[di Valentina Colombo]
Qualche tempo fa, sulla Rai, è andato in onda un bellissimo speciale dedicato ai narratori emiliani e romagnoli. Sei autori descrivevano, attraverso la lettura dei loro libri, la campagna dell'Emilia Romagna (potete vederli qui). Tra questi c'era anche Eraldo Baldini, scrittore pubblicato da Einaudi, autore di romanzi noir, appassionato di etnografia e di favole legate soprattutto all'immaginario campagnolo della sua terra, il ravennate. Ritrovandolo poi, per caso, in libreria qualche giorno dopo, ho acquistato d'impulso il suo L'uomo nero e la bicicletta blu. La quarta di copertina descriveva un mondo quasi alla Verga, fatto di personaggi che si conoscono solo per soprannome: "Il Morto", "La Rospa", e "La Tugnina", che mi hanno da subito attratta.
Ho letto il romanzo quasi d'un fiato. L'ho finito da pochi giorni e ancora rimbombano, in qualche angolo della mia testa, quel mondo che non c'è più, e quella storia, così semplice. Eccola, una parte.
Bagnago, 1963. Gigi è un bambino che vive con papà, allevatore, nonno, pure allevatore, mamma, casalinga, e il pestifero fratellino Enrico. A Gigi piace girare in bici per la campagna, andare a pescare, girare a zonzo con Francesco, il suo migliore amico, e rubare cocomeri con Paolino, un bambino che tanto 'giusto' non è.
Intorno a Gigi ruotano una serie di personaggi-archetipi degni della commedia dell'arte. Gigi ha un sogno: mettere da parte le ventimila lire necessarie per comprarsi la biciletta blu in vetrina da Cicognani. È la sua missione per quell'anno, e farà di tutto per compierla. Di cento lire in cento lire, di lavoretto in lavoretto, di buona azione in buona azione, seguiamo Gigi tra sagre paesane, tradizioni centenarie, usanze ormai abbandonate di un paese di campagna, un microcosmo in un'Italia in pieno boom economico.
Un'atmosfera lontana, luccicante di sogno a volte, con odori e profumi di un tempo che fu, quando si pescavano le rane al fiume, si facevano i fuochi nei cortili, si andava tutti a vedere il Festival di Sanremo al Circolo, dove si trovava l'unica televisione. Gigi cresce in questo mondo d'erba e strade sterrate, di conigli a cui badare, di vecchi che passano la giornata al bar. Le sue avventure sono esilaranti, buffe, e la sua frustrazione ci contagia, mentre il perfido Enrico ottiene tutto con ricatti e manipolazioni, e il buon Gigi rimane spesso senza il becco di un quattrino.
Baldini racconta con un linguaggio semplice e diretto la crescita di Gigi, in un libro che sembra, alle prime pagine, un romanzo di formazione. Ciò che però tiene incollati al testo è una sensazione oscura, subdola, una strana tensione, come di qualcosa che sia sempre sul punto di accadere. Proprio nella lettura per la Rai, Baldini afferma di voler evocare nei suoi testi quelle ombre, scure, nere, ancestrali, con cui è cresciuto e che sono parte della sua infanzia e dei racconti della sua campagna. In questo libro, l'ombra prende la forma dell'Uomo Nero. "La Tugnina", come una vecchia strega saggia, è l'incaricata a raccontare queste fiabe in versione dark, dove principi e principesse muoiono mangiati dall'Uomo Nero, Pollicino viene divorato, Biancaneve e i sette nani finiscono stritolati. Favole dove non c'è mai il "e vissero felici e contenti", e che fanno arrabbiare Gigi. Quell'Uomo Nero, che sempre rovina tutti i lieto fine, è una lezione di vita della Tugnina, un'amara morale sulla mancanza di felicità che l'innocenza di un bambino non può accettare. Ma l'Uomo Nero, in questo racconto, assume anche la forma di un luogo e di un personaggio, "Il Capitano". Credo che quasi tutti siamo cresciuti con un divieto geografico: non entrare nel giardino dei vicini, non passare davanti alla casa in fondo alla strada, non entrare nella stanza della nonna, e così via. A Gigi e a tutti i bambini del paese è proibito passare davanti alla casa del Capitano. E più una cosa è vietata, più ha in sé quell'aura di magia e di mistero che attira. Il rito di passaggio dall'infanzia, all'adolescenza, all'età adulta è spesso proprio basato sul "violare un confine" e sull'affrontare il male, per uscirne vincitori.
Baldini però racconta di un male molto più violento, distruttivo, il Male che anche noi adulti stentiamo a guardare in faccia. Un male che ha di mira l'innocenza dei piccoli.
Gigi ha la sua prima cotta per la compagna di classe Allegra. Una principessina dagli occhi azzurri-turchese e i capelli biondi, una bambina figlia di boghesi, appartenente a una classe sociale appena nata e diversa dalle altre bambine del paese, dotata di una ingenuità e un candore che la rendono l'emblema, anche per il lettore, di ciò che bisogna proteggere. Allegra rappresenta per Gigi tutto ciò che di bello c'è, contrapposto al brutto che, lentamente, si insinua nella sua quotidianità. Il padre, ormai disoccupato, cerca rifugio nella bottiglia, perde la speranza, si rassegna; il nonno combatte contro una vecchiaia che arriva improvvisamente e lo logora in un letto a una piazza, in una stanza isolata; la madre, incapace di reagire, subisce e cerca di mantenere un'unità famigliare ed emotiva ormai scomparse; il piccolo Enrico, con i suoi egoismi di bambino, viene abbandonato a se stesso o alle cure di Gigi. Costretto a lavorare come i grandi, a Gigi pian piano viene tolta l'infanzia, e la rabbia che ha dentro è tenuta a bada solo dal pensiero di Allegra.
È un po' una fiaba questa, e pagina dopo pagina sorridiamo ai batticuore di Gigi, alle passeggiate in bici, agli abbracci furtivi.
Quando ormai ce ne siamo dimenticati, però, l'Uomo Nero arriva. Lui, che è stato lì, di soppiatto, per tutto il libro, improvvisamente si manifesta con tutta la violenza e la malvagità di cui è capace. Raramente mi capita di piangere leggendo un libro. Ma la sensazione che mi sia stato tolto qualcosa è ancora lì, a una settimana di distanza dall'ultima riga letta. La violenza tra adulti è già di per sé esecrabile. Ma quando è un adulto a tradire la fiducia di un bambino e a fargli del male, è un pugno nello stomaco.
Bagnago non è più terra di favole e fate, la bicicletta blu non conta più nulla, le strade e le case e quei luoghi così familiari dove si cresce, sono distrutti, divorati appunto, dall'Uomo Nero; proprio lì, dove si conosce ogni angolo e ogni campo. Dal dramma personale, si passa a un dramma corale, di un intero paese che si ribella, che cerca un colpevole, che ha bisogno di accusare qualcuno, e che perde la testa. Si cresce improvvisamente, lettore e personaggio, e la voce della Tugnina, con i suoi avvertimenti, riecheggia nel finale del libro.
Non vi ho raccontato tutta la storia. Ho tralasciato parecchi dettagli, non volevo svelarvi il finale per intero, e soprattutto, è difficile inquadrare questo romanzo da un solo punto di vista. Tante cose si trovano tra le pagine di questa storia, che ancora stanno sedimentando e che devo mettere a fuoco. Bellissima scoperta, questo Baldini.
Nota: le foto a corredo di questo articolo sono tutte del 1963 e hanno attinenza con il romanzo.
Qualche tempo fa, sulla Rai, è andato in onda un bellissimo speciale dedicato ai narratori emiliani e romagnoli. Sei autori descrivevano, attraverso la lettura dei loro libri, la campagna dell'Emilia Romagna (potete vederli qui). Tra questi c'era anche Eraldo Baldini, scrittore pubblicato da Einaudi, autore di romanzi noir, appassionato di etnografia e di favole legate soprattutto all'immaginario campagnolo della sua terra, il ravennate. Ritrovandolo poi, per caso, in libreria qualche giorno dopo, ho acquistato d'impulso il suo L'uomo nero e la bicicletta blu. La quarta di copertina descriveva un mondo quasi alla Verga, fatto di personaggi che si conoscono solo per soprannome: "Il Morto", "La Rospa", e "La Tugnina", che mi hanno da subito attratta.
Ho letto il romanzo quasi d'un fiato. L'ho finito da pochi giorni e ancora rimbombano, in qualche angolo della mia testa, quel mondo che non c'è più, e quella storia, così semplice. Eccola, una parte.
Bagnago, 1963. Gigi è un bambino che vive con papà, allevatore, nonno, pure allevatore, mamma, casalinga, e il pestifero fratellino Enrico. A Gigi piace girare in bici per la campagna, andare a pescare, girare a zonzo con Francesco, il suo migliore amico, e rubare cocomeri con Paolino, un bambino che tanto 'giusto' non è.
Intorno a Gigi ruotano una serie di personaggi-archetipi degni della commedia dell'arte. Gigi ha un sogno: mettere da parte le ventimila lire necessarie per comprarsi la biciletta blu in vetrina da Cicognani. È la sua missione per quell'anno, e farà di tutto per compierla. Di cento lire in cento lire, di lavoretto in lavoretto, di buona azione in buona azione, seguiamo Gigi tra sagre paesane, tradizioni centenarie, usanze ormai abbandonate di un paese di campagna, un microcosmo in un'Italia in pieno boom economico.
Un'atmosfera lontana, luccicante di sogno a volte, con odori e profumi di un tempo che fu, quando si pescavano le rane al fiume, si facevano i fuochi nei cortili, si andava tutti a vedere il Festival di Sanremo al Circolo, dove si trovava l'unica televisione. Gigi cresce in questo mondo d'erba e strade sterrate, di conigli a cui badare, di vecchi che passano la giornata al bar. Le sue avventure sono esilaranti, buffe, e la sua frustrazione ci contagia, mentre il perfido Enrico ottiene tutto con ricatti e manipolazioni, e il buon Gigi rimane spesso senza il becco di un quattrino.
Baldini racconta con un linguaggio semplice e diretto la crescita di Gigi, in un libro che sembra, alle prime pagine, un romanzo di formazione. Ciò che però tiene incollati al testo è una sensazione oscura, subdola, una strana tensione, come di qualcosa che sia sempre sul punto di accadere. Proprio nella lettura per la Rai, Baldini afferma di voler evocare nei suoi testi quelle ombre, scure, nere, ancestrali, con cui è cresciuto e che sono parte della sua infanzia e dei racconti della sua campagna. In questo libro, l'ombra prende la forma dell'Uomo Nero. "La Tugnina", come una vecchia strega saggia, è l'incaricata a raccontare queste fiabe in versione dark, dove principi e principesse muoiono mangiati dall'Uomo Nero, Pollicino viene divorato, Biancaneve e i sette nani finiscono stritolati. Favole dove non c'è mai il "e vissero felici e contenti", e che fanno arrabbiare Gigi. Quell'Uomo Nero, che sempre rovina tutti i lieto fine, è una lezione di vita della Tugnina, un'amara morale sulla mancanza di felicità che l'innocenza di un bambino non può accettare. Ma l'Uomo Nero, in questo racconto, assume anche la forma di un luogo e di un personaggio, "Il Capitano". Credo che quasi tutti siamo cresciuti con un divieto geografico: non entrare nel giardino dei vicini, non passare davanti alla casa in fondo alla strada, non entrare nella stanza della nonna, e così via. A Gigi e a tutti i bambini del paese è proibito passare davanti alla casa del Capitano. E più una cosa è vietata, più ha in sé quell'aura di magia e di mistero che attira. Il rito di passaggio dall'infanzia, all'adolescenza, all'età adulta è spesso proprio basato sul "violare un confine" e sull'affrontare il male, per uscirne vincitori.
Baldini però racconta di un male molto più violento, distruttivo, il Male che anche noi adulti stentiamo a guardare in faccia. Un male che ha di mira l'innocenza dei piccoli.
Gigi ha la sua prima cotta per la compagna di classe Allegra. Una principessina dagli occhi azzurri-turchese e i capelli biondi, una bambina figlia di boghesi, appartenente a una classe sociale appena nata e diversa dalle altre bambine del paese, dotata di una ingenuità e un candore che la rendono l'emblema, anche per il lettore, di ciò che bisogna proteggere. Allegra rappresenta per Gigi tutto ciò che di bello c'è, contrapposto al brutto che, lentamente, si insinua nella sua quotidianità. Il padre, ormai disoccupato, cerca rifugio nella bottiglia, perde la speranza, si rassegna; il nonno combatte contro una vecchiaia che arriva improvvisamente e lo logora in un letto a una piazza, in una stanza isolata; la madre, incapace di reagire, subisce e cerca di mantenere un'unità famigliare ed emotiva ormai scomparse; il piccolo Enrico, con i suoi egoismi di bambino, viene abbandonato a se stesso o alle cure di Gigi. Costretto a lavorare come i grandi, a Gigi pian piano viene tolta l'infanzia, e la rabbia che ha dentro è tenuta a bada solo dal pensiero di Allegra.
È un po' una fiaba questa, e pagina dopo pagina sorridiamo ai batticuore di Gigi, alle passeggiate in bici, agli abbracci furtivi.
F. Goya, Saturno che divora i suoi figli |
Bagnago non è più terra di favole e fate, la bicicletta blu non conta più nulla, le strade e le case e quei luoghi così familiari dove si cresce, sono distrutti, divorati appunto, dall'Uomo Nero; proprio lì, dove si conosce ogni angolo e ogni campo. Dal dramma personale, si passa a un dramma corale, di un intero paese che si ribella, che cerca un colpevole, che ha bisogno di accusare qualcuno, e che perde la testa. Si cresce improvvisamente, lettore e personaggio, e la voce della Tugnina, con i suoi avvertimenti, riecheggia nel finale del libro.
Non vi ho raccontato tutta la storia. Ho tralasciato parecchi dettagli, non volevo svelarvi il finale per intero, e soprattutto, è difficile inquadrare questo romanzo da un solo punto di vista. Tante cose si trovano tra le pagine di questa storia, che ancora stanno sedimentando e che devo mettere a fuoco. Bellissima scoperta, questo Baldini.
Nota: le foto a corredo di questo articolo sono tutte del 1963 e hanno attinenza con il romanzo.
2 commenti:
ciao valentina,
se ti piace eraldo baldini leggiti pure "faccia di sale" uscito diversi anni fa credo per frassinelli ma di questo non ne sono sicuro. ciao. andrea
grazie per questo post...ho passato un pomeriggio bellissimo a vedere lo speciale della rai.
vorrei ora comprare i libri di tutti questo scrittori!
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