Come nasce un'amicizia?
Quella fra Dino Buzzati e Arturo Brambilla nacque, come i colpi di fulmine, a prima vista, il primo giorno di scuola del 1919, al Liceo Ginnasio Parini di Milano. E si trasformò rapidamente in una società segreta, come spesso diventano le grandi amicizie fra ragazzi, grazie a due libri scoperti insieme e diventati sacri a entrambi: La storia dell'arte egiziana di Gaston Maspéro e Rip van Winkle di Washington Irving, con illustrazioni di Arthur Rackham, che sancirono per sempre la passione per gli antichi egizi, i simboli, il mistero, il fantastico, le atmosfere notturne e quelle gotiche. In comune, i due ragazzi misero anche l'amore sfrenato per la bicicletta, la montagna, la scrittura, la poesia, il disegno e la pittura, costruendo un'amicizia che durò per la vita.
A testimonianza di ciò, rimangono le esilaranti, meravigliose lettere che i due, ribattezzatisi Dinophis e Ar-Tuêris, si scrissero ora in versi, ora in geroglifici, ora in cronache sportive illustrate da vignette e disegni al tratto.
È proprio in queste lettere la prima prova di Buzzati narratore per parole e immagini: attitudine che lo accompagnerà tutta la vita e di cui fu, in Italia, pioniere, esponente e innovatore sopraffino con opere memorabili, da La famosa invasione degli orsi in Sicilia (1945), a Poema a fumetti (1969), a I miracoli di Val Morel (1971), passando attraverso l'intera produzione pittorica che si snoda dal 1923 al 1971.
In futuro mi piacerebbe dedicare attenzione sia a Poema a fumetti sia agli orsi siciliani sia alle numerose bellissime storie dipinte.
Ma oggi vorrei parlare di I miracoli di Val Morel, libro per cui ho una venerazione, e che a mio avviso è un'opera unica, per la relazione che testo e immagini vi intrattengono, straordinariamente ricca, complessa, interessante. È un libro poco conosciuto: ha avuto solo due edizioni - la prima di Garzanti e la seconda, bruttina (GEI, 1983), intitolata PGR. Per grazia ricevuta; le copie nel mercato antiquario navigano sopra i 200 euro; e non è stato ripubblicato nemmeno nel 2006, in occasione del centenario dalla nascita.
Invece, oggi, con l’interesse che si sta sviluppando per questi ambiti narrativi misti, queste modalità molteplici di racconto, I miracoli di Val Morel dovrebbe essere studiato approfonditamente, specie da chi è interessato a lavorare su più piani con più linguaggi. Nel 1970, il genere popolare degli ex voto ispirò a Buzzati un ciclo di trentasette tavole da esporre in una galleria d'arte veneziana, pubblicate poi in volume da Garzanti, l’anno successivo, col titolo I miracoli di Val Morel. I dipinti costituiscono una profonda riflessione a proposito del rapporto che la razza umana intrattiene con l’invisibile, intendendo con questo termine tutto ciò che attiene al sacro: il mistero, le forze sconosciute che presiedono ai destini degli individui; le entità occulte, potenti e lievi che circondano e attraversano le nostre vite terrene e materiali; ma anche la dimensione interiore, psichica, parte della persona e sede del pensiero, delle passioni, delle paure, dell’immaginazione: dimensione negata e spesso repressa, perché paurosa, incontrollabile, sfuggente, e tuttavia unico, vero ponte fra se stessi e il mondo.
Da queste scintillanti, terribili, e al tempo stesso, ironiche rappresentazioni di Buzzati scaturiscono interrogativi a proposito dell’essere umano e del posto assegnatogli all’interno di quel sinistro, incomprensibile marchingegno a cui diamo il nome di ordine universale. Perché I miracoli della Val Morel hanno il merito di andare all’essenza della pittura di ex voto, cogliendone il lato più contraddittorio e inquietante. Tanto che oggi ci è impossibile avvicinare un ex voto senza tornare alla loro lezione.
La qualità straordinaria di questi brevi racconti soprannaturali è conseguita da Buzzati in due modi. Il primo, una serie di introduzioni al volume, a scatole cinesi, che slittano dal semplice racconto dell'occasione della mostra, all’espediente letterario del manoscritto ritrovato, all'invenzione di una leggenda privata e fantastica incentrata su un misterioso e fiabesco pittore di ex voto a cui far risalire la paternità delle immagini. Il secondo, attraverso un'orchestrazione sapientissima dei testi. Ogni ex voto, infatti, è accompagnato da due testi, il primo compare nella pagina di sinistra, bianca, e descrive il contenuto dell'immagine in un registro linguistico simile a quello che potrebbe connotare un datato studio di storia locale, di matrice positivista.
Riporto un esempio del capitolo 19, Le formiche mentali.
Pare che effettivamente a Longarone e in Val di Zoldo, nell'anno 1871, ci sia stata una breve invasione di formiche mentali, provenienti, a quanto risulta, dalla regione dei Balcani. Piccolissime, quasi impercettibili allo stato normale, crescevano a dismisura una volta installate nelle circonvoluzioni cerebrali, che gli insetti raggiungevano introducendosi dalle orecchie. Le vittime, comunque, furono assai limitate. Esse vennero via via trasferite
al manicomio provinciale, dove se ne persero le tracce.
Il secondo testo, sulla pagina di destra, sta dentro l'immagine, nell'ex voto, e contiene una breve descrizione delll'incidente occorso, dell'intervento di Santa Rita, e un ringraziamento finale da parte del miracolato o dei suoi parenti o della comunità, in un registro fortemente emotivo, popolare, devozionale.
Io, Angelo Dal Pont, tipografo da Polpet, ero seriamente disturbato dalle Formiche Mentali. Le quali mi dicevano: Lo sai che non esisti? E se esisti, esisti male? Perché mangi carne di pesce? Come mai non ti sei inserito? Oppure: A noi Formiche vuoi bene? Guai se non ti sottometti al nostro amore. Finché, una sera, chiesi aiuto alla Santa. La quale venne e batté le mani, dicendo. Orsù, saccenti animaletti, lasciatelo in pace. Così fu per grazia dell’Onnipotente. Da allora potei accudire serenamente al mio lavoro, alla famiglia, al culto di Dio. Longarone 1871.
Fra questi due testi, che raccontano il medesimo episodio da punti di vista antitetici, l'immagine si offre con potenza dirompente, amplificata dal contraddittorio instaurato dalla parola. E racconta il fatto attraverso un terzo punto di vista, che è quello dell'immaginario puro, costituito da una molteplicità di sensi e registri, fra simbolo, rebus, allucinazione, incubo, crittogramma, fiaba, tavola a fumetti, icona pop o surrealista, immaginetta, pittura sacra, visione mistica, art brut.
L’immagine appartiene a una dimensione temporale che precede quella del testo; è sia una modalità umana di racconto storicamente più antica, sia, nella finzione di Buzzati, un racconto cronologicamente più antico: il tempo immemorabile dei miracoli, che è un tempo psichico, prima ancora che storico. L’immagine, infatti, codifica il racconto in una dimensione più arcaica, mitica, simbolica e si esprime attraverso forme e simboli che attingono alla lingua e alle dimensioni del profondo, dell'inconscio.
Per chi non conoscesse il libro, assicuro che il risultato è stupefacente.
Perciò, termino questa breve nota con un appello agli editori che possono permettersi di avere in catalogo Buzzati: ripubblicate subito I miracoli di Val Morel! Così che in fretta e in furia, ancora in pigiama, possiamo precipitarci in massa alla libreria più vicina, ad acquistarlo...
Nel frattempo, accontentiamoci di questo video:
Quella fra Dino Buzzati e Arturo Brambilla nacque, come i colpi di fulmine, a prima vista, il primo giorno di scuola del 1919, al Liceo Ginnasio Parini di Milano. E si trasformò rapidamente in una società segreta, come spesso diventano le grandi amicizie fra ragazzi, grazie a due libri scoperti insieme e diventati sacri a entrambi: La storia dell'arte egiziana di Gaston Maspéro e Rip van Winkle di Washington Irving, con illustrazioni di Arthur Rackham, che sancirono per sempre la passione per gli antichi egizi, i simboli, il mistero, il fantastico, le atmosfere notturne e quelle gotiche. In comune, i due ragazzi misero anche l'amore sfrenato per la bicicletta, la montagna, la scrittura, la poesia, il disegno e la pittura, costruendo un'amicizia che durò per la vita.
A testimonianza di ciò, rimangono le esilaranti, meravigliose lettere che i due, ribattezzatisi Dinophis e Ar-Tuêris, si scrissero ora in versi, ora in geroglifici, ora in cronache sportive illustrate da vignette e disegni al tratto.
È proprio in queste lettere la prima prova di Buzzati narratore per parole e immagini: attitudine che lo accompagnerà tutta la vita e di cui fu, in Italia, pioniere, esponente e innovatore sopraffino con opere memorabili, da La famosa invasione degli orsi in Sicilia (1945), a Poema a fumetti (1969), a I miracoli di Val Morel (1971), passando attraverso l'intera produzione pittorica che si snoda dal 1923 al 1971.
In futuro mi piacerebbe dedicare attenzione sia a Poema a fumetti sia agli orsi siciliani sia alle numerose bellissime storie dipinte.
Ma oggi vorrei parlare di I miracoli di Val Morel, libro per cui ho una venerazione, e che a mio avviso è un'opera unica, per la relazione che testo e immagini vi intrattengono, straordinariamente ricca, complessa, interessante. È un libro poco conosciuto: ha avuto solo due edizioni - la prima di Garzanti e la seconda, bruttina (GEI, 1983), intitolata PGR. Per grazia ricevuta; le copie nel mercato antiquario navigano sopra i 200 euro; e non è stato ripubblicato nemmeno nel 2006, in occasione del centenario dalla nascita.
Il pettirosso gigante |
Il Colombre |
Da queste scintillanti, terribili, e al tempo stesso, ironiche rappresentazioni di Buzzati scaturiscono interrogativi a proposito dell’essere umano e del posto assegnatogli all’interno di quel sinistro, incomprensibile marchingegno a cui diamo il nome di ordine universale. Perché I miracoli della Val Morel hanno il merito di andare all’essenza della pittura di ex voto, cogliendone il lato più contraddittorio e inquietante. Tanto che oggi ci è impossibile avvicinare un ex voto senza tornare alla loro lezione.
I gatti vulcanici |
Le formiche mentali |
Pare che effettivamente a Longarone e in Val di Zoldo, nell'anno 1871, ci sia stata una breve invasione di formiche mentali, provenienti, a quanto risulta, dalla regione dei Balcani. Piccolissime, quasi impercettibili allo stato normale, crescevano a dismisura una volta installate nelle circonvoluzioni cerebrali, che gli insetti raggiungevano introducendosi dalle orecchie. Le vittime, comunque, furono assai limitate. Esse vennero via via trasferite
al manicomio provinciale, dove se ne persero le tracce.
Il secondo testo, sulla pagina di destra, sta dentro l'immagine, nell'ex voto, e contiene una breve descrizione delll'incidente occorso, dell'intervento di Santa Rita, e un ringraziamento finale da parte del miracolato o dei suoi parenti o della comunità, in un registro fortemente emotivo, popolare, devozionale.
Io, Angelo Dal Pont, tipografo da Polpet, ero seriamente disturbato dalle Formiche Mentali. Le quali mi dicevano: Lo sai che non esisti? E se esisti, esisti male? Perché mangi carne di pesce? Come mai non ti sei inserito? Oppure: A noi Formiche vuoi bene? Guai se non ti sottometti al nostro amore. Finché, una sera, chiesi aiuto alla Santa. La quale venne e batté le mani, dicendo. Orsù, saccenti animaletti, lasciatelo in pace. Così fu per grazia dell’Onnipotente. Da allora potei accudire serenamente al mio lavoro, alla famiglia, al culto di Dio. Longarone 1871.
I ronfioni |
L’immagine appartiene a una dimensione temporale che precede quella del testo; è sia una modalità umana di racconto storicamente più antica, sia, nella finzione di Buzzati, un racconto cronologicamente più antico: il tempo immemorabile dei miracoli, che è un tempo psichico, prima ancora che storico. L’immagine, infatti, codifica il racconto in una dimensione più arcaica, mitica, simbolica e si esprime attraverso forme e simboli che attingono alla lingua e alle dimensioni del profondo, dell'inconscio.
Per chi non conoscesse il libro, assicuro che il risultato è stupefacente.
Perciò, termino questa breve nota con un appello agli editori che possono permettersi di avere in catalogo Buzzati: ripubblicate subito I miracoli di Val Morel! Così che in fretta e in furia, ancora in pigiama, possiamo precipitarci in massa alla libreria più vicina, ad acquistarlo...
Nel frattempo, accontentiamoci di questo video:
9 commenti:
Grazie, amo Buzzati. Per coincidenza, ho appena finito di leggere un bel libro non recentissimo, ”Aspettando i barbari” di Coetzee che ho preso un po’ perché mi piace lo scrittore ma soprattutto perché avevo letto che per questo libro si è ispirato a “Il deserto dei Tartari di Buzzati…e in effetti….
…ma allora pensate che illustrare Buzzati sia azzardato?
mi associo alla supplica di ripubblicare il succitato libro di buzzati. intanto lo cerco in biblioteca. basta leggere l'ex voto del signore di longarone per capire quanto sia ironico l'autore. mi ha ricordato certi scritti di bruno munari.
Ahi, Alicia, illustrare Buzzati mi sembra un'impresa disperata!
E' vero tuttavia che nulla è impossibile.
Vado pazza per i disegni di Buzzati.
Ho finalmente trovato il tempo di leggere questo post. E' scritto divinamente e divinamente il contenuto scivola nella forma come in uno di quei guanti che nell'ottocento erano tessuti così finemente, che potevano essere regalati in un guscio di noce. Chi lo ha scritto dovrebbe scrivere e scrivere e scrivere.
Buzzati ha avuto la grande capacità (tra i primi), di muoversi tra la cultura alta e quella bassa (pop e popolare in senso stretto),senza preconcetti
intellettualistici e con grande intelligenza.I risultati come si possono vedere nelle sue opere sono insuperati.
Grazie lumacaquerida, hai perfettamente ragione.
Anna,che dire? Che sei un'amica rara e che cercherò di seguire il tuo consiglio.
Grazie.Altri tempi,purtroppo:
sostanza, tanta, protagonismo poco e niente: parlavano i fatti,le opere: Buzzati rimane modesto e defilato,un po' orso,come alcuni grandi.O come i grandi di una volta,spero tornino tempi migliori per la cultura,per il nostro futuro... e per l'Italia, grazie Topi Pittori, comunque.
il libro è meraviglioso, e se venisse ripubblicato di certo io sarei tra coloro che ancora in piagiama si precipitano in libreria a comprarlo.
Grazie per il video
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