lunedì 31 ottobre 2011

Quella faccia strana e paurosa

 Immagine tratta da I Quindici, volume 5, Feste e costumi.

Si sa, è nei giorni delle feste comandate che si torna tutti un po' bambini. Forse per questa ragione, a noi, nelle ricorrenze vengono in mente quei pilastri della cultura infantile che furono, durante gli anni Sessanta, I (magnifici) Quindici. Forse ricorderete che ve li abbiamo proposti a Natale e a Pasqua. Beh, la notizia è che ve li beccherete anche per Ognissanti.
Ai nostri tempi, Halloween era una festa anglosassone, che nessuno si filava, qui da noi. Da noi la festa di questi giorni, si chiamava, solennemente e crudamente, “I morti”. Si andava al camposanto con la nebbiolina, in un pittoresco planare di foglie. Si rimaneva a fissare qualche nome originale sul marmo delle lapidi mentre gli adulti sistemavano i fiori, spazzavano la cappella e armeggiavano con gli innaffiatoi. Si mangiavano le 'fave' dette per l'occasione 'dei morti', tipico dolce del periodo. E poi, si tornava a casa. Morta lì, appunto, per rimanere in tema.
Quindi, le grosse teste luminose delle zucche erano, a quei tempi, un esotismo da leccarsi i baffi. E, unica simil strega del calendario, restava, incontrastata, la Befana.
Oggi tutte le cartolerie, i grandi magazzini, i negozi di travestimenti e di giocattoli, i cinema pullulano di mostri, zucche, cappelli da strega, scheletri e tutte la chincaglieria orrorofica prescritta dai consumi della festa più dark dell'anno. Niente di strano: i tempi cambiano rapidamente e la globalizzazione fa affari d'oro con la propensione festaiola della razza umana, specie se subodora l'ennesimo modo di accedere ai portafogli di genitori fragilissimi di fronte alla fame senza fondo di figliolini vispissimi, iperconnessi e iperconsumisti.
Per fortuna, in quegli anni, c'erano loro, I Quindici, a spiegarci come si festeggiava nel resto del mondo, il quale, sembravano suggerirci a ogni pagina, non coincideva - sopresa!-, col nostro, pur mirabile, ombelico.
Lo facevano con quel loro impareggiabile ottimismo yankee. Con quella loro allure cosmopolita da Reader's Digest. Con quelle loro immagini rassicuranti e seducenti. Con quei testi (leggeteli!) che dicevano tutto e niente, e, come la siepe dell'Infinito, per questa vaghezza riuscivano nell'intento di scatenare le fantasie più splendenti, sconfinate. Eterna gratitudine, editori dei Quindici...

 Immagine tratta da I Quindici, volume 5, Feste e costumi.

2 commenti:

Cristina Sestilli ha detto...

Se non sbaglio quello con il dorso arancione era il volume 2 racconti e fiabe.
Da bimba l'ho consumato non era mai a posto nella libreria ma girava con me per la casa.
Profumava di marmellata questa creava anche una sorta di collante fra le pagine.
Rapolina o Raperonzolo era una delle mie preferita c'era una cantilena che pronunciava il principe sotto la torre dove lei era rinchiusa : Rapolina Rapolina gettami la tua treccina.
Siccome avevo i capelli corti alla maschietto mi pinzavo con i becchi d'oca un fulard di mia mamma e facevo finta di avere la trecciona di Rapolina.Avevo rimosso questo particolare imbarazzante.
I quindici sono un ricordo bellissimo ma che sembra lontano anni luce da il tempo in cui viviamo ora, infatti mi fa pensare il modo in cuiveniva venduto .
Non vorrei confondermi ma credo che venisse consegnato a mano e al libraio o venditore si offriva il caffè e lui puntualmente ne approfittava per tirare fuori depliant di altre enciclopedie.
Una cosa impensabile oggi!
Grazie topi di avermi aperto questo cassettino della memoria.

Monica Monachesi ha detto...

I miei quindici li ho perduti. I volumi a cui ero più legata erano di certo il primo (POESIE E RIME) e il secondo (RACCONTI E FIABE) e mi piaceva tanto soffermarmi sulle illustrazioni, così varie e divertenti. Ci sono immagini che mi sono rimaste in testa, incancellabili, così come alcune cose che ho costruito seguendo le indicazioni del volume FARE E COSTRUIRE.Nonnaverli più ad un certo punto mi è diventato insopportabile.
I quindici che ho adesso e che leggo ai miei figli me li ha regalati mio marito cercandoli in internet e appartenevano a Fabrizio a cui babbo e mamma li regalarono il 19 gennaio 1970. Così si legge nella prima pagina del volume uno...