giovedì 31 maggio 2012

Simone Rea, il suo editore e la crisi greca

[di Simone Rea]
Grazie a Ekdoseis Kokkino, l'avventuroso editore che ha pubblicato le Favole di Esopo in Grecia, ho potuto visitare la fiera del libro di Thessaloniki (Salonicco) e, in cambio di qualche dedica, ho lavorato gratuitamente per tre giorni come standista in un ambiente che mi sarei aspettato depresso, vista la situazione economica e politica del paese, ma che in realtà si è rivelata dinamica e accogliente.


Questa nona edizione della fiera è stata organizzata e voluta con forza, nonostante l'asprezza della crisi finanziaria, il taglio dei salari e un mercato (non solo librario) a pezzi. Per la sua riuscita, è stato fondamentale lo slancio degli espositori e il calore dell'accoglienza riservata ai visitatori.


Arrivato a Salonicco, ho subito voluto visitare la fiera. Noèmi Smadja (la fondatrice di Ekdoseis Kokkino) mi ha portato direttamente al padiglione. Muovendo i primi passi sopra quella morbida moquette mi sono sentito subito accolto in un  ambiente semplice, famigliare, silenzioso. Dopo pochi metri siamo arrivati nello stand di Noèmi, dove ho conosciuto il marito (grande oratore e distributore semiautomatico di cataloghi).

Gli stand dedicati all’editoria per l’infanzia erano tutti decorati con palloncini, bandierine o altri addobbi semplici e colorati.
Il nostro (cioè, sono bastati pochi minuti perché quello del mio editore diventasse anche "il mio"), dove avrei passato i tre giorni successivi, era il più originale; l’unico "personalizzato" con un rivestimento delle pareti, a coprire il solito anonimo grigiolino, a teli rossi (Kokkino in greco significa rosso) e anche l’unico a ospitare una mini mostra di illustrazioni originali. Naturalmente quelle delle mie Favole.


Rispetto alle fiere che conosco e frequento (Bologna. Montreuil e Roma), lo spazio espositivo della fiera non era molto grande: due padiglioni rettangolari, collegati  da un corridoio sopraelevato dove c’era un piccolo bar con dei tavolini. Ma in questa limitata superficie c'erano molti spazi per conferenze e due aree delimitate da pannelli colorati dove per tutto il giorno si susseguivano attività dedicate ai più piccoli.

Nello stand di Noèmi si respirava un aria per me fin troppo famigliare. Tutti libri di qualità che conoscevo abbastanza bene; da Che cos’è un bambino di Beatrice Alemagna a Le Tour du Monde de Mouk di Marc Boutavant o Adieu Chaussette di Benjamin Chaud. Così ho deciso di andare fra gli altri stand alla ricerca di qualche chicca "esotica" da riportare a casa, ma con grande stupore non ho trovato niente d’interessante o semplicemente diverso dai soliti libri rosa con coniglietti mangia carote o bambine dagli occhioni grandi  e impeccabilmente modaiole.

Non conoscendo affatto l’editoria greca, ho chiesto informazioni a Noèmi che, sintetizzando, mi ha spiegato che in Grecia si possono trovare bravissimi musicisti, eccellenti scrittori e importanti poeti, ma di illustratori di qualità non se ne trovano molti. E che l’interesse per l’editoria per ragazzi è molto limitato rispetto all’Italia, alla Spagna, alla Francia...

Kokkino sta prendendo piede in Grecia e non mi sembra affatto strano. Ho notato infatti che molti visitatori (e l’affluenza è stata strepitosa) non compravano affatto libri fin quando non si fermavano nello stand Kokkino. Sicuramente la crisi si fa sentire, è un dato di fatto, e lo dimostrava l’attenzione cui grandi, ma anche piccoli, sfogliavano i libri, leggendo il contenuto, guardando le figure, sorridendo, per poi passare a un altro libro e solo dopo averlo letto, decidere se comprarlo o meno. Questo approccio all’acquisto è stato per me la cartina di tornasole: la gente sa di non poter cedere all'impulso all'acquisto e cerca e compra solo il meglio. La crisi impone prudenza e limita le opzioni: se deve essere uno solo, IL libro deve innamorare. Una cosa stupenda è stata vedere l’interesse dei bambini; osservatori silenziosi, un po' guardavano me che disegnavo e un po' sfogliavano libri con sguardi assorti, senza sapersi decidere su cosa fosse più importante.

Per l’evento dedicato a Esopo, Noèmi ha anche organizzato una rappresentazione musicale di alcune favole e i tre ragazzi che recitavano sono stati bravissimi a intrattenere grandi e piccoli con voci armoniose e giochini coinvolgenti.

Dal secondo giorno fino a chiusura fiera, non ho visto più molto, sono andato a ringraziare l’Istituto italiano di cultura che aveva uno stand e che insieme a Noèmi ha trovato i fondi per ospitarmi.

Chiudo sottolineando la cortesia degli espositori nei confronti del pubblico, ma anche nei miei, sconosciuto artista italiano in visita: hanno voluto conoscermi, parlare e si sono dati da fare per procurarmi i colori che avevo dimenticato in albergo.

Ovviamente devo ringraziare sinceramente Kokkino: questo viaggio è stato corroborante, mi ha "ricaricato le pile". È bello vedere come anche nelle situazioni più difficili il lavoro dell'illustratore e dell'editore possa avere un senso profondo. L'entusiasmo di questo pubblico, la sua serietà, l'attenzione delle sue scelte, il peso che attribuisce al mio (o, meglio, al nostro) lavoro di illustratore sono il migliore incentivo per insistere con la solita ostinazione a cercare di trasformare una passione in lavoro.



mercoledì 30 maggio 2012

Quel che non sappiamo

Qual è il principo di una collezione? Mettere insieme cose molto simili che però hanno anche qualcosa di diverso: una collezione di pere, per esempio, o di mele. Ne avevo vista una bellissima di pomi di cera provenienti, mi sembra, dal Museo Pomologico Garnier Valletti di Torino, esposti a Milano, anni fa, a Palazzo Reale, a una mostra sulla natura morta. Ci sono cose che sembrano fatte apposta per essere collezionate. Come le scatole dei fiammiferi. Come quelle che vedete qui sotto.


Serie di fiammiferi ceoslovacca dedicata a pere e mele.
Le scatole dei fiammiferi a loro volta sono collezioni di immagini. Come i francobolli e le carte delle arance. La qual cose le rende particolamente seducenti. Io e mia sorella da piccole collezionavamo carte di arance, scatole di fiammiferi, bustine di zucchero e francobolli, appunto, oltre ad altre mille cose. Naturalmente senza criterio e senza sistema. Come capitava, per accumulo. Per puro diletto. Tutti i bambini sono collezionisti.


Scatole di fiammiferi ceoslovacche.
Il principio è quello della gazza: portare a casa qualsiasi cosa porti in sé un po' di luccicore: tappi di bottiglia, vetri colorati, conchiglie, stagnola colorata. Dove finiscono le collezioni dei bambini? Nelle spire delle madri che ogni tanto, approfittando di un attimo di distrazione dei figli, prendono tutto e lo buttano.
Qualche anno fa è tornato un amico dalla Cina e ci ha portato queste:


Poi Anna, un giorno, ha messo in una busta questo e ce l'ha mandato:


Le scatole di fiammiferi, infatti, oltre a servire a costruire un sacco di cose (ma questo è un altro capitolo), hanno milioni di estimatori, in tutto il mondo. Che le amano perché sono belle. Belle? No, di più: bellissime. Molti di loro sono blogger appassionati di immagini, o collezionisti, che per la nostra gioia le catalogano, le fotografano e le mettono, gratuitamente, a disposizione di tutti. Per esempio di illustratori perennemente a caccia di idee e di ispirazione.

Scatoline dalla Russia, anni Cinquanta.
Nell'era del web, chi ama le immagini ha a disposizione archivi stupefacenti per dimensioni, profondità, ricchezza, stravaganza, fantasia.
I popoli che hanno brillato nell'arte della scatola di fiammiferi sembrano esser stati i cecoslovacchi, i russi, i giapponesi, i cinesi e anche gli americani.
Ottimi grafici vi si sono cimentati, come Saul Bass:

La serie di Saul Bass.
e, recentemente, il praghese Pavel Fuksa, che ne ha prodotta una serie di 178 pezzi, ognuno dei quali riporta una frase o una parola del testo di una canzone dei Navigators, My place. Con questi è stato poi girato il video del pezzo: idea molto accattivante.

I 178 pezzi di Pavel Fuksa.



Sulle scatole di fiammiferi, nel mondo, sono stati anche pubblicati alcuni libri:

Czech and Japanese matchbox labels.

Chinese matchbox covers.
Striking Image Vintage Match-book Cover Art.

Che un oggetto effimero come una bustina o una scatola di fiammiferi abbia ricevuto tante cure e tanta intelligenza visiva nel corso della storia, e abbia espresso una così alta qualità di valore estetico ha qualcosa di stupefacente. Allude a questo il nome della decennale rubrica di Umberto Eco sull'Espresso, "La bustina di Minerva"? E vorrà pur dire qualcosa che nella nostra lingua ai fiammiferi presieda la dea della materia grigia, chissà. In fondo le scatole di fiammiferi sono oggetti che vivono gran parte della loro vita nelle tasche di giacche e cappotti, sul fondo delle borse, sul ripiano di un fornello o strette alla schiena di un pacchetto di sigarette (un tempo, prima che sigarette e cucine instaurassero col fuoco altre relazioni).

Scatoline dalla Cina, anni Cinquanta.
Scatoline dalla Cina, anni Ottanta.
Nei vecchi gialli (prima che orde di medichesse legali firmate Prada rendessero il mistero una pratica da fighetti, fra un aperitivo e l'altro), vittime o assassini, a seconda, non mancavano di scriverci sopra numeri di telefono o indirizzi risolutivi, che poi investigatori male in arnese e con due divorzi alle spalle, trovavano col loro occhio di falco, sciogliendo tetre vicende che di solito avevano come teatro qualche nightclub o un motel fatiscente.

Scatoline vintage dall'India.
Guardando queste miniere di fiammiferi, si pensa anche a un'altra cosa: che sono scintillanti micronarrazioni. Di solito, infatti, si sviluppano in serie, come una storia a fumetti (da qui, appunto, l'idea di Fuksa): mettendo insieme tutte le immagini di una serie, l'idea è che ne venga fuori un racconto. Il fatto che francobolli, carte di arance e scatole di fiammiferi piacciano tanto ai bambini, forse ha a che fare con questa capacità di raccontare, a filo di voce, storie minime, ma piene di seduzione.


Altre bellissime scatoline vintage cecolovacche.
A mio avviso, questo potere di attrazione ha anche a che vedere anche col fatto che sotto queste splendide, raffinatissime figurine vi sia una scatolina. Non per nulla qualcuno ha ben visto che lì dentro vi sono microstanzette dove microconigli conducono una loro vita misteriosa (a sipario chiuso), e piuttosto indaffarata e molto ben organizzata.

Scatoline cecoslovacche con disegni tradizionali per uova, e fiocchi di neve.
Le scatole di fiammiferi si avvalgono della scrittura per raccontare poche cose: brevi istruzioni, luoghi di fabbricazione, esclamazioni, nomi di cose o di prodotti. Lo fanno in modo semplice, quasi naïve, come accade con certa pubblicità ingenuotta che sembra nutrire una fiducia inaudita nei risultati del semplice dichiarare il proprio nome, un po' come si fa durante un appello.

Scatoline americane vintage.

Scatoline tedesche.


A volte, queste semplici diciture si valgono di alfabeti esotici e sconosciuti che, per un attimo, ci svincolano dalla topografia e dalla onomastica consueta, e ci fanno sognare. E anche questo esotismo è un modo di raccontarci che quel che non sappiamo comincia su una scatolina di fiammiferi per espandersi a macchia d'olio fino ai misteri profondissimi del cosmo.

I giapponesi fanno paura, sono imbattibili.


Qui qualche altre informazione.

martedì 29 maggio 2012

Che cos'è un albo illustrato?


... o un picture book o un libro con le figure o che dir si voglia? Soccorrono alla complessa e direi (fortunatamente) sempre aperta questione, alcuni volumi di recente uscita. Al recente convegno di Nati per leggere, a Torino, un relatore parlava di sette uscite sul tema durante la sola Fiera di Bologna. Io ne ho in mente cinque, di certo per disinformazione, quattro saggi italiani e uno inglese: se qualcuno dei nostri lettori ha in mente altre uscite, ce le segnali!
Prima di questi volumi, naturalmente, molti altri ne sono usciti, specificamente, sul tema, in particolare in Francia e Stati Uniti. La novità è che questo tipo di studio critico approda in Italia, per la prima volta, o quasi, prodotto da studi italiani per editori italiani (i pionierissimi e mai abbastanza lodati Guardare le figure. Gli illustratori italiani dei libri per l'infanzia di Antonio Faeti, riedito da poco, e i saggi bellissimi



di Paola Pallottino, sondano un territorio contiguo, ma non precisamente quello esclusivo del picture book; e poi mi viene in mente Ellen Handler Spitz, Libri con le figure. Un viaggio tra parole e immagini; che anche il nostro ultimo Catalogone, sia considerato una delle sette uscite? in effetti il nuovo numero è stato presentato a Bologna).
È interessante notare che queste pubblicazioni affrontano l'argomento da punti di vista molto diversi, il che significa che nella biblioteca dell'interessato e dell'appassionato possono comodamente stare fianco a fianco, senza tema di sovrapposizioni o ripetizioni.

Ad occhi aperti. Leggere l'albo illustrato, opera dell'agguerito drappello degli studiosi di Hamelin, (Giulia Mirandola, Emilio Varrà, Ilaria Tontardini, Giordana Piccinini, Roberta Colombo) con alcune pregiate presenze esterne (Loredana Farina, Martino Negri, Nicoletta Gramantieri, Andrea Rauch), cerca di stabilire i presupposti per una risposta sensata alle domanda di cui sopra, affondando lo sguardo e analizzando l'albo illustrato nelle sue strutture, nel suo funzionamento, nelle sue caratteristiche, nei suoi tempi, spazi e modi narrativi. Lo fa in undici densi capitoli che, accuratamente corredati di immagini a supporto della lettura, appuntano l'attenzione del lettore su temi quali il tempo e lo spazio, i silent book, i libri gioco, i libri attività, i libri della “buonanotte”, per citarne solo alcuni.

Tre interventi più generali, sulla mai abbastanza dibattuta questione del rapporto fra parola e immagine e sulle narrazioni per parole e immagini, precedono i capitoli dedicati a temi più specifici. Direi che si tratta di un libro davvero pieno di riflessioni, informazioni, spunti e sguardi interessanti, da leggere, insomma, con molta attenzione. Al libro è associata, fra l'altro, una bella mostra sull'albo illustrato con ottimo apparato critico, didattico e iconografico, che sta viaggiando con successo per l'Italia.

Albi illustrati. Leggere, guardare e nominare il mondo nei libri per l'infanzia, di Marcella Terrusi, si pone invece rispetto al tema più da un prospettiva storica: traccia la storia del picture book, ne indaga la funzione pedagogica nel corso del tempo, ne mette a fuoco l'importanza educativa in un percorso ricco di riferimenti, affronta le grammatiche di questa tipologia di libro e traccia infine la storia e la geografia italiana dell'albo illustrato, mettendo in luce le figure, i luoghi e le istituzioni che ne hanno segnato la nascita e lo sviluppo. La parte finale, la quarta, Esercizi di lettura, si appunta invece sull'analisi di titoli specifici, editi da Beisler e da Babalibri: questa sezione è in gran parte la riedizione del lavoro critico svolto da Marcella su nostra richiesta per il Catalogone 2009, Altre parole altre immagini, curato insieme a Giulia Mirandola.

Per inciso, riteniamo importante che tre studiose protagoniste di queste pubblicazioni, Giulia, Marcella e Ilaria, abbiano collaborato con noi al lavoro sull'albo illustrato, creativo ma anche critico che dall'inizio della nostra storia abbiamo condotto, attraverso diversi strumenti, come lezioni, articoli, pubblicazioni e interventi sul nostro blog e non, dedicati a questo tema che per noi riveste ovviamente grande interesse.

Il terzo volume è Libro fammi grande. Leggere nell'infanzia di due espertissimi di libri per bambini molto piccoli: Rita Valentino Merletti e Luigi Paladin. Il tema del picture book è trattato all'interno di quello, centrale nel volume, e vastissimo, dell'iniziazione alla pratica della narrazione e della lettura dei

piccolissimi, con argomentazioni e indicazioni esaustive sui modi e i tempi, e accurate bibliografie. Il libro, ricco di informazioni, riflessioni e spunti, ha un taglio molto concreto e mira alla diffusione di concetti fondamentali e conoscenze basilari presso tutti coloro che professionalmente e non, si trovano a contatto con bambini molto piccoli. Un'ottima guida, insomma per comprendere con estrema chiarezza ed efficacia perché leggere sia tanto importante, e fin dai primi anni di vita. Concetto che si tende a dare per scontato, ma non lo è affatto, se poi anche fra genitori colti si riscontra una fondamentale distrazione o una rapsodica, casuale attenzione rispetto alla qualità dei libri offerti ai bambini, che continuano a rimanere dei grandi sconosciuti.

Il quarto volume è di Marco Dallari, conosciuto pedagogista che già molto si è occupato di libri illustrati, arte e immagini in saggi di grande interesse, portando all'interno della riflessione l'imprescindibile punto di vista delle scienze cognitive che molto hanno da dire e insegnare su questi temi. In Testi in testa. Parole e immagini per educare conoscenze e competenze narrative il picture book entra a tutti gli effetti come modello di vero e proprio testo - testualità polialfabetica, come viene definita nel saggio - narrazione esemplare di straordinaria ricchezza nella definizione, nella crescita e nello sviluppo delle competenze testuali del bambino, imprescindibili nella formazione delle sue capacità logiche e creative. Riccamente illustrato, il volume offre una approfondita disamina del concetto di testo, spaziando fra arte, illustrazione, poesia, sceneggiatura, teatro. Sicuramente un libro da tenere ben presente.


Il quinto volume è di Martin Salisbury, illustratore, insegnante e già autore di  conosciuti volumi relativi all'illustrazione e ai libri illustrati, scritto a quattro mani con Morag Styles. Children's Picturebooks: The Art of Visual Storytelling concentra lo sguardo sull'officina creativa che sta dietro ogni picture book. In sette capitoli con dovizia di esempi e appuntando l'attenzione sul dietro le quinte di libri diventati famosi e sul lavoro di autori celebri vengono analizzate le fasi di elaborazione, progettazione e realizzazione dell'albo illustrato, definendo attraverso il discorso sulle tecniche, le competenze, le idee, il talento, cosa significhi articolare una narrazione per parole e immagini, individuata come modalità di racconto specifica, flessibile, ricettiva, dotata di regole, strutture, linguaggi vivissimi e in costante divenire, in concomitanza col mutamento dei codici visivi e verbali che ci circondano. Completano il volume una serie di interessanti interviste ai protagonisti dell'illustrazione presi in esame nel corso dell'analisi.

lunedì 28 maggio 2012

L'illustrazione come prodigio di sintesi

«C'erano una volta un vecchio e una vecchia che avevano una nipotina, tutta bella e tutta gentile...»
Comincia così una delle fiabe della tradizione popolare russa, raccolta da Aleksandr Nikolaevič Afanas'ev e interpretata da decine di illustratori diversi, alcuni anche sublimi come Ivan Bilibin.

Il personaggio della Baba Yaga è una costante della tradizione slava. Può essere buona o cattiva, e perfino perfida. Viaggia per il mondo in un mortaio volante che dirige con il pestello e cancella i sentieri e le strade con una scopa di betulla. A volte abita in una casa su zampe di pollo, altre in una semplice capanna, altre ancora in una casetta di pan di zenzero.

L'edizione che presentiamo qui è quella raccontata da Rose Celli e illustrata da Nathaile Parain, pubblicata da Flammarion nel 1932: un bel fascicolo di 32 pagine in carta pesante, a punto metallico, di formato quadrotto (32 x 28 centimetri) che si qualifica immediatamente per un prodotto di basso prezzo, destinato anche all'epoca a una grande diffusione, ma realizzato con estrema cura editoriale e tecnica.



Nathalie Parain è un'artista russa, giunta in Francia nel 1928, dopo aver sposato l'adetto culturale dell'ambasciata francese a Mosca, divenuto poi capo della segreteria di Gaston Gallimard. Proprio da Gallimard, alla NRF, Nathaile Parain pubblica il suo primo libro, nel 1930: Mon Chat. Ma è a partire dal 1932 che il suo nome si afferma, come illustratrice d'elezione degli Album de Père Castor e dei testi di Marcel Aymé.



Come molti dei suoi connazionali russi che hanno lavorato a partire dagli anni Trenta per l'editoria francese, come Rojan (Feodor Rojanovsky) ed Èlizabeth Ivanovsky (della quale abbiamo già parlato qui), anche Nathalie Parain mantiene una cifra stilistica fortemente caratterizzata dalla sua origine artistica: geometrizzazione delle figure, tinte piatte, paletta di colori molto ridotta, sintesi e razionalità nella composizione, che risente in tutta evidenza dell'esperienza dei libri cubisti.



In Baba Yaga, la Parain usa solo quattro tinte piatte: un nero, un rosso arancio, un ocra e un blu petrolio. Quattro colori che le bastano per assemblare semplici forme geometriche ritagliate nella carta e illuminarle con sapienti tocchi di matita, per dare vita a personaggi straordinariamente espressivi ed emotivamente coinvolgenti.



A me piace particolarmente la sequenza della fuga della piccola, che attraversa tre doppie pagine. Nella prima, qui sopra, la Baba Jaga, terribile con il suo volto inespressivo, ridotto a pura silouhette, scopre la defezione e si lancia all'inseguimento sul suo mortaio volante. La, bambina, che se ne accorge poggiando l'orecchio a terra e avvertendone la vibrazione, si dà alla fuga e, per alleggerirsi, si getta alle spalle ciò che ha con sé, volgendosi a valutare il distacco con uno sguardo fra il preoccupato e il determinato: «come i ciclisti gregari in fuga». Ma il fazzoletto e il pettine, suoi aiutanti magici, si trasformano in invalicabili barriere per la perfida vecchia e la bambina riconquista la sicurezza della casa. (Una fuga altrettanto concitata e terribile la trovate ne La bambina e il lupo, di Chiara Carrer, nel nostro catalogo dal 2006).



Il nostro esemplare di Baba Yaga è nell'edizione Flammarion del 1932, quella in grande formato, precedente a quella nella collezione Les Album de Père Castor. Ha il dorso un po' provato, ma l'interno di grande freschezza. Esemplari come questo si trovano in vendita intorno ai 200 euro o più. L'edizione Père Castor, più piccola di formato, a partire dai 70/80 euro. Se proprio non riuscite a trovare l'edizione originale, o volete spendere qualcosa di meno, le Editions MeMo hanno recentemente rieditato, con la tradizionale cura, il libro che trovate in vendita qui.


Sempre le Editions MeMo hanno rieditato altri libri di Nathalie Parain, che potete trovare qui e qui.
Una collezione straordinaria di illustrazioni e bozzetti di Nathalie Parain è andata in asta nell'aprile 2008 a Parigi. Esiste un catalogo dell'asta, reperibile con un certo agio nel mercato dell'usato, ma anche consultabile online qui.