martedì 2 ottobre 2012

Da cosa nascono i fiori


Il neonato quotidiano Pubblico giornale, fondato da Luca Telese e Tommaso Tessarolo, è uscito, una settimana fa, con Pupù, supplemento domenicale dedicato ai bambini. Che un quotidiano si ponga il problema dei bambini e dedichi loro un inserto di quattro pagine, dai suoi creatori definito "letterario", che unisce testi e immagini ci sembra una notizia quanto mai positiva, e un atto meritorio: è noto il disinteresse pressoché totale della stampa riguardo al tema. E i propositi con cui l'inserto nasce, proporre e promuovere testi e immagini di autori interessanti e non omologati, sono sicuramente buoni e condivisibili.
Non nascondiamo tuttavia la perplessità che ci ha creato il nome con cui questo inserto è stato battezzato: Pupù. Una delle ragioni di questa scelta potrebbe essere il raddoppio dell'iniziale del nome del giornale, Pubblico. L'altra è stata, forse, trovare un titolo divertente e attraente, gradito ai piccoli lettori.
Ora, non ce ne voglia Pubblico, ma ci sembra che, per un'operazione interessante come questa, tale titolo susciti più di un dubbio. A parte il fatto che nel nostro settore sono anni che ci si balocca nei libri per bambini con caccole di varia origine, dita nel naso, puzze di diversa natura e via regredendo (con propositi ed esiti diversi, ovviamente, considerato che Chi me l'ha fatta in testa di Wolf Erlbuch è un gioiello).


Da piccola, la prima volta che sentii la parola pupù, dai miei coetanei, mi suscitò sorpresa e fastidio. A mio avviso, la cacca era la cacca (come la chiamavo, quando c'era necessità di nominarla, nella vita di tutti i giorni). I bambini che usavano la più educata e “simpatica” espressione pupù mi sembravano attendibili e verosimili come vecchie zie. Questo per dire, che la parola mi suonava discretamente ipocrita. Una classica necessità adulta di fare di un'onesta cacca una vezzosa e ammiccante montagnetta da esorcizzare con risolini fra l'imbarazzo e il compiacimento. Una sorta di parola-abitino che rende la cacca accettabile nell'ordine delle famiglie e della abitudini perbene, come ce ne fosse bisogno. A tutt'oggi, su questa parola non ho cambiato idea, sono rimasta fedele a quella prima impressione.
Provate a pensare all'effetto di un inserto dedicato ai bambini (ma anche, perché no, per adulti) intitolato “Cacca” o, addirittura, per assurdo,  “Merda”. Impensabile, e non c'è bisogno di spiegare perché. Pupù è meglio? Perché dovrebbe funzionare?
Un titolo è una cosa importante, che ha un senso preciso: esprime in sintesi il contenuto di quello che si andrà a dire, raccontare, esporre, rappresentare, spiegare. Che legame c'è fra la pupù e le poesie, i racconti, i disegni, le illustrazioni, i fumetti proposti nell'inserto? Per quale ragione i bambini vengono invitati ad associarli a questa parola? Fabrizio De André cantava, è noto, che "dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior". Ma dal letame, appunto (altro nome poco adatto a un inserto letterario): credo si sarebbe ben guardato dall'usare la parola-centrino pupù.

Auguriamo ogni fortuna all'iniziativa, ottima, di Pubblico. Invitiamo però i colleghi che si occupano di questo inserto a riflettere che un titolo è una cosa importante e, come spiega limpidamente Maria Montessori, il linguaggio è l'essenza dello sviluppo del bambino e "la intima soddisfazione del bambino sta nel fare bene, consapevolmente, secondo principi elevati". Il modo di usare le parole degli adulti è fondamentale per il modo in cui i bambini impareranno a pensare, a comprendere, a conoscere e a esprimere quel che è dentro e fuori di loro.

Ci permettiamo anche due parole di commento alla presentazione dell'inserto di Francesca Fornario, che ne è la responsabile: dopo i cinque anni i bambini italiani non sono lasciati soli in balia di Hello Kitty e delle Barbie, come viene affermato. Esiste da diversi anni in Italia (per non parlare della produzione europea) una produzione di libri illustrati, non "educational", di livello ottimo dovuta al lavoro di numerose case editrici indipendenti che lavorano, studiano, innovano e sperimentano l'editoria dedicata ai bambini e ai ragazzi (raccogliendo l'eredità di altre pionieristiche case editrici, venute prima di loro). I loro libri nel tempo hanno attirato l'attenzione di editori di tutto il mondo, che oggi ne acquisitano sempre più spesso i diritti d'edizione per i loro paesi.


6 commenti:

Maria Elena Gonano ha detto...

Assolutamente d'accordo.
Anche fosse solo per una questione di rispetto"modello basic".
Grazie, principalmente come mamma.

Anna ha detto...

Anche un corso di tipografia non sarebbe male...

Giordano ha detto...

accidenti i miei ragazzi proprio oggi hanno compiuto 8 anni... pazienza niente Pupù!

elisabetta mitrovic ha detto...

i soliti giornalisti "informatissimi"...anche io quando ho sentito la presentazione del giornale ho avuto le stesse perplessità. ma possibile che prima di fare un operazione del genere la signora redattrice non si sia fatta un giretto in libreria?! (si sarà accontentata di un giretto al supermercato?)

Benedetta ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
alessandro riccioni ha detto...

Di pipì pupù non se ne può più! La trovi di lì, la trovi più giù! In fondo, lo sai, la pupù non impazza, in fondo, lo sai, la pupù solo puzza!

Filastrocca di pupù, per riderci sù (con l'accento)