Il recente post su Alessandro Degli Angioli e Joanna Concejo ha stimolato riflessioni e discussioni, continuate anche al di fuori del contesto di questo blog. Da una di queste, è nato uno scritto che Alice Barberini ci ha inviato e che le abbiamo chiesto di pubblicare. Eccolo qui.
[di Alice Barberini]
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Madonna con il bambino e angeli. Berlino Staatliche Museum. |
Scrivere e illustrare sono mestieri difficili. Immaginare e rendere materia, parola i propri pensieri, le proprie idee è come districare un’enorme matassa. Sono lì nella nostra testa, ma servono il coraggio e la voglia di afferrare il filo, sciogliere i nodi e distenderlo. Non è facile, ma è un’occasione. Un occasione è vedere il proprio immaginario prendere vita sulla pagina bianca, un’occasione per guardarsi dentro. Nel mio caso, oggi l’occasione è la possibilità di esprimere il mio personale pensiero in materia di plagio. E di farlo in uno spazio così speciale come il blog di Topipittori.
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Madonna del Magnificat. Firenze. Uffizi. |
Il concetto di plagio inteso come appropriazione indebita di un’idea, di un’opera d’arte, ha attraversato i secoli. Ha cambiato forma e dimensione e significato con il passare degli anni, con il mutare delle culture. Per capire il perché, e in che modo, veniva gestita la proprietà delle immagini, di uno scritto, è necessario conoscere il ruolo che l’artista avuto nella diverse epoche e qual era lo scopo principale della sua opera.
Fino alla prima metà del Quattrocento, il pittore era considerato, né più né meno, un artigiano.
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Madonna della Melagrana. Firenze. Uffizi. |
Il valore del suo operato era dato principalmente dalla qualità tecnica e dalla quantità dei materiali pregiati utilizzati. Gli artisti erano iscritti a corporazioni che lasciavano poco spazio alla sperimentazione e alla creatività individuale.
Leon Battista Alberti fu il primo, nel 1436, nel
De Pictura, a teorizzare una nuova figura d’artista: non semplice artigiano ma “uomo di cultura”. Inoltre, il fine ultimo della pittura, per diversi secoli, fu divulgativo, didattico: insegnare a una popolazione per lo più analfabeta le storie della Bibbia e dei Vangeli. Nelle botteghe il maestro, gli allievi e i garzoni lavoravano quasi a catena di montaggio. I tre dipinti qui sopra, sono un esempio di come una stessa immagine poteva essere usata più e più volte, apportando lievi modifiche oppure no, anche all'interno di una stessa bottega. Nel caso specifico, quella di
Sandro Botticelli.
È in questo clima che gli artisti lavoravano. Non vi erano grossi scandali nel copiare una figura, una composizione, una tavolozza o addirittura l’intera opera altrui. Anche se già allora si pensava che chi copiava dovesse farlo con l’intenzione di apportare qualche “miglioria”.
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Giuditta e Oloferne. Caravaggio. Galleria azionale di arte antica. Roma. |
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Giuditta e Oloferne. Artemisia Gentileschi. Firenze. Uffizi. |
Se sfogliamo un manuale di storia dell’arte, però, ci rendiamo conto che in sostanza la condivisione delle immagini era ai massimi livelli. Soprattutto all’interno delle varie correnti artistiche la cosa si fa evidente. Ad esempio, è manifesta l’influenza che ha avuto l’opera di
Caravaggio sui pittori della sua epoca.
Artemisia Gentileschi, come
Lucio Massari, come tanti altri pittori, detti appunto Caravaggeschi, riprendono da lui la composizione, l’uso della luce e del colore.
È solo in epoca romantica che il concetto di autore, inteso come unico possessore delle proprie idee, prende veramente forma. Il plagio viene definito un vero e proprio furto, e perciò punibile per legge.
L’arte, la cultura, il costume e le leggi sono, come sappiamo, anch’esse frutto dell’epoca in cui sono nate. Il ventunesimo è il secolo che tutto divora, tutto fagocita rapidamente. E in questo clima nasce la svolta nel campo dei diritti d’autore: il
copyleft. Fenomeno a mio avviso particolarmente interessante fin dal gioco di parole: anche letteralmente è il contrario di copyright.
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San Matteo e l'Angelo. Caravaggio. Opera perduta. |
Con il copyleft è l’autore stesso che rinuncia alla propria idea mettendola a disposizione di altri. Questi possono decidere di modificarla liberamente o di utilizzarla così com’è. Tutto questo nel rispetto di alcune essenziali condizioni: che venga citata l’opera d’origine e l’artista che l’ha creata, che l’opera derivata resti libera dai diritti d’autore proprio come lo era la sua fonte.
Ancora una volta una condivisione massima di idee e immagini. Queste diventano semi, chiunque potrà decidere come e dove piantarli. Potranno crescere e dare altri semi, ognuno però potrà ricondurli alla pianta d’origine che li ha generati.
Credo vi sia una grande creatività nel decidere di cedere la propria opera affinché questa divenga la chiave d’accesso per qualcos’altro.
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San Matteo e l'Angelo. Lucio Massari? Chiesa dei Cappuccini. Roma. |
Ma anche avendo il permesso di farlo, penso che un’artista, per essere considerato tale, dovrebbe utilizzare l’immaginario d’altri solo come un trampolino di lancio per altri mondi.
Chi plagia un’opera altrui non è un illustratore, non perché non possa esserlo, ma perché manchevole di cogliere un’occasione.
L’occasione di innamorarsi. Innamorarsi del proprio lavoro. L’idea va cercata, avvicinata, corteggiata proprio come un’amante. È un pensiero fisso. Il corteggiamento è nella continua ricerca, l’innamoramento è nel brivido che ti percorre la mente quando ti accorgi di aver scoperto qualcosa di inaspettato. A quel punto non puoi fare a meno di fare. Il tuo cuore insegue il fare proprio come un innamorato insegue la persona amata.
2 commenti:
Grazie, interessantissimo argomento su cui ragiono spesso. Vorrei aggiungere, poiché me ne occupo da vicino, che in passato fu proprio il libro illustrato o i fogli sciolti degli incisori, spesso traduttori delle opere pittoriche, a permettere il passaggio delle idee e delle novità in campo figurativo; Dunque, attraverso la carta veicolo principale delle iconografie, molti artisti potevano aggiornarsi senza dover necessariamente viaggiare, recarsi a Firenze o a Roma, o ne nord Europa per carpire le nuove idee: é stato dimostrato che questi fogli circolavano nelle botteghe artistiche e venivano utilizzati come modelli. Spesso, furono i committenti a desiderare un certo impianto figurativo perciò la bottega eseguiva, senza destare scandalo, ciò che veniva richiesto. Con il Manierismo, poi, questo gioco di rimandi continui si amplifica, tanto più che gli stessi incisori/illustratori gareggiano coi maestri, con il Durer, tanto per citare uno dei maestri xilografi più importanti del Cinquecento. Certo è che oggi il passaggio delle immagini nella rete è talmente veloce che spesso vista una immagine si fa pure presto a dimenticarla e il gioco dei rimandi è inconscio, quando la nostra memoria recupera automaticamente un'idea che forse non è più originale. Io sostengo che la citazione sia un'aggiunta al proprio lavoro quando un'idea si rielabora, aggiungendo qualcosa di proprio. Credo che l'originalità pura non esista. Giorgia
Grazie Alice per questo post, colto e interessante. Mi piace molto la similitudine tra la ricerca dell'idea e l'innamoramento.
"Il brivido che ti percorre la mente", in poche parole sei riuscita a concentrare quel che si sente, la passione, il fervore da cui si è colti quando finalmente dopo la ricerca (a volte anche faticosa, estenuante, contradditoria) e il corteggiamento, l'idea è lì nuda davanti a te, pronta per essere amata.
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