giovedì 15 dicembre 2011

Accadde a Montreuil: illustratrici italiane alla conquista della banlieu

[di Silvia Santirosi]

Cammino cercando il numero 87. Mi fermo davanti una vetrina illuminata, i miei occhi non lo hanno trovato, ma l’insegna recita: “De fil en café”. Sono comunque arrivata. Un po’ in anticipo sull’orario stampato sul volantino, apro la porta e vengo investita da un’aria giocosa, piena di elettricità ed energia positiva. Fervono i preparativi in un clima colorato come il luogo che ospita Notre fil rouge, la mostra che ha riunito 18 illustratrici italiane. Sono i giorni del Salon du livre et de la presse jeunesse en Seine Saint-Denis, un momento inconturnable direbbero i francesi, in ogni caso da non perdere per chi, illustratore o autore, ha voglia di fare un’abbuffata di novità, di editori e, perché no, di amici e colleghi da tutta Europa. Certo, quest’anno la crisi si è fatta sentire anche qui e gli indizi non sono stati pochi: grandi manifesti di giovani illustratori che denunciano il comportamento di editori poco onesti, una standardizzazione preoccupante delle case editrici e davvero pochi libri che sono riusciti a farsi notare nel mare di déja-vu che, tsunami inarrestabile, ha spazzato via ogni slancio alla sperimentazione. Questa però è un’altra storia.

Torniamo allora a quella che stavamo raccontando. Come ogni favola che si rispetti, nasce da un incontro casuale: «c’è stato un giorno in cui è comparsa alla mia porta una ragazza che non parlava francese» ci dice Marianne in un sorriso. «Ha ordinato un caffè e si è seduta in un angolo. Non c’era nessuno e abbiamo iniziato una conversazione in inglese. Da lì all’organizzazione di questo evento il passo è stato breve». Quella ragazza era Francesca Capellini, bergamasca naturalizzata torinese che ha fatto, come la sottoscritta, un grande salto transalpino per andarsene ad abitare nella Ville Lumière, una città dura, difficile, ma in cui i destini delle persone si incrociano nei modi più strani. Marianne è una costumista che ha lavorato per il teatro, il cinema, rientrata da poco sul suolo patrio dopo aver trascorso dieci anni in Irlanda. Parallelamente alla sua attività, decide di creare un luogo intimo, familiare di incontro e condivisione nel quartiere in cui è nata (Montreuil appunto), dove le persone possano andare a bere un tè, un caffè o una cioccolata calda, e magari tornare per imparare a cucire. E per accedere al suo laboratorio delle meraviglie, non c’è bisogno di inseguire il coniglio bianco nella sua tana, basta attraversare una porta.

Quando arrivo, le ragazze che hanno passato il pomeriggio ad allestire la mostra, sono impegnate nella preparazione dei vari stuzzichini. Si aprono pacchi di patatine e si stappano bottiglie di vino. Qualcuna, credendo di non essere vista, sgranocchia un biscotto. Sguardi di panico rimbalzano di viso in viso appena tiro fuori il mio registratore. Sospiro, ormai ho imparato che non c’è niente di peggio che fare un’intervista a un illustratore. Sarà per quello che hanno scelto come modalità di comunicazione il disegno? Poco male, improvviserò cercando la chiave giusta per convincere ciascuno a parlare. Come sempre.


La prima vittima è Aurora Cacciapuoti che da un po’ abita a Cambridge. Così ci descrive la sua illustrazione questo giovane cervello (e mano) in fuga: «bianco nero e rosso: con questi tre colori volevo trasmettere il sentimento di collaborazione che si può instaurare tra donne diverse. Ognuna conserva la sua identità e specificità, eppure ciascuna contribuisce all’arricchimento del gruppo». Manuela Andreani racconta di aver assistito allo spettacolo di un funambolo qualche giorno prima di aver ricevuto l’invito a partecipare. E alla base della sua illustrazione c’è proprio il fascino esercitato su di lei da quell’esperienza. «Francesca ha creato davvero un filo rosso che ha unito tanti luoghi anche lontani e tante persone diverse che magari si conoscevano solo grazie al loro lavoro pubblicato su internet. È bello seguire visivamente questa esplorazione della femminilità attraverso linguaggi e gusti così differenti» commenta Giulia Sagramola quando arriva il suo turno. «Ho piegato il tema della mostra al mio percorso di ricerca legato alla geometria delle immagini un po’ disorientanti, immagini in cui cerco di attrarre l’occhio dell’osservatore incuriosendolo e spingendolo a interrogarsi sul suo significato» si lancia Sarah Mazzetti. E da lì apriamo una parentesi sulla post avanguardia, sull’immaginario americano rispetto a quello europeo…

Intanto, pian piano, le persone iniziano ad arrivare. Gli spazi si riempiono, sedie e divani vengono occupati. Si parla, si beve e si scherza. «C’è tanta poesia in molti di questi disegni, in alcuni anche del romanticismo» risponde Laurent, un amico di un’amica di Marianne, quando gli chiediamo di commentare i lavori presenti. «Mi colpisce molto questo filo rosso che li attraversa legando le persone le une alle altre, alla vita o all’ambiente circostante. Forse, l’unica cosa su cui avrei qualcosa da dire è che ci sono solo illustrazioni di donne» scherza alla fine. Sì sa, qui in Francia, les chiennes de garde (le femministe pure e dure) fanno paura. Tra i presenti intercettiamo Alessandro Tota, disegnatore di fumetti che ha lasciato la sua nativa Bari e vive ormai da quattro anni a Parigi. «La varietà di stili è un elemento che apprezzo molto, ma la cosa che rende interessante questa mostra è il tema del filo» ci risponde, quando gli chiediamo un parere da “esperto”. «Voglio dire, il fatto che quest’oggetto venga immediatamente associato alla linea fa entrare in una dimensione in cui il disegno diventa subito pensiero, cioè la linea deve avere subito un senso: deve unire, condurre da un punto all’altro».

Last but not least, veniamo al cuore (generoso) da cui si sono dipanati i mille fili di questo evento. «L’illustratrice “base” italiana» dice Francesca Capellini «fa riferimento a un immaginario tradizionale, con un segno, una grafica e una concezione generalmente molto dolce. Invece si sta affermando una generazione di ragazze, tutte tra i venticinque e i trent’anni, che hanno un’estetica diversa. Molto più moderna ed europea. Semplicemente volevo creare uno spazio e un tempo che desse loro un minimo di visibilità. Anche se del loro lavoro sentiremo presto parlare. Di questo sono sicura!».
Il tempo passa veloce. Altri impegni mi chiamano altrove. Prima di lasciare quel luogo caldo e colorato, getto un ultimo sguardo ai disegni. Le illustrazioni sono lì, immobili e impassibili, che assistono a questo circo umano. Chissà come avrebbero raccontato loro questa storia…ma questo non ci è dato saperlo.

Postilla a mo’ di conclusione. A volte capita anche di non poter proprio far finta che non ci sia un evidente conflitto di interessi nell’esercizio della propria professione… Spero di non aver scandalizzato troppo i bacchettoni della deontologia professionale nel rispondere all’appello alle armi (pennute) del Cavalier Topo senza macchia e senza paura! Se così fosse, che gli dei mi perdonino.

Grazie agli auspici e all’impegno di Francesca Capellini, la mostra Notre Fil Rouge ha presentato, in occasione del Salon du Livre et de la Presse Jeunesse di Montreuil, i lavori di dodici illustratrici italiane che ci fa piacere nominare una per una, in ordine alfabetico: Aurora Cacciapuoti; Bianca Bagnarelli; Cristina SpanòCristina Storti Gajani; Francesca Capellini; Francesca Ferri; Francesca Viterbo; Giorgia Atzeni; Giulia Guerra; Giulia Sagramola; Ilaria Boscia; Manuela Andreani; Marta Iorio; Sara Gavioli; Sarah Mazzetti; Silvia Rocchi; Silvia Santirosi; e Valeria Scricco. Ai più curiosi basterà cliccare sul nome di ciascuna per precipitare nel suo privatissimo immaginario.

3 commenti:

Unknown ha detto...

E brava Silvietta, e brave tutte!

Francesca Viterbo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Francesca Viterbo ha detto...

Grazie Silvia, grazie Topipittori!