martedì 5 febbraio 2013

Quell'altipiano da cui siamo scesi

Qualche giorno fa, siamo stati contattati da una addetta dell´Istituto di Cultura di Berlino, interessata a L'arte di pubblicare, la mostra dedicata a Giulio Einaudi, su cui qualche tempo fa, Valentina Colombo ha scritto un bel post. Così ci siamo messi in contatto con Malcolm Einaudi che lavora alla Fondazione Einaudi, promotrice della mostra. È capitato, così, fra un messaggio e  l'altro, di scambiarci qualche parola sul lavoro della Fondazione, sull'Einaudi di ieri e quella di oggi, sulla collana Tantibambini (progettata da Munari ed edita dal 1972 al 1978), sull'incontro che c'è stato a Milano, in chiusura della mostra, al quale abbiamo assistito, ed è stato molto interessante, perché dalle parole dei relatori è emerso un aspetto di quella casa editrice, che poi riguarda più in generale un modo di fare il mestiere dell'editore. Vale a dire quel lavoro accurato, complesso, interminabile, del tutto invisibile e poco conosciuto, che sta dietro i libri. Un lavoro collettivo che implica l'impegno di molte persone, e che richiede una presenza costante, e da cui nasce il libro che è, propriamente, il risultato di  un'interazione che attiva e si nutre di conoscenze, competenze, idee provenienti dalle più diverse persone.
















Nello specifico, poi, della casa editrice Einaudi, interessante è che i ruoli non fossero rigidamente definiti, per cui le persone - grafici, redattori, editor, artisti - partecipavano all'intero processo editoriale, lo conoscevano e avevano voce in capitolo. Significativo a questo proposito, è stato anche l'intervento di Anna Steiner, figlia di Albe, che ha ricordato lo spirito di quel gruppo, che insieme lavorava, ma anche sentiva con urgenza la necessità di riunirsi, incontrarsi fuori dalla casa editrice, e con grande frequenza, per discutere, scambiarsi idee, informarsi. E anche questo faceva parte di quell'energia e di quello spirito che alimentava il lavoro editoriale.














A questo proposito, Malcolm ci ha passato questa riflessione di Giulio Einaudi, davvero esemplare: “Quando dico autore non penso a niente di sacrale; non penso a una figura mitica che l'editore deve solo scovare, ripulire e venerare come una pietra preziosa o una sacra immagine. Penso proprio a questa complessa trama di rapporti e di incontri nella quale le persone crescono, le idee si scambiano, penso a un grande lavoro reciproco, qualcosa di molto concreto e materiale. Penso a ideologie e temperamenti anche opposti. Penso a un catalogo che trova i suoi grandi snodi in alcuni nomi che diventano simboli, percorsi riconoscibili e necessari. (in Colloquio con Giulio Einaudi, Severino Cesari, 1991).














Detto questo, e per tornare a noi, durante questo scambio di messaggi, abbiamo toccato anche il tema della letteratura per ragazzi. Quello che leggerete è ciò che ci ha scritto in proposito Malcom Einaudi. Noi ci troviamo molto più che d'accordo con le sue parole. In esse ci ritroviamo perché colgono alla radice e con estrema precisione, l'idea che è alla base del nostro lavoro e l'idea di infanzia che lo muove. Così, anche se queste righe fanno parte di uno scambio privato, abbiamo chiesto al loro autore di poterle condividere con i nostri lettori. La sua risposta è stata affermativa. Lo ringraziamo e ve le proponiamo.














"Ma se considerassimo l'editoria per ragazzi, non una provincia minore, periferica e incantata, del grande continente dell'editoria... Ma piuttosto il centro, il luogo di partenza di una rifondazione di tutta l'editoria libraria, cartacea, materiale, intesa come luogo di applicazione delle arti visive, disciplinatore e coordinatore delle competenze che servono a organizzare e comporre i discorsi, a individuare le necessità cognitive, informative, etc... Non è in fondo l'infanzia semplicemente il luogo dell'integrità, dell'anticonformismo, di una umanità che non è ancora culturalmente decaduta o compromessa? Quando sei riuscito a decifrare i codici con cui far capire le cose a un bambino, non hai con questo - più semplicemente - trovato la via con cui le cose si capiscono, "una volta per tutti"...? O più semplicemente, l'infanzia non è in fondo, l'umanità tout-court? L'altipiano da cui siamo scesi senza neppure accorgercene (in obbedienza ai codici di varie ignoranze collettive che ci ricattano inconsapevolemente per bisogno di socialità e di scambio) e a cui dovremmo faticosamente e umilmente risalire (mentre invece ce la raccontiamo come la lontana pianura ai piedi del monte che abbiamo scalato)..."

Le immagini di questo post, si riferiscono ad alcuni volumi della collana Tantibambini, e provengono in gran parte dalla Collezione Bruno Munari e dal blog Atlantide Zine.

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