mercoledì 11 gennaio 2012

Gerald, Assuntina e Diego, ovvero: i bambini sono alieni?

Quando ero piccolo, la Rai trasmetteva ancora in bianco e nero, non c’era il telecomando e la tv ci veniva concessa con il contagocce. Allora, abitare a Milano era un privilegio perché si poteva vedere la Televisione della Svizzera Italiana. Per me era la mecca: intanto era a colori; e poi, il sabato prima di cena, dopo le estrazioni del lotto svizzero (uno spettacolo in sé) c’era Scacciapensieri, mezz’ora di esilaranti cartoni animati vecchi e nuovi. Altro che Giocagiò, con quella noiosissima sigla di Lele Luzzati.



È stato su Scacciapensieri che ho scoperto Gerald McBoing Boing: un cartone animato degli anni Cinquanta, realizzato dalla UPA da un soggetto di Theodore Gieser, alias Doctor Seuss. Erano le avventure, raccontate in rima seussiana e disegnate con un bel tratto tondo e solido e un uso parco ma efficace del colore a tinta piatta, di Gerald McCloy: un bambino che, invece di parlare emetteva i suoni più sorprendenti, fra i quali risaltava il caratteristico “boing boing” che gli dava il nome. Ecco come sono andate le cose.



L’identificazione fu immediata. Anche se con meno drammaticità, anche a me sembrava di parlare una lingua che gli altri non capivano. Le conseguenze erano più o meno le stesse: la costernazione dei genitori, che si trasformava progressivamente nella convinzione che la diversità fosse una malattia. Mi auguravo che anche per me, come per Gerald, venisse il tempo della riscossa: ma ero quasi convinto che, anche se avessi avuto lo stesso successo di Gerald, anche i miei genitori, pur orgogliosi, avrebbero continuato a considerarmi uno strano oggetto da maneggiare con cautela.
Di avventure di Gerald Mc Boing Boing ce ne sono poi state altre. E c’è stato anche un Oscar come miglior corto d'animazione. Da qualche anno è arrivato un restyling: una riedizione, con doppiaggio in italiano. Mi sono rifiutato di guardarla. Se proprio volete correre il rischio, andate su YouTube. Io mi tengo ben stretti i miei ricordi.



Le straordinarie avventure di Gerald mi hanno fatto pensare a quanto sia forte in me la convinzione che i bambini siano alieni, proiettati qui sulla terra dallo spazio siderale. Come scrive Diego Malaspina in Miralat, se c’ero già, se un’idea qualunque di me esisteva in un punto del cielo, si trovava di certo in un luogo dove i fenomeni della terra non si notavano nemmeno. E lì, in quel posto dal quale non si godeva alcuna vista del mondo che li avrebbe accolti, con Diego sta Gerald. E sta Assuntina, poi precipitata, con un piglio e una parlata assurdamente milanesi nella Napoli più profonda di Incantesimo Napoletano.



Per Gerald e Assuntina, si prospettano finali diversi. Con la fiducia che solo gli americani hanno nel progresso e nella tecnologia, il professor Joyce trova il modo di rendere comprensibili i suoni che il bambino produce e nell’epilogo, ci troviamo il rassicurante bel salottino con l’ometto in poltrona (Tutto suo padre, direbbe una zia), che parla con i genitori solo al telefono, distillando frasi prive di senso ma dispensatrici di felicità (How now brown cow).




Anche la povera Assuntina trova sulla sua strada lezioni di lingua, anche più esilaranti di questa.



Ma con la fiducia che solo gli italiani hanno nell’amore dei genitori per i figli e viceversa, Assuntina, ormai grande, offre il figlio al padre - apparentemente innocuo, ma rapinoso (lui deve stare qui sotto con me) - come agnello sacrificale sull’altare dell'armonia familiare. Chissà quale lingua parlerà il nuovo, povero, piccolo alieno. (Il finale è lungo e potete vederlo qui.)

2 commenti:

isabellalabate ha detto...

Grazie, bellissimo post. Non conoscevo Gerald, ma che bello quando si parla di diversità con gioia! Nel 1950 poi! Un capolavoro. Faccio parte di un'associazione che difende i diritti delle persone autistiche, lo mostro ai miei compagni del direttivo.

Mauro Mongarli ha detto...

Gerald è parte fondamentale dell'indimenticato rapporto di bimbi tra me e mia sorella. Quando da piccoli eravamo arrabbiati con i nostri genitori, e ci raccontavamo a vicende le loro angherie, per un certo periodo il riportare le loro perfidie terribili (al massimo : vai subito a letto!) era composto esclusivamente da una serie di sonori "BOING".
Inutile dirlo, ci capivamo benissimo, con sfumature tutt'ora chiare ben oltre i nostri quarant'anni e passa.

Secondo me, quindi, in qualche modo anche i genitori sono alieni (io di sicuro).

Boing!