Hill Top è un villaggio nel Lake District che sembra disegnato da Beatrix Potter: piccoli cottage fra campi, boschi, ruscelli, minuscoli empori, giardini rigogliosi e orti che sembrano coltivati da fate. Ci sono capitata dentro durante un trekking estivo e lì ho scoperto che sembra disegnato da Beatrix Potter perché qui la più famosa autrice inglese di libri illustrati trascorse le sue vacanze fin da piccola, dove, ormai famosa, acquistò una casetta che oggi è meta di pellegrinaggio da parte di ammiratori di tutto il mondo.
Ovviamente l'ho visitata anche io. E basti dire che qui, in questo cottage dallo stile inconfondibilmente british, di gusto impeccabile, su tavolini e cassettiere fanno bella mostra di sé lettere autografe, schizzi e disegni originali; che alle pareti sfolgorano suoi deliziosi acquerelli naturalistici e di paesaggio; che in vetrinette gremite all'inverosimile abitano schiere di conigli, topi, porcospini, lepri riprodotti in ogni tipo di materiale e su ogni genere di suppellettile. Se questo luogo sembri l'archetipo della campagna inglese perché lo fosse già da prima o perché il segno della Potter l'ha portato ad esserlo, è difficile capire. Il risultato è che oggi questo paesaggio fa parte tanto dell'immaginario quanto della realtà.
Oltre ad avere letto la storia del più famoso coniglio del mondo, a nome Peter, oltre a conoscere le illustrazioni della Potter fittamente popolate di animali, e aver visto il recente film sulla vita di Beatrix, e aver letto Miss Charity, in parte alle sue vicende ispirato, confesso una scarsa conoscenza di questa incredibile autrice.
Durante il mio mese di permanenza in Inghilterra, dove la fama di questa signora è pari a quella di Darwin e di Lord Tennyson, dopo la visita a Hill Top mi sono poi ripetutamente imbattuta nei suoi personaggi, nei suoi libri, nella sua storia.
Tanto per dire, il suo ritratto campeggia alla National Portrait Gallery, a Londra, pantheon della gloria inglese. Qui ho appreso che il padre di Beatrix fu un noto benché dilettante pioniere della fotografia. Molte le foto di lei e del suo sposo al cottage di Hill Top, appunto.
Sparsi un po' dovunque, poi, per tutto il suolo britannico si trovano negozi interamente dedicati al suo mondo dove è possibile acquistare pressoché ogni tipo di oggetto decorato da topi, volpi, scoiattoli, gatti etc. usciti dalle perfette minime storie che Beatrix scrisse per la gioia di generazioni di bambini, non solo inglesi. Basti dire che ordinate comitive di giapponesi sfilano reverenti per le strade di Hill Top, giunti qui dall'altro capo del pianeta.
Infine, in una piccola libreria di Cambridge, The Haunted Bookshop (dove fra torregianti pile di libri si dice abiti il fantasma di una fanciulla che ad ogni apparizione profuma l'aria di violette; ma il nome della libreria credo venga dall'omonimo romanzo di Christopher Morley) ho finalmente fatto amicizia con vecchie edizioni dei suoi libri, li ho acquistati e mi sono messa a leggerli, forte della mia rinnovata conoscenza della lingua inglese.
E, come spesso capita con i libri illustrati, mi sono resa conto che se la fama di Beatrix Potter si può pensare legata soprattutto allo stile delle illustrazioni dei suoi celebri personaggi, imitatissime poi ovunque da miriadi di illustratori, è nella qualità delle storie che sta la sua straordinaria fortuna su cui prospera l'impero di piatti, tazze, diari, seggiole, bavagli e cuscini. Storie che datano ormai più di cento anni fa (furono scritte dal 1902, The Tale of Peter Rabbit, in poi).
Perché le storie della Potter, affettuose, imprevedibili, ironiche, scintillanti di intelligenza, fiabesche e mai scontate, sono mirabilmente scritte e illustrate sulla base di una conoscenza ferrea del disegno, della narrazione, della parola, del paesaggio e della natura (che Mrs. Potter studiava con rigore di scienziato). Gli inglesi sono così: dei meravigliosi secchioni senza alcun timore di esserlo e senza mai darlo a vedere, e per questo assolutamente anticonformisti nel paese probabilmente più amante delle regole del mondo: le due cose non si escludono, anzi sembrano andare perfettamente a braccetto.
I libri che ho comprato andranno ad alcune persone che mi sono sembrate perfette per loro, quindi presto me ne dovrò separare. Poco male. In ogni loro pagina brillano perle e queste rimangono.
Come Lucinda e Jane, le bambole proprietarie della casetta esplorata e saccheggiata da Tom Thumb e Hunca Munca, coppia di topi curiosi in The Tale of Two Bad Mice (1904). Alla vista del disastro provocato dai due sorci nell'immacolata dimora, Lucinda e Jane, contro ogni aspettativa dei lettori, non esprimeranno altro che un perfetto sorriso sedendosi compostamente sulla cucina rimasta intatta.
In effetti, sono bambole e le bambole, si sa, esauriscono la loro imbambolata vicenda in eterni sorrisi. La bambina proprietaria di Lucinda e Jane, invece, per difendere la casetta da future incursioni topesche progetta di comprare un poliziotto giocattolo.
Solo la tata penserà ad acquistare una trappola per topi. La quale naturalmente sui topi non avrà alcun effetto: una illustrazione mostra al lettore la famiglia di Tom e Hunka che per nulla intimorita, sosta davanti allo stupido congegno.
Un gioco perfetto di scatole cinesi, questa breve storia, dove dalla finzione si passa alla realtà e da questa, imprevedibilmente, di nuovo alla finzione: ma alla realtà della finzione che non è meno potente di quella che pretendiamo autentica, come sanno benissimo i bambini che nei loro giochi passano continuamente dall'una all'altra senza imbarazzo.
O perle come Ginger e Pickles, il gatto e il terrier che, in The Tale of Ginger & Pickles (1909), gestiscono fantasiosamente, senza ricavare un solo scellino, l'emporio di un imprecisato villaggio, dove si possono acquistare merci deliziose come caramelle, biscotti, wafer, latte e crackers alla crema.
I clienti topi, spaventati da Ginger, preferiscono farsi servire da Pickles, e viceversa i clienti conigli, a disagio con Pickles, preferiscono le maniere di Ginger.
Hanno perfettamente ragione perché i due si confessano vicendevolmente di avere l'acquolina in bocca all'apparire di ogni cliente.
“Ma non possiamo mangiarli” conclude saggiamente Pickles, “altrimenti andranno a servirsi al negozio di Tabitha Twitchit's. E non li vedremmo più.”
La vena surreale delle nursery rhymes, terreno fecondo di ispirazione per la letteratura anglosassone non solo per ragazzi, da Lewis Carroll a Edward Lear, da Milne a Stevenson, a Dylan Thomas, scorre in queste storie, per venire a galla, a volte, all'improvviso, limpidissima, come in The Tailor of Gloucester (1903), nelle meravigliose, folli canzoncine cantate da una truppa di topi ricamatori durante la notte di Natale sotto lo sguardo famelico del gatto Simpkin, rimasto senza cena.
O come nei lazzi canori schiamazzati dal ribaldo e incosciente scoiattolo protagonista di The Tale of Squirrel Nutkin (1903), al cospetto del serissimo Mr. Brown, vecchio e ieratico gufo, incontrastato sovrano della desiderabilissima isola dei noccioli.
Un racconto incantevole che comincia così: “Questa è la storia di una coda – una coda che apparteneva a un piccolo scoiattolo rosso, e il suo nome era Nutkin.” Se non è genio questo...
Rammarichiamoci pure delle schiere di conigli, maialetti e gatti che da Beatrix in poi affollano le pagine di tanta letteratura per ragazzi.
Ma teniamo sempre a mente che il problema non fu lei, ma chi pretese di imitarla senza rendersi conto che il successo non stava nel confezionare storielle con animali, ma nel genio di chi scrisse quelle storie di animali.
Se dopo Beatrix Potter, in tutto il mondo, l'idea corrente è che per mettere insieme un libro per bambini, è sufficiente, come disse l'editor Ursula Nordström, “prendere una storia di conigli e farla illustrare da vostro cugino”, la responsabilità non fu sua, ma dei tanti che senza l'ausilio di un'idea, di un talento e di alcuna conoscenza di quello che si piccavano di fare, vollero imitare la Potter senza accorgersi minimamente di dove scintillasse il tesoro nelle sue inimitabili storie.
Interno del cottage di Beatrix Potter in un disegno di Stephen Darbishire. |
Ovviamente l'ho visitata anche io. E basti dire che qui, in questo cottage dallo stile inconfondibilmente british, di gusto impeccabile, su tavolini e cassettiere fanno bella mostra di sé lettere autografe, schizzi e disegni originali; che alle pareti sfolgorano suoi deliziosi acquerelli naturalistici e di paesaggio; che in vetrinette gremite all'inverosimile abitano schiere di conigli, topi, porcospini, lepri riprodotti in ogni tipo di materiale e su ogni genere di suppellettile. Se questo luogo sembri l'archetipo della campagna inglese perché lo fosse già da prima o perché il segno della Potter l'ha portato ad esserlo, è difficile capire. Il risultato è che oggi questo paesaggio fa parte tanto dell'immaginario quanto della realtà.
Oltre ad avere letto la storia del più famoso coniglio del mondo, a nome Peter, oltre a conoscere le illustrazioni della Potter fittamente popolate di animali, e aver visto il recente film sulla vita di Beatrix, e aver letto Miss Charity, in parte alle sue vicende ispirato, confesso una scarsa conoscenza di questa incredibile autrice.
Durante il mio mese di permanenza in Inghilterra, dove la fama di questa signora è pari a quella di Darwin e di Lord Tennyson, dopo la visita a Hill Top mi sono poi ripetutamente imbattuta nei suoi personaggi, nei suoi libri, nella sua storia.
Tanto per dire, il suo ritratto campeggia alla National Portrait Gallery, a Londra, pantheon della gloria inglese. Qui ho appreso che il padre di Beatrix fu un noto benché dilettante pioniere della fotografia. Molte le foto di lei e del suo sposo al cottage di Hill Top, appunto.
Sparsi un po' dovunque, poi, per tutto il suolo britannico si trovano negozi interamente dedicati al suo mondo dove è possibile acquistare pressoché ogni tipo di oggetto decorato da topi, volpi, scoiattoli, gatti etc. usciti dalle perfette minime storie che Beatrix scrisse per la gioia di generazioni di bambini, non solo inglesi. Basti dire che ordinate comitive di giapponesi sfilano reverenti per le strade di Hill Top, giunti qui dall'altro capo del pianeta.
Infine, in una piccola libreria di Cambridge, The Haunted Bookshop (dove fra torregianti pile di libri si dice abiti il fantasma di una fanciulla che ad ogni apparizione profuma l'aria di violette; ma il nome della libreria credo venga dall'omonimo romanzo di Christopher Morley) ho finalmente fatto amicizia con vecchie edizioni dei suoi libri, li ho acquistati e mi sono messa a leggerli, forte della mia rinnovata conoscenza della lingua inglese.
E, come spesso capita con i libri illustrati, mi sono resa conto che se la fama di Beatrix Potter si può pensare legata soprattutto allo stile delle illustrazioni dei suoi celebri personaggi, imitatissime poi ovunque da miriadi di illustratori, è nella qualità delle storie che sta la sua straordinaria fortuna su cui prospera l'impero di piatti, tazze, diari, seggiole, bavagli e cuscini. Storie che datano ormai più di cento anni fa (furono scritte dal 1902, The Tale of Peter Rabbit, in poi).
Perché le storie della Potter, affettuose, imprevedibili, ironiche, scintillanti di intelligenza, fiabesche e mai scontate, sono mirabilmente scritte e illustrate sulla base di una conoscenza ferrea del disegno, della narrazione, della parola, del paesaggio e della natura (che Mrs. Potter studiava con rigore di scienziato). Gli inglesi sono così: dei meravigliosi secchioni senza alcun timore di esserlo e senza mai darlo a vedere, e per questo assolutamente anticonformisti nel paese probabilmente più amante delle regole del mondo: le due cose non si escludono, anzi sembrano andare perfettamente a braccetto.
I libri che ho comprato andranno ad alcune persone che mi sono sembrate perfette per loro, quindi presto me ne dovrò separare. Poco male. In ogni loro pagina brillano perle e queste rimangono.
Come Lucinda e Jane, le bambole proprietarie della casetta esplorata e saccheggiata da Tom Thumb e Hunca Munca, coppia di topi curiosi in The Tale of Two Bad Mice (1904). Alla vista del disastro provocato dai due sorci nell'immacolata dimora, Lucinda e Jane, contro ogni aspettativa dei lettori, non esprimeranno altro che un perfetto sorriso sedendosi compostamente sulla cucina rimasta intatta.
In effetti, sono bambole e le bambole, si sa, esauriscono la loro imbambolata vicenda in eterni sorrisi. La bambina proprietaria di Lucinda e Jane, invece, per difendere la casetta da future incursioni topesche progetta di comprare un poliziotto giocattolo.
Solo la tata penserà ad acquistare una trappola per topi. La quale naturalmente sui topi non avrà alcun effetto: una illustrazione mostra al lettore la famiglia di Tom e Hunka che per nulla intimorita, sosta davanti allo stupido congegno.
Un gioco perfetto di scatole cinesi, questa breve storia, dove dalla finzione si passa alla realtà e da questa, imprevedibilmente, di nuovo alla finzione: ma alla realtà della finzione che non è meno potente di quella che pretendiamo autentica, come sanno benissimo i bambini che nei loro giochi passano continuamente dall'una all'altra senza imbarazzo.
O perle come Ginger e Pickles, il gatto e il terrier che, in The Tale of Ginger & Pickles (1909), gestiscono fantasiosamente, senza ricavare un solo scellino, l'emporio di un imprecisato villaggio, dove si possono acquistare merci deliziose come caramelle, biscotti, wafer, latte e crackers alla crema.
I clienti topi, spaventati da Ginger, preferiscono farsi servire da Pickles, e viceversa i clienti conigli, a disagio con Pickles, preferiscono le maniere di Ginger.
Hanno perfettamente ragione perché i due si confessano vicendevolmente di avere l'acquolina in bocca all'apparire di ogni cliente.
“Ma non possiamo mangiarli” conclude saggiamente Pickles, “altrimenti andranno a servirsi al negozio di Tabitha Twitchit's. E non li vedremmo più.”
La vena surreale delle nursery rhymes, terreno fecondo di ispirazione per la letteratura anglosassone non solo per ragazzi, da Lewis Carroll a Edward Lear, da Milne a Stevenson, a Dylan Thomas, scorre in queste storie, per venire a galla, a volte, all'improvviso, limpidissima, come in The Tailor of Gloucester (1903), nelle meravigliose, folli canzoncine cantate da una truppa di topi ricamatori durante la notte di Natale sotto lo sguardo famelico del gatto Simpkin, rimasto senza cena.
O come nei lazzi canori schiamazzati dal ribaldo e incosciente scoiattolo protagonista di The Tale of Squirrel Nutkin (1903), al cospetto del serissimo Mr. Brown, vecchio e ieratico gufo, incontrastato sovrano della desiderabilissima isola dei noccioli.
Un racconto incantevole che comincia così: “Questa è la storia di una coda – una coda che apparteneva a un piccolo scoiattolo rosso, e il suo nome era Nutkin.” Se non è genio questo...
Rammarichiamoci pure delle schiere di conigli, maialetti e gatti che da Beatrix in poi affollano le pagine di tanta letteratura per ragazzi.
Ma teniamo sempre a mente che il problema non fu lei, ma chi pretese di imitarla senza rendersi conto che il successo non stava nel confezionare storielle con animali, ma nel genio di chi scrisse quelle storie di animali.
5 commenti:
Il testo è, secondo me, la parte che rende deliziosi i libri di B.P. essenzialmente British!
Tabitha Twitchit, Ginger and Pickles...la loro sonorità richiama alla mente un ricamo di parole.
Immagino anche che rivoluzione sia stata per l'epoca essere una professionista e stampare i propri libri illustrati e scritti!
Chiara
Beatrix Potter e Jill Barklem = la mia infanzia. Ricordo ancora quando andavo in biblioteca con mia madre, tipo a 4 anni, e prendevamo tutti i libri disponibili di questo genere, e una volta tornate a casa li leggevamo insieme, e insieme ci perdevamo nelle stupende illustrazioni. Delicate, particolareggiate, realistiche, nonostante i protagonisti fossero animaletti "umanizzati". Grazie a loro ho sviluppato anche un amore spropositato nei confronti degli animali, ed in particolare dei roditori. Porterò questi ricordi sempre nel cuore. Era letture così piacevoli, e mi travolgevano completamente. Ultimamente ho letto molto di più sulla vita della Potter, e spero di approfondirla ancora di più perchè era un donnino davvero interessante. Spero, almeno una volta nella vita, di visitare la sua casa. Grazie per l'articolo, che ha suscitato in me tanti ricordi, e grazie per le bellissime foto delle vecchie edizioni.
Luogo adorabile, Beatrix meravigliosa...
E quei libri...
Ora mi sento come quei bimbi che, d'inverno, spiccicano naso, fronte e mani sulla vetrina di un negozio di dolciumi... sob!
Ila
Grazie Ila, Chiara e Rain'B per queste vostre riflessioni!
What a delightful and sparkling review of Potter's world.
"The Tale of Two Bad Mice" was a favorite in our house when the children were little. You inspire me to read them again …soon!
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