venerdì 7 ottobre 2011

I regni dell’immagine/1. Luigi Ghirri

Qualche tempo fa, su Repubblica, in un articolo, lo studioso Marc Fumaroli ha scritto: “Dobbiamo ritorcere contro i barbari le loro stesse armi. Hanno conquistato l’impero delle immagini? Dobbiamo contrapporgli i regni dell’immagine! A mio parere sarà intorno alla storia dell’arte, capace di unire tutte le scienze umanistiche, che dovrà emergere questa paideia novantica (nuova e antica insieme, n.d.r.) di cui oggi sentiamo tanto crudelmente la mancanza.”
Prendendo a spunto queste parole, inauguriamo questa rubrica che riporterà, a cadenza rigorosamente irregolare, pagine che ci sembrano significative a proposito di immagine, che si tratti di fotografia, disegno, pittura, illustrazione, cinema eccetera.


Negli ultimi tempi mi è capitato di leggere alcuni libri di fotografi. La fotografia mi interessa. Mi interessa anche quel che i fotografi hanno da dire sull'immagine, sul rapporto con la visione, sull'atto del vedere e sulla relazione col mondo attraverso il vedere. Nei loro scritti questi sono sempre temi di riflessione fondamentali. Anche nel mio lavoro di editore e di autore, lo sono. Il mio lavoro è sempre legato, infatti, a quella tensione che c'è nell'essere umano verso una rappresentazione della realtà o delle cose. E penso che riflettere sul quel che si fa, pensare a come e a perché lo si fa, sia una parte importante del lavoro. Per questo, dato che questo blog si occupa molto di immagini, penso che proporre queste riflessioni abbia un senso importante. Anche se qui si parla nello specifico di fotografia, è possibile riportare questi contenuti all'ambito complessivo delle immagini.

Oggi vorrei proporre una pagina di Luigi Ghirri, tratta dal volume, che consiglio, Lezioni di fotografia. In questa pagina, Ghirri spiega cosa renda importante oggi la fotografia. Lo spiega dopo aver affermato un concetto che per me è stato fondamentale per chiarirmi le idee riguardo agli obiettivi primari della nostra ricerca sull'immagine: “Al giorno d'oggi, a mio parere, uno dei problemi maggiori riguarda l'ambiente, il fatto che ci muoviamo all'interno di un disastro visivo colossale. I segni si moltiplicano, sono in conflitto fra loro. Ma in certi momenti è possibile rappresentare una unificazione e una ricomposizione del tutto, non per inseguire una pacificazione col mondo, eventualmente per portare un elemento di inquietudiine più che di denuncia.”

Ricordo bene la prima volta che vidi una foto di Ghirri. Rimasi sconcertata per come quella foto riportasse una realtà non ripulita, dentro vi si percepiva il “disastro visivo”, ma anche i suoi anticorpi, una chiave di lettura, un senso, dunque una possibilità intrinseca di bellezza. Ghirri mi stava insegnando un modo di guardare il mio tempo: questo mi parve di intuire con immediatezza. E credo che questo sia quel che fanno tutti i grandi creatori di immagini, verso i quali nutro profonda gratitudine.


Il grande ruolo che ha oggi la fotografia, da un punto di vista comunicativo, è quello di rallentare la velocizzazione dei processi di lettura dell'immagine. Rappresenta uno spazio di osservazione della realtà, o di un analogo della realtà (la fotografia è sempre un analogo della realtà ), che ci permette ancora di vedere le cose. Diversamente, al cinema e alla televisione la percezione dell’immagine è diventata talmente veloce che non vediamo più niente. È come riuscire, una volta tanto, a leggere un articolo di giornale senza che qualcuno ci volti in continuazione le pagine. È una forma di lentezza dello sguardo che trovo estremamente importante, oggi, considerato il processo di accelerazione di tipo tecnologico e percettivo che è avvenuto negli ultimi anni. Credo che questo suo carattere specifico di immagine fissa, ferma, il fatto di permettere tempi di lettura lenti, tempi di contemplazione e quindi di approfondimento, non sia mai stato tanto importante come oggi. 


Non solo fra queste immagini, ma in tutto il mio lavoro ci sono pochissimi ritratti. La figura umana non compare quasi mai. Certo, questo è un lavoro incentrato sul paesaggio, ma un dato di fatto è che oggi la maggior parte delle immagini che vediamo è costituita da facce. Il nostro panorama visivo è pieno di facce. Guardiamo cento canali televisivi, li cambiamo e ci sono sempre delle facce. Il rapporto fra la faccia e il luogo in cui questa faccia vive, abita, mangia, sogna, si muove, non viene più considerato. La strategia di richiamare nuovamente l’attenzione sull'ambiente nella sua complessità mi sembra, anche culturalmente, davvero importante. Perché io credo che (è una teoria molto personale) dietro ai disastri dell'ambiente, a parte i meccanismi insiti in un dato tipo di sviluppo, vi sia una disaffezione – chiamiamola disaffezione – che l'uomo ha sviluppato nei confronti del suo ambiente negli ultimi 30 o 40 anni, alla quale ha corrisposto una fondamentale incapacità di relazionarsi con l'ambiente attraverso la rappresentazione. Quindi il recupero della rappresentazione visiva, oltre alla parola o all’informazione «tecnica», può avere un grande peso culturale e una grande efficacia.




10 commenti:

Francesca ha detto...

bellissimo post! davvero.
bravi i topi!

(non c'entra nulla ma lo dico lo stesso: la foto dal negozio di cappelli è stata scattata a Parma?)

aliciabaladan@gmail.com ha detto...

molto interessante. la foto dall'interno della vetrina di cappelli è molto significativa.

aliciabaladan@gmail.com ha detto...

tutte in verità

Topipittori ha detto...

@francesca. Sì, è Parma. Tutte le foto, eccetto quella di New York (il parco invernale con gli alberi) sono tratte da "Il profilo delle nuvole. Immagini di un paesaggio italiano"

Unknown ha detto...

bellissimo, bellissimo post. grazie, apprezzo molto questa iniziativa

Quodlibet ha detto...

grazie per il post, siamo molto affezionati al libro di Ghirri e felici che sia una fonte di ragionamento e discussione sulla fotografia e l'arte in genere. Marco Baleani - redattore Quodlibet

Topipittori ha detto...

Grazie a voi che pubblicate libri molto belli.

mastrangelina ha detto...

Ciao! non è che mi potete segnalare con esattezza il riferimento all'intervento di Marc Fumaroli su Repubblica? mi interessa molto il punto di vista grazie :)

isabel archer ha detto...

"Perché io credo che (è una teoria molto personale) dietro ai disastri dell'ambiente, a parte i meccanismi insiti in un dato tipo di sviluppo, vi sia una disaffezione – chiamiamola disaffezione – che l'uomo ha sviluppato nei confronti del suo ambiente negli ultimi 30 o 40 anni, alla quale ha corrisposto una fondamentale incapacità di relazionarsi con l'ambiente attraverso la rappresentazione. Quindi il recupero della rappresentazione visiva, oltre alla parola o all’informazione «tecnica», può avere un grande peso culturale e una grande efficacia."
in questo senso anche il lavoro di Ansel Adams (dal 1930/50) con le sue foto potenti in b/n di paesaggi agiva in tal senso... credo...

Topipittori ha detto...

@mastrangelina:
ecco due link per l'articolo di Fumaroli:

http://perbeno.myblog.it/archive/2011/09/12/marc-fumaroli-creiamo-un-regno-delle-immagini-come-gli-umani.html

http://ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=40111