lunedì 19 settembre 2011

Settembre

[di Valentina Colombo]

È ricominciata la scuola.
In tutta sincerità, le elementari mi mancano da matti. È stato il periodo più bello della mia vita. Quando ripenso all’inizio delle lezioni, mi vengono in mente una serie di cose. Il grembiulino, l’astuccio multistrato (da una parte le matite, dall’altra i pennarelli e nel terzo scomparto la biro e la forbice) e il cielo mattutino.
Il regalo che abbiamo ricevuto mi ha sbalzato indietro di tanti anni, a quando, piccola, nei primi giorni freddi, mi recavo alle scuole Bertacchi. E passavo tutto il tempo attaccata alla finestra della classe (con dispiacere e stupore della vorticosa maestra Pinuccia).


Gli stormi che vedrete in queste immagini sono stati catturati in una serie di emozionanti foto scattate in inverno, nel sud della Francia, a Aix-en-Provence. La cacciatrice è Fumika Sato, un’artista giapponese che, con fare timido ed educato, si è presentata al nostro stand a Bologna.


Pochi giorni fa, Fumika ci ha mandato questo piccolo libro, un’edizione numerata (noi abbiamo la 6/50) nella quale si aprono piccole finestre sul cielo invernale francese, all’inseguimento degli uccelli migratori che attraversano il blu e si perdono all'orizzonte.

Quando ero piccola, e arrivava l’autunno, la maestra Pinuccia ci faceva guardare per almeno una decina di minuti, con il naso all’insù, dal cortile della scuola, gli stormi di uccelli che migravano. Accadeva quando era ormai ottobre-novembre, ed erano tantissimi, o almeno così mi sembrava. A volte disposti a V, altre in modo più disordinato. Oppure semplicemente si alzavano in volo tutti insieme come una colonna di fumo scura, cinguettando e battendo rumorosamente le ali.

Sono stata una bambina fortunata: da casa mia si vedeva, e si vede, il parco, e la mattina presto, con la luce del sole appena accennata, scorgere quegli esserini perdersi nell’immensità del cielo era uno spettacolo. Immaginavo cose meravigliose: i posti che avrebbero visto, cosa si stessero dicendo con così tanta veemenza, con quei cinguettii potenti che si udivano da così lontano, e che freddo dovevano avere lassù, mentre io ero al calduccio in macchina con papà per andare a scuola.
Per questo, quando Fumika ci ha fatto vedere il suo progetto sulle migrazioni, la mia memoria è andata a quei giorni delle elementari, ai grembiuli, ai disegni come compito a casa e alle veloci migrazioni.


Fumika insegue da anni uccelli di ogni genere, dal Giappone all’Europa. E il suo lavoro, così apparentemente semplice, ha in sé una umanità e una malinconia che mi stringono il cuore. Come me bambina, attende per ore un veloce passaggio, un istante, un momento in cui quelle forme nel cielo assumono quel senso tutto umano del viaggio, del cambiamento, del volo verso una meta. Come noi, anche loro sono in cerca di qualcosa, vogliono arrivare da qualche parte, dove sperano di trovare ciò che cercano. E l’inizio di quel viaggio, e il suo snodarsi per i cieli del mondo, ha un che di epico, indimenticabile.

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