lunedì 23 giugno 2014

Di montagne, vulcani e cicale

[di Giulia Mirandola]

Un giorno mi sono sentita vicinissima alle parole di Luigi Ghirri, quando scrive che «l'atlante è il libro che ci permette di trovare dove abitiamo e dove vorremmo andare, seguendo dei segni sulla carta, come quando leggiamo» (Lezioni di fotografia, Quodlibet Compagnia Extra 2010). Per questa condizione di fedeltà ai luoghi, nel mio lavoro, a un certo punto, ho iniziato a indagare la relazione tra linguaggio visuale e lettura del paesaggio, tra situazione ambientale e capacità di osservare e narrare dove siamo, per capire chi siamo.

Quando ho capito alcune cose e Marta Jorio le ha disegnate perché non le scordassi.

Nel 2012 stavo compiendo un trekking sul Catinaccio, Dolomiti, Patrimonio dell'Umanità Unesco.



Camminando immersa in questi scenari, ho avuto un'idea, che nel tempo è maturata, si è trasformata ed è diventata un progetto intitolato Dolomitica. Biennale del disegno, dell'illustrazione e del fumetto contemporanei in alta quota, un programma residenziale per artisti italiani e stranieri invitati a lavorare in siti diversi del sistema dolomitico, con momenti di workshop e trekking aperti a disegnatori di ogni età, scuole di illustrazione e fumetto.
Chiesi a Marta Jorio di partecipare a Dolomitica. Rispose senza temporeggiare, grata di intraprendere un'operazione per lei inedita, modellata sull'osmosi tra spazio creativo e spazio aperto, disegno programmato e improvvisazione en plain air, nel solco della letteratura di viaggio e dei carnet de voyage.


Fu il primo grande “sì” lungo la via complessa dell'attuazione di questa avventura ambiziosa, che attende oggi i finanziamenti necessari per poter funzionare. Nel frattempo Marta Jorio e io approfondivamo la nostra conoscenza trascorrendo spensierati pic nic nei prati.


Nella primavera 2013, è giunta felice una telefonata di Luana Bisesti, direttore di Trento Film Festival, informata dei lavori in corso. Bisesti mi proponeva di dare risalto a uno degli autori selezionati per Dolomitica, affidando a una/uno di loro la realizzazione del manifesto del Festival per l'edizione 2014. Non esitai a suggerire Marta, che sapevo al lavoro su un ulteriore progetto (attualmente in corso) attinente alle discipline sportive, intitolato Endorfina. L'amicizia di Marta Jorio con il territorio trentino poggia su queste basi. Grazie alle condizioni descritte, Marta e io abbiamo in seguito fatto diverse cose in duo e abbiamo continuato a frequentare i prati, che quando è inverno sono innevati.

Insieme a noi: Lupo, Nico, Dmitri Rouwet, Alicia Baladan,
 Diletta Colombo e la sua amica cantante, Primo gennaio 2014.
Il programma di 62° Trento Film Festival. Copertina, Marta Jorio.

A Rovereto, nello spazio della mia casa laboratorio di via Rialto 10, il 26 aprile 2014 inaugurava Cicale.

La locandina della mostra a Rovereto

Cicale è il titolo di un'opera prima fortunata, uscita in Italia nel 2012 per Topipittori. L'idea di farne una mostra ha preso forma nel corso del 2013. Un giorno Marta si è presentata a casa mia con un dono: era la tavola magnifica di Gröningen Parken.


Questa mostra è stata concepita per festeggiare l'amicizia di Marta Jorio verso questa casa e per cantare le sue Cicale, una delle più avvincenti ed emozionanti biografie d'infanzia riunite nella collana Gli anni in tasca graphics Topipittori. Queste di Jorio sono le immagini di una vita impressa a colori, figlia di arrivi e di partenze, a casa propria nei paesaggi di mare e di terra, teatro continuo nella difficile ricerca di chi sono gli altri e chi sono io. Dalle finestre ammiriamo panorami, ma possono volare oggetti e bestemmie, «Marooooonnnnaaaaaaaaaa». La lingua batte sulle sillabe di una frase dell'autrice, che mai abbandona: «La libertà è una forma di disciplina».





















Alle tavole originali di Cicale l'autrice ha unito per l'occasione sculture inedite, materiali provenienti dal suo ultimo viaggio in Messico, storie in presa diretta dove eruttano i vulcani.


Quando fa buio, Marta invita gli ospiti a riunirsi nella corte interna del palazzo. Sul muro azzurrino proietterà un teatrino di figure mosse, fatto di cartoncini ritagliati e luce proveniente da una lavagna luminosa recuperata all'ultimo minuto con la collaborazione di una bibliotecaria amica, Morena. Rapiti da quanto avviene, nessuno riprende o fotografa quel momento, purtroppo. Un bis mi avrebbe salvata, forse, dall'imbarazzo di non sapere documentare adeguatamente questo passaggio.


















A distanza di un giorno dall'inaugurazione di Cicale a Rovereto, siamo nell'atmosfera del 62° Trento Film Festival, in compagnia di Monica Monachesi, a Trento per la mostra Il sogno del serpente piumato e per un incontro che vede al tavolo dei relatori tutte e tre. Di questa esperienza, ricorderò più di tutto la freschezza del direttore del Festival, Luana Bisesti, nel suo intervento introduttivo; la faccia di bambino stupito di Folco Quilici, in prima fila, che sgrana gli occhi davanti alle illustrazioni del Messico, durante la relazione di Monachesi, e alle serigrafie di Marta Jorio proiettate su grande schermo; la riconoscenza del console messicano in Italia, Marisela Morales.


Una settimana dopo, siamo con Marta Jorio di nuovo al 62° Trento Film Festival per un laboratorio all'aperto, inserito nella programmazione Parco dei mestieri, dedicato agli antichi codici messicani. Ci basiamo su una serie di timbri fabbricati da Marta, bellissimi anche solo da vedere, e su alcuni oggetti adatti a praticare le tecniche di stampa: sgorbie, adigraf, rulli, spugne.

Marta Jorio a Trento con Paolo Canton, “il mio editore” come lo chiama lei.

Marta si esprime con la voce, con le mani, con gli occhi. Invita tutti a provare: chi bambino è e non è. Esordisce mostrando stampe. Sono modelli di vulcani e di templi aztechi sui quali i bambini intervengono con osservazioni originali, talvolta riconoscendo in essi altre matrici: sembrano loro torte a più piani; strumenti musicali; capelli lunghi di una donna vista di spalle; armi da guerra e da caccia; cappelli.





















Ciascuno conosce da vicino come è fatto un timbro e come si costruisce, e gioca a modo proprio con la serialità e la ripetizione di motivi decorativi. Qualcuno prende a raccontare ad alta voce storie fantastiche, dai risvolti crudeli, dando atto di amare molto, dentro le storie, il senso dell'avventura e del pericolo.


Il laboratorio ha coinvolto bambini e adulti, per due pomeriggi intensi. Con soli tre colori e ventinove timbri, sono nati circa sessanta disegni, quattro mostre estemporanee e il desiderio di portare lo stesso gioco altrove, durante l'estate, in un altro giardino, di un altro festival, in compagnia di altre persone, che attendiamo di conoscere presto.


2 commenti:

Unknown ha detto...

Attendo con fiducia una tappa toscana :)

sara ha detto...

Mamma che meraviglia