lunedì 28 luglio 2014

La felicità di piantare alberi

Tavola di Frédéric Back per L'uomo che piantava gli alberi.
Oggi 28 luglio, giorno in cui, cento anni fa, l'Impero austro-ungarico dichiarò guerra al Regno di Serbia, si ricorda l'inizio della prima guerra mondiale: 50 milioni di morti, senza valutare le conseguenze catastrofiche: 50 mila persone morte di fame nella sola Germania, le basi gettate per il secondo conflitto mondiale, con la tremenda crisi economica, la nascita dei nazionalismi e dei regimi totalitari. Oggi, vogliamo ricordare questo evento così, con due storie gemelle, una solo immaginata, l'altra accaduta davvero. Ci sono venute in mente si può dire per caso, perché nelle ultime settimane entrambi questi filmati hanno circolato in rete, in mezzo a quelli delle immagini dei bombardamenti di Gaza, e l'accostamento ci ha fatto pensare.

Nel 1987, Frédéric Back ha realizzato L'uomo che piantava gli alberi, bellissima animazione, vincitrice di un Premio Oscar come miglior cortometraggio d'animazione, dal racconto omonimo di Jean Giono, nella versione italiana letto da Toni Servillo (in quella francese da Phlippe Noiret). Protagonista del racconto, il pastore Elzéard Bouffier che, da solo, con pazienza, e mentre in Europa infuriano guerre devastanti, riesce a compiere una impresa incredibile: riportare alla vita un territorio malato e inaridito, disertato dalla vita.

Quercia, schizzo di di Frédéric Back, 1942.

Qualche giorno fa, in rete girava il documentario Forest Man, dedicato a un uomo di nazionalità indiana protagonista di una vicenda identica a quella narrata da Giono. Ma se Elzéard Bouffier, protagonista di Giono, è una creatura immaginaria, Jadav Molai Payeng è un uomo in carne e ossa che ha compiuto davvero quello che accade nella storia di Giono e di Back.

Nel 1979, dopo che alcune violente inondazioni devastarono l'isola di Majuli nel fiume Brahmaputra, nella regione indiana dell'Assam, Jadav Molai Payeng cominciò a piantare alberi per cercare di rimediare all'ecatombe di uomini, piante e animali. In trent'anni, ha seminato 1360 acri di quella che oggi è chiamata Molai Forest, popolata da una fauna ricchissima, dichiarata parco nazionale e nominata dall'Unesco patrimonio dell'umanità.

Jadav Molai Payeng.

Nel suo romanzo, Giono insiste sulla solitudine e la felicità che nascono dal gesto di Elzéard; nel documentario realizzato nel 2013 dal regista William Douglas McMaster, Molai afferma di avere rinunciato a tutto e di essere l'uomo più felice della terra.

Scrive Giono nel suo racconto: "Se si teneva a mente che era tutto scaturito dalle mani e dall'anima di quell'uomo, senza mezzi tecnici, si comprendeva come gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi oltre alla distruzione."

In questo mese, in cui davvero in ogni momento della giornata ci si è chiesti quale follia distruttiva domini la mente umana, questa riflessione di Giono va tenuta bene a mente, soprattutto riflettendo su ciò che Jadav Molai Payeng, isolato e con le sue sole forze, ha fatto.
Anche questo può essere un modo di parlare di guerra e di di pace, con bambini e ragazzi.

Vi proponiamo in visione entrambe le storie.





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