martedì 8 marzo 2011

Una lezione da Ree e Mia

Avevamo pensato di non celebrare questa festa, snaturata da qualche decennio di male interpretate libertà femminili alla Sex and the city (autonomia è collezionare scarpe, mangiare il pollo con le dita, tinteggiare l'appartamento in perfetto look adorabile pasticciona, dare voti ai sederi maschili con un amico gay).
Poi si sono fatte avanti loro: due ragazzine di diciassette e quindici anni, a reclamare con sguardo fermo la questione, serissima, dell'identità. E, cioè, Ree, protagonista di Winter's Bone (in Italia, Un gelido inverno), regia di Debra Granik, interpretata da Jennifer Lawrence (miglior film e miglior sceneggiatura, Sundance Film Festival 2010); e Mia, interpretata da Katie Jarvis e protagonista di Fish tank, 2009, regia e sceneggiatura di Andrea Arnold (Premio della Giuria al 62º Festival del Cinema di Cannes e BAFTA 2010 come Miglior Film Britannico). Due film visti da poco.




Due ragazzine che fanno venire in mente certi personaggi femminili delle fiabe. Le fiabe vere, quelle dove un personaggio deve essere abbastanza straordinario da attraversare alcuni secoli senza un graffio, non quelle pretestuose storielle a dispense il cui unico scopo sembra esser quello di fornire ad aspiranti giovani primedonne improbabili guardaroba in stile Sanremo.




Due personaggi femminili non per nulla usciti dalla mente di due registe. Due ragazzine molto poco convenzionali anche per i parametri del femminismo d’antan. Che ci sono piaciute, anche per questo, moltissimo. La trama dei film non ve la raccontiamo. Anche per non rovinarvi la sorpresa dei due finali. Vi diciamo cosa hanno in comune le due protagoniste: entrambe appartengono a famiglie, luoghi e ambienti sociali marginali, degradati, disagiati; entrambe sono abbandonate a se stesse, prive di adulti in grado di occuparsi di loro o di costituire, nel bene e nel male, un punto di riferimento; entrambe sono belle, ma per accorgersi di quanto lo siano bisogna osservarle e ascoltarle; entrambe sono incazzate, sveglie, rapide e selvatiche; entrambe sono appassionate e dotate di una ferma intelligenza del bene e di una chiara visione del male; entrambe possiedono una calma sovrumana e un'energia potente che traspare da una attitudine fisica regale e animale al tempo stesso; entrambe hanno un istintivo senso della propria integrità che oppongono fieramente alle brutali leggi maschili; entrambe sanno che fra i loro peggiori nemici possono esserci appartenenti al loro stesso sesso, capaci di crudeli soprusi e di efferate violenze; entrambe sono prive di padre e hanno un’esperienza del materno disastrosa eppure sanno farsi carico della responsabilità dell’accudimento; entrambe fanno scelte pericolose, ma rigorose e ineludibili con un coraggio indomito, affrontando dolore, limiti, fragilità, rifiuti, terrori, come prove necessarie, ma senza piegarsi, arrivando a mettere a repentaglio persino la vita. Entrambe trattano con gli uomini, anche fisicamente, alla pari, sapendo che la partita non si gioca attraverso di loro, contro di loro o con la loro conquista, ma prima ancora sul piano ben più arduo della conquista, durissima, di sé, senza la quale non si dà femminile, non si dà maschile, non si danno persone, ma cliché, manichini, fantocci, fantasmi.
Due ragazzine che ci danno una ragione per festeggiare.

2 commenti:

Concetta ha detto...

Bravi topini! Vi stimo sempre di più.

isabel archer ha detto...

il film non l'ho ancora visto ma sicuramente andrò grazie anche alla vostra recensione.

soprattutto però volevo ringraziarvi per la sintesi perfetta che avete usato per definire Sex and the city.
finalmente qualcuno lo dice!