[di Marta Sironi]
Ricorre oggi il ventennale della prematura morte del grafico e illustratore John Alcorn (1935-1992) e volendolo ricordare si ricorre a uno dei suoi tanti lavori floreali: un biglietto d’auguri d’inizio anno progettato per l’agenzia pubblicitaria Promos. La presenza al centro di un involucro con i semi del fiore (mimetizzato dietro la sagoma del fiore rosa al centro) carica l’immaginario edenico dell’illustrazione di una sua ideale prospettiva terrestre.
Un seme per la valorizzazione del lavoro di John Alcorn è stato di recente posto dal Centro Apice (Archivi della Parola, dell’Immagine e della Comunicazione Editoriale) dell’Università degli Studi di Milano – dove dall’autunno 2010 si trova il suo archivio – dedicandogli le due giornate dell’annuale convegno, Testi, forme e usi del libro, tenutosi il 23 e il 24 novembre 2011. Per l’occasione, l’opera grafica di Alcorn è stata messa a fuoco all’interno di un’ampia panoramica della grafica editoriale tra anni Sessanta e Settanta, con varie testimonianze di carattere storico, ma anche di alcuni dei protagonisti, grafici ed editori: Rosellina Archinto, Luigi Brioschi, Giancarlo Iliprandi, Italo Lupi, Alessandro Mendini, Luigi Spagnol, Marzio Zanantoni, Ambrogio Borsani, Maurizio Turazzi, Leonardo Passarelli, Daniele Baroni, James Clough e Mario Maffi.
Attraverso alcuni passaggi della toccante presentazione del figlio, Stephen Alcorn, insegnante di illustrazione presso The School of The Arts, Virginia Commonwealth University, Richmond, ricordiamo qui di nuovo alcuni momenti salienti della vita e dell’opera di John Alcorn.
Come aspirante artista ho avuto la grande fortuna di trascorrere la miglior parte della mia infanzia disegnando accanto a mio padre nel suo studio; avevo il privilegio di assistere e partecipare alla creazione di un’opera d’arte. Per cui per me custodire le gemme lasciate da mio padre significava restare in comunicazione con il suo spirito.
L’accesso ai suoi originali non soltanto consentiva innumerevoli viaggi nelle proustiane regioni della memoria, ma anche il passaggio in un mondo immensamente ricco e fantasioso in cui appariva una magica confluenza di spirito, umorismo, fascino decorativo, eleganza grafica e potenza di trasformare una cosa banale in qualcosa di straordinario.
È naturalmente ironico che l’opera di un artista riconosciuto, che è stato così tanto “uomo dei suoi tempi”, dovesse essere improvvisamente nascosta agli occhi del pubblico. L’artista che una volta Milton Glaser definì “il prodigioso designer con volto infantile e mani d’oro” si era affermato come una meteora negli anni giovanili. Le funzioni/ruoli importanti negli anni formativi presso i Pushpin Studios e il successivo sviluppo dello stile archetipico degli anni Sessanta sono serviti ad assicurare presto la sua preminenza negli annali delle comunicazioni visive della sua epoca. Versatile per natura e prodigiosamente prolifico, la sua influenza sarebbe stata avvertita in praticamente ogni aspetto dei media a stampa.
Guardando al passato, vedo che la sua morte, in modo paradossale è coincisa con una nascita e cioè con il principio della rivoluzione. Che sia migliore o peggiore non si sa, comunque oggi viviamo in un mondo che lui non avrebbe più riconosciuto. L’approccio di mio padre alla sua opera era fondamentalmente artigianale, alla sua radice si trova una coordinazione occhio-mente-mano estremamente fine.
La passione sfrenata che aveva per le cose fatte a mano garantiva che praticamente ogni aspetto della sua arte - persino gli aspetti meno illustrativi e più tecnici della sua opera, per esempio l’ambiente della tipografia meccanica e le discipline ad essa connessa - emana un calore che è alieno alle sensibilità dominante della tecnologia dei nostri giorni. Rabbrividisco al pensiero di cosa avrebbe pensato mio padre di un mouse, e ancor di più di una tavoletta grafica. Da artista usava tutti i suoi sensi: la sua attitudine a lavorare a contatto con la natura, il suo amore per i materiali e il suo apprezzamento per le caratteristiche tattili garantivano che non ci fosse una divisione meccanica fra l’opera in sé e la mente e le mani che l’avevano creata. Nessun aspetto dell’arte era troppo insignificante o troppo periferico per la sua attenta considerazione e continua attenzione. In ultima analisi, è il contrasto fra l’ethos artigianale di mio padre e l’ethos a indirizzo tecnologico odierno che paradossalmente rende la sua opera così importante per la nostra epoca, e la sua riscoperta così opportuna.
Una componente essenziale dell’opera di mio padre è la presenza floreale, il fiore come elemento decorativo, come icona simbolica e, in effetti, come organo principe del sentimento. Il fiore stava a mio padre come le nuvole a Constable e le mele a Cézanne. Ne è testimonianza l’abbondanza di immagini degli anni Sessanta e seguenti in cui le forme delle lettere che compongono la parola AMORE sono elaborate proprio con questi elementi floreali. O l’immagine lirica della PACE da lui creata nel 1969 - un dipinto acrilico su tela in cui la canna di una pistola si trasforma in un nodo da cui emerge un solitario fiore giallo, composto da gambo e foglie morbide e ondeggianti. Il ciclo acquista un maggiore significato quando nel 1974 crea un acquarello che rappresenta il trionfo dell’anima sulla sofferenza.
Un’immagine silenziosa/pacifica e delicata in cui una rosa solitaria emerge trionfante da una roccia altrettanto solitaria. Il ciclo raggiunge il suo apice nel 1987, con la creazione del francobollo della serie Amore per i servizi postali americani. Per questo incarico ha ideato un’immagine metaforica a tonalità pastello in cui un fiore si trasforma in cuore policromo fiammeggiante - un tributo commovente al potere alchemico dell’amore che tutto trascende e riconcilia. Quando penso all’opera di mio padre mi viene in mente questa fusione simbolica di due elementi universali per crearne uno di livello superiore, che era emblematica del suo spirito e dei suoi principi guida come essere umano.
Naturalmente queste immagini non sarebbero state possibili se non fosse stato per la forte passione di mio padre per l’orticoltura.
Con il trascorrere degli anni, sembra che la distanza fra lo studio e il giardino si sia sempre più ridotta. Nel momento in cui fissò il suo ultimo studio a Hamburg Cove nel Connecticut il suo tavolo da disegno era a pochi passi dal giardino le cui dimensioni ora eccedevano quelle dello studio. Sì, mio padre era in cuor suo un giardiniere.
Conferiva ai suoi sforzi artistici quel genere di spirito diligente, paziente e nutritivo con cui un coltivatore segue il suo raccolto. In questo senso il suo studio era simile a una serra, un laboratorio in cui, come un orticoltore, avrebbe sperimentato, compiendo impollinazioni incrociate tra diversi mezzi e stili e sperimentando con ogni possibile strumento a disposizione. In questo processo è emerso un nuovo modo di vedere.
(Il testo completo dell'intervento di Stephen Alcorn è in uscita sulla rivista “Bibliologia”, Serra Editore).
Nel 1962, John Alcorn pubblicava il suo primo libro illustrato per bambini: Books!, edito da Simon & Schuster, quello stesso anno indicato dall’AIGA come il secondo miglior libro illustrato per bambini pubblicato in America. Grazie a Marta Sironi e a Stephen Alcorn abbiamo avuto la fortuna di venire a conoscenza di questo gioiello assoluto. E in seguito anche la gioia immensa, come editori, di poterlo pubblicare. Sarà in libreria a settembre. Ma di questo parleremo più avanti.
Ricorre oggi il ventennale della prematura morte del grafico e illustratore John Alcorn (1935-1992) e volendolo ricordare si ricorre a uno dei suoi tanti lavori floreali: un biglietto d’auguri d’inizio anno progettato per l’agenzia pubblicitaria Promos. La presenza al centro di un involucro con i semi del fiore (mimetizzato dietro la sagoma del fiore rosa al centro) carica l’immaginario edenico dell’illustrazione di una sua ideale prospettiva terrestre.
Biglietto di auguri per l’agenzia pubblicitaria Promos. |
Un seme per la valorizzazione del lavoro di John Alcorn è stato di recente posto dal Centro Apice (Archivi della Parola, dell’Immagine e della Comunicazione Editoriale) dell’Università degli Studi di Milano – dove dall’autunno 2010 si trova il suo archivio – dedicandogli le due giornate dell’annuale convegno, Testi, forme e usi del libro, tenutosi il 23 e il 24 novembre 2011. Per l’occasione, l’opera grafica di Alcorn è stata messa a fuoco all’interno di un’ampia panoramica della grafica editoriale tra anni Sessanta e Settanta, con varie testimonianze di carattere storico, ma anche di alcuni dei protagonisti, grafici ed editori: Rosellina Archinto, Luigi Brioschi, Giancarlo Iliprandi, Italo Lupi, Alessandro Mendini, Luigi Spagnol, Marzio Zanantoni, Ambrogio Borsani, Maurizio Turazzi, Leonardo Passarelli, Daniele Baroni, James Clough e Mario Maffi.
Attraverso alcuni passaggi della toccante presentazione del figlio, Stephen Alcorn, insegnante di illustrazione presso The School of The Arts, Virginia Commonwealth University, Richmond, ricordiamo qui di nuovo alcuni momenti salienti della vita e dell’opera di John Alcorn.
John e Phyllis Alcorn, Val d'Aosta, 1970, fotografia di Thomas Alcorn (1956-1974). |
Copertina, 1972. |
È naturalmente ironico che l’opera di un artista riconosciuto, che è stato così tanto “uomo dei suoi tempi”, dovesse essere improvvisamente nascosta agli occhi del pubblico. L’artista che una volta Milton Glaser definì “il prodigioso designer con volto infantile e mani d’oro” si era affermato come una meteora negli anni giovanili. Le funzioni/ruoli importanti negli anni formativi presso i Pushpin Studios e il successivo sviluppo dello stile archetipico degli anni Sessanta sono serviti ad assicurare presto la sua preminenza negli annali delle comunicazioni visive della sua epoca. Versatile per natura e prodigiosamente prolifico, la sua influenza sarebbe stata avvertita in praticamente ogni aspetto dei media a stampa.
Immagine per calendario Morgan Press, 1967. |
Guardando al passato, vedo che la sua morte, in modo paradossale è coincisa con una nascita e cioè con il principio della rivoluzione. Che sia migliore o peggiore non si sa, comunque oggi viviamo in un mondo che lui non avrebbe più riconosciuto. L’approccio di mio padre alla sua opera era fondamentalmente artigianale, alla sua radice si trova una coordinazione occhio-mente-mano estremamente fine.
Copertina, 1967. |
Una componente essenziale dell’opera di mio padre è la presenza floreale, il fiore come elemento decorativo, come icona simbolica e, in effetti, come organo principe del sentimento. Il fiore stava a mio padre come le nuvole a Constable e le mele a Cézanne. Ne è testimonianza l’abbondanza di immagini degli anni Sessanta e seguenti in cui le forme delle lettere che compongono la parola AMORE sono elaborate proprio con questi elementi floreali. O l’immagine lirica della PACE da lui creata nel 1969 - un dipinto acrilico su tela in cui la canna di una pistola si trasforma in un nodo da cui emerge un solitario fiore giallo, composto da gambo e foglie morbide e ondeggianti. Il ciclo acquista un maggiore significato quando nel 1974 crea un acquarello che rappresenta il trionfo dell’anima sulla sofferenza.
Pace, acrilico, 1969 |
Rosa, acquerello, 1974. |
Francobollo della serie Amore, 1987. |
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Con il trascorrere degli anni, sembra che la distanza fra lo studio e il giardino si sia sempre più ridotta. Nel momento in cui fissò il suo ultimo studio a Hamburg Cove nel Connecticut il suo tavolo da disegno era a pochi passi dal giardino le cui dimensioni ora eccedevano quelle dello studio. Sì, mio padre era in cuor suo un giardiniere.
Conferiva ai suoi sforzi artistici quel genere di spirito diligente, paziente e nutritivo con cui un coltivatore segue il suo raccolto. In questo senso il suo studio era simile a una serra, un laboratorio in cui, come un orticoltore, avrebbe sperimentato, compiendo impollinazioni incrociate tra diversi mezzi e stili e sperimentando con ogni possibile strumento a disposizione. In questo processo è emerso un nuovo modo di vedere.
(Il testo completo dell'intervento di Stephen Alcorn è in uscita sulla rivista “Bibliologia”, Serra Editore).
Immagine per Morgan Press, 1989. |
Nel 1962, John Alcorn pubblicava il suo primo libro illustrato per bambini: Books!, edito da Simon & Schuster, quello stesso anno indicato dall’AIGA come il secondo miglior libro illustrato per bambini pubblicato in America. Grazie a Marta Sironi e a Stephen Alcorn abbiamo avuto la fortuna di venire a conoscenza di questo gioiello assoluto. E in seguito anche la gioia immensa, come editori, di poterlo pubblicare. Sarà in libreria a settembre. Ma di questo parleremo più avanti.
Books!, copertina, 1962. |
3 commenti:
Meraviglia... che altro dire.
Son felice di scoprire (!) che, tra i mille e più libri accatastati nel salotto, c'è anche una copia de La Collina dei Conigli... con quella bellissima copertina che fin da bambina mi ha fatto sognare!
Ila
Mi sono piaciuti moltissimo sia la scelta di immagini che il testo. Anch'io stato preparando un post su John Alcorn.... e che bella idea ripubblicare uno dei suoi libri! Grazie mille di esserci,
Laura
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