ovvero Tuttodunpezzo alla scuola media Vittorelli di Bassano del Grappa
[di Cristina Bellemo]
Molte volte mi è capitato di ascoltare, in contesti diversi, affermazioni come: « È un libretto per bambini, di quelli con i disegni».
Assomiglia un poco a ciò che accadeva di sentirci dire, a me e ai colleghi con cui si produceva la rivista Blu. Rivista premiata e amata dai lettori. «Quel bel giornalino che fate voi».
I diminutivi usati per circoscrivere, definire (limitare?) il campo del valore. E delle possibilità. Per un albo, l’idea che i disegni individuino immediatamente il destinatario in un bambino (piccolo).
«Quando gli studenti vedono le illustrazioni, storcono il naso e pensano che gli vogliamo propinare un libriccino per bambini. Sai, ormai loro si sentono grandi». Me l’ha detto qualche insegnante delle medie.
La questione è «diminuire», insomma. Che certe volte rischia di equivalere a «sminuire».
Tuttodunpezzo by Andre da Loba from Andre da Loba on Vimeo.
Credo che questa idea degli albi come libri solo per i bambini si debba principalmente a noi adulti. I ragazzi, da parte loro, sono curiosi, di una curiosità onnivora. Credo che le resistenze siano prima di tutto nostre perché forse sentiamo di non avere strumenti culturali adeguati per proporre forme d’arte diverse da quelle normalmente ritenute opportune, approvate dai programmi.
Oppure perché talvolta riserviamo poca considerazione letteraria e artistica a quei lavori. Meglio in ogni caso sgomberare il campo parlando di storielle, disegnini, messaggi edificanti, paroline, animaletti… per bambini. Come se, poi, i bambini fossero destinatari naturali di prodotti in tono minore rispetto alla «letteratura vera».
Accade anche nelle librerie, e perfino nelle biblioteche (che non hanno esigenze «di mercato»): la disposizione sugli scaffali spesso comunica che i libri con le figure riguardano i bambini. E basta. A forza di essere ribadite, queste comunicazioni si stratificano, diventano abitudini culturali diffuse e acquisite.
È chiaro invece che una delle più straordinarie caratteristiche di molti albi illustrati è proprio l’essere potenzialmente trasversali. Attuarne la potenzialità dipende, innanzitutto, da chi li propone.
Sia con La leggerezza perduta sia con Tuttodunpezzo ho lavorato con bambini della scuola dell’infanzia, con i ragazzi delle superiori, con gli universitari, con le famiglie, con gli adulti. Con esiti meravigliosi (nel senso che mi hanno riempita di meraviglia), in un caso e negli altri.
Quando dunque si è messa in contatto con me la professoressa Marina Pagin, docente di Arte e immagine alla scuola media inferiore Jacopo Vittorelli di Bassano del Grappa, per lavorare su una mia storia con i suoi ragazzi di seconda D (a indirizzo musicale), ho accettato con slancio.
Ho apprezzato la sua larghezza di orizzonti e ho proposto Tuttodunpezzo. Mi pareva che questa storia, per i temi e taglio, narrativo e iconografico, aprisse una strada interessante di collaborazione. Marina Pagin ne è stata subito entusiasta. Allora abbiamo definito insieme un sentiero.
Prima di tutto sono andata a scuola con un carrettino pieno di albi illustrati e per due ore abbiamo chiacchierato con i ragazzi di forme, misure, colori, bianco e nero, parole, silenzi, storie, carta, vuoti, pieni, odori, profumi, emozioni, risate, arte, bellezza. E di mille altre cose difficili da riassumere, ma ben vive e splendenti nella mia mente.
Alcuni, via via, si sono seduti più vicino, per terra. Non c’è stato mai un calo dell’attenzione. Le mani si alzavano per indovinare, suggerire, dire. Altri, la campanella era già suonata perché il tempo l’abbiamo usato tutto proprio, sono venuti alla cattedra dove avevo posato i libri, e si sono annotati i titoli (già con la cartella pesantissima che gli faceva le spalle cadenti, e un piede rivolto alla porta).
Forse era la prima volta, di sicuro una delle poche, me l’hanno detto loro, in cui i banchi sono stati accostati alle pareti e le sedie messe al centro, in cerchio. Il cerchio magico delle storie.
È stato per me (ma forse dico ogni volta così?) uno degli incontri più belli, tra i moltissimi che ho fatto in questi anni: i ragazzi mi hanno regalato il loro incanto genuino e la curiosità degli occhi, delle mani e delle anime, i pensieri in volo e le parole appassionate, le bocche spalancate. La scoperta di un mondo, forse conosciuto qualche anno prima, quando erano piccoli. Forse, mai.
Poi Marina Pagin, appassionata di illustrazione e di tecniche del disegno che fa sperimentare ai suoi alunni in forme accurate e sempre originali, ha affidato ai ragazzi il testo della storia. Solo il testo, senza mostrare l’interpretazione di André da Loba nel libro che, qualche tempo dopo, veniva pubblicato.
Nemmeno io ho parlato prima con loro della storia, perché fossero liberi da condizionamenti. Che per ciascuno di loro la storia fluisse, e narrasse come doveva.
Avevano così le parole, e l’opportunità di realizzare alcune tavole raffigurando il loro protagonista nato dall’incrocio della mia con la loro immaginazione e il loro mondo interiore.
Poi li ho incontrati nuovamente, quando già avevano elaborato l’idea disegnata di Tuttodunpezzo. È stato sorprendente.
Ho ascoltato in ammirato silenzio le loro motivazioni e le osservazioni acutissime, considerando una volta di più la straordinaria capacità di leggere ben oltre le parole, e la congenialità del linguaggio metaforico al loro istintivo approccio interpretativo. Percepivo la naturalezza del mettere molto di sé nel loro Tuttodunpezzo. Disegnare il protagonista diventava un’occasione per raccontarsi, però potendosi riparare nel personaggio. Esprimersi senza essere costretti a svelarsi.
Non c’è stata ripetitività, erano unici come unico è ognuno di loro. E belle la libertà e la decisione con cui ciascuno ha intrapreso e perseguito la sua strada.
Una possibilità alla narrazione di sé che, girando per le scuole, e per i gruppi, dei bambini e dei ragazzi (così come, moltissimo, degli adulti), ritrovo come un bisogno sempre più urgente, e sempre più inascoltato. Forse Tuttodunpezzo, che dice la possibilità di essere fragili e l’attesa dell’altro, è particolarmente vicino a questo sentire?
Credo anche che sia stato importante questo spazio di autonomia nel creare qualcosa di nuovo, frutto certo di saperi e strumenti acquisiti lungo il percorso scolastico, ma anche della loro storia.
La tappa successiva del lavoro ha visto la visita dei ragazzi al liceo d’arte De Fabris di Nove (Vicenza). Obiettivo dei ragazzi: collaborare con gli studenti del quinto anno, delle classi quinta D, sezione Arti e progettazione visiva, e quinta F, sezione Beni Culturali, seguite dal professor Ezio Lunardon, docente di Teoria e metodo della comunicazione visiva.
I più grandi si sono messi in ascolto attento e hanno aiutato i compagni più giovani ad affinare, nel pieno rispetto delle loro propensioni espressive, una o due delle tavole realizzate. È stato splendido vederli lavorare insieme, confrontandosi alla pari.
Ciascuno ha poi disegnato un numero di tavole adatto a comporre un albo: compito che è stato loro affidato per le vacanze estive. Alla fine, dunque, ognuno ha dato vita al suo LIBRO.
Alla presentazione del mio libro, edito da Topipittori, alla libreria Palazzo Roberti di Bassano, i ragazzi sono stati protagonisti con un’ampia esposizione dei loro lavori, la proiezione del video girato durante il laboratorio al liceo e l’intervento al microfono di chi desiderava riferire le sue impressioni.
In quell’occasione hanno potuto vedere anche il video con cui André Da Loba ha vinto nel 2013 la Medaglia d’oro della Società degli illustratori di New York.
Credo che possano risultare eloquenti le immagini dei disegni dei ragazzi (una piccola selezione), che mostrano in quanti modi si può leggere una storia. Perché una narrazione può essere solamente il frutto di un lavoro corale che pone chi scrive e chi racconta accanto a chi legge o ascolta, ciascuno con la propria voce particolare, ugualmente necessaria.
[di Cristina Bellemo]
Molte volte mi è capitato di ascoltare, in contesti diversi, affermazioni come: « È un libretto per bambini, di quelli con i disegni».
Assomiglia un poco a ciò che accadeva di sentirci dire, a me e ai colleghi con cui si produceva la rivista Blu. Rivista premiata e amata dai lettori. «Quel bel giornalino che fate voi».
I diminutivi usati per circoscrivere, definire (limitare?) il campo del valore. E delle possibilità. Per un albo, l’idea che i disegni individuino immediatamente il destinatario in un bambino (piccolo).
«Quando gli studenti vedono le illustrazioni, storcono il naso e pensano che gli vogliamo propinare un libriccino per bambini. Sai, ormai loro si sentono grandi». Me l’ha detto qualche insegnante delle medie.
La questione è «diminuire», insomma. Che certe volte rischia di equivalere a «sminuire».
Tuttodunpezzo by Andre da Loba from Andre da Loba on Vimeo.
Credo che questa idea degli albi come libri solo per i bambini si debba principalmente a noi adulti. I ragazzi, da parte loro, sono curiosi, di una curiosità onnivora. Credo che le resistenze siano prima di tutto nostre perché forse sentiamo di non avere strumenti culturali adeguati per proporre forme d’arte diverse da quelle normalmente ritenute opportune, approvate dai programmi.
Illustrazione di Martina. |
Illustrazione di Ida. |
Accade anche nelle librerie, e perfino nelle biblioteche (che non hanno esigenze «di mercato»): la disposizione sugli scaffali spesso comunica che i libri con le figure riguardano i bambini. E basta. A forza di essere ribadite, queste comunicazioni si stratificano, diventano abitudini culturali diffuse e acquisite.
Illustrazione di Matteo. |
Illustrazione di Sofia T. |
Illustrazione di Anna T. |
Illustrazione di Bianca. |
È chiaro invece che una delle più straordinarie caratteristiche di molti albi illustrati è proprio l’essere potenzialmente trasversali. Attuarne la potenzialità dipende, innanzitutto, da chi li propone.
Sia con La leggerezza perduta sia con Tuttodunpezzo ho lavorato con bambini della scuola dell’infanzia, con i ragazzi delle superiori, con gli universitari, con le famiglie, con gli adulti. Con esiti meravigliosi (nel senso che mi hanno riempita di meraviglia), in un caso e negli altri.
Quando dunque si è messa in contatto con me la professoressa Marina Pagin, docente di Arte e immagine alla scuola media inferiore Jacopo Vittorelli di Bassano del Grappa, per lavorare su una mia storia con i suoi ragazzi di seconda D (a indirizzo musicale), ho accettato con slancio.
Illustrazione di Sofia Z. |
Illustrazione di Sveva. |
Illustrazione di Maria Ester. |
Ho apprezzato la sua larghezza di orizzonti e ho proposto Tuttodunpezzo. Mi pareva che questa storia, per i temi e taglio, narrativo e iconografico, aprisse una strada interessante di collaborazione. Marina Pagin ne è stata subito entusiasta. Allora abbiamo definito insieme un sentiero.
Prima di tutto sono andata a scuola con un carrettino pieno di albi illustrati e per due ore abbiamo chiacchierato con i ragazzi di forme, misure, colori, bianco e nero, parole, silenzi, storie, carta, vuoti, pieni, odori, profumi, emozioni, risate, arte, bellezza. E di mille altre cose difficili da riassumere, ma ben vive e splendenti nella mia mente.
Illustrazione di Filiberto. |
Illustrazione di Erica. |
Illustrazione di Giuliana. |
Illustrazione di Tommaso. |
Alcuni, via via, si sono seduti più vicino, per terra. Non c’è stato mai un calo dell’attenzione. Le mani si alzavano per indovinare, suggerire, dire. Altri, la campanella era già suonata perché il tempo l’abbiamo usato tutto proprio, sono venuti alla cattedra dove avevo posato i libri, e si sono annotati i titoli (già con la cartella pesantissima che gli faceva le spalle cadenti, e un piede rivolto alla porta).
Illustrazione di Isabel. |
Illustrazione di Leonard. |
Forse era la prima volta, di sicuro una delle poche, me l’hanno detto loro, in cui i banchi sono stati accostati alle pareti e le sedie messe al centro, in cerchio. Il cerchio magico delle storie.
È stato per me (ma forse dico ogni volta così?) uno degli incontri più belli, tra i moltissimi che ho fatto in questi anni: i ragazzi mi hanno regalato il loro incanto genuino e la curiosità degli occhi, delle mani e delle anime, i pensieri in volo e le parole appassionate, le bocche spalancate. La scoperta di un mondo, forse conosciuto qualche anno prima, quando erano piccoli. Forse, mai.
Illustrazione di Marianna. |
Illustrazione di Adele. |
Poi Marina Pagin, appassionata di illustrazione e di tecniche del disegno che fa sperimentare ai suoi alunni in forme accurate e sempre originali, ha affidato ai ragazzi il testo della storia. Solo il testo, senza mostrare l’interpretazione di André da Loba nel libro che, qualche tempo dopo, veniva pubblicato.
Nemmeno io ho parlato prima con loro della storia, perché fossero liberi da condizionamenti. Che per ciascuno di loro la storia fluisse, e narrasse come doveva.
Illustrazione di Adriano. |
Illustrazione di Cecilia. |
Avevano così le parole, e l’opportunità di realizzare alcune tavole raffigurando il loro protagonista nato dall’incrocio della mia con la loro immaginazione e il loro mondo interiore.
Poi li ho incontrati nuovamente, quando già avevano elaborato l’idea disegnata di Tuttodunpezzo. È stato sorprendente.
Ho ascoltato in ammirato silenzio le loro motivazioni e le osservazioni acutissime, considerando una volta di più la straordinaria capacità di leggere ben oltre le parole, e la congenialità del linguaggio metaforico al loro istintivo approccio interpretativo. Percepivo la naturalezza del mettere molto di sé nel loro Tuttodunpezzo. Disegnare il protagonista diventava un’occasione per raccontarsi, però potendosi riparare nel personaggio. Esprimersi senza essere costretti a svelarsi.
Illustrazione di Edoardo. |
Illustrazione di Giuliano. |
Non c’è stata ripetitività, erano unici come unico è ognuno di loro. E belle la libertà e la decisione con cui ciascuno ha intrapreso e perseguito la sua strada.
Una possibilità alla narrazione di sé che, girando per le scuole, e per i gruppi, dei bambini e dei ragazzi (così come, moltissimo, degli adulti), ritrovo come un bisogno sempre più urgente, e sempre più inascoltato. Forse Tuttodunpezzo, che dice la possibilità di essere fragili e l’attesa dell’altro, è particolarmente vicino a questo sentire?
Illustrazione di Anna B. |
Illustrazione di Ludovica. |
Credo anche che sia stato importante questo spazio di autonomia nel creare qualcosa di nuovo, frutto certo di saperi e strumenti acquisiti lungo il percorso scolastico, ma anche della loro storia.
La tappa successiva del lavoro ha visto la visita dei ragazzi al liceo d’arte De Fabris di Nove (Vicenza). Obiettivo dei ragazzi: collaborare con gli studenti del quinto anno, delle classi quinta D, sezione Arti e progettazione visiva, e quinta F, sezione Beni Culturali, seguite dal professor Ezio Lunardon, docente di Teoria e metodo della comunicazione visiva.
Illustrazione di Francesca. |
Illustrazione di Nikolaj. |
I più grandi si sono messi in ascolto attento e hanno aiutato i compagni più giovani ad affinare, nel pieno rispetto delle loro propensioni espressive, una o due delle tavole realizzate. È stato splendido vederli lavorare insieme, confrontandosi alla pari.
Ciascuno ha poi disegnato un numero di tavole adatto a comporre un albo: compito che è stato loro affidato per le vacanze estive. Alla fine, dunque, ognuno ha dato vita al suo LIBRO.
Alla presentazione del mio libro, edito da Topipittori, alla libreria Palazzo Roberti di Bassano, i ragazzi sono stati protagonisti con un’ampia esposizione dei loro lavori, la proiezione del video girato durante il laboratorio al liceo e l’intervento al microfono di chi desiderava riferire le sue impressioni.
In quell’occasione hanno potuto vedere anche il video con cui André Da Loba ha vinto nel 2013 la Medaglia d’oro della Società degli illustratori di New York.
Credo che possano risultare eloquenti le immagini dei disegni dei ragazzi (una piccola selezione), che mostrano in quanti modi si può leggere una storia. Perché una narrazione può essere solamente il frutto di un lavoro corale che pone chi scrive e chi racconta accanto a chi legge o ascolta, ciascuno con la propria voce particolare, ugualmente necessaria.
Illustrazione di Carlo. |
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