[di Roberta Favia]
Non c'è bambino di passaggio o residente a Venezia che non abbia immaginato i leoni della piazzetta attigua a Piazza San Marco a Venezia animati. Tutti i bambini veneziani che abitualmente e da sempre vi salgono in groppa, hanno immaginato i più esotici e improbabili viaggi, proprio come ha fatto un bambino tanto cresciuto e famoso: Ernst Hemingway che nel 1951 per il nipote di un'amica, scrisse Il leone buono, racconto in seguito edito da Emme con le bellissime illustrazioni di Enrica Agostinelli, nel 1978.
Non è detto che un grande autore sappia scrivere per i bambini, anzi, ma il caso di Hemingway mi pare fortunato in questo senso: Il leone buono è una storia divertente e, grazie anche alla costruzione sapiente delle illustrazioni, accattivante. A differenza di tutti noi bambini che abbiamo immaginato le nostre avventure in prima persona in groppa al leone, Hemingway immagina che a raccontare l'avventura in prima persona sia il leone, per la precisione un leone alato, figlio di colui che abita sulla Torre dell'Orologio, che un giorno, stanco della solita vita mondana, abbandona la città per atterrare in Africa in mezzo a un gruppo di leoni tanto selvaggi da mangiare gnu, zebre e persino mercanti indù.
Leoni con i baffi ancora sporchi di sangue intollerabilmente grezzi e dal canto loro profondamente intolleranti nei confronti del nuovo venuto da lontano e dai natali tanto nobili.
La struttura del racconto, tuttavia, sorretta dalle illustrazioni dell'Agostinelli, maestra nel celare e svelare con effetto spiazzante, è tale per cui all'inizio della storia il lettore non sospetti niente della natura e provenienza straordinarie del leone protagonista:
C'era una volta un leone che viveva in Africa con tutti gli altri leoni.
Niente di strano sin qui, nessuna idea su chi possa essere questo leone che tuttavia si distingue dagli altri perché... è buono: non divora, non sbrana e non si macchia di sangue, osserva dal margine destro della pagina.
Si gira la pagina e si scopre che sul dorso questo leone ha le ali: ali vere che, lungi dal destare invidia nei compagni leoni, provocano al contrario la loro derisione.
Il susseguirsi di parole e immagini, a ogni giro di pagina, via via scoprendo lo sviluppo della storia, è bellissimo, in ogni dettaglio.
Il leone buono, con le sue ali ben piegate sul dorso, si ostina a mangiare solo pasta e scampi, e a chiedere Negroni o un Americano (chissà poi a chi), voltando lo sguardo allo spettacolo di pessimo gusto di un altro mercante indù dilaniato.
Insomma, non c'è leone (cattivo) che si rispetti che non si sarebbe arrabbiato moltissimo di fronte a questo atteggiamento un po' radical chic. E, in effetti, a un certo punto, una leonessa prende in mano la situazione e chiede conto al leone alato di tanta superiorità, ostentata di fronte ai fratelli della savana. Ed è a questo punto che inizia, nel racconto come nelle immagini, la narrazione delle origini, una specie di 'intermittenza del cuore' versione albo illustrato, grazie alla quale il leone buono racconta che il suo papà vive sulla torre di un orologio di una città da cui domina i piccioni e ben quattro cavalli che di lui hanno tanta paura da vivere costantemente con uno zoccolo sollevato in aria, pronti a scappare.
Nella città di mio padre la gente va in giro a piedi o in barca e nessun cavallo vero entrerebbe mai in città per paura di mio padre.
In questo modo, il ricordo si fa racconto eziologico a proposito sia dei cavallli della basilica di San Marco sia dell'assenza di cavalli in città.
Gli altri leoni, malvagi, nell'udire il racconto, si arrabbiano ancora di più, e sospettando che il leone buono sia un grifone (l'equivalente delle streghe per gli umani?) cercano anche di ucciderlo. Per fortuna le ali funzionano ancora bene: il leone buono spicca un salto e, volando, torna a casa, ma non prima di aver sorvolato i leoni, salutandoli nelle molte lingue che parla perfettamente.
Si volta la pagina e lo scenario cambia, a sorprenderci ancora una volta: ecco apparire Venezia, con i cavalli con lo zoccolo sollevato, il campanile, i piccioni e... Cipriani, il celeberrimo bar (amatissimo dal 'leone' Hemingway) dove il leone buono, affaticato dal viaggio, si affretta a recarsi. Insomma, tutto è come prima tranne lui: il leone buono.
Da Cipriani nulla era cambiato. C'erano tutti i suoi amici. Ma lui stesso era un po' cambiato essendo stato in Africa.
«Un Negroni, signor Barone?», chiese il signor Cipriani.
Ma il leone buono aveva fatto tutto il viggio dall'Africa a volo e l'Africa lo aveva cambiato.
«Non avete qualche sandwich di mercante Indù?» chiese a Cipriani.
«No, ma possiamo procurarglielo».
«Finché lo vanno a prendere, fammi un Martini molto secco – aggiunse – con del gin Gordon».
«Benissimo – disse Cipriani – benissimo davvero».
Il leone allora si guardò attorno, osservando le facce di tutte quelle simpatiche persone e si rese conto che era davvero a casa e che aveva anche viaggiato. Ed era molto contento.
Nel 2013, Il leone buono è stato riedito da Mondadori nella collana Oscar Junior, con le illustrazioni di Fabio Visintin. La nuova edizione ha il merito di far trovare ancora disponibile questo bel racconto di un Hemingway a dir poco sconosciuto, ma la raffinatezza e bellezza dell'edizione originale Emme indubbiamente manca. Per questo, vale senz'altro la pena di recuperarla in qualche biblioteca ben fornita.
Mi chiamo Roberta Favia. La mia passione è studiare e, inseguendola, mi sono conquistata un dottorato e un assegno di ricerca in letteratura contemporanea presso l'Università Ca' Foscari di Venezia. Fare ricerca e leggere sono tra le cose che più mi divertono e hanno trovato forma di vero e proprio lavoro in quel poco tempo, ahimè, durante il quale avuto la straordinaria fortuna di lavorare in una libreria per bambini. Adesso, tra le altre cose, lavoro nella libreria Alef specializzata in ebraistica all'interno del Museo Ebraico di Venezia in cui faccio anche la guida. Da qualche tempo curo un blog di letteratura per l'infanzia e un'associazione di promozione e didattica della lettura: entrambi si chiamano Teste fiorite.
Dal nostro catalogo, Roberta Favia ha scelto in regalo Mondocane di Giovanna Zoboli e Francesca Bazzurro.
Se siete bibliotecari, insegnanti, librai, promotori della lettura o appassionati di libri illustrati e desiderate partecipare alla rubrica I Martedì della Emme, presentando in un vostro post un libro di Emme Edizioni di Rosellina Archinto scriveteci qui, specificando di quale volume volete scrivere.
Vi ricordiamo che alla storia di Emme Edizioni e della sua fondatrice è dedicato il nostro La casa delle meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto, a cura di Loredana Farina.
Sempre a questo tema è dedicata la mostra La Emme Edizioni di Rosellina Archinto. Vent’anni di successi in mostra (1966-1985), a cura di Loredana Farina, Alessandra Mastrangelo e ABCittà, con il patrocinio di Nati per Leggere e della sezione lombarda dell’Associazione Italiana Biblioteche.
Qui trovate tutte le puntate precedenti de I Martedì della Emme:
I Martedì della Emme / 1: Un gioco per bibliotecari felici
I Martedì della Emme / 2: Federico, topo bambino
I Martedì della Emme / 3: Un’avventura invisibile
I Martedì della Emme / 4: Un colpo di fulmine
I Martedì della Emme / 5: Un albo molto rumoroso
I Martedì della Emme / 6: Elogio dell'immaginazione
I Martedì della Emme / 7: Il sapore di una rivoluzione
I Martedì della Emme / 8: Caro Stevie
I Martedì della Emme / 9: La storia che si ripete
I Martedì della Emme / 10: Dove c'era un prato
I Martedì della Emme / 11: La vita quotidiana è una storia ricchissima
I Martedì della Emme / 12: Tutto cambia
I Martedì della Emme / 13: Sull'esser gufo
I Martedì della Emme / 14: Vedere l'altrove
I Martedì della Emme / 15: Possedere una fattoria
I Martedì della Emme / 16: Dentro le pagine
I Martedì della Emme / 17: Bill, prenditi la coda!
I Martedì della Emme / 18: I Pensieri Più Perspicaci
I Martedì della Emme / 19: Emme come Meraviglia
I Martedì della Emme / 20: Per essere liberi
I Martedì della Emme / 21: Esattezza vuol dire...
I Martedì della Emme / 22: Il galateo dell'avventura
I Martedì della Emme / 23: Leoni & Martini
Non c'è bambino di passaggio o residente a Venezia che non abbia immaginato i leoni della piazzetta attigua a Piazza San Marco a Venezia animati. Tutti i bambini veneziani che abitualmente e da sempre vi salgono in groppa, hanno immaginato i più esotici e improbabili viaggi, proprio come ha fatto un bambino tanto cresciuto e famoso: Ernst Hemingway che nel 1951 per il nipote di un'amica, scrisse Il leone buono, racconto in seguito edito da Emme con le bellissime illustrazioni di Enrica Agostinelli, nel 1978.
Non è detto che un grande autore sappia scrivere per i bambini, anzi, ma il caso di Hemingway mi pare fortunato in questo senso: Il leone buono è una storia divertente e, grazie anche alla costruzione sapiente delle illustrazioni, accattivante. A differenza di tutti noi bambini che abbiamo immaginato le nostre avventure in prima persona in groppa al leone, Hemingway immagina che a raccontare l'avventura in prima persona sia il leone, per la precisione un leone alato, figlio di colui che abita sulla Torre dell'Orologio, che un giorno, stanco della solita vita mondana, abbandona la città per atterrare in Africa in mezzo a un gruppo di leoni tanto selvaggi da mangiare gnu, zebre e persino mercanti indù.
Leoni con i baffi ancora sporchi di sangue intollerabilmente grezzi e dal canto loro profondamente intolleranti nei confronti del nuovo venuto da lontano e dai natali tanto nobili.
La struttura del racconto, tuttavia, sorretta dalle illustrazioni dell'Agostinelli, maestra nel celare e svelare con effetto spiazzante, è tale per cui all'inizio della storia il lettore non sospetti niente della natura e provenienza straordinarie del leone protagonista:
C'era una volta un leone che viveva in Africa con tutti gli altri leoni.
Niente di strano sin qui, nessuna idea su chi possa essere questo leone che tuttavia si distingue dagli altri perché... è buono: non divora, non sbrana e non si macchia di sangue, osserva dal margine destro della pagina.
Si gira la pagina e si scopre che sul dorso questo leone ha le ali: ali vere che, lungi dal destare invidia nei compagni leoni, provocano al contrario la loro derisione.
Il susseguirsi di parole e immagini, a ogni giro di pagina, via via scoprendo lo sviluppo della storia, è bellissimo, in ogni dettaglio.
Il leone buono, con le sue ali ben piegate sul dorso, si ostina a mangiare solo pasta e scampi, e a chiedere Negroni o un Americano (chissà poi a chi), voltando lo sguardo allo spettacolo di pessimo gusto di un altro mercante indù dilaniato.
Insomma, non c'è leone (cattivo) che si rispetti che non si sarebbe arrabbiato moltissimo di fronte a questo atteggiamento un po' radical chic. E, in effetti, a un certo punto, una leonessa prende in mano la situazione e chiede conto al leone alato di tanta superiorità, ostentata di fronte ai fratelli della savana. Ed è a questo punto che inizia, nel racconto come nelle immagini, la narrazione delle origini, una specie di 'intermittenza del cuore' versione albo illustrato, grazie alla quale il leone buono racconta che il suo papà vive sulla torre di un orologio di una città da cui domina i piccioni e ben quattro cavalli che di lui hanno tanta paura da vivere costantemente con uno zoccolo sollevato in aria, pronti a scappare.
Nella città di mio padre la gente va in giro a piedi o in barca e nessun cavallo vero entrerebbe mai in città per paura di mio padre.
In questo modo, il ricordo si fa racconto eziologico a proposito sia dei cavallli della basilica di San Marco sia dell'assenza di cavalli in città.
Gli altri leoni, malvagi, nell'udire il racconto, si arrabbiano ancora di più, e sospettando che il leone buono sia un grifone (l'equivalente delle streghe per gli umani?) cercano anche di ucciderlo. Per fortuna le ali funzionano ancora bene: il leone buono spicca un salto e, volando, torna a casa, ma non prima di aver sorvolato i leoni, salutandoli nelle molte lingue che parla perfettamente.
Si volta la pagina e lo scenario cambia, a sorprenderci ancora una volta: ecco apparire Venezia, con i cavalli con lo zoccolo sollevato, il campanile, i piccioni e... Cipriani, il celeberrimo bar (amatissimo dal 'leone' Hemingway) dove il leone buono, affaticato dal viaggio, si affretta a recarsi. Insomma, tutto è come prima tranne lui: il leone buono.
Da Cipriani nulla era cambiato. C'erano tutti i suoi amici. Ma lui stesso era un po' cambiato essendo stato in Africa.
«Un Negroni, signor Barone?», chiese il signor Cipriani.
Ma il leone buono aveva fatto tutto il viggio dall'Africa a volo e l'Africa lo aveva cambiato.
«Non avete qualche sandwich di mercante Indù?» chiese a Cipriani.
«No, ma possiamo procurarglielo».
«Finché lo vanno a prendere, fammi un Martini molto secco – aggiunse – con del gin Gordon».
«Benissimo – disse Cipriani – benissimo davvero».
Il leone allora si guardò attorno, osservando le facce di tutte quelle simpatiche persone e si rese conto che era davvero a casa e che aveva anche viaggiato. Ed era molto contento.
Mi chiamo Roberta Favia. La mia passione è studiare e, inseguendola, mi sono conquistata un dottorato e un assegno di ricerca in letteratura contemporanea presso l'Università Ca' Foscari di Venezia. Fare ricerca e leggere sono tra le cose che più mi divertono e hanno trovato forma di vero e proprio lavoro in quel poco tempo, ahimè, durante il quale avuto la straordinaria fortuna di lavorare in una libreria per bambini. Adesso, tra le altre cose, lavoro nella libreria Alef specializzata in ebraistica all'interno del Museo Ebraico di Venezia in cui faccio anche la guida. Da qualche tempo curo un blog di letteratura per l'infanzia e un'associazione di promozione e didattica della lettura: entrambi si chiamano Teste fiorite.
Dal nostro catalogo, Roberta Favia ha scelto in regalo Mondocane di Giovanna Zoboli e Francesca Bazzurro.
Se siete bibliotecari, insegnanti, librai, promotori della lettura o appassionati di libri illustrati e desiderate partecipare alla rubrica I Martedì della Emme, presentando in un vostro post un libro di Emme Edizioni di Rosellina Archinto scriveteci qui, specificando di quale volume volete scrivere.
Vi ricordiamo che alla storia di Emme Edizioni e della sua fondatrice è dedicato il nostro La casa delle meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto, a cura di Loredana Farina.
Sempre a questo tema è dedicata la mostra La Emme Edizioni di Rosellina Archinto. Vent’anni di successi in mostra (1966-1985), a cura di Loredana Farina, Alessandra Mastrangelo e ABCittà, con il patrocinio di Nati per Leggere e della sezione lombarda dell’Associazione Italiana Biblioteche.
Qui trovate tutte le puntate precedenti de I Martedì della Emme:
I Martedì della Emme / 1: Un gioco per bibliotecari felici
I Martedì della Emme / 2: Federico, topo bambino
I Martedì della Emme / 3: Un’avventura invisibile
I Martedì della Emme / 4: Un colpo di fulmine
I Martedì della Emme / 5: Un albo molto rumoroso
I Martedì della Emme / 6: Elogio dell'immaginazione
I Martedì della Emme / 7: Il sapore di una rivoluzione
I Martedì della Emme / 8: Caro Stevie
I Martedì della Emme / 9: La storia che si ripete
I Martedì della Emme / 10: Dove c'era un prato
I Martedì della Emme / 11: La vita quotidiana è una storia ricchissima
I Martedì della Emme / 12: Tutto cambia
I Martedì della Emme / 13: Sull'esser gufo
I Martedì della Emme / 14: Vedere l'altrove
I Martedì della Emme / 15: Possedere una fattoria
I Martedì della Emme / 16: Dentro le pagine
I Martedì della Emme / 17: Bill, prenditi la coda!
I Martedì della Emme / 18: I Pensieri Più Perspicaci
I Martedì della Emme / 19: Emme come Meraviglia
I Martedì della Emme / 20: Per essere liberi
I Martedì della Emme / 21: Esattezza vuol dire...
I Martedì della Emme / 22: Il galateo dell'avventura
I Martedì della Emme / 23: Leoni & Martini