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venerdì 9 ottobre 2015

Expo, grandi fichi e fisici a pera

Expo 2015. Nutrire il pianeta, energia alla vita si è data, fra i principali obiettivi istituzionali, il compito di educare i più piccoli e giovani al cibo sano e a una alimentazione corretta, nonché di sensibilizzare bambini e ragazzi ai problemi globali legati alla nutrizione. Numerosissimi i paesi partecipanti che hanno indirizzato i loro sforzi in questo senso, con più o meno successo. Molti sono stati i bambini e ragazzi che hanno visitato Expo, moltissime sono state le iniziative a fini educativi, collaterali a Expo, organizzate in scuole, librerie e biblioteche, in tutta Italia, dedicate al tema, senza contare la valanga di libri editi su questi argomenti, rivolti a grandi e piccoli, in previsione del battage mediatico relativo all'evento Expo.

Insieme alla Carta di Milano dei bambini di cui abbiamo parlato qui, fra i principali strumenti messi a punto dalla comunicazione ufficiale Expo, per avvicinare bambini e ragazzi all'evento e ai suoi temi vi sono la mascotte Foody, e la serie animata Expo Show di cui Foody è protagonista, nata dalla collaborazione di Disney, Expo Milano 2015 e Studio Bozzetto.
L’ideazione e la caratterizzazione di Foody e dei suoi personaggi è, come è noto, una creazione di Accademia Disney. Roberto Santillo, direttore dell’Accademia, a capo del progetto creativo, così racconta la nascita della mascotte, e in che modo il suo team è "riuscito a conciliare i valori di Expo Milano 2015 e la visione di Disney contribuendo a rendere l’Evento più vicino ai giovani":


È possibile realizzare i sogni più grandi solo attraverso la partecipazione di tutti e in questo percorso la diversità naturale dei singoli protagonisti è la chiave del successo. Sin dal lungometraggio Biancaneve Disney ha saputo unire personaggi culturalmente e caratterialmente diversi tra loro e generare tra questi un’intesa a volte inaspettata al fine di un armonico Tutti per Uno, Uno per Tutti. In quest’ottica ci è sembrato che i dipinti di Arcimboldo, a distanza di anni, fossero un’ispirazione per una nuova sorprendente allegoria: quella di un personaggio unico che trae energia da tutti e la restituisce attraverso le storie, la simpatia, la vitalità eclettica dei protagonisti che compongono. Così è nato Foody. 


“Effervescente, stravagante, irresistibile”, oggi Foody è l’attore principale di Expo Show, la serie animata nata dalla collaborazione di Disney, Expo Milano 2015 e Studio Bozzetto, in cui ciascun personaggio sogna di essere “protagonista assoluto di un evento straordinario come Expo Milano 2015”. “Eravamo certi che la serie animata fosse l’occasione giusta perché ognuno dei Frutti raccontasse le proprie origini, le proprie passioni, il proprio carattere in modo da familiarizzare col pubblico. E cosa c’è di più efficace di un Talent Show? L’idea, maturata insieme allo Studio Bozzetto, è sembrata subito adatta a presentare i singoli personaggi attraverso situazioni umoristiche e prove di abilità surreali in cui emergessero i loro temperamenti. Al contempo è stato possibile così introdurre i temi di Expo Milano 2015 grazie all’intreccio tra le vite dei protagonisti e molti dei temi che sono centrali nel messaggio
Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. “Cambiare le abitudini del Pianeta perché ci si incontri tutti in pieno rispetto reciproco è l’obiettivo di sempre dell’umanità per un futuro migliore. Farlo attraverso il cibo può essere un’intuizione geniale e credo che Expo Milano 2015 sia un’occasione unica proprio per questo”.



In un altro post uscito sul sito ufficiale di Expo, così viene presentato Andrea Bozzetto, direttore creativo dello Studio Bozzetto, mentre racconta la serie di Expo Show, iniziata con i primi episodi lanciati, Piera la Pera, Rodolfo il Fico e Gury l'Anguria, e il modo in cui Expo Show parla dell'Esposizione Universale:

"Le avventure dei frutti sono un mezzo per poter presentare i grandi temi legati a Expo Milano 2015 sempre in chiave umoristica." La partecipazione all'Evento per Bozzetto è fondamentale, "un grande privilegio. Il nostro lavoro verrà visto da tantissime persone ed è stato davvero fantastico far parte di un progetto di questa portata. Lavorare su Foody e i suoi frutti è stata sicuramente un’esperienza stimolante: siamo entrati nel progetto nelle primissime fasi contribuendo alla creatività della serie e definendo insieme a Disney e agli autori la personalità dei personaggi e il loro modo di recitare, dandogli infine… vita". A chi va la sua preferenza tra i personaggi? "Mi piacciono tutti ma scelgo i rapanelli Rap Brothers. Come sanno 'rappare' loro non 'rappa' nessuno!".



Expo Show: una serie animata che parla il linguaggio della tv
Folli e originali, ognuno di loro "ha uno stile molto personale, ma quello che li accomuna tutti sono le situazioni imprevedibili e spesso 'nonsense' che raccontiamo durante le clip dedicate alla loro vita." È anche grazie all'animazione che i messaggi contenuti nel Tema di Expo Milano 2015 arrivano dritti al cuore di grandi e piccoli: "L’animazione è uno strumento eccezionale per raggiungere il pubblico. È divertente e fruibile da tutti, ma contemporaneamente permette di veicolare messaggi, anche molto complessi, senza mai essere pedante o noiosa". Expo Show è un format che risente moltissimo del moderno linguaggio televisivo. Ogni episodio è concepito come la puntata di un programma in tv in cui il concorrente viene presentato con una scheda e sottoposto a una prova di abilità.  



"La serie è pensata come un grande show. La creatività è stata fortemente influenzata dal linguaggio della tv, soprattutto quello delle grandi produzioni. Tutta la dinamica degli episodi ruota intorno all’idea di un presentatore, Foody (che è poi Claudio Bisio), e un ospite frutto con cui interagisce. I dialoghi sono surreali, ma sempre indirizzati al pubblico in sala, di cui sentiamo spesso le risate e le voci fuori campo. Anche a livello visivo, insieme al regista Salvatore Murgia, abbiamo deciso di simulare le reali telecamere di uno show televisivo, con le stesse dinamiche di movimenti e regia per dare realmente l’idea di assistere a una diretta… però in animazione. I frutti sono personaggi molto 'cartoon', ma noi volevamo inserirli in un contesto che fosse più legato al mondo e ai problemi reali, in modo da avere un forte contrasto che potesse far ridere. La scelta stilistica delle clip video sulla vita dei frutti, dove oltre al personaggio animato utilizziamo filmati e fotografie reali, ci ha permesso di raggiungere questo obiettivo."

Se qualcuno fra coloro che sta leggendo non avesse mai visto i cartoni della serie, gliene ne proponiamo qualcuno. Come si nota rispecchiano fedelmente lo spirito del progetto, nelle parole dei realizzatori.



Qualche riflessione in merito, dopo aver valutato i risultati di questo lavoro.
È  davvero necessario, sempre, ineluttabilmente, applicare la vecchia e trita idea che l'unico modo per avvicinare ai più giovani qualsiasi cosa, dall'educazione sessuale all'igiene orale al cibo, sia ricorrere al  linguaggio televisivo? E fra i tanti linguaggi della televisione, che sia necessario proprio ricorrere a quello del talent show? Siamo davvero sicuri che, in questo modo, bambini e ragazzi accedano in modo "mai pedante o noioso" al tema "nutrire il pianeta"?
L'impressione, guardando i cortometraggi di Foody, è che il "nonsense", per citare Bozzetto, delle vite degli ortaggi protagonisti dello show, perfettamente speculare al nonsense dei partecipanti ai veri talent e reality trasmessi in tv, non lasci alcun posto ad altro contenuto che la mancanza di senso, perché qualsiasi contenuto si perde nella gratuità assoluta della spettacolarizzazione, che diventa l'unica vera protagonista dello show e col suo linguaggio vince su tutto il resto.
Nonostante la nota tesi di McLuhan il medium genera il messaggio, espressa in Gli strumenti del comunicare (1964), saggio che ha cambiato la storia della comunicazione umana, è possibile che non si sappia ancora e non si pensi mai che la forma è il contenuto? E che pertanto, nel nostro caso, se Expo è un grande show, l'alimentazione e la nutrizione, in termini pedagogici ed educativi, non lo sono? Davvero i bambini e i ragazzi sono in grado, solo e unicamente, di accedere a qualsiasi tema attraverso il linguaggio dell'intrattenimento televisivo puro? Davvero non esiste altra alternativa che destinarli a una fruizione passiva, ritenuta condizione sicura ed efficace, infallibile nella somministrazione di 'buoni comportamenti'? È questa la strada maestra all'educazione? Prendere un format approssimativo e informe come quello del reality - creato informe per poter contenere "tutto", buono a tutti gli usi e agli scopi -, cioè studiato per rispondere al massimo grado a esigenze e messaggi commerciali , e riempirlo dei temi che dettano il momento, la necessità e l'occasione?



Non sarebbe stato possibile fare meglio e diversamente? Per esempio, una buona volta, optare decisamente e rigorosamente per una scelta diversa di linguaggi? Cogliere l'occasione di risorse ingenti per spiegare al mondo intero che parlare ai bambini e ai ragazzi con linguaggi nuovi, diversi da quelli triti e banali, sfilacciati della tv, è possibile? Soprattutto in considerazione del fatto che oggi il mondo, come sappiamo quotidianamente attraverso i social network, sa parlare centinaia, migliaia di linguaggi più belli, vitali, intelligenti e necessari?
Non sarebbe stato meglio se Expo 2015, data la ricchezza di fondi a disposizione, avesse commissionato queste animazioni, anziché alla multinazionale dell'intrattenimento Disney, e al consolidatissimo e storico Studio Bozzetto, per i quali questa commessa non è che è un business fra i tanti, a studi davvero nuovi e diversi di animazione, realtà fondate e gestite da giovani creativi italiani e stranieri, preparati, innovativi e competenti anche e soprattutto nel lavorare insieme ai bambini e ai ragazzi? Non sarebbe stato importante che bambini e ragazzi di scuole italiane e straniere, guidati da professionisti giovani e appassionati, potessero imparare un lavoro complesso e creativo come quello dell'animazione, applicandolo poi a esprimere le loro idee e conoscenze sul tema della nutrizione (considerando che oggi i laboratori di animazione, considerati una metodologia didattica di grande spessore, si praticano con magnifici risultati fin dalle scuole d'infanzia). E non sarebbe stato più interessante per tutti i telespettatori del mondo, anziché guardare Foody e i suoi compagni, sapere in che modo i ragazzi, i giovani e i bambini sanno parlare in modo davvero nuovo su questi temi? Fra i responsabili alla didattica di Expo, nessuno era al corrente di queste realtà, esperienze, riflessioni? Nessuno si è posto queste domande? Possibile?



A Santillo e a Bozzetto vorremmo dire che per familiarizzare un ragazzo o un bambino con qualcosa ci sono tanti modi più efficaci di un talent show. E che per non risultare pedanti e noiosi, la strada non è la rassicurante banalità del già conosciuto, ma la creatività pura. E che per imparare a nutrire il pianeta e dare energia alla vita (anche soltanto l'angolo di mondo che occupiamo e la vita quotidiana che ciascuno di noi vive), sognare di essere “protagonista assoluto di un evento straordinario come Expo Milano 2015” non è sicuramente il modo migliore. Anzi, se c'è qualcosa che oggi dovremmo apprendere è dismettere la modalità del protagonismo assoluto, e imparare a collaborare e a sentirci inscritti in un ordine di eventi e fenomeni più grande e più alto.

Invece che divertirsi a mitragliate di battute identiche a quelle che da decenni ascoltiamo ogni giorno in tv, a base di "grandi fichi e fisici a pera", non sarebbe stato meglio, come dice Santillo, "realizzare i sogni più grandi solo attraverso la partecipazione di tutti"? Ma facendolo davvero.



lunedì 28 settembre 2015

Carta dei bambini o degli adulti?

A luglio, su facebook, abbiamo letto alcune interessanti riflessioni di Barbara Cuoghi, in merito alla Carta dei bambini redatta in occasione di Expo, in concomitanza con la Carta di Milano. Barbara, insegnante di scienze, madre di due bambini, nonché attenta lettrice di libri per bambini e ragazzi, pensiamo abbia le carte in regola per valutare un progetto didattico-pedagogico sui temi dell'alimentazione. Per questa ragione le abbiamo chiesto il permesso di pubblicare le sue osservazioni sul nostro blog, corredate da alcune immagini, necessarie per seguire il filo del suo pensiero. A nostro avviso il tema è interessante, perché fa parte della grande irrisolta questione su come e con quale linguaggio, parole e immagini, si scelga per rivolgersi ai bambini e ai ragazzi.
Grazie Barbara per la disponibilità e la collaborazione, e a voi buona lettura.

[di Barbara Cuoghi]

La Carta di Milano, stilata in occasione dell’Expo, è un documento con il quale, tra le altre cose, la cittadinanza si dichiara consapevole in tema di alimentazione, sfruttamento delle risorse e diritti-doveri dei cittadini stessi.

Chissà se Rodari avrebbe apprezzato
di essere citato in questo contesto.
Ma non è tutto: il firmatario s’impegna a fare pressione affinché, detta in soldoni, le istituzioni, a vari livelli, si adoperino per garantire a tutti gli abitanti del pianeta acqua, cibo ed energia nel rispetto delle differenze e delle tradizioni locali.
Leggendola, potremmo obiettare che alcuni concetti porebbero essere espressi in modo più organico o completo, e pensare che alcuni punti siano utopia pura; e, personalmente, potremmo attribuire più peso ad alcune affermazioni rispetto ad altre, ma, nel complesso, trovo che i valori di fondo siano condivisibili e che il documento, pur mettendo nello stesso calderone numerosi e complessi aspetti  della nostra realtà, sia sostanzialmente interpretabile dal cittadino adulto a cui è diretto.



Ieri leggevo incuriosita la Carta di Milano dei Bambini, redatta dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, per fare da corredo alla succitata Carta di Milano e dalla quale trae dichiaratamente ispirazione.
Si sarebbe potuto facilmente dar voce ai bambini e ai ragazzi, cogliere l’occasione per ascoltare le loro idee in merito a cibo, acqua, accesso alle risorse e via dicendo. E invece no.
La Carta dei Bambini è stata scritta da adulti. Vi invito a leggerla qui.



Personalmente, l’ho trovata bizzarra, approssimativa, scritta con un linguaggio inappropriato anche per gli utenti più piccoli – piccoli non è sinonimo di stupidi - e densa di concetti difficili trattati con faciloneria. Leggo perplessa frasi come “ottenere dalla Terra tutto quello che ci serve senza mettere a rischio la diversità degli animali e delle piante“ o “mangiare solo la giusta quantità di cibo”.
O ancora: “Le foreste vengono distrutte e questo fa male alla natura e quindi anche a noi”; “Noi possiamo dare da mangiare a tutti, anche ai bambini che nasceranno in futuro, senza far morire i doni della Terra ma facendo in modo che ne crescano sempre di nuovi”.
La mia impressione è che il linguaggio adottato sia una sorta di bambinese adulterato, nel senso di contraffatto da un adulto: nessun bambino della primaria, e tanto meno nessun ragazzo della secondaria, si esprimerebbe in questo modo.



Ciliegina sulla torta: analogamente a quanto accade per la Carta di Milano, al termine della Carta dei Bambini si chiede ai giovani lettori di firmare, in barba alla prassi educativa per cui un bambino/ragazzo appone la firma a sigillo delle sue produzioni e non alle idee di altri, per condivise e meritorie che siano.



Per curiosità, allo stesso link ho scaricato anche il kit didattico che contiene attività pensate per fasce d’età.
La prima, dedicata a bambini dai 3 a 7 anni, propone di colorare disegni inerenti agli argomenti trattati nella Carta. Idea non troppo originale, ma sempre attuabile, specie con i più piccoli. Se non fosse che i disegni sono troppo particolareggiati e complessi per un bambino di 3-4 anni (penso a mio figlio che, pur avendo sempre in mano matita e colori, a poco più di tre anni non riesce a stare nei contorni di semplici forme geometriche) e sono scanditi da discutibili titoli o frasi che forse volevano essere ammiccanti e invece risultano incomprensibili tipo “la capra intelligente”.























Rincaro la dose: quello che più colpisce è la poca attenzione con cui sono stati scelti i soggetti rappresentati nei disegni, gli stessi che sono parte integrante del testo della Carta dei Bambini. Ad esempio, un bambino sovrappeso e un bambino denutrito sullo stesso sù-e-giù a simboleggiare la disparità nelle possibilità e nelle abitudini: “tantissime persone hanno sempre fame, tante mangiano male e per questo sono deboli, altre invece sono molto grasse e per questo si ammalano”.






































Sempre più di frequente, nelle classi ci sono bambini sovrappeso e, tra i più grandicelli già in via di sviluppo, ragazze con problemi legati all’alimentazione. Si saranno chiesti gli ideatori del progetto cosa pensa un bambino cicciottello mentre colora una figura di questo tipo?
L’attività “Cibo buono per tutti”, proposta per la fascia 8 -12 anni, appare congegnata ancor più superficialmente. Un gioco di ruolo a gruppi basato su indicazioni fornite per ciascun ruolo in modo piuttosto banale. Stendo un velo pietoso su come, secondo i redattori siano formate le famiglie tipo nel nostro Paese, e faccio presente che si chiede a bambini di 8-9 anni di immedesimarsi in istituzioni tipo ARPA per discutere il problema cibo dal punto di vista dell’ente locale!


Ancora peggio è il fatto che, evidentemente, chi ha stilato il documento non ha ben presente l’attuale composizione di una classe media di una primaria o di una secondaria di primo grado in una scuola pubblica. Mi spiego: tutto il discorso è incentrato su un punto di vista molto chiaro e cioè che noi occidentali siamo fortunati e abbiamo di che nutrirci  più che a sazietà e quotidianamente sprechiamo cibo, energia e denaro. Vero. Ma solo a grandi linee.
Infatti la mattina, capita di trovarti davanti venticinque personcine reali, ognuna con il suo vissuto personale e, colpo di scena, capita sempre più spesso che quattro o cinque di esse, se non di più, non abbiano esattamente tutta questa abbondanza di risorse a disposizione, cibo compreso. Trovo quindi che questi argomenti richiedano una delicatezza e un’attenzione al contesto in cui vengono trattati che qui non traspare.



Per utilizzare il materiale proposto, ogni insegnante dovrebbe apportare tali e tante modifiche che penso sarebbe auspicabile che gli educatori che riescono a portare gli alunni in visita a Expo si adoperassero a guidarli nella scrittura di una loro personale Carta dei Bambini o dei Ragazzi, senza semplificazioni forzate o giochi superficiali.
A me, per esempio, piacerebbe stabilire con i miei ragazzi due o tre argomenti chiave, quelli che loro ritengono più interessanti, e riflettere insieme prima e dopo la visita all’esposizione di Milano.
Chissà che non ne esca una produzione degna di essere firmata davvero.