martedì 5 marzo 2013

Ciò che è giusto e ciò che è sbagliato

[di Rossella, Lorenza e Francesca, Libreria Cartamarea]

Ci siamo sempre chieste, da libraie e sostenitrici dell'importanza culturale e sociale del libro, come fare a raggiungere il mondo degli adolescenti e a lasciare un segno vivo e non retorico nel giorno della celebrazione della Memoria, 27 gennaio, data che ci riporta alla mente i tragici episodi della Shoah. Tra tutti i testi presi in considerazione, quello di Cesare Moisè Finzi Il giorno che cambiò la mia vita, edito da Topipittori, nella collana Gli anni in tasca, ci ha subito catturate per la semplicità stilistica della narrazione che lascia spazio soprattutto al vissuto emotivo, raccontato in prima persona, e che raggiunge immediatamente il cuore dei lettori di tutte le età. La storia della fuga di un ragazzo ebreo e della sua famiglia, una storia di persone che scelgono di aiutare, rischiando la propria vita. Grazie all'editore siamo riuscite a contattare il dottor Finzi, ex primario di Cardiologia presso l'Ospedale di Faenza, dove vive tutt'ora, e a fissare un incontro con i ragazzi della Scuola Media Dante Arfelli di Cesenatico.

Cesare e il fratello Manlio, durante la festa di Purim, 1938.
E, così, il 21 gennaio Cesare Finzi è arrivato da noi, in treno, con la sua valigetta piena di ricordi, con i suoi occhi azzurri talmente trasparenti che ci si può leggere dentro la sua sofferenza ed emozione.
Ad accoglierlo, una platea di circa 200 ragazzi di terza media, difficili da gestire, esuberanti e sempre in movimento... Ma poche parole introduttive sono bastate a catturare gli animi impetuosi. Non si è mai seduto il dottor Finzi, per due ore ha raccontato, in piedi, perché la storia di quegli anni non si può raccontare da seduti, perché chi l'ha vissuta e ce la tramanda non si può sedere, è come se la stesse rivivendo, ogni volta, sempre col cuore in gola.
E questo è arrivato ai ragazzi: la tensione e la tragicità degli eventi, il fluire del racconto senza pause, gli occhi più volte pieni di lacrime, il coraggio di ricordare quegli attimi interminabili e cruciali della propria vita.

 E, a conclusione, le parole più importanti, il messaggio positivo per le nuove generazioni, un messaggio quotidiano: «Non voglio farvi la predica, ma voglio solo ricordarvi che ogni giorno, in tutto ciò che fate, avete la possibilità di scegliere da che parte stare, e questo mio racconto vi potrà servire per decidere con consapevolezza, ragionando con la vostra testa, discernendo ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Non siamo un gregge di pecore, ma persone libere di prendere decisioni.» L'emozione si palpava, nell'aula magna, molti prendevano appunti e sono rimasta colpita soprattutto da una ragazza ripetente, che di solito non partecipa affatto alla vita scolastica, rapita dalle parole di Finzi, attenta e subito pronta con una domanda. Sì, il messaggio è arrivato...

Poi, nel pomeriggio, il dottor Finzi ci ha regalato altre belle parole in libreria, pronto ancora a rispondere a domande che purtroppo fanno ancora male.
Vogliamo sottolineare anche il continuo impegno di quest'uomo che tutt'ora continua a svolgere ricerche, a svelare nuovi risvolti della vita di persone mai conosciute personalmente, ma in qualche modo legate con un filo sottile alla sua vita. Ci ha raccontato enigmi e dettagli su cui sta ancora lavorando: insomma, una persona che nonostante la sofferenza vissuta in prima persona, riesce a guardare positivamente al futuro.

1 commento:

Anna ha detto...

L'emozione che deve esserci stata in quella sala è filtrata dal post e ha riempito anche i miei occhi di commozione.
Soprattutto per quella ragazza sempre distratta, toccata dalla forza di una lezione finalmente autentica.