lunedì 11 febbraio 2013

Libri! In difesa del libro, anche digitale

Lewis Carroll, Alice in Wonderland.
Da alcuni mesi è in libreria Libri! di Murray McCain e John Alcorn. Un libro uscito nel 1962 di cui ci siamo innamorati a prima vista e che abbiamo deciso di riproporre al pubblico, prima di tutto perché ci è sembrato un piccolo capolavoro, e in secondo luogo perché mai come oggi forse è necessario sottolineare l'importanza e la bellezza dei libri.
E in questo senso Libri! è particolarmente indicato, perché quel che fa, mentre lo si legge, è raccontare in cosa consiste essere un libro ed essere letto da qualcuno. 
Recentemente ho letto un bel saggio: Testi in testa, di Marco Dallari che molto si è occupato dell'importanza dei libri e della lettura nei processi di costruzione dell'identità e del pensiero di bambini e ragazzi.
In particolare, Dallari da tempo è un attento studioso di libri illustrati, a cui attribuisce un ruolo pressoché unico nella strutturazione delle capacità cognitive dei bambini: particolarmente importanti in quanto polialfabetici, cioè costruiti su più codici, in primis quello verbale e quello iconico, capaci di attivare facoltà cognitive diverse e di integrarne il funzionamento con risultati molto importanti dal punto di vista dello sviluppo e delle capacità narrative dei bambini.

Jane e Cassandra Austen, Pride and Prejudice.

William Butler Yeats, A magical Journal.

Samuel Beckett, Doodle-Filled Notebooks.
Jim Henson, appunti per episodio pilota di The Muppets.

Dallari, in questo libro, definisce i testi in senso molto ampio: un testo non è solo la pagina scritta e stampata, e un testo non è fatto unicamente di parole. Il testo è un'entità astratta, prima ancora di essere concreta. Testo è una produzione, una capacità del pensiero: testo è una struttura ordinata di significato, dotata di inizio e fine, attraverso la quale un essere umano è in grado di articolare e organizzare il proprio punto di vista sulle cose, sull'esperienza che ne ha, su se stesso e sul mondo, per comunicarli agli altri, per condividerli e farne occasioni di crescita individuale e collettiva.

Lettera di Pablo Picasso a Gertrude Stein.

Andrei Tarkovsky, diario di lavoro per il film Mirror

Marcel Proust, À l’Ombre des jeunes filles en fleurs.
Jack Kerouac, On the Road.

La capacità di produrre testi, cioè di strutturare racconti, cioè di produrre senso, è vitale per ogni essere umano, e tale capacità si forma e si costruisce dall'infanzia attraverso una lunga pratica di testi, il che fino a oggi ha coinciso con quella di libri, dato che i libri sono fra i più importanti contenitori di testi, che siano fatti di parole o immagini o di entrambe, e niente, fino a ora, nella cultura umana è stato uno strumento altrettanto efficace nella costruzione di un pensiero attivo, sensibile, vivace e funzionante. Poiché nulla come la lettura e la pratica del raccontare serve a cogliere, assorbire, elaborare, strutturare l'esperienza che facciamo delle cose ed esprimere quel che, vivendo, pensiamo, impariamo, capiamo e sentiamo.

Charlotte Brontë, Something About Arthur.
John Locke, dedica.





















Marc Twain, The Adventures of Huckleberry Finn.
François Truffaut, lista di titoli per il  primo film.




















Dallari in questo libro si occupa, inevitabilmente, anche del cambiamento tecnologico che sta mutando le modalità di condivisione e trasmissione della cultura. I libri non ne sono più, infatti, come accadeva solo qualche decennio fa, i principali veicoli. E se le nuove tecnologie fanno balenare un campo sconfinato di potenzialità, è anche vero che spesso ci offrono esempi inquietanti. Oggi, infatti, la comunicazione a cui i ragazzi sono come tutti esposti, risulta sempre più frammentaria, caotica e disturbata: una somministrazione rapidissima e in tempo reale di atomi di conoscenze e informazioni irrelate, finalizzata spesso a scopi commerciali.

J. G. Ballard, Crash.
Franz Kafka, Il processo.

Una comunicazione limitata nei contenuti ed enfatizzata nella forma che punta a suscitare emozioni immediate e irrelate, non strutturate, di adesione o rifiuto. Che punta cioè all'effetto, all'impressione, istantanea, alla seduzione e alla passività. Queste modalità di comunicazione, peraltro, non riguardano solo i media legati alle nuove tecnologie: basti pensare alla televisione o a un certo tipo di giornali, come quelli diffusi gratuitamente, che sono letti tutti i giorni da milioni di persone che vanno al lavoro, o a un certo tipo di riviste o persino di libri.

Vladimir Nabokov, Invito a una decapitazione.
Sylvia Plath, Stings.

Questo modo di comunicare, di organizzare l'informazione va in senso opposto a quanto fino a oggi ha fatto il libro, la cui caratteristica principale, che si tratti di romanzi, racconti, fumetti, albi illustrati, saggi, poesie, ricettari o manuali pratici, è organizzare strutture complesse di pensiero, creare nessi fra le parti e strutturarle fra loro in insiemi dotati di significato. Doti indispensabili sia alla logica sia alla creatività sia, va sottolineato, alle pratiche più comuni della vita quotidiana.

James Joyce, Ulyssess.
Sigmund Freud, Sexual schema, in Melancholia.

Da quando abbiamo cominciato a fare libri, abbiamo pensato di dover essere all'altezza di un pubblico straordinariamente intelligente ed esigente: i bambini. E non è retorica. Neurologi e cognitivisti affermano che non c'è nell'esistenza umana un momento di maggiore vitalità cerebrale di questo. I bambini sono, comprovatamente, dei mostri di intelligenza, e hanno bisogno di strumenti che soddisfino, e non sottostimino, le loro esigenze di comprensione, ricerca, verità, curiosità, bellezza, nutrimento intellettivo, gioco. Da che facciamo libri ci siamo resi conto che la capacità dei bambini di leggere ed elaborare parole e immagini è decisamente superiore a quella adulta. E che gli adulti tendono a sottovalutare queste facoltà o a non esserne consapevoli.

Paul Gauguin, Noa Noa.
Per questo tendono a offrire ai bambini strumenti, e pertanto anche libri, spesso al di sotto delle loro possibilità, prodotti a volte sin offensivi nella loro banalità, piattezza, stupidità, caratteristiche dovute non di rado al cinismo o alla mancanza di competenze con cui sono stati confezionati. Quello che abbiamo pensato di fare, perciò, fin dall'inizio, è cercare di fare libri ad altezza di bambino; nello stesso tempo, abbiamo capito anche che era necessario spiegare agli adulti che questi libri, spesso percepiti come anomali per il tipo di testi e di immagini proposti, lontani dall'offerta media corrente, non sono né troppo difficili né inadatti ai piccoli, come capita siano giudicati.



Emily Dickinson, Envelope-Poems
Come tutti gli editori del mondo anche noi, ultimamente, ci siamo posti il problema del libro digitale, che sia nella forma di una app o un ebook. E diligentemente, oggi, ce ne stiamo occupando anche a livello progettuale.
Tuttavia per un editore di libri illustrati il problema non consiste solo nel fare slittare un contenuto da un supporto a un altro. Come ha detto, con precisione e compiutezza, Valentina Colombo al convegno Digital readers 3, tenutosi il 5 ottobre alla biblioteca di Rozzano, da poco qui pubblicato:

Bibliotecari, editori, insegnanti, genitori sanno che leggere un libro insieme, sfogliare le pagine, risfogliarle ancora, toccarle e persino annusarle, strapparle, usurarle e disegnarci sopra sono tutti elementi che fanno parte della lettura. E dal punto di vista dell'editore, carta, formato, copertina, font del testo sono elementi strutturali che vanno necessariamente di pari passo con la creazione del libro e con il contenuto che ospitano, influendo direttamente sulla struttura della narrazione. Superfluo citare Bruno Munari, o recentemente Katsumi Komagata, tra coloro che hanno fatto della fisicità del libro e dello studio del rapporto fra supporto e narrazione il punto di forza della loro creazione di picture books
... 
Stanley Kubrick, appunti relativi a Dr. Strangelove.
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Non tutto deve diventare per forza ebook. E anzi, forse la definizione di ebook, o enhaced ebook, così giovane, già ci sta stretta. Perché non di “libro” stiamo parlando, e nemmeno semplicemente si tratta di libro “e-”, cioè elettronico. La questione va molto al di là della resa in altro formato e coinvolge tutti gli aspetti del fare i libri, e del leggerli. 
Su questo, è stato per me illuminante un articolo scritto da Craig Mod sul suo blog.
Mod constata, non parlando dei picture books, ma in generale del libro illustrato, che vi è una differenza sostanziale tra contenuti indipendenti dalla forma e contenuti che invece si completano, definiscono e vengono fruiti dal lettore grazie anche alla forma in cui sono presentati.



Wolfgang Amadeus Mozart, lettera.
 In sostanza, la qualità della forma determina la qualità del contenuto. Passare al digitale vuol dire riuscire a fornire lo stesso contenuto su un supporto diverso senza che ci sia uno scadimento della qualità della lettura e del libro.
Topipittori ha in catalogo circa 100 titoli, ma non tutti possono essere trasferiti in digitale.

Come editori, dobbiamo fare un salto di mentalità, per adattarci a una situazione per la quale non c'è una preparazione tecnica né progettuale. Siamo abituati e siamo competenti sul libro di carta. Ecco perché una buona sinergia tra editore e programmatori, sviluppatori e grafici è essenziale (come già dichiarato da Giulia Orecchia su questo blog). 

F. Scott Fitzgerald, The Great Gatsby.

In questo senso, quello che stiamo progettando, è un oggetto altro sia come metodo di progettazione, sia perché le figure professionali che vi sono implicate sono nuove. Quello che preme, in tutto ciò, sia a noi sia alle nuove figure che lavorano con noi, è che l'oggetto sia creato nel rispetto dei bambini e della loro intelligenza ed esperienza.
Vale a dire uno strumento per creare testi, nel senso proprio in cui Dallari li descrive: supporti che stimolino una pratica di lettura attiva e sviluppino le abilità narrative dei lettori. Oggetti pensati, cioè, per far crescere capacità testuali complesse e strutturate, capaci di formare il pensiero e di creare orizzonti di significato originali.

Virginia Woolf, To the Lighthouse.
 In questo senso, il nostro obiettivo di editori "digitali" non è diverso da quello di editori "cartacei"e non abbiamo preclusioni verso gli strumenti che ci possono aiutare a raggiungerlo. E in questo senso la ricerca preliminare, in questo percorso, è trovare partner che condividano idee, significati e valori rispetto agli obiettivi di fondo. Quello che vorremmo fare, in sostanza, è evolverci, utlizzando le potenzialità del cambiamento in atto per valorizzare il progetto editoriale e, ovviamente, non per snaturarlo.

Le immagini di questo post, vengono in gran parte da questa inesauribile miniera di cose straordinarie. 

Quello che avete appena letto, è l'intervento di Giovanna Zoboli al convegno L'editoria per l'infanzia volta pagina, tenutosi in occasione di Bookcity, di cui trovate tutti i contributi qui.

Karl Marx, appunti a tema economico filosofico.

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