martedì 16 aprile 2013

L'ineludibile poesia delle cose

È difficile spiegare quanto certi libri siano belli. La storia del mondo in 100 oggetti è uno di questi. L'ho regalato a Natale a una persona dai gusti difficili e, non più tardi di qualche sera fa, il suo giudizio è stato: “Bellissimo”. Se la conosceste, capireste che un superlativo è un evento sulla sua bocca. A meritarselo è Neil MacGregor, studioso d'arte, direttore del British Museum, ex direttore della National Gallery, che incarna il perfetto tipo dell'inglese colto, una sorta di archetipo: implacabile understatement, volto che più bloomsburiano non si può, dizione perfetta, linguaggio limpido, umorismo, intelligenza a fiumi, chiarezza, acume.

Il libro nasce da una trasmissione radiofonica della BBC affidata a MacGregor che, in 100 puntate di un quarto d'ora l'una, si è impegnato a raccontare un pezzo di storia dell'umanità, dalle origini ai giorni nostri, attraverso 100 oggetti da lui scelti, nelle collezioni del British.

Un'idea splendida che, infatti, è diventata uno splendido libro, magnificamente illustrato e meravigliosamente scritto. Recentemente qui ho recensito un libro che in qualche modo somiglia a questo: Il libro dei simboli. L'idea, in entrambi i casi, è quella di esplorare la dimensione della cultura umana, nel tempo e nello spazio, attraverso le sue espressioni materiali e più immaginifiche: dipinti, sculture, oggetti, manufatti.

Scacchi di origine norvegese. Lewis, Scozia, 1150-1200 d.C.

In entrambi i casi, il risultato, benché si tratti di due approcci molto diversi, e in modi diversi scientificamente e intellettualmente solidissimi, è quella di un'opera davvero segnata da eccezionalità, per la bellezza e l'interesse sia dei testi sia delle immagini. E, detto questo, la pianto lì. Vi riporto, invece, un brano tratto dal paragrafo L'ineludibile poesia delle cose, dell'introduzione di Neil MacGregor che, sono certa, vi conquisterà.

Mano di bronzo araba. Yemen, 100-300 d.C.
Un'ultima cosa. Perché recensire un libro del genere in un blog come questo, legato ai libri per  ragazzi e alla cultura che li produce?
Perché dovremmo sempre tener presente il valore che ha la cultura materiale e la qualità delle sue espressioni e dei suoi significati nelle nostre vite, poiché è anche e soprattutto attraverso le sue manifestazioni che i bambini giorno dopo giorno assorbono quello che è lo spirito dei luoghi e dei tempi. Sta agli adulti imparare a leggere quello che li circonda, per discernere, capire, imparare. La pratica della lettura si apprende dai libri, ma si estende a tutto quello che ci circonda: le immagini, gli oggetti, le cose. Impariamo a farlo noi, per insegnare a farlo ai bambini. Il professor MacGregor è uno di quegli insegnanti di cui non si può fare a meno, per la capacità di associare una conoscenza rigorosa, a uno sguardo profondamente poetico, affettuoso, curioso e umano. (gz)

Se si vuole raccontare la storia del mondo intero, una storia che non privilegi indebitamente una sola parte dell'umanità, non ci si può servire soltanto dei testi, perché una larga fetta della popolazione mondiale, per lungo tempo, non ne ha prodotti. 
La scrittura è una delle conquiste più tarde dell'umanità, e molte società alfabetizzate hanno continuato a registrare i propri interessi e le proprie aspirazioni non solo per iscritto, ma anche attraverso gli oggetti.
In teoria, una storia dovrebbe mettere insieme testi e oggetti, e alcuni capitoli di questo libro riescono alla perfezione nell'intento, mentre in molti altri è semplicemente impossibile. L'esempio più chiaro di questa assimmetria fra storia scritta e non scritta è il primo incontro, a Botany Bay, fra la spedizione del capitano Cook e gli aborigeni australiani (capitolo 89).
 
Scudo di corteccia. Botany Bay, 1770 d.C.
Di quella giornata abbiamo, da parte inglese, resoconti scientifici e il diario di bordo del capitano; da parte australiana, soltanto uno scudo di legno perso da un uomo in fuga, dopo aver sentito per la prima volta un colpo d'arma da fuoco. Se vogliamo ricostruire cosa accadde realmente quel giorno, lo scudo va interrogato e interpretato con altrettanto rigore dei resoconti scritti.
Al problema delle reciproche incomprensioni, si aggiungono le distorsioni deliberate o accidentali. Come sappiamo, la storia la scrivono i vincitori, specie quando sono gli unici in grado di farlo. I vinti, le società conquistate o distrutte, spesso hanno a disposizione solo gli oggetti per fornire la propria versione. Grazie a i loro manufatti, i taino dei Caraibi, gli aborigeni australiani, la popolazione africana del Benin e gli inca – tutti presenti in questo libro – possono finalmente parlarci: una storia raccontata in questo modo restituisce loro la voce.  



Statuetta degli amanti di Ain Shakri. Betlemme, 9000 a.C.

Nel contatto fra società alfabetizzate e non  alfabetizzate, tutti i resoconti di prima mano sono inevitabilemente distorti, espressione di un solo interlocutore: se vogliamo sentire l'altra campana, dobbiamo leggere anche gli oggetti.
Certo, è più facile a dirsi che a farsi. Scrivere la storia a partire dai testi è un processo familiare e, ad assisterci nello studio dei documenti intervengono secoli di apparati critici, dai quali abbiamo imparato a giudicare la franchezza, le mistificazioni, gli espedienti.

Con gli oggetti abbiamo, sì, competenze strutturate – archeologiche, scientifiche, antropolgiche – che ci consentono di porre domande cruciali, ma poi serve un notevole slancio di fantasia per restituire il manufatto alla sua vita precedente e per insaturare con esso un rapporto generoso e poetico, che ci consenta di carpirgli tutte le informazioni che è in grado di offrire.
Per scoprire qualcosa su certe civiltà, questa è l'unica strada percorribile. […]



Carta di credito, Emirati Arabi Uniti, 2009 d.C.

Simili atti interpretativi basati sull'immaginazione sono essenziali in qualsiasi storia narrata attraverso gli oggetti. Lo sapevano bene i fondatori del British Museum, per i quali il recupero delle civiltà antiche era un presupposto essenziale per la comprensione della nostra comune umanità: un impegno a cui i collezionisti e gli eruditi dell'Illuminismo cpontribuirono con un approccio scientifico unico e una rara capacità di ricostruzione poetica. La stessa impresa veniva realizzata, sempre a metà del dicottesimo secolo, all'altro capo del mondo, in Cina, dove l'imperatore Qianlong, contemporaneo di Giorgio III, era impegnato a raccogliere, collezionare, classificare, catalogare ed esplorare il passato attraverso la compilazione di dizionari ed enciclopedie e la narrazione scritta di quanto aveva scoperto, allo stesso identico modo di un aristocratico dotto europeo del diciottesimo secolo. 

Bi di giada. Pechino, Cina, 1200 a.C. Iscrizione 1790 d.C.
Fra i tanti oggetti da lui collezionati, c'era un disco di giada o bi (capitolo 90), molto simile a quelli trovati nelle tombe della dinastia Zhang intorno al 1500 a.C. Per quanto il loro uso sia a tutt'oggi sconosciuto, è innegabile che si tratti di oggetti di squisita fattura, segno di una condizione sociale elevata. Ammirando la bizzarra eleganza del bi, l'imperatore  Qianlong cominciò a domandarsi a cosa servisse, con un approccio erudito e al contempo basato sull'immaginazione: comprese che il disco era molto amtico e passò in rassegna tutti gli oggetti che gli si potevano generalmente paragonare, senza però risolvere il mistero. 
Poi, come spesso faceva, scrisse una poesia e – per lo stupore di noi moderni – la fece incidere su quell'oggetto tanto prezioso. Nei suoi versi, giunse alla conclusione che il bi era stato creato con l'intenzione di farne un portaciotola, e dichiarò che pertanto anche lui vi avrebbe posato sopra una ciotola.

Statua di Ramses II. Tebe, Egitto. 1250 a.C. circa.
Nonostante l'imperatore Qianlong sia giunto alla conclusione sbagliata, confesso di ammirare il suo metodo. Pensare al passato  o a un mondo remoto attraverso le cose è sempre un processo di ri-creazione poetica. Non potendo consocere tutto con certezza, dobbiamo trovare nuove strade per sopperire ai nostri limiti: in fin dei conti, gli oggetti sono stati creati da persone come noi e pertanto non dovrebbe essere poi così difficile indovinare a quale scopo fossero stati realizzati. È una strategia utile in moltissime circostanze, per capire non solo il passato, ma anche il presente. Per comprendere gli altri serve uno sforzo titanico di immaginazione poetica combinata con una rigorosa conoscenza.  

Elmo di Sutton Hoo. Suffolk, 600-650 d.C.
L'imperatore Qianlong non è l'unico poeta di questa storia. Le parole di Shelley non ci spiegano come fu realizzata la statua di Ramses II – il suo Ozymandias -, ma ci dicono moltissimo del fascino che la caduta degli imperi esercitava agli inizia del diciannovesimo secolo. Nella grandiosa nave funeraria di Sutton Hoo (capitolo 47) i poeti al lavoro sono ben due: il racconto epico di Beowulf rivive nella realtà storica, mentre l'evocazione dell'elmo del guerriero da parte di Seamus Heaney conferisce una immediata attualità a questo celebre pezzo di armatura anglosassone. Una storia attraverso gli oggetti sarebbe impossibile senza i poeti. (gz)








3 commenti:

Clementina ha detto...

"La pratica della lettura si apprende dai libri, ma si estende a tutto quello che ci circonda" bellissima affermazione che cambia la qualità della vita. Grazie del post. prossimo obbiettivo, comprare il libro!

Silvia ha detto...

E' un libro che i miei bambini guardano spesso assieme, probabilmente catturati dalle foto degli oggetti. E' un gran bel libro anche per ciò che riguarda la qualità della carta su cui è stampato.

Studio Fludd ha detto...

Ottimo davvero! Le parti pris des choses.