venerdì 29 aprile 2011

Una giacca con nove bottoni

Qualche tempo fa, abbiamo evocato Henry James a proposito di due personaggi del film Hereafter che ci avevano ricordato certi suoi impareggiabili ritratti di bambini (per esempio ne Il giro di vite  o in Quel che sapeva Maisie). Oggi, invece, in puro spirito Anni in tasca, ci occuperemo del bambino che fu Henry James, del quale, grazie a una fotografia e a un racconto di undici pagine, possiamo arrivare a sfiorare l'infanzia. Il libro che contiene questa preziosa memoria si intitola Un incontro casuale, di Rachel Cohen, edito da Adelphi: uno dei libri meglio scritti, più generosi e interessanti che ho letto negli ultimi anni.
Di cosa parla? Di trenta personaggi, nomi importantissimi della storia e della cultura americana, e del modo in cui le loro vite si intrecciarono: incontri spesso di un momento, guidati dal caso, ma che ebbero ripercussioni notevoli, trasformandosi in amicizie o riverberandosi misteriosamente lungo l'arco di intere esistenze. Si va, solo per citarne alcuni, da Mark Twain, a Ulysses Grant, da Willa Cather a Joseph Cornell, da John Cage a Marianne Moore, da Walt Whitman a Langston Huges, da Elizabeth Bishop, a Norman Mailer, a Charlie Chaplin, per un tempo che va dalla Guerra Civile al movimento per i diritti civili.
“Mi sono sentita particolarmente gratificata dal modo in cui gli scrittori e gli artisti di cui si parla nel libro hanno scelto, in ciò che scrissero e nelle immagini che ci hanno lasciato, di offrire qualcosa di sé. Ho ammirato la maniera in cui tutti hanno tenuto fede alla propria disposizione d'animo aperta e generosa verso gli altri, senza cessare di rivolgere il pensiero a coloro che li avevano preceduti e a quanti sarebbero venuti dopo”, scrive l'autrice a proposito del criterio che ha sovrinteso alla loro selezione.
Questo strano libro, a metà fra scrittura creativa e saggistica, costruito su un lavoro enorme di documentazione sulle biografie dei personaggi, si propone, come spiega l'autrice nella prefazione, di dar forma a una storia privata di lungo respiro. Nelle pagine riservate a James che, accanto allo straordinario ritratto fotografico protagonista del racconto, aprono il volume, abbiamo accesso al mondo privato, interiore ed esteriore, di uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi nel momento in cui, insieme al padre, si sottopose a una seduta fotografica nello studio del celebre Mathew Brady, uno dei pionieri della storia della fotografia. Scorci di pensieri, strade, ricordi, frasi, paesaggi, oggetti, visioni, abiti, gesti che ci abbagliano, per il nitore con cui affiorano al presente, restituendoci l'intensità della vita che fu, e accendendo la nostra comprensione di noi stessi e del nostro presente.

Quando i due James si misero in posa, l'operatore vide un ragazzino dai lineamenti delicati con indosso una giaca attillata chiusa da una lunga fila di bottoni luccicanti. Schiena e spalle dritte, reggeva nella mano sinistra un cappello bianco a tesa larga. Era in piedi su una cassetta, in modo da poter appoggiare il braccio destro sulla spalla del padre. Il padre, calvo e barbuto, si reggeva con entrambe le mani al pomo di un bastone. Il ragazzo aveva lo sguardo rivolto alla macchina fotografica, ma vi era qualcosa di cogitabondo negli occhi, come se stessero seguendo altri pensieri.
Circa sessant'anni dopo, James ricordò che mentre posava stava pensando al romanziere inglese William Makepeace Thackeray, che da poco era stato loro ospite. A quanto pare, il momento iniziale dell'incontro gli era rimasto profondamente impresso nella memoria. James si trovava nel vestibolo. L'insigne ospite era seduto in salotto e da lì lo chiamò: «Vieni qua, ragazzo mio, fammi vedere la tua strepitosa giacca!» La giacca di James, quella che portava sempre, aveva, rispetto a quelle indossate dai suoi coetanei inglesi, molti più bottoni. James scrisse che Thackeray, «benché mi poggiasse sulla spalla la mano della benevolenza, si chinò sul mio abito americano con gli occhiali della stupefazione.» L'intera famiglia James si raccolse intorno all'illustre ospite e stette a guardare quell'uomo anziano, quel grande romanziere, che si chinava a esaminare i bottoni. Thackeray inarcò le sopracciglia e osservò che «se mi fossi recato in Inghilterra, mi avrebbero chiamato il signor Bottoni». Aggiunse James nelle sue memorie: «Da quel momento la giacca cominciò a pesarmi sulle spalle».

Deve essersi trattato di una sensazione particolarmente sgradevole, visto che a quel tempo Henry James sognava solo di andare in Inghilterra. I genitori gli parlavano in continuazione dell'Europa come del paragone della cultura e i libri dei bambini erano solo e soltanto inglesi: l'odore dell'inchiostro fresco sulle pagine appena tagliate, per lui un autentico «tonico vitale», era noto in casa come «l'odore dell'Inghilterra». Il piccolo James si era convinto che in Europa, lui che a scuola non aveva mostrato fiducia in se stesso né mietuto i successi di William [il fratello, filosofo e psicologo, padre del pragmatismo e del funzionalismo n.d.r. ], si sarebbe sentito finalmente a suo agio. Viveva perciò in uno stato di agitazione febbrile, in attesa del viaggio che li avrebbe portati nel Vecchio Continente. E, forse, una volta a letto, la notte successiva all'arrivo di Thackeray, il piccolo Henry sentì accentuarsi dentro di sé l'inclinazione all'autoanalisi; si mise a pensare agli abiti che indossava, ai bottoni troppo numerosi, ed ebbe il timore – perfino durante il sonno un po' agitato – che non si sarebbe trovato poi così bene in Inghilterra.
Quando settimane dopo, assecondando il capriccio di Henry James Sr. [il padre, teologo e filosofo trascendentalista discepolo di Swedenborg, n.d.r.], andarono allo studio fotografico per farsi fare il ritratto, ciò avvenne in maniera assolutamente repentina, e il piccolo James serbò il chiaro ricordo di essere arrivato da Brady senza aver avuto il tempo di mettersi qualcos'altro al posto della giacca incriminata. James Jr. rivolse la sua attenzione a Brady, alla macchina fotografica e agli assistenti che guardavano lui e il padre. Dovette attendere molto, tre o quattro minuti, con la testa appoggiata a una specie di ganascia che allora si usava per tenere il soggetto perfettamente fermo durante l'esposizione, e in quel lasso di tempo visse un momento di dolorosa autoconsapevolezza. E forse non c'è da meravigliarsi che, dopo tanti anni, ancora ricordasse di aver pensato ai bottoni della giacca e di aver avuto la chiara e devastante impressione, metre si trovava «nella morsa di Brady», che lui e la sua famiglia fossero «un po’ strani».
In seguito Henry James Jr. «strano», nel senso di «diverso», lo divenne davvero...

1 commento:

isabellalabate ha detto...

Grazie per la magica segnalazione, non vedo l'ora di avere questo libro tra le mani...