mercoledì 6 febbraio 2013

Disegnare. Cancellare. Ridisegnare


Agli innamorati dovrebbe esser vietato parlare di ciò che amano. Almeno per un po'. Bisogna dar loro il tempo di sedimentare l'emozione e trasformare il loro balbettio convulso in pensiero, in parole condivisibili. Infatti, non parlerò molto di William Kentridge e della sua mostra Vertical Thinking al Maxxi di Roma, che resterà aperta ancora per poco meno di un mese, fino al 3 marzo.

Io ci sono stato il 28 dicembre scorso, con alcuni amici illustratori. E ci tornerò oggi. La cosa più intelligente che vi posso dire è: mollate tutto, saltate sul primo treno per Roma, quando arrivate prendete un taxi, fatevi portare in via Guido Reni 47, pagate il biglietto e salite alla Galleria 5. Non sapete ancora perché, ma fatelo.
Di Kentridge nulla sapevo (e questo la dice lunga sulla mia abissale ignoranza), se non che Guido Scarabottolo mi aveva parlato della mostra in toni insolitamente entusiastici per un tipo laconico come lui. Così mi sono fidato. E ho fatto bene. Questa mostra è una delle cose più belle che abbia visto negli ultimi anni.


Non è una mostra grande. Due animazioni: Preparing the Flute dedicato al lavoro preparatorio per le scenografia del Flauto magico mozartiano prodotto dalla Monnaie (e passato anche alla Scala e io, scemo, me lo sono perso solo perché sono ignorante); e Zeno Writing, ispirato alla Coscienza di Zeno di Italo Svevo). Una installazione: The refusal of time, ombre in movimento proiettate su cinque schermi simultaneamente. E serigrafie, bozzetti preparatori, maquette.



La mostra non è grande e non ha pretese enciclopediche, ma richiede tempo e concentrazione. Come ho già detto, non sono ancora nelle condizioni di fare più che balbettare qualcosa di incomprensibile e disarticolato su quanto mi sia piaciuto quel che ho visto e di come mi sia sentito intimamente coinvolto. Da un confronto a distanza con Anna Castagnoli è nata, però, una riflessione sul fascino del disegnare-cancellare-ridisegnare, sulla capacità generativa del gesto di obliterare il segno. Quel segno che Kentridge, nell'animazione Preparing the Flute, raccoglie con le sue mani e trasforma nella delicata colombella dell'aria di Papageno e che per successive cancellazioni e riscritture si trasforma in fascinosa ed epica narrazione (questo, però, non lo trovate nel filmato qui sotto che si riferisce all'opera).



Ma visto che mi sembra di poter dire solo stupidaggini, vi lascio a Kentridge, che è sicuramente più eloquente di me. Ne riparliamo fra qualche anno, quando avrò ripreso un po' di lucidità.

Dal Flauto Magico


Tide Table


Automatic Writing


Felix in Exile


E una interessantissima visita al suo atelier.


Stereoscope



2 commenti:

adri ha detto...

kentridge ha diretto (ed interpretato)uno spettacolo ibrido chiamato "Refuse the Hour" al teatro argentina a novembre che trasmisero in diretta in streaming, che era una cosa splendida per quanto inusuale.

poi, se vi interessa, date un'occhiata a questo:
http://www.amazon.it/William-Kentridge-Drawing-Edizione-Germania/dp/3898489442/ref=sr_1_3?ie=UTF8&qid=1360141029&sr=8-3
ci trovate kentridge che parla del suo metodo di lavoro/pensiero.

PS: http://www.amazon.it/William-Kentridge-Carnets-Marie-Laure-Bernadac/dp/2916275851/ref=sr_1_39?ie=UTF8&qid=1360141691&sr=8-39

è una bella roba anch'esso e c'ha pure un dvd allegato

ciao
adr

serena ha detto...

Quel Flauto Magico alla Scala io l'ho visto ed era magico davvero. Su Kentridge era uscito un bell'articolo scritto da Francesco Bonami su Vanity Fair (ebbene si) dove associava il suo modo di disegnare e cancellare agli scarabocchi sulla lavagna di Alberto Manzi quando negli anni 60 alla tv insegnava a leggere e scrivere.