giovedì 10 gennaio 2013

I regni dell'immagine/8. Animula vagula blandula

Kariye Camii, Turchia, Istanbul. Cartolina, ca 1890-1900.

Durante le vacanze di Natale, a Istanbul ho visitato la chiesa di San Salvatore in Chora, in turco Kariye Camii o Kariye Kilisesi, edificata nel V secolo, che si trova nel quartiere di Edirnekapı, distretto di Fatih. Si tratta di una architettura bizantina fra le più importanti, che contiene un ciclo di affreschi e di mosaici fra i più celebri e significativi, realizzati su ordine del logoteta (sorta di cancelliere o ministro del Tesoro) Teodoro Metochite fra il 1315 e il 1321.

San Basilio, San Gregorio il Teologo, San Cirillo di Alessandria. Affresco, Chora Museum.

La ricchezza visiva e simbolica di queste immagini è straordinaria, e su di esse esiste, infatti, una bibliografia sterminata. Se ne parlo, è per descrivere un'esperienza di lettura di immagini a cui ha dato luogo il semplice contatto visivo con una materia a me praticamente sconosciuta qual è l'iconografia sacra bizantina che differisce da quella cattolica a cui per cultura sono più abituata. A parte lo splendore indicibile (basti guardare solo l'elegante sfilata di santi, qui sopra), quel che quasi subito mi ha colpito in queste raffigurazioni che hanno come soggetto Cristo, la Vergine e le storie a loro legate, è stata la numerosa presenza di bambini e infanti.

Angelo che intercede per un anima. Affresco, Chora Museum.
Per esempio, il ragazzino nudo, in piedi, in un pennacchio del parekklesion (cappella laterale rispetto al corpo centrale della chiesa), il cui capo è sfiorato dal tocco della mano destra di un grande angelo alle sue spalle. Secondo l'interpretazione che ho trovato, si tratta del gesto angelico di protezione verso un'anima. Ed è stato ipotizzato che si tratti dell'arcangelo Michele che intercede per l'anima di Teodoro Metochite, committente di queste immagini. Ora se si raffrontano il mosaico e l'affresco che rappresentano questo personaggio, ci si rende subito conto quanto le immagini differiscano. Il mosaico racconta del personaggio la magnificenza, la potenza, l'importanza politica e l'appartenenza sociale, l'affresco mira alla sua essenza, dove tutto ciò che ha caratterizzato l'adulto scompare, per lasciar campo a un'immagine di fragilità, ma anche di assoluta integrità, che coincide con quella di un bambino.

Teodoro Metochite offre la chiesa di San Salvatore a Cristo. Mosaico, Chora Museum.

Altri bambini si incontrano nella rappresentazione di Lazzaro, raffigurato in due scene diverse: la prima corrisponde al miracolo della resurrezione, secondo l'iconografia nota. Nella seconda, invece, Lazzaro non è più l'uomo adulto che si osserva nella scena precedente, ma appare bambino, dopo la propria morte, seduto sulle ginocchia e fra le braccia di Abramo, che lo reggono in una figurazione simile a quella di Cristo in grembo alla Vergine. Quel che si vede, è, dunque, la sua anima rinata alla vita eterna. La folla di bambini alle spalle delle due figure in primo piano corrisponde alla schiera delle anime che si raccolgono nel grembo del patriarca, come è detto nel Vangelo di Luca (16,19-31).

Lazzaro seduto in grambo ad Abramo. Affresco, Chora Museum.

Anche nei mosaici della chiesa sono rappresentate diverse nascite: quella di Cristo, ma anche quella della Vergine, e in quanto madre appare anche Elisabetta in fuga dalla strage degli innocenti con il figlio Giovanni Battista, in fasce.

Natività. Mosaico, Chora Museum.
Nascita della Vergine. Mosaico, Chora Museum.
Santa Elisabetta in fuga. Mosaico, Chora Museum.

Ma scene di nascita, o meglio rinascita sono, senza contraddizione, anche quelle di morte, come la Dormizione della Vergine, o Koimesis, cioè il momento della morte di Maria raccontato nei Vangeli apocrifi (nella liturgia bizantina all'episodio corrisponde la festa mariana più importante). Qui, Cristo, in posizione verticale, e la Vergine addormentata sul letto funebre, orizzontalmente, compongono la lettera Tau rovesciata, simbolo sia di salvezza sia di compimento della parola rivelata. Cristo regge un neonato in fasce: l'anima di Maria, in una evidente inversione di ruoli. Un'immagine straordinaria, la cui forza credo possa essere legata al significato simbolico, così profondo anche solo dal punto di vista psicologico, del figlio che rimette al mondo la madre dopo essere stato da lei messo al mondo (Maria, “figlia del proprio Figlio”, scrive Dante).

Dormizione della Vergine. Mosaico, Chora Museum.

Nella chiesa la Vergine è rappresentata in un mosaico anche secondo l'iconografia detta della Madonna del Segno o Blachernitissa, con il Figlio inscritto in un cerchio luminoso al centro del busto e con le mani alzate, oranti. La scritta che la accompagna è “Maria dimora dell'incontenibile” (nel Libro della Genesi, Giacobbe dice di Maria: "Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo", Gn 28, 17).

Madonna del Segno. Mosaico, Chora Museum.
Una definizione che non avevo mai letto finora e che, personalmente, trovo illuminante per la profondità psicologica che sottende, accennando a un principio che informa di sé l'uomo e nel contempo lo trascende e gli sfugge, condizione che rappresenta la difficile, misteriosa e, a quanto sappiamo a oggi, unica posizione dell'essere umano nel cosmo.

Tutta l’iconografia di questa chiesa allude alla resurrezione e alla vita eterna. Dunque, qui, come altrove, si poneva il problema non da poco di come rappresentare la parte spirituale dell'uomo, che per i Padri della Chiesa è indipendente dal corpo. È interessante notare che se anima e corpo sono due sostanze separate accidentalmente unite, in queste immagini la soluzione iconografica assunta per raffigurare il momento in cui, con la morte, l'anima si stacca dal corpo per raggiungere il Cielo, è quella dell'infante, che paradossalmente rappresenta il momento di massima integrità fra corpo e anima. Una contraddizione solo apparente se si pensa che con la resurrezione dei morti anima e corpo si sarebbero ritrovate in perfetta ed eterna unità: dunque in una sorta di integrità dell'essere piena e ritrovata. Perciò si può dire che visivamente il problema della rappresentazione della separazione fra materia e spirito e nel contempo della sua ritrovata unità, qui trova concreta soluzione nell'immagine del bambino. Una soluzione che apre, mi sembra, a riflessioni molto interessanti

Ba, Papiro di Ani, XIX Dinastia, Tebe, circa 1250 a C.
British Museum Papyrus BM 10470.
La corrispondenza fra l'anima e il fanciullo o il neonato venne agli artisti bizantini dai Greci e dagli Egizi i quali raffigurarono la parte spirituale dell'uomo sotto forma di minuscolo essere alato, uccello o creatura volante che si libra sui morenti in raffigurazioni di battaglie o intorno alla barca di Caronte o nelle psicostasie (l'atto di pesare sulla bilancia l'anima del defunto).


Anima che esce dal corpo. Ballerup. c.1240.
The Mills-Kronborg Collection of Danish Church Wall Paintings.

Talvolta, nella concezione greca, la rappresentazione delle anime dei defunti va a coincidere con quella dei demoni, come le Keres, malvagie anime femminili. La corrispondenza fra fanciullo, genio, daimon, ed essenza, anima che abita l'uomo, nella cultura classica, del resto è il punto da cui prendono avvio alcuni celebri saggi, come Puer Aeternus e Il codice dell'anima, in cui lo psicoanalista junghiano James Hillman sviluppa il suo pensiero su infanzia, individuazione e destino.

Dall'iconografia bizantina l'anima raffigurata come infante nudo o in fasce, a volte in atto di uscire dalla bocca del morente, passò poi al Medioevo che rappresentò l'anima dei santi come un bimbo appena nato, puro e senza malizia (animula).
E qui mi fermo. Quando ho visto l'immagine dell'angelo che sfiora il capo del fanciullo, nella Chora di Istanbul ho pensato immediatamente a quella struggente poesia scritta dall'imperatore Adriano poco prima della morte: Animula vagula blandula.

Piccola anima smarrita e soave,

Compagna e ospite del corpo,

ora t'appresti a ascendere in luoghi

incolori, ardui e spogli,

ove non avrai più gli svaghi consueti.

Un istante ancora

Guardiamo insieme le rive familiari, 

le cose che certamente non rivedremo mai più…

Cerchiamo di entrare nella morte ad occhi aperti…
(traduzione di Lidia Storoni Mazzolani)

Ecco, questo, credo, può significare a volte sperimentare il senso più risposto di una visione grazie ai nessi che stringono fra loro le immagini a cui il nostro sguardo ci dà accesso e le parole che ci abitano.

3 commenti:

Ila ha detto...

L'iconografia e l'arte bizantina hanno un fascino silenzioso e profondo...
Ricordo i mesi di studio su queste tematiche, me ne innamorai.
Se ritrovo i testi (ne avevo di interessanti) vi informo...
Un bel post, grazie!

Ila

Topipittori ha detto...

Grazie davvero, Ilaria. Sì, ci interesserebbe approfondire e condividere. Un saluto

Ila ha detto...

Scavando (letteralmente) a 4 mani tra i libri di casa, ho ritrovato due dei testi che ricordavo.

"Visioni dipinte - immagini della contemplazione negli affreschi di Bawit", di Antonio Iacobini, ed. Viella (ISBN 978-8883340161)
E' un bel testo monografico sul ritrovamento e studio di un piccolo e meraviglioso monumento bizantino, affrescato, nelle sabbie dell'Egitto!

"Storia dell'arte cristiana", di Jan van Laarhoven, ed. Bruno Mondadori (ISBN 978-8842493693)
Affronta le principali tematiche dell'iconografia cristiana dall'epoca pre-editto di Costantino al 1800 inoltrato.

"Architettura bizantina", di Cyril Mango, ed.Electa (ISBN 978-8843569984)
Librone tosto (ma interessante per chi ama l'architettura) sull'evoluzione architettonica e spaziale delle costruzioni bizantine (questo purtroppo non l'ho più...)

Se ne scovo altri, aggiungo. :)

Ila