martedì 18 settembre 2012

Quando pensi che il tempo sia finito

I pani d'oro della vecchina, copertina.

Era il 9 marzo 2009, e fra molte altre mail ci arrivò quella di Annamaria Gozzi. Ci proponeva, con un messaggio sintetico, una storia: La vecchina di Natale (dolci segreti per distrarre la Morte). Aggiungendo due parole: “si tratta di una versione di una fiaba zingara con variazione di finale.” Passarono alcuni mesi. Il 13 luglio lessi la storia e risposi subito a chi l'aveva inviata: “Come vede, se non riusciamo a essere molto rapidi nelle risposte, questa mail attesta che prendiamo in considerazione davvero TUTTO il materiale che ci arriva. Avendo effettivamente trovato solo ora il tempo di visionare i materiali accumulati in questi mesi, le dico 1) che la sua storia ci interessa; 2) che mi auguro che la stessa non sia, nel frattempo, interessata ad altri.” In un messaggio successivo, scrissi ad Annamaria: “La ringrazio della sua telefonata. Mi ha fatto molto piacere parlare con lei. Ricapitolando. Le confermo assolutamente il nostro interesse per la storia che ci ha mandato. Come le ho detto, i tempi di lavorazione saranno lunghi, per le diverse ragioni che le ho esposto, per cui non siamo in grado ora di stabilire una eventuale data di uscita”.

I pani d'oro della vecchina, di Annamaria Gozzi. Illustrazioni di Violeta Lopiz.

Sì, certo, “i tempi saranno lunghi”.  Ma così lunghi, come poi sono stati, non se li sarebbe aspettati nessuno. Violeta Lopiz (che per noi aveva già illustrato La coda canterina) accettò con nostra grande gioia di occuparsi di questo libro. Dopo di che, si immerse nella lettura del testo e nella sua elaborazione. Che durò tre anni. Sì, tre anni tre. Annamaria ha avuto una pazienza infinita. In casa editrice si oscillava fra una crescente impazienza, momenti di scoramento e una caparbia fiducia nel risultato finale. Che poi, puntualmente, è arrivato, ripagando la lunga attesa. E oggi, alla fine di questo lungo percorso, il libro è in libreria col titolo I pani d'oro della vecchina.

I pani d'oro della vecchina, di Annamaria Gozzi. Illustrazioni di Violeta Lopiz.

Ora, misurarsi con la riscrittura di una fiaba non è da tutti. Annamaria Gozzi lo ha fatto con perizia, misura, finezza e modestia (dote più che mai fiabesca). E ha messo a punto un testo bellissimo. Violeta ha rinunciato a tutte le trappole che lo splendore e la ricchezza visivi del testo le tendevano. E ha seguito una strada che somiglia a quella dei bambini nelle fiabe: lunga e costellata di ostacoli di ogni tipo. Dev'essere per questo che ci ha messo tutto quel tempo. Tempo messo bene a frutto. Rappresentare la morte è un terno al lotto: e qui la morte la faceva da star. E nemmeno rappresentare la vecchiaia è un compito semplice. Del resto, quando abbiamo chiesto a Violeta se era interessata a questo libro, lo abbiamo fatto pensando che era uno fra i pochi illustratori con le carte in regola per affrontare questa prova.

I pani d'oro della vecchina, di Annamaria Gozzi. Illustrazioni di Violeta Lopiz.

La grande intuizione di Violeta, oltre a quella di economizzare rigorosamente gli strumenti espressivi (colori, segni, descrizioni), è stata di non seguire la scansione temporale della storia, ma di articolare una scansione visiva temporale autonoma, che si legge come un'unica sequenza, con la medesima unità di luogo e di tempo. Ha fatto questo riuscendo tuttavia a far sì che la sequenza temporale visiva e quella verbale, completamente diverse, quadrassero. Detto così, è complicato. Ma quando avete il libro in mano, è chiaro, chiarissimo. E questo risultato ha qualcosa di miracoloso. E, miracolosamente, funziona. E quando si arriva all'ultima pagina si rimane di sasso, con la gola stretta. E, insieme, con un senso di grande leggerezza.

I pani d'oro della vecchina, di Annamaria Gozzi. Illustrazioni di Violeta Lopiz.

Qualche giorno fa, ero in bicicletta per commissioni, e sono passata di fronte a una scuola elementare al momento dell'uscita dei bambini. Davanti al portone spalancato, una folla di papà, di mamme, di nonni, venuti a prenderli. Dentro al portone, in attesa di scendere i pochi scalini fino all'uscita, la maestra contornata da un nugolo di bambini. Mi hanno colpita quelle faccine serie, piene di attesa e di ansia. Ognuna di loro cercava il volto della persona conosciuta che era venuta per sorriderle e riportarla a casa. I genitori agitavano le mani, per farsi vedere. La maestra faceva uscire un bambino per volta. Ogni bambino le diceva se aveva visto in quel caos il papà, la mamma, il nonno. E solo allora lei gli permetteva di andare. Così il bambino scendeva i pochi gradini, infilava il portone e scompariva fra la folla sul marciapiede. Era una scena commoventissima. In quel momento, guardando quei bambini, ho rivissuto la paura fisica che si prova da piccoli con straziante intensità, di non trovare nessuno ad attenderti. La paura dell'abbandono e della solitudine. Dell'ignoto.

I pani d'oro della vecchina, di Annamaria Gozzi. Illustrazioni di Violeta Lopiz.

E in quell'esatto momento mi è venuta in mente la vecchina di Violeta e di Annamaria. E per la prima volta ho capito davvero il senso della storia. Della vecchina che invita la morte. Che ha il coraggio di parlarle, di farla sedere alla sua tavola. E che ha la grazia, l'umorismo e il rispetto profondo di sé e della vita per lasciarsi avvolgere, alla fine, lealmente, dal suo bianco infinito.
Mi sono detta: nel momento in cui non abbiamo più bisogno di vedere un volto conosciuto che ci attende fuori, oltre il portone, quando ci spoglieremo finalmente di ogni paura, e l'amore non sarà riparo ma pura forza, solo allora forse diventiamo noi fino all'ultimo atomo, pronti a scendere, soli, i pochi gradini che ci separano dal mistero, per scomparire dentro di esso.

Violeta Lopiz, schizzo preparatorio.
E mi è venuta in mente quella frase di Simone Weil sulla morte: “Ho sempre pensato che l’istante della morte sia la norma, lo scopo della vita. Pensavo che, per coloro che vivono come si conviene, sia l’istante in cui per una frazione infinitesimale di tempo penetra nell’anima la verità pura, nuda, certa, eterna. Posso dire di non aver desiderato per me altro bene.” Sapevo di non averlo mai capito, questo pensiero. E, soprattutto, mai accettato: mi sembrava un'enormità. Oggi, grazie a questo libro e a quei bambini fermi sul portone, credo di averne intuito il senso.


Violeta Lopiz, schizzo preparatorio.





Il pensiero della Weil, il gesto della vecchina che scivola nella bocca della morte per spuntare, rinata, sul bianco immacolato della pagina successiva, significano quello che Giuliano Scabia fa dire a Minghìn da Murmrè nel suo Canto del guardare lontano:

Quando credi che il tempo sia finito
comincia il viaggio che nessuno sa:
sulla soglia davanti è l'infinito
e, dietro, quello che ciascuno ha:
ma ora in questa luce rifiorito
dirò la cosa che accadendo sta:
noi viviamo nel tempo addormentati
sempre in attesa d'essere chiamati.


Che fiaba bellissima.

Violeta Lopiz, schizzo preparatorio.

16 commenti:

Ila ha detto...

Non vedo l'ora di leggerlo.
Bellissimo. Bravi.

Ila

Sara Donati ha detto...

che magia! avevo visto sul sito di violeta lopiz un unica illustrazione di questo libro e mi aveva agganciato inspiegabilmente come fanno a volte certe immagini.
La prima volta che ho letto "l'anatra,la morte e il tulipano" di Elbruch, mi era successo la stessa cosa, mi aveva affascinato il suo modo di rappresentare la morte e tutto quel bianco a lasciargli spazio.
é bello sapere che troverò in libreria una fiaba che non sapevo ancora di desiderare!

Anna ha detto...

Bellissimo post Giovanna.
L'immagine più bella della morte me l'ha sempre regalata Rilke (che mette in poesia l'eredità di Heidegger): morte come pienezza totale, frutto finale, maturo, che cade dall'albero e si dona. Ma una morte così non è per tutti. Una morte così bisogna coltivarla giorno per giorno senza sonnecchiare (compito mostruosamente arduo). "Essere per la morte" significa esattamente questo.

Unknown ha detto...

Grazie. Ho scoperto da poco il vostro blog e mi piace tanto. Sei stata convincente, credo che lo comprerò!

Benedetta ha detto...

Non ricordo chi lo ha detto, ma qualcuno ha detto che la morte somiglia all'uomo più di quanto non gli somigli la vita. A ciascun uomo, ma anche, credo all'uomo in senso antropologico.
La morte come uno specchio in cui guardare sgomenti cercando un volto noto nel nostro volto che non riconosciamo o quasi felici di trovarci di fronte a noi stessi proprio come pensavamo di essere
grazie,
un post commovente.

Topipittori ha detto...

Vi ringrazio. Tutte le vostre osservazioni mi confermano quanto ognuno rifletta su questo tema in modo personale e tuttavia condivisibile.

Anna ha detto...

Stasera per caso ho trovato questa tra alcune poesie di Prévert:

"La vita è una ciliegia
La morte il suo nòcciolo
E l'amore un ciliegio"

Unknown ha detto...

Lo voglio immediatamente!

gioia marchegiani ha detto...

Commossa....lo andrò a cercare!

Anna ha detto...

(Adesso che Google mi permette di nuovo di scrivere commenti non mi taccio più...)

Ieri notte leggendo Agamben (un saggio bellissimo sul tempo messianico) ho pensato a tutti i libri illustrati usciti sulla morte negli ultimi anni. E' peculiare come in ognuno di essi (Erlbruch, Crowther, etc) la morte trovi un significato all'interno del tempo della vita individuale. Come se ormai facesse parte del patrimonio culturale collettivo l'idea che non c'è un al di là di nessun tipo.

Topipittori ha detto...

Accogliamo con soddisfazione la risoluzione del problema che ti impediva i commenti al nostro blog, Anna! Interessante quel che dici, io penso però, almeno nel caso della nostra vecchina, che il mistero della morte rimanga intatto, nel senso che non si dà una risposta certa alla presenza o assenza di un al di là. La destinazione rimane non detta. Può esserci oppure no. Non si nega né l'una né l'altra possibilità, e questo è determinante perl'atteggiamento della vecchina che si affida a questo mistero, non lo nega con le sue certezze.

Antonella Capetti ha detto...

bel post, davvero.
mi spiace solo non aver avuto tra le mani questo libro un anno e mezzo fa, in occasione della serata per adulti e bambini della nostra scuola in ricordo di Franca, mamma del nostro Francesco; una serata dedicata alla letteratura per l'infanzia che parla, ai bambini e agli adulti, della morte. sono sicura che ci sarebbe piaciuto...
anto

Violeta Lópiz ha detto...

grazie mille per queste post, molto interesante vedere le altre parti di la storia. Io sonno contenta di avere finito il livro, perche ha stato un lavoro emozionale molto forte,ancora mi sembra asombroso che habiamo arrivato al libro davvero. Bello! E volevo anche dire che un amico che amo molto, mi ha aiutato molto per fare queste illustrazione, e lui mi ha datto molti consigli estetichi e molta forza per non perdermi me stesa. David Herraez.Lui mi ha mostrato a Robert Wilson, che ha stato una importante inspirazione. Si cualcuno e interesato nel proceso creativo delle illustrazione, lascio qui il cuaderno-blog di lavoro di una parte dil prozeso:
http://lavechinadinatale.blogspot.de/

Violeta Lópiz ha detto...

anche,importantísimo, dimenticavo,
grazie per la pacienza a Anna y a Giovanna.

CuoreCarpenito ha detto...

la vado a cercare subito, che magie che fate voi illustratori e scrittori, che dono che avete! Che dono prezioso poterne fruire! Grazie.

Unknown ha detto...

Oggi un bambino mi ha chiesto: Perchè tanto rosso? Il rosso come colore di un sentimento che ti avvolge come un caldo dolcetto appena sfornato. Fra la Signora Nera e la Vecchina succede questo.