall'inizio, è stato di poter vedere quel che stavo leggendo, e così questi sogni io li ho ravvivati facendone il motivo dei miei viaggi. In tutti questi viaggi sono dunque andato a inseguire i miei sogni; a volte me li reinventavo, e dopo averli dovutamente studiati me li appuntavo poi su una mappa. Alcuni di questi libri mi accompagnarono nei miei viaggi: Hemingway nelle savane africane, e Jack London nel Grande Nord [...]»

«Come la montagna, anche questo diventò un mio modo di essere: in montagna prima, e anche dopo, in giro per il mondo, io mi misuravo con le difficoltà sulle tracce di London, di Curwood, di Melville, ma in fondo per misurarmi, per sapere chi ero. Alla scoperta di me stesso. Si può dire che per tutta la vita ho solo cercato di realizzare i miei sogni di bambino.»

La copia di "Radiosa Aurora" di Jack London, con gli appunti di Bonatti.
Nel libro si trovano immagini meravigliose di luoghi straordinari, spesso ancora oggi esotici e irraggiungibili (e non solo perché è difficile potersi permettere la spesa del viaggio). Ma per me le immagini più commoventi sono quelle dei libri che Walter ha conservato, con le sue diligenti note a matita, in una calligrafia precisa, quasi compunta, che mostra la determinazione di chi sa già che quelle letture saranno un caposaldo della vita.

Le note di Bonatti sulla sua copia di "Taipi" di Herman Melville.
 Walter Bonatti ha compiuto imprese straordinarie. Cose che ancora oggi, a cinquanta o sessant'anni di distanza, e nonostante i progressi delle tecniche e dei materiali, sono riservate a un'élite ristrettissima di alpinisti e viaggiatori. In questo non è stato l'unico. Probabilmente avrebbe dimostrato il suo talento anche se non avesse mai letto un libro in vita sua. Ma mi piace pensare - e le sue parole sembrano confermarlo - che sia stata proprio la consuetudine con i grandi classici della letteratura d'avventura a ispirargli quel guizzo di fantasia e di immaginazione che gli hanno permesso, ancor prima e ancor più di farlo, di pensare l'impossibile.

2 commenti:

Anna ha detto...

Commovente.
Io penso che i libri non siano libri. I libri sono persone. Sono la voce di persone che hanno avuto il coraggio di guardarsi più a fondo, di immaginare più alto. E a quanto pare, sono persone con cui si può stringere un'amicizia che dura una vita.

Marcella Brancaforte ha detto...

bellissimo.