[di Francesca Zoboli]
Qualche tempo fa, sono andata a vedere Murmure des murs spettacolo di grande fascino e raffinatezza, con meravigliose invenzioni nelle scenografie e nei costumi. In parte me lo aspettavo, poiché si tratta della regia di Victoria Thierrée-Chaplin, e chi di voi ha visto i suoi spettacoli ne sa qualcosa.
Questa volta ciò che più mi ha colpito è stata la struttura narrativa, diversa dai precedenti spettacoli, che in genere procedevano per 'stanze', con temi diversi e non collegati.
Qui, infatti, c’è una storia che viene raccontata utilizzando degli elementi scenografici e dei personaggi che continuano a ritornare e a ripetersi però scompaginando schemi logici di comprensione basati su tempo e luogo, introducendo in ogni nuova situazione varianti che ne modificano il significato.
Il racconto si svolge tutto attraverso immagini e senza parole.
Inizia da una situazione molto comune, dove una ragazza (la brava protagonista, Aurelia Thierrée-Chaplin) è alle prese con un trasloco, fra scatoloni, plastiche e oggetti vari inizia a farsi strada un clima misterioso e sospeso: scatole che si muovono da sole, un fantasma/animalone in pluriball, uomini senza volto vestiti di polvere.
Tutto si svolge tra interni dove sono protagonisti muri scrostati, le cui vecchie tappezzerie sanno raccontare storie; esterni di case che ricordano Magritte; finestre illuminate da cui entrano ed escono i personaggi a cui si sono aggiunti nel frattempo un ballerino; un traslocatore/acrobata; uno strano essere con testa da uccello che sembra uscito da un dipinto di Max Ernst.
Di scena in scena, la storia si arricchisce di suggestioni nuove e destabilizzanti, puntando in una direzione decisamente onirica e fiabesca.
Appena a casa, ho visto sul tavolo il bellissimo libro di Blexbolex Ballata, edito da Orecchio Acerbo, e subito il collegamento con lo spettacolo è scattato.
Il meccanismo narrativo mi è sembrato identico e condotto con lo stesso ritmo. Un racconto basato su immagini molto semplici, accompagnate da una didascalia che le definisce in una sola parola, come negli abecedari infantili, è basato sulla ripetizione di alcuni elementi base: la casa, la scuola, la strada, lo sconosciuto, il tragitto, il ponte, la foresta, i briganti.
In ogni capitolo, a queste “figure” se ne aggiungono altre, (la strega, la tempesta, l’ingorgo, il labirinto, le ombre, il presagio ecc); cambiano le posizioni e le relazioni tra loro e, come in un mazzo di tarocchi, anche i significati, giungendo a una complicazione narrativa quasi caotica che spinge il lettore a tornare indietro, a ricostruire percorsi e biforcazioni che portano la storia ad aprirsi a ventaglio con un ritmo sempre più incalzante.
La grande sorpresa è quando le didascalie di accompagnamento spariscono, sostituite da uno spazio vuoto fra la virgola e il punto, che invita il lettore a scriverle, cosa che mi ha ricordato la sensazione che si prova da piccoli, quando si impara ad andare in bicicletta e improvvisamente non ci sono più le rotelline di sostegno.
In questo modo, il lettore ha la possibilità di costruirsi i propri personali percorsi mentali. Così, la storia contenuta in questo libro ognuno di noi l’avrà in mente un po’ diversa dagli altri. Come nelle ballate, appunto.
Qualche tempo fa, sono andata a vedere Murmure des murs spettacolo di grande fascino e raffinatezza, con meravigliose invenzioni nelle scenografie e nei costumi. In parte me lo aspettavo, poiché si tratta della regia di Victoria Thierrée-Chaplin, e chi di voi ha visto i suoi spettacoli ne sa qualcosa.
Questa volta ciò che più mi ha colpito è stata la struttura narrativa, diversa dai precedenti spettacoli, che in genere procedevano per 'stanze', con temi diversi e non collegati.
Qui, infatti, c’è una storia che viene raccontata utilizzando degli elementi scenografici e dei personaggi che continuano a ritornare e a ripetersi però scompaginando schemi logici di comprensione basati su tempo e luogo, introducendo in ogni nuova situazione varianti che ne modificano il significato.
Il racconto si svolge tutto attraverso immagini e senza parole.
Inizia da una situazione molto comune, dove una ragazza (la brava protagonista, Aurelia Thierrée-Chaplin) è alle prese con un trasloco, fra scatoloni, plastiche e oggetti vari inizia a farsi strada un clima misterioso e sospeso: scatole che si muovono da sole, un fantasma/animalone in pluriball, uomini senza volto vestiti di polvere.
Tutto si svolge tra interni dove sono protagonisti muri scrostati, le cui vecchie tappezzerie sanno raccontare storie; esterni di case che ricordano Magritte; finestre illuminate da cui entrano ed escono i personaggi a cui si sono aggiunti nel frattempo un ballerino; un traslocatore/acrobata; uno strano essere con testa da uccello che sembra uscito da un dipinto di Max Ernst.
Di scena in scena, la storia si arricchisce di suggestioni nuove e destabilizzanti, puntando in una direzione decisamente onirica e fiabesca.
Il meccanismo narrativo mi è sembrato identico e condotto con lo stesso ritmo. Un racconto basato su immagini molto semplici, accompagnate da una didascalia che le definisce in una sola parola, come negli abecedari infantili, è basato sulla ripetizione di alcuni elementi base: la casa, la scuola, la strada, lo sconosciuto, il tragitto, il ponte, la foresta, i briganti.
In ogni capitolo, a queste “figure” se ne aggiungono altre, (la strega, la tempesta, l’ingorgo, il labirinto, le ombre, il presagio ecc); cambiano le posizioni e le relazioni tra loro e, come in un mazzo di tarocchi, anche i significati, giungendo a una complicazione narrativa quasi caotica che spinge il lettore a tornare indietro, a ricostruire percorsi e biforcazioni che portano la storia ad aprirsi a ventaglio con un ritmo sempre più incalzante.
La grande sorpresa è quando le didascalie di accompagnamento spariscono, sostituite da uno spazio vuoto fra la virgola e il punto, che invita il lettore a scriverle, cosa che mi ha ricordato la sensazione che si prova da piccoli, quando si impara ad andare in bicicletta e improvvisamente non ci sono più le rotelline di sostegno.
In questo modo, il lettore ha la possibilità di costruirsi i propri personali percorsi mentali. Così, la storia contenuta in questo libro ognuno di noi l’avrà in mente un po’ diversa dagli altri. Come nelle ballate, appunto.
1 commento:
Il tuo sguardo è sempre illuminante Francesca!
Io invece non ho molto amato lo spettacolo di teatro perché, al di là degli effetti scenici, l'ho trovato narrativamente povero e poco emozionante. Ma guardarlo dal punto di vista della struttura di una ballata è interessante!
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