giovedì 20 settembre 2012

Che cos'è una casa?

I tre porcellini scritti da Giusi Quarenghi e illustrati ai Chiara Carrer.

La fiaba dei tre porcellini, di origine anglosassone, sembra essere stata inventata per riflettere sulla questione. La più recente versione che ho in mente, quella, deliziosa, di Steven Guarnaccia, ne fa non per nulla una sofisticata parabola per architetti, dove il motivo tradizionale dei materiali (carta, lamiera, legno, mattoni) diventa spunto ottimale per ripercorrere a grandi passi le tappe più importanti dell'architettura del Novecento che con spavalda creatività ha esplorato il concetto di abitazione, sperimentando le forme e i materiali diversi con cui è possibile costruire.

I tre porcellini scritti da Giusi Quarenghi e illustrati ai Chiara Carrer.

Giusi Quarenghi nella sua versione nuova di zecca, riprende la fiaba partendo dalla medesima domanda e ne fa una sorta di manifesto per le generazioni future, una favola dal ritmo galoppante che, cercando di stabilire cosa sia casa e cosa no, fornisce una risposta fluida, musicale, magnetica, in equilibrio fra antropologia, sociologia, ecologia e psicoanalisi. Risposta che, se come quella di Guarnaccia, parte dal motivo dei materiali, lo fa per approdare a una smaterializzazione, a un superamento, proponendo ai bambini una storia che non mancherà di lasciarli stupefatti, per la sorpresa di trovarsi improvvisamente, in questa faccenda di sicurezza e pareti, all'aperto, nella notte, sotto le stelle, senza il tradizionale rifugio di quattro solide mura attorno a sé.

I tre porcellini scritti da Giusi Quarenghi e illustrati ai Chiara Carrer.

I bambini, dei tre porcellini, quel che da sempre più amano è proprio il motivo delle tre casette. Che piacere vederle volare via, una dopo l'altra: quella fragilissima, quella meno fragile e, infine, in apprensione per la sorte della terza, scoprire con sollievo che la casetta in mattoni del maialetto più prudente e astuto resiste al soffio del lupo cattivo. Un piacere molto simile a quello di avere o di costruirsi una piccola casa, a propria misura, in fondo al giardino o in cortile o nella propria stanza, in cui star soli o in compagnia, sapendosi a un tempo separati dagli altri e vicini a essi, contemporaneamente liberi, contenuti e protetti. Perché in effetti I tre porcellini, fiaba di casette, è storia di spazio, interno ed esterno, cioè di identità, crescita e autonomia. Come Giusi Quarenghi, implacabilmente, mette in luce fin dalle prime righe, adombrando in un incipit travolgente il momento fatidico, e quanto mai attuale, dell'allontanamento dei figli ormai grandicelli dal “nido parentale” (momento che, come a tutti è noto, è diventato nella nostra società quanto mai problematico).

I tre porcellini scritti da Giusi Quarenghi e illustrati ai Chiara Carrer.

E in questo stesso momento, proprio quando della storia pensavamo ormai di conoscere tutto, mentre senza mezzi termini siamo precipitati in medias res, ci si rivela, apriti cielo, una notizia inedita: uno dei tre porcellini, in realtà, è una femmina, occultata finora dal vasto e comprensivo plurale maschile del titolo, che di maschi e femmine fa un solo fascio. Annunciata questa semplice ed esplosiva evidenza, ecco che la storia prende subito, come prevedibile, tutt'altro corso.
E la terza casetta diventa qualcosa di totalmente imprevisto. Saltata a piedi pari l'opzione “solida casetta di mattoni”, l'attenzione di Giusi è catturata dal fuoco acceso nel caminetto del terzo porcellino: quello che nella versione tradizionale della favola scalda il pentolone in cui il lupo cattivo, calatosi nella canna fumaria coll'intenzione di farsi una scorpacciata, si brucerà il deretano.

I tre porcellini scritti da Giusi Quarenghi e illustrati ai Chiara Carrer.

Nella nuova storia è questo fuoco a prendersi tutto il posto, a divampare, facendosi lui stesso casa. Sarà perché la femmina è per definizione “angelo del focolare”, che il focolare diventa il segno dell'ingresso del femminile nella fiaba? Può darsi, ma certo è un angelo molto poco convenzionale questa porcellina, che al tradizionalismo dei fratelli, oppone una vocazione al nomadismo e al cielo stellato. E “nel punto estremo della coda della notte” costruisce una casa di luce e calore, lasciando gli architetti dell'accademia con un palmo di naso, a baloccarsi con materiali più o meno tradizionali e  innovativi.

I tre porcellini scritti da Giusi Quarenghi e illustrati ai Chiara Carrer.

Come va a finire la storia, non ve lo dico. È una sorpresa. Aggiungo solo una cosa. Cosa significa  illustrare una fiaba, illuminando il senso riposto del testo, ce lo mostra con esattezza e rigore una stupefacente Chiara Carrer che della casetta di fuoco dà una rappresentazione visionaria e perfetta: quella di un campo di energie, raffigurato da cerchi concentrici scarlatti. Una casa, cioè, che prima di essere materia, è campo di forze, sorgente di energia, polo vitale, movimento armonico di espansione e contrazione, diastole e sistole del cuore, del respiro.

I tre porcellini scritti da Giusi Quarenghi e illustrati ai Chiara Carrer.

I tre porcellini scritti da Giusi Quarenghi e illustrati ai Chiara Carrer.
Una rappresentazione della casa interiore, viva, calda, accesa, che ognuno ha in sé, o dovrebbe avere, per poter abitare nella propria pelle, sapendo difendersi dai nemici, ospitare gli amici, crescere nella solitudine e nella compagnia. La casa invisibile e necessaria che dobbiamo saperci costruire da noi, prima di pensare alla solidità e alla fragilità di quella, fatta di legno, cartone, mattoni, cemento o che dir si voglia, che ci accoglierà. La casa più nostra ed ecologica del mondo. Una vera casa per il futuro. Ci voleva decisamente una porcellina, per farcelo presente.


10 commenti:

Silvia ha detto...

Letto ieri con i figli. Sanno entrambi leggere ma mi andava di leggerglielo io, a voce alta. Il testo è divertente, spiazzante, profondo. Dopo averlo letto, abbiamo ripreso le vecchie marionette dei Tre porcellini e recitato questa nuova versione con grande gioia e godimento di tutti noi tre. E poi le illustrazioni di Chiara Carrer e, soprattutto, quella dei risguardi: su-per-be.

manon gauthier ha detto...

Bellissimi !
et cela me rappelle la belle soirée du 5 juillet à Sàrmede, que de beaux souvenirs. Je continue à vous suivre depuis montréal .

e mi ricorda la bella serata del 5 luglio Sarmede di ricordi. Io continuo a seguirti da Montreal.

ciao, ciao
Manon Gauthier

Anna ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anna ha detto...

L'ho proferita in pietre asciutte, la mia casa,
perché i gattini ci nascano,
nella mia casa
perché i sorci ci si trovino,
nella mia casa
perché i piccioni vi s'infilino,
la controra vi crogioli,
quando i gran soli vi ammiccano nei cantucci.
Perché i bimbi vi giochino con nessuno,
voglio dir col vento caldo, con gli ippocastani.
Per questo non c'è tetto
sulla mia casa,
né tu né io nella mia casa,
né schiavi, né padroni, né ragioni,
né statue, né palpebre, né paura,
né armi, né lacrime, né religione,
né alberi, né spesse mura, né altro se non per ridere.
Per questo è così ben costruita la mia casa.

André Frénaud, La casa ideale (traduzione di Giorgio Caproni)

isabel archer ha detto...

sono piuttosto stupita di trovare un commento eliminato. cosa mai avrà detto di così censurabile l'utente? mah!

Topipittori ha detto...

@Isabel Archer: il commento è stato eliminato dall'autore. Magari Anna ha riletto il suo e ci ha trovato un refuso o due e ha preferito ripostarlo. Oppure qualcun altro ha cambiato idea.

Topipittori ha detto...

Grazie davvero a Silvia e Manon per accogliere così favorevolmente questo libro.

E un grazie speciale ad Anna per i magnifici, commoventi versi di Frénaud.

Anna ha detto...

Sì era un refuso! Insopportabile in una poesia. I Topi conoscono i loro polli...

isabel archer ha detto...

ah bene!
@anna , all'inizio della poesia, è giusta la parola "proferita" o invece è "preferita"? così magari faccio un'altra figuraccia...

Anna ha detto...

Isabel: sì, è proferita. E' Frénaud.