Da quando mi ha preso la scimmia della grafite, sono diventato molto curioso di matite: non capisco come si usano e mi balocco con l'idea che la soluzione a questa mia incapacità stia nascosta da qualche parte, in una matita speciale, in una carta speciale, fatte apposta per me che, come per magia, cancelleranno completamente il senso di estraneità che provo quando tento di disegnare con la matita. Così, ficcando mani rapaci negli astucci e nelle scatole degli illustratori che frequento e bighellonando in rete, mi sono fatto una cultura. Che, proprio per essere cultura, ha alcuni risvolti sorprendenti.
Per esempio, qualche giorno fa, il sito de la Repubblica ha pubblicato una galleria di immagini pomposamente battezzata "Le venti pubblicità più geniali di sempre". Fra queste, l'immagine che vedete qui sopra: vere punti di matita; mica roba manipolata con Photoshop.
Sono probabilmente milioni gli artisti che hanno creato opere, anche sublimi, con l'ausilio del più semplice, economico e diffuso strumento di disegno. Molti di meno quelli che hanno rovesciato la prospettiva e hanno creato opere d'arte in punta di matita.
Sono probabilmente milioni gli artisti che hanno creato opere, anche sublimi, con l'ausilio del più semplice, economico e diffuso strumento di disegno. Molti di meno quelli che hanno rovesciato la prospettiva e hanno creato opere d'arte in punta di matita.
Diem Chau è un'artista statunitense di origini vietnamite, arrivata a Seattle nel 1986 come rifugiata. Ha una evidente passione per i lavori di dettaglio: minuscoli lettini fabbricati con stuzzicadenti su cui poggiano materassi e cuscini di porcellana o piatti in ceramica con decorazioni in filo di seta; ma soprattutto, matite e pastelli a cera scolpiti.
Poi, continuando a bighellonare, ho trovato con non poca sorpresa altri scultori in grafite. Come Dalton Ghetti, che dichiara di usare solo le matite che trova per la strada (e pensare che io al massimo trovo le monetine da un centesimo).
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| Dalton Ghetti, Alphabet. |
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| Dalton Ghetti, The tiniest hammer. |
O come l'ungherese Cercahegyzo.
Non sono sicuro che questa sia vera arte. E sotto certi aspetti mi irrita un po' il virtuosismo da ergastolano che ricostruisce il Duomo di Milano con i fiammiferi. Ma sotto altri aspetti mi affascina l'idea di cambiare completamente il punto di vista e fare dello strumento l'oggetto. Voi cosa ne pensate?
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| Dalton Ghetti al lavoro. |








