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lunedì 8 giugno 2015

Alle radici dell'albo /3: Fogli di intricata bellezza

Come parrebbero dimostrare i ritratti che le hanno tributato Pietro Paolo Rubens, Frans Porbus, Scipione Pulzone e un anonimo pittore fiammingo (cliccando sul nome dell'artista accedete alle immagini dei ritratti), Maria de' Medici, oltre a passare il tempo a fare figli con un marito che non amava e a farsi i dispetti con il Cardinale Richelieu, era particolarmente appassionata di pizzi.

La cosa non ci dovrebbe stupire, data la moda del tempo, e non ci dovrebbe neppure riguardare, non fosse che per un libretto minuscolo (13 x 10 centimetri circa) conservato presso The Walters Art Museum di Baltimora, contro il quale ho sbattuto il mio musetto di topo di biblioteca virtuale.


Vediamo di cosa si tratta: un libro di preghiere realizzato nelle Fiandre nel secondo quarto del Diciassettesimo secolo per l'esule Maria de' Medici, moglie di Enrico IV e madre di Luigi XIII. Fin qui non sarebbe nulla di strano, se non fosse che le pagine raccolgono ritagli di manoscritti rinascimentali, applicati su fogli in pergamena cesellati a simulare i pizzi. Avete presente i santini degli anni Quaranta e Cinquanta, con la loro bella cornice a merletto? Beh, così. Ma invece che fustellati, i fogli di pergamena sono stati tagliati a mano con una perizia che ha dell'incredibile.



Un'iscrizione al frontespizio dice che il manoscritto è appartenuto alla Duchesse de Berry (alias Carolina di Borbone - Due Sicilie), che allo Chateau de Rosny aveva raccolto una preziosa collezione di importanti manoscritti e libri di provenienza illustre, dispersa in un'asta nel 1864. Ma neppure nel catalogo dell'asta ho trovato notizie (o sono un pessimo lettore o quel manoscritto aveva preso un'altra strada).



Notizie: poche. Scheda bibliografica: non ancora pronta. Ricerca online: infruttuosa.
La frustrazione di trovare qualcosa e non sapere cos'è, perché, com'è. Ci si perde il sonno.
Così, ho deciso.
Mi metto l'anima in pace e mi godo la bellezza.
Alla sapienza ci penseremo poi.



Intanto possiamo pensare anche a come questo modo di illustrare e di decorare i libri si sia travasato nella produzione moderna di libri d'artista e di albi illustrati, da Clementina Mingozzi, a Su Blackwell, ad Antoine Guilloppé. Di quest'ultimo hanno fatto un certo rumore i libri pubblicati da Gautier Languereau in Francia (uno solo in Italia da Ippocampo), che hanno sfruttato il basso costo della manodopera asiatica e tecnologie laser per l'allestimento di fustelle molto complesse per ottenere risultati abbastanza sorprendenti, come mostra questo filmato.



Post scriptum: il "libro dei pizzi" di Maria de' Medici non è il tipo di libro che, se ti siedi sulla riva del fiume, prima o poi lo vedi passare a due euro e cinquanta. Però potete vederlo gratis. Qui 

lunedì 11 maggio 2015

Alle radici dell'albo / 2: Imparare dalla meraviglia


I libri per bambini sono «i residui di un mondo di sogno». Così, almeno, affermava Walter Benjamin, che ne era anche un avido collezionista. Lo interessavano particolarmente gli ABC, gli alfabetieri, gli abbecedari. Si dice che, nelle pagine dei libri per ragazzi, Benjamin trovasse modo di immergersi in un'infanzia perduta: un mondo incontaminato, ancora lontano della regole vincolanti della funzionalità e dell'utilità. 



Questa interpretazione, mi lascia qualche perplessità. Infatti, non c'è niente di più funzionale e utilitaristico dell'ABC. Non è infatti un caso che i primi prodotti pensati appositamente per l'infanzia fossero i primer, gli horn book: piccoli strumenti per far conoscere e imparare al bambino le lettere dell'alfabeto con il quale avrebbe composto e conosciuto il mondo. E che la rivoluzione della didattica e dell'albo illustrato sia partita proprio dall'apprendimento dell'ABC attraverso le immagini (un evento del quale abbiamo scritto qui).



L'alfabeto illustrato è una delle grandi innovazioni della fine dell'Ottocento: lo sviluppo delle tecniche tipografiche e di riproduzione delle immagini hanno permesso, in quell'epoca, di rispondere adeguatamente a una nuova, potente domanda, che veniva da una borghesia ormai consolidata, che voleva rendere l'apprendimento più facile e fluido, anticipandone i tempi dell'alfabetizzazione e piegando anche la stanza dei bambini alla logica utilitaristica e ai nuovi modi di produzione, che esigevano una forza lavoro più qualificata, alfabetizzata e istruita. 



Artisti come Walter Crane, del quale qui riproduciamo The Absurd ABC (John Lane Bodley Head, 1874) e The alphabet of old friends,  (George Routledge & Son, 1874),  Randolph Caldecott e Kate Greenaway, sotto l'egida di un editore del calibro di George Routledge e con l'assistenza di uno stampatore sopraffino (Edmund Evans), si sono dedicati a questo scopo. E cogliendo lo spirito del tempo, hanno immaginato che si potesse stimolare l'apprendimento non con disciplina e bacchettate, ma attraverso l'esposizione al meraviglioso, all'inusitato, all'assurdo, al surreale e, in ultima istanza, alla bellezza.



Negli ultimi anni, c'è stata una reviviscenza dell'alfabeto assurdo e surreale. Noi Topi avevamo pubblicato ABC cercasi... di Gwenola Carrère nel 2009 (qui la lettura di Anna Castagnoli); ma abbiamo trovato notevoli anche questo e questo e questo






mercoledì 22 aprile 2015

Alle radici dell'albo / 1: il mondo alla rovescia

Per il mio compleanno del lontano 1998, ho ricevuto in regalo da un'amica napoletana una piastrella decorata da una divertente scenetta, nella quale una sardina apriva una scatoletta di omini sott'olio.

Nell'iconografia popolare napoletana, le immagini di un mondo sovvertito sono molto comuni e apprezzate.

D'altra parte, quello del mondo alla rovescia è uno dei grandi topos iconografici, che ha ispirato innumerevoli autori, da Collodi a Rodari, per restare solo alla lingua italiana, ma che è sempre stato presente nella letteratura e nell'iconografia popolare.

Nel suo famoso saggio L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Michail Bachtin identifica questo tema con il momento del carnevale, passaggio dall’inverno alla primavera, morte di un mondo tramontato e nascita di una nuova stagione di abbondanza. Nel periodo di carnevale, nel Medioevo, le gerarchie della vita ordinaria erano sovvertite. Le regole erano stravolte così che tutti potessero vivere una «vita all’incontrario», un «mondo alla rovescia». Gli umili diventavano potenti, e viceversa, il padrone faceva da servo al proprio servitore. Ciò che era superiore era tirato verso il basso così da costringerlo a rinnovarsi e a rigenerarsi. Durante il carnevale tutte le figure erano duplici, accoppiate per contrasto: magro-grasso, alto-basso, giovane-vecchio, eccetera e gli oggetti, vestiti indossati alla rovescia, come «gonne sulla testa», «vasi al posto di copricapi», oppure «l’uso di utensili come armi», ecc. Forse per questa ragione ai bambini piace tanto il mondo rovesciato in cui, insieme a tutti gli altri, anche i rapporti fra grandi e piccoli si sovvertono e cambiano di segno, stabilendo nuove regole e assetti, impensabili in regime di 'normalità'.



Risalendo l'albero genealogico del picture book, abbiamo trovato questo chapbook, un libretto venduto per un penny o poco più dagli strilloni per le strade e nei mercati delle città britanniche.



Sono stati questi strilloni i primi promotori della lettura che, offrendo fogli scandalistici, calendari, ballate, immagini devozioni e libretti da pochi soldi hanno dato il via alla diffusione massiccia di immagini e libri destinati all'infanzia e, più in generale, alle persone incolte e semianalfabete.



Come non leggere, in queste xilografie rozze e male inchiostrate, i progenitori dei divertentissimi Nonsense books di Edward Lear (del quale avevamo già parlato qui), o delle coloratissime tavole di Atak per Mondo Matto?





The world turned upside down, or, No news, and strange News.
York: printed and sold by J. Kendrew, Colliergate (1820 circa).
L'esemplare della Miniature Books Collection della Library of Congress è scaricabile in formato pdf qui.

Chi volesse approfondire il tema del mondo alla rovescia non potrà fare a meno de Il mondo alla rovescia di Giuseppe Cocchiara (Bollati Boringhieri, 2015).